Mia moglie e il suo primo strapon
di
Labello Femdom
genere
dominazione
Il pomeriggio era grigio, silenzioso.
Laura, mia moglie, era uscita solo per mezz’ora.
Rientrò senza dire nulla. Con una piccola borsa. Pelle lucida. Zip d’argento.
La poggiò sul letto. La aprì.
Dentro, il suo primo strapon.
Nero opaco, minimalista, regolabile.
E’ un dildo color pelle, curvo, non troppo spesso, ma deciso.
Scelto non per imitare.
Scelto per cominciare.
Io ero in camera da letto, inginocchiato come lei mi aveva ordinato dopo il pranzo.
Nudo. Collare al collo.
Il tempo mi aveva scavato la mente.
Laura mi raggiunse.
Non parlò.
Si mise davanti a me. Aprì lentamente la borsa.
Tirò fuori il cinturone. Lo indossò. Ogni gesto lento, misurato.
Poi si sistemò il dildo. Lo agganciò con due movimenti fluidi.
Io deglutii.
Laura si chinò. Mi accarezzò il viso.
«In piedi. Sopra il letto. A quattro zampe. Non voltarti. Non parlare.»
Io salii.
Laura restò ferma un attimo. Guardò il mio corpo.
Poi si spogliò solo della parte bassa del suo abbigliamento. Camicia ancora indosso.
Solo il dildo visibile.
Solo quello contava.
Si avvicinò. Mi accarezzò la schiena.
Poi lubrificò l’oggetto. Lo riscaldò tra le mani.
E lo posò su di me.
Un tocco. Una pressione.
Io tremai. Ma non dissi nulla.
Laura entrò con calma.
Paziente.
Lenta.
Profonda.
Un respiro.
Un secondo.
Poi iniziò a muoversi.
Silenziosamente.
Ogni affondo era misurato. Non era punizione. Non era gioco.
Era presa.
Era affermazione.
Era possesso.
Io ansimava piano.
Laura mi toccava la schiena con una sola mano, come per centrarlo.
Lo usava.
Ma con eleganza.
Non cercava dominazione.
Cercava appartenenza.
E la ottenne.
Quando si ritirò, io restai lì. Curvo. Vuoto.
Laura si avvicinò. Mi baciò la nuca.
«Hai sentito?
Era il mio primo.
E adesso…
è tuo.
Dentro di te.
Sempre.»
Io chiusi gli occhi.
Laura si alzò.
Si sistemò il corpo.
E sussurrò, mentre usciva dalla stanza:
«Domani lo rifarò.
Ma non sarai più solo un corpo.
Sarai il mio strumento.
Laura, mia moglie, era uscita solo per mezz’ora.
Rientrò senza dire nulla. Con una piccola borsa. Pelle lucida. Zip d’argento.
La poggiò sul letto. La aprì.
Dentro, il suo primo strapon.
Nero opaco, minimalista, regolabile.
E’ un dildo color pelle, curvo, non troppo spesso, ma deciso.
Scelto non per imitare.
Scelto per cominciare.
Io ero in camera da letto, inginocchiato come lei mi aveva ordinato dopo il pranzo.
Nudo. Collare al collo.
Il tempo mi aveva scavato la mente.
Laura mi raggiunse.
Non parlò.
Si mise davanti a me. Aprì lentamente la borsa.
Tirò fuori il cinturone. Lo indossò. Ogni gesto lento, misurato.
Poi si sistemò il dildo. Lo agganciò con due movimenti fluidi.
Io deglutii.
Laura si chinò. Mi accarezzò il viso.
«In piedi. Sopra il letto. A quattro zampe. Non voltarti. Non parlare.»
Io salii.
Laura restò ferma un attimo. Guardò il mio corpo.
Poi si spogliò solo della parte bassa del suo abbigliamento. Camicia ancora indosso.
Solo il dildo visibile.
Solo quello contava.
Si avvicinò. Mi accarezzò la schiena.
Poi lubrificò l’oggetto. Lo riscaldò tra le mani.
E lo posò su di me.
Un tocco. Una pressione.
Io tremai. Ma non dissi nulla.
Laura entrò con calma.
Paziente.
Lenta.
Profonda.
Un respiro.
Un secondo.
Poi iniziò a muoversi.
Silenziosamente.
Ogni affondo era misurato. Non era punizione. Non era gioco.
Era presa.
Era affermazione.
Era possesso.
Io ansimava piano.
Laura mi toccava la schiena con una sola mano, come per centrarlo.
Lo usava.
Ma con eleganza.
Non cercava dominazione.
Cercava appartenenza.
E la ottenne.
Quando si ritirò, io restai lì. Curvo. Vuoto.
Laura si avvicinò. Mi baciò la nuca.
«Hai sentito?
Era il mio primo.
E adesso…
è tuo.
Dentro di te.
Sempre.»
Io chiusi gli occhi.
Laura si alzò.
Si sistemò il corpo.
E sussurrò, mentre usciva dalla stanza:
«Domani lo rifarò.
Ma non sarai più solo un corpo.
Sarai il mio strumento.
8
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Una suocera da Adorare
Commenti dei lettori al racconto erotico