L'ossessione per mio cognato
di
Oslo
genere
bisex
Un’ossessione, era questo il sentimento che sentivo nei confronti di mio cognato Francesco, da quando lo vidi uscire da un locale per soli uomini.
Quella sera mi trovavo nei pressi di Via Sacconi, stavo accompagnando Erika la mia amante a casa, quando mi parve di riconoscere tra i ragazzi che uscivano dalla discoteca Francesco.
Abbracciava un ragazzo di colore e da come lo faceva, intuì che non si trattava di un amico, parlavano in modo confidenziale e a volte il ragazzo di carnagione scura, gli passava le dita sulle labbra guardandolo negli occhi.
Non immaginavo le particolari inclinazioni sessuali di Francesco, ne lui ne aveva mai parlato con la famiglia, così per evitare l’imbarazzo sia mio che suo, cercai di passare inosservato e appena i due ragazzi si appartarono dalla mia vista accelerai e rientrai a casa.
Il rientro a casa dopo essere stato con l’amante non è sempre piacevole, bisogna scontrarsi con gli occhi della moglie, con le mille bugie da dire, con un nuovo senso di colpa che andava ad arricchire un’ armadio già pieno di scheletri. Per fortuna quella sera non fu così, perché Maria stava dormendo, almeno per il momento quel confronto era rimandato al giorno dopo.
Mi misi a letto cercando di non svegliare mia moglie, e prima di abbandonarmi al sonno, rimuginai su quello che era successo quella sera, pensai ad Erika, ogni qualvolta stavamo insieme riusciva a farmi dimenticare la grigia monotonia matrimoniale, volle essere posseduta fuori dalla macchina a pecorina sul cofano, volle che le strofinassi l’uccello sulla gonna di raso e volle che le leccassi il collo, un dolce profumo invase il mio istinto animale guidandomi fino ai lobi che cominciai a mordere.
Il forte sapore di metallo dei suoi orecchini mi ricordò di quanto Elena fosse donna e di quando a letto con suo marito, pensava a me. Una volta mi confessò che cominciò a leccare il cazzo del coniuge pensando fosse il mio, e lo fece venire leccandogli la cappella, senza bisogno di fargli un pompino.
In risposta alle sue esigenze, quella sera, volli venire dentro il suo culo, e la obbligai a promettermi che non si sarebbe ripulita se prima non lo avesse fatto col marito, avrebbero scopato col mio sperma nel culo e solamente dopo si sarebbe data al piacere di una calda e confortevole doccia.
Il solo ricordare quella donna mi aveva fatto ritornare il cazzo duro, mentre al mio lato, mia moglie dormiva profondamente.
Delicatamente le posai la mia mano sulla figa.
Reagì con un gemito, ma continuò a dormire, pensando ad Erika, cominciai ad accarezzarmi l’uccello.
Voleva liberarsi dalle mutande che lo trattenevano ma mi limitai a scoprirne solo la punta attaccata alla base del mio ombelico e inumidendomi il dito cominciai a massaggiarla.
Il mio pensiero andò anche a Francesco, e mi stupì nel rendermi conto che continuavo a massaggiarmi la cappella, pensando a mio cognato e al ragazzo di colore.
Cominciai a pensare a cosa stessero facendo in quel momento i due amanti, se anche Francesco si era abbandonato al volere del suo accompagnatore e magari anche lui se ne stava a pecorina appoggiato ad un cofano aspettando di ricevere nel culo il caldo liquido biancastro.
Immaginai la verga scura e possente dell’amico, immaginai mio cognato inginocchiato davanti a lui, con il cazzo in bocca e con gli occhi fissi sull’amico, immaginai le mani del ragazzo di colore pressare la testa di Francesco mentre accelerava il ritmo e scappellava la sua asta dentro il palato di mio cognato.
Questi pensieri fecero gonfiare le vene del mio cazzo che da li a poco cominciò a pulsare, esplodendo in rivoli di sborra che macchiarono i peli che ricoprivano il mio petto.
Delicatamente, senza svegliare mia moglie, mi alzai e andai in bagno per ripulirmi.
Mentre levavo con la carta igienica la sborra che curiosamente era arrivata fino al mio collo, mi guardavo allo specchio.
Strisciavo la carta igienica sui miei peli, dove c’era tanto sperma dovevo ripassare più volte e quando finì col petto, strinsi la cappella che rilasciò gli ultimi spasimi di piacere clandestino.
Mentre tiravo lo sciacquone sorrisi, pensando che mio cognato era appena riuscito a farmi sborrare nel letto matrimoniale accanto a mia moglie. Non cosciente che il pensiero di Francesco, sarebbe stata la mia ossessione nei giorni successivi andai a letto e abbracciando Maria mi lasciai andare al volere di Morfeo.
