Ora comando io - parte 1°
di
apollin
genere
etero
Marella si guardò allo specchio mentre sistemava il vestito. Il tessuto setoso aderiva perfettamente al suo corpo, provocandole una piacevole sensazione. Il desiderio le bruciava dentro e non era solo la voglia di sentirsi desiderata.
Quante volta lui le aveva detto “sei la mia schiava”. Quante volte lei si era concessa come tale. Ma negli ultimi incontri aveva notato qualcosa, un dettaglio sottile ma innegabile, c’era un momento – un attimo appena – in cui sembrava aspettare qualcosa. Un comando. Un ordine.
Se fosse stata lei a dettare il ritmo, a spingerlo oltre i suoi stessi confini? Il pensiero la eccitò più di quanto avrebbe mai creduto possibile.
Si sdraiò sul letto, lasciando che la fantasia prendesse forma. Lo immaginò sotto di lei, il suo corpo obbediente ai suoi desideri. Lo vedeva in ginocchio, con gli occhi alzati verso di lei, in attesa di un suo cenno. Voleva che lui sentisse il suo potere, voleva che capisse di essere completamente nelle sue mani.
Sentiva il desiderio di spogliarlo lentamente, con movimenti misurati, lasciando che l’attesa diventasse una tortura. Voleva vedere il suo petto sollevarsi sotto il peso della voglia trattenuta, voleva che lui si contorcesse sotto il suo sguardo, in attesa di un suo tocco.
Si immaginava a cavalcarlo con lentezza esasperante, imponendo il suo ritmo, costringendolo a resistere, a trattenersi fino a quando sarebbe stata lei a permettergli di cedere.
Avrebbe potuto legarlo al letto, tenendogli ferme le mani sopra la testa, sussurrandogli all’orecchio parole impronunziabili.
Sentiva la propria femminilità trasformarsi in potere.
Ora, l’idea di essere semplicemente desiderata non le bastava più. Voleva essere venerata.
La prossima volta che si sarebbero visti, lo avrebbe guardato dritto negli occhi, con un sorriso enigmatico sulle labbra, e gli avrebbe detto con voce bassa ma decisa:
“Oggi giochi secondo le mie regole.”
Quel giorno arrivò presto, il marito fuori per lavoro e lei lo invitò a cena.
Sal si accomodò sulla poltrona, il bicchiere di whisky stretto nella mano, il ghiaccio che tintinnava leggermente mentre lo faceva roteare nel vetro. Inspirò il fumo della sigaretta, lasciandolo scivolare fuori dalle labbra in una scia lenta e nervosa. I suoi occhi seguivano Marella, che si avvicinava.
Lei non disse nulla. Si sedette sulla poltrona di fronte, accavallando le gambe con una lentezza studiata, lasciando che la seta della sua vestaglia si aprisse appena, rivelando l’intimo scuro che avvolgeva il suo corpo. Il silenzio tra loro era denso, carico di una tensione che non aveva bisogno di parole.
Bevve un altro sorso del suo whisky, cercando di mantenere il controllo, ma i suoi occhi tradivano il desiderio che gli stava incendiando le vene.
Offrì alla sua vista la pelle sotto la luce soffusa, il pizzo sottile che ancora la copriva, ma che più che nascondere, esaltava.
Sal trattenne il respiro.
Marella si alzò in piedi, restando di fronte a lui, le mani che scorrevano sui fianchi mentre lentamente scendevano le spalline del reggiseno. Si fermò, sorridendo con malizia.
«Bevi, Sal.» La sua voce era bassa, calda, un ordine mascherato da consiglio.
Lui obbedì senza pensarci, portando il bicchiere alle labbra, ma non distolse mai lo sguardo.
Si voltò, offrendogli la visione della schiena nuda e della curva dei suoi fianchi.
Si girò di nuovo verso di lui con un sorriso enigmatico sulle labbra.
Sal la osservava in silenzio, il whisky dimenticato nel bicchiere, la sigaretta che lentamente si consumava tra le sue dita. Il suo sguardo era ipnotizzato dai movimenti lenti e studiati di Marella.
Si accomodò di nuovo sulla poltrona di fronte a lui, lasciando che la pelle incontrasse il tessuto vellutato della seduta.
Si mordicchiò il labbro, le dita che disegnavano linee invisibili lungo le cosce, poi, con un sorriso enigmatico, sollevò lentamente le gambe, poggiandole sui braccioli della poltrona, aprendosi completamente alla sua vista.
Sal inspirò bruscamente, il respiro che si fece più pesante.
Marella lo stava provocando nel modo più audace possibile, offrendogli una visione intima e senza vergogna, esponendosi senza riserve, completamente padrona del momento. Le dita dentro il suo sesso bagnato entravano ed uscivano piano.
«Sei troppo silenzioso, Sal.» La sua voce era un soffio caldo, carico di sfida.
Lui deglutì, il pugno che si strinse attorno al bicchiere, le nocche che si fecero bianche. Non si era mai sentito così, senza averla nemmeno toccata.
