Schiavo della mia lussuria
di
Actraiser
genere
dominazione
Continuava a parlarmi da circa un quarto d’ora, ma il mio sguardo era fisso sui suoi occhi blu, così intensi da ricordarmi le profondità più misteriose dell’Oceano. Non mi fregava assolutamente nulla della sua associazione di giovani cattolici, ma un pensiero malizioso aveva attraversato la mia testa: volevo sedurlo.
Dopo averlo fatto salire in casa, ed offerto un the alla vaniglia, decisi di sfogare il mio istinto perverso verso questo imberbe e timido ragazzo, che probabilmente non aveva mai visto una donna nuda in tutta la sua vita: non ci volle molto a convincerlo a stendersi sul letto, e a spogliarlo con tutta la dolcezza di cui sono capace, guardandolo sempre fisso negli occhi. Volevo che fosse un’esperienza erotica sconvolgente, e mi lasciai andare come forse mai prima nella mia vita.
Lo legai al letto con i polsi ben stretti alla ringhiera, in modo che fosse in mio completo potere: per prima cosa gli ordinai di aprire la bocca dove versai un’abbondante dose di saliva, per poi ripassarla piano, con la mia lingua dentro la sua bocca. Mi spogliai completamente sopra di lui, sentivo il suo cazzo durissimo sotto gli slip. Mi tastai, erò già bagnata. Passando e ripassando un dito nella mia fica brodosa, glielo porsi, prima per annusare, e poi per trangugiare il mio indice caramellato al miele di passera. Ero eccitatissima: salii sulla sua faccia e cominciai a strusciare la mia fichetta indiavolata, inserendo il mio taglio tra le sue labbra, con la sua lingua curiosa che esplorava ovunque, per poi uscirne sul più bello, lasciando colare il mio succo sul suo viso.
Mi stesi in tutta la mia lunghezza sopra di lui, cominciai a leccargli la faccia senza interrompere il movimento sinuoso ed ipnotico del mio corpo fremente. A furia di strusciarmi sulla sua gamba il clitoride era diventato gonfio come una noce, e mi venne voglia di fargli la pipì addosso. Lui non replicava, era come paralizzato dal terrore e dall’eccitazione insieme: sborrò un paio di volte nelle mutande, mentre la mia bocca era scesa sul suo corpo, alternando dolci baci a piccoli morsi, sul suo collo, il suo petto, il suo ventre. Non ero ancora sazia della mia lussuria, ma temendo che non potesse resistere ancora a lungo, decisi finalmente di donargli tutta me stessa: bastarono due decisi colpi di mano per fare tornare subito in tiro l’uccello, ad occhio una ventina di centimetri ed una discreta cappella rosea, che sarebbe stato davvero un delitto lasciare in ostaggio a Dio e alla setta dei giovani fanatici di Cristo. Si svuotò pochissimi secondi dopo essere entrato nella mia tana infuocata, feci appena in tempo ad uscire che la sua sostanza collosa schizzò sul mio ventre e sui peli della mia fica. Lo lasciai ancora lì per qualche minuto, il tempo di raggiungere con la mente l’accesso segreto del mio orgasmo, e dopo qualche rapido tocco delle mie dita sul clito venni con l’impeto sconvolgente che solo noi donne possediamo, mentre i miei umori raggiunsero copiosi il suo corpo di fanciullo sverginato.
Se ne andò barcollando, rivestito alla meno peggio, con in dono i miei slip inamidati al profumo di fica.
All’improvviso i miei occhi si aprono, tutt’intorno il buio della mia stanza. Le dita appiccicose della mia mano destra ed un paio di lenzuola ridotte un disastro, ecco cosa rimane di un’avventura fantastica vissuta unicamente nella mia mente, e che forse non avrei mai avuto il coraggio di vivere nella realtà.
Dopo averlo fatto salire in casa, ed offerto un the alla vaniglia, decisi di sfogare il mio istinto perverso verso questo imberbe e timido ragazzo, che probabilmente non aveva mai visto una donna nuda in tutta la sua vita: non ci volle molto a convincerlo a stendersi sul letto, e a spogliarlo con tutta la dolcezza di cui sono capace, guardandolo sempre fisso negli occhi. Volevo che fosse un’esperienza erotica sconvolgente, e mi lasciai andare come forse mai prima nella mia vita.
Lo legai al letto con i polsi ben stretti alla ringhiera, in modo che fosse in mio completo potere: per prima cosa gli ordinai di aprire la bocca dove versai un’abbondante dose di saliva, per poi ripassarla piano, con la mia lingua dentro la sua bocca. Mi spogliai completamente sopra di lui, sentivo il suo cazzo durissimo sotto gli slip. Mi tastai, erò già bagnata. Passando e ripassando un dito nella mia fica brodosa, glielo porsi, prima per annusare, e poi per trangugiare il mio indice caramellato al miele di passera. Ero eccitatissima: salii sulla sua faccia e cominciai a strusciare la mia fichetta indiavolata, inserendo il mio taglio tra le sue labbra, con la sua lingua curiosa che esplorava ovunque, per poi uscirne sul più bello, lasciando colare il mio succo sul suo viso.
Mi stesi in tutta la mia lunghezza sopra di lui, cominciai a leccargli la faccia senza interrompere il movimento sinuoso ed ipnotico del mio corpo fremente. A furia di strusciarmi sulla sua gamba il clitoride era diventato gonfio come una noce, e mi venne voglia di fargli la pipì addosso. Lui non replicava, era come paralizzato dal terrore e dall’eccitazione insieme: sborrò un paio di volte nelle mutande, mentre la mia bocca era scesa sul suo corpo, alternando dolci baci a piccoli morsi, sul suo collo, il suo petto, il suo ventre. Non ero ancora sazia della mia lussuria, ma temendo che non potesse resistere ancora a lungo, decisi finalmente di donargli tutta me stessa: bastarono due decisi colpi di mano per fare tornare subito in tiro l’uccello, ad occhio una ventina di centimetri ed una discreta cappella rosea, che sarebbe stato davvero un delitto lasciare in ostaggio a Dio e alla setta dei giovani fanatici di Cristo. Si svuotò pochissimi secondi dopo essere entrato nella mia tana infuocata, feci appena in tempo ad uscire che la sua sostanza collosa schizzò sul mio ventre e sui peli della mia fica. Lo lasciai ancora lì per qualche minuto, il tempo di raggiungere con la mente l’accesso segreto del mio orgasmo, e dopo qualche rapido tocco delle mie dita sul clito venni con l’impeto sconvolgente che solo noi donne possediamo, mentre i miei umori raggiunsero copiosi il suo corpo di fanciullo sverginato.
Se ne andò barcollando, rivestito alla meno peggio, con in dono i miei slip inamidati al profumo di fica.
All’improvviso i miei occhi si aprono, tutt’intorno il buio della mia stanza. Le dita appiccicose della mia mano destra ed un paio di lenzuola ridotte un disastro, ecco cosa rimane di un’avventura fantastica vissuta unicamente nella mia mente, e che forse non avrei mai avuto il coraggio di vivere nella realtà.
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