Oslo. © creative commons
Quella sera mi trovavo nei pressi di Via Sacconi, stavo accompagnando Erika la mia amante a casa, quando mi parve di riconoscere tra i ragazzi che uscivano dalla discoteca Francesco.
Abbracciava un ragazzo di colore e da come lo faceva, intuì che non si trattava di un amico, parlavano in modo confidenziale e a volte il ragazzo di carnagione scura, gli passava le dita sulle labbra guardandolo negli occhi.
Non immaginavo le particolari inclinazioni sessuali di Francesco, ne lui ne aveva mai parlato con la famiglia, così per evitare l’imbarazzo sia mio che suo, cercai di passare inosservato e appena i due ragazzi si appartarono dalla mia vista accelerai e rientrai a casa.
Il rientro a casa dopo essere stato con l’amante non è sempre piacevole, bisogna scontrarsi con gli occhi della moglie, con le mille bugie da dire, con un nuovo senso di colpa che andava ad arricchire un’ armadio già pieno di scheletri. Per fortuna quella sera non fu così, perché Maria stava dormendo, almeno per il momento quel confronto era rimandato al giorno dopo.
Mi misi a letto cercando di non svegliare mia moglie, e prima di abbandonarmi al sonno, rimuginai su quello che era successo quella sera, pensai ad Erika, ogni qualvolta stavamo insieme riusciva a farmi dimenticare la grigia monotonia matrimoniale, volle essere posseduta fuori dalla macchina a pecorina sul cofano, volle che le strofinassi l’uccello sulla gonna di raso e volle che le leccassi il collo, un dolce profumo invase il mio istinto animale guidandomi fino ai lobi che cominciai a mordere.
Il forte sapore di metallo dei suoi orecchini mi ricordò di quanto Elena fosse donna e di quando a letto con suo marito, pensava a me. Una volta mi confessò che cominciò a leccare il cazzo del coniuge pensando fosse il mio, e lo fece venire leccandogli la cappella, senza bisogno di fargli un pompino.
In risposta alle sue esigenze, quella sera, volli venire dentro il suo culo, e la obbligai a promettermi che non si sarebbe ripulita se prima non lo avesse fatto col marito, avrebbero scopato col mio sperma nel culo e solamente dopo si sarebbe data al piacere di una calda e confortevole doccia.
Il solo ricordare quella donna mi aveva fatto ritornare il cazzo duro, mentre al mio lato, mia moglie dormiva profondamente.
Delicatamente le posai la mia mano sulla figa.
Reagì con un gemito, ma continuò a dormire, pensando ad Erika, cominciai ad accarezzarmi l’uccello.
Voleva liberarsi dalle mutande che lo trattenevano ma mi limitai a scoprirne solo la punta attaccata alla base del mio ombelico e inumidendomi il dito cominciai a massaggiarla.
Il mio pensiero andò anche a Francesco, e mi stupì nel rendermi conto che continuavo a massaggiarmi la cappella, pensando a mio cognato e al ragazzo di colore.
Cominciai a pensare a cosa stessero facendo in quel momento i due amanti, se anche Francesco si era abbandonato al volere del suo accompagnatore e magari anche lui se ne stava a pecorina appoggiato ad un cofano aspettando di ricevere nel culo il caldo liquido biancastro.
Immaginai la verga scura e possente dell’amico, immaginai mio cognato inginocchiato davanti a lui, con il cazzo in bocca e con gli occhi fissi sull’amico, immaginai le mani del ragazzo di colore pressare la testa di Francesco mentre accelerava il ritmo e scappellava la sua asta dentro il palato di mio cognato.
Questi pensieri fecero gonfiare le vene del mio cazzo che da li a poco cominciò a pulsare, esplodendo in rivoli di sborra che macchiarono i peli che ricoprivano il mio petto.
Delicatamente, senza svegliare mia moglie, mi alzai e andai in bagno per ripulirmi.
Mentre levavo con la carta igienica la sborra che curiosamente era arrivata fino al mio collo, mi guardavo allo specchio.
Strisciavo la carta igienica sui miei peli, dove c’era tanto sperma dovevo ripassare più volte e quando finì col petto, strinsi la cappella che rilasciò gli ultimi spasimi di piacere clandestino.
Mentre tiravo lo sciacquone sorrisi, pensando che mio cognato era appena riuscito a farmi sborrare nel letto matrimoniale accanto a mia moglie. Non cosciente che il pensiero di Francesco, sarebbe stata la mia ossessione nei giorni successivi andai a letto e abbracciando Maria mi lasciai andare al volere di Morfeo.
Oslo. © creative commons
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