Marella continuò ad accarezzarsi lentamente, lasciando che le sue dita percorressero il proprio corpo con una lentezza esasperante. Chiuse gli occhi per un attimo, godendosi la sensazione, sapendo che ogni suo minimo gesto era sotto il controllo di quello sguardo che la divorava.
«Ti piace quello che vedi?» sussurrò, riaprendo gli occhi e trovando quelli di Sal fissi su di lei
Lui non rispose.
Marella sorrise, soddisfatta. Aveva il controllo assoluto su di lui, su ogni battito del suo cuore accelerato, su ogni respiro trattenuto, su ogni impulso che stava lottando per trattenere.
Poi, con un ultimo movimento lento e carico di intenzione, abbassò le gambe e si alzò dalla poltrona. Camminò lentamente verso di lui. Si fermò proprio davanti a Sal, piegandosi leggermente, lasciandogli sentire il suo respiro sul viso.
Gli tolse la sigaretta dalle dita e la portò alle proprie labbra, inspirando una boccata prima di soffiare il fumo in aria con un sorriso complice. Poi, abbassandosi fino a sfiorargli l’orecchio, sussurrò con voce bassa e sensuale:
«Adesso alzati e vieni in camera.»
Sal la fissò, incerto, come fosse in bilico tra il desiderio di resisterle e quello di obbedirle senza condizioni.
Lei non aspettò, afferrò il suo bicchiere e lo posò sul tavolo accanto, poi gli prese la sigaretta dalle dita e la spense nel portacenere, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Con un movimento lento ma deciso, lo prese per la cintura e lo costrinse ad alzarsi.
«Non farmi ripetere le cose.» La sua voce era un sussurro caldo.
Lui la seguì.
Appena entrarono nella stanza, Marella si mise davanti a lui e, senza dire una parola, iniziò a sbottonargli la camicia. Le sue dita sfioravano la sua pelle con intenzione, lo facevano fremere.
Una volta aperta la camicia, la fece scivolare via dalle sue spalle e lasciò che cadesse a terra. Poi gli aprì la cintura e sbottonò i pantaloni con movimenti studiati, senza fretta, come se volesse esasperare la sua attesa.
Gli accarezzò il petto, il respiro caldo contro la sua pelle, poi con un lieve spintone lo fece sdraiare sul letto.
Sal si adagiò contro i cuscini, i muscoli contratti sotto il peso del desiderio.
Con un sorriso compiaciuto, sfilò la sua cinta dal jeans, gli afferrò un polso, poi l’altro, e li legò alla spalliera del letto.
«Adesso rimani fermo.»
… continua
Quante volta lui le aveva detto “sei la mia schiava”. Quante volte lei si era concessa come tale. Ma negli ultimi incontri aveva notato qualcosa, un dettaglio sottile ma innegabile, c’era un momento – un attimo appena – in cui sembrava aspettare qualcosa. Un comando. Un ordine.
Se fosse stata lei a dettare il ritmo, a spingerlo oltre i suoi stessi confini? Il pensiero la eccitò più di quanto avrebbe mai creduto possibile.
Si sdraiò sul letto, lasciando che la fantasia prendesse forma. Lo immaginò sotto di lei, il suo corpo obbediente ai suoi desideri. Lo vedeva in ginocchio, con gli occhi alzati verso di lei, in attesa di un suo cenno. Voleva che lui sentisse il suo potere, voleva che capisse di essere completamente nelle sue mani.
Sentiva il desiderio di spogliarlo lentamente, con movimenti misurati, lasciando che l’attesa diventasse una tortura. Voleva vedere il suo petto sollevarsi sotto il peso della voglia trattenuta, voleva che lui si contorcesse sotto il suo sguardo, in attesa di un suo tocco.
Si immaginava a cavalcarlo con lentezza esasperante, imponendo il suo ritmo, costringendolo a resistere, a trattenersi fino a quando sarebbe stata lei a permettergli di cedere.
Avrebbe potuto legarlo al letto, tenendogli ferme le mani sopra la testa, sussurrandogli all’orecchio parole impronunziabili.
Sentiva la propria femminilità trasformarsi in potere.
Ora, l’idea di essere semplicemente desiderata non le bastava più. Voleva essere venerata.
La prossima volta che si sarebbero visti, lo avrebbe guardato dritto negli occhi, con un sorriso enigmatico sulle labbra, e gli avrebbe detto con voce bassa ma decisa:
“Oggi giochi secondo le mie regole.”
Quel giorno arrivò presto, il marito fuori per lavoro e lei lo invitò a cena.
Sal si accomodò sulla poltrona, il bicchiere di whisky stretto nella mano, il ghiaccio che tintinnava leggermente mentre lo faceva roteare nel vetro. Inspirò il fumo della sigaretta, lasciandolo scivolare fuori dalle labbra in una scia lenta e nervosa. I suoi occhi seguivano Marella, che si avvicinava.
Lei non disse nulla. Si sedette sulla poltrona di fronte, accavallando le gambe con una lentezza studiata, lasciando che la seta della sua vestaglia si aprisse appena, rivelando l’intimo scuro che avvolgeva il suo corpo. Il silenzio tra loro era denso, carico di una tensione che non aveva bisogno di parole.
Bevve un altro sorso del suo whisky, cercando di mantenere il controllo, ma i suoi occhi tradivano il desiderio che gli stava incendiando le vene.
Offrì alla sua vista la pelle sotto la luce soffusa, il pizzo sottile che ancora la copriva, ma che più che nascondere, esaltava.
Sal trattenne il respiro.
Marella si alzò in piedi, restando di fronte a lui, le mani che scorrevano sui fianchi mentre lentamente scendevano le spalline del reggiseno. Si fermò, sorridendo con malizia.
«Bevi, Sal.» La sua voce era bassa, calda, un ordine mascherato da consiglio.
Lui obbedì senza pensarci, portando il bicchiere alle labbra, ma non distolse mai lo sguardo.
Si voltò, offrendogli la visione della schiena nuda e della curva dei suoi fianchi.
Si girò di nuovo verso di lui con un sorriso enigmatico sulle labbra.
Sal la osservava in silenzio, il whisky dimenticato nel bicchiere, la sigaretta che lentamente si consumava tra le sue dita. Il suo sguardo era ipnotizzato dai movimenti lenti e studiati di Marella.
Si accomodò di nuovo sulla poltrona di fronte a lui, lasciando che la pelle incontrasse il tessuto vellutato della seduta.
Si mordicchiò il labbro, le dita che disegnavano linee invisibili lungo le cosce, poi, con un sorriso enigmatico, sollevò lentamente le gambe, poggiandole sui braccioli della poltrona, aprendosi completamente alla sua vista.
Sal inspirò bruscamente, il respiro che si fece più pesante.
Marella lo stava provocando nel modo più audace possibile, offrendogli una visione intima e senza vergogna, esponendosi senza riserve, completamente padrona del momento. Le dita dentro il suo sesso bagnato entravano ed uscivano piano.
«Sei troppo silenzioso, Sal.» La sua voce era un soffio caldo, carico di sfida.
Lui deglutì, il pugno che si strinse attorno al bicchiere, le nocche che si fecero bianche. Non si era mai sentito così, senza averla nemmeno toccata.
Marella continuò ad accarezzarsi lentamente, lasciando che le sue dita percorressero il proprio corpo con una lentezza esasperante. Chiuse gli occhi per un attimo, godendosi la sensazione, sapendo che ogni suo minimo gesto era sotto il controllo di quello sguardo che la divorava.
«Ti piace quello che vedi?» sussurrò, riaprendo gli occhi e trovando quelli di Sal fissi su di lei
Lui non rispose.
Marella sorrise, soddisfatta. Aveva il controllo assoluto su di lui, su ogni battito del suo cuore accelerato, su ogni respiro trattenuto, su ogni impulso che stava lottando per trattenere.
Poi, con un ultimo movimento lento e carico di intenzione, abbassò le gambe e si alzò dalla poltrona. Camminò lentamente verso di lui. Si fermò proprio davanti a Sal, piegandosi leggermente, lasciandogli sentire il suo respiro sul viso.
Gli tolse la sigaretta dalle dita e la portò alle proprie labbra, inspirando una boccata prima di soffiare il fumo in aria con un sorriso complice. Poi, abbassandosi fino a sfiorargli l’orecchio, sussurrò con voce bassa e sensuale:
«Adesso alzati e vieni in camera.»
Sal la fissò, incerto, come fosse in bilico tra il desiderio di resisterle e quello di obbedirle senza condizioni.
Lei non aspettò, afferrò il suo bicchiere e lo posò sul tavolo accanto, poi gli prese la sigaretta dalle dita e la spense nel portacenere, senza mai distogliere lo sguardo da lui. Con un movimento lento ma deciso, lo prese per la cintura e lo costrinse ad alzarsi.
«Non farmi ripetere le cose.» La sua voce era un sussurro caldo.
Lui la seguì.
Appena entrarono nella stanza, Marella si mise davanti a lui e, senza dire una parola, iniziò a sbottonargli la camicia. Le sue dita sfioravano la sua pelle con intenzione, lo facevano fremere.
Una volta aperta la camicia, la fece scivolare via dalle sue spalle e lasciò che cadesse a terra. Poi gli aprì la cintura e sbottonò i pantaloni con movimenti studiati, senza fretta, come se volesse esasperare la sua attesa.
Gli accarezzò il petto, il respiro caldo contro la sua pelle, poi con un lieve spintone lo fece sdraiare sul letto.
Sal si adagiò contro i cuscini, i muscoli contratti sotto il peso del desiderio.
Con un sorriso compiaciuto, sfilò la sua cinta dal jeans, gli afferrò un polso, poi l’altro, e li legò alla spalliera del letto.
«Adesso rimani fermo.»
… continua
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