I ricordi più belli con mio cugino (parte uno)

di
genere
incesti

Quando avevo 16 anni, feci qualche prima esperienza con un mio cugino più grande di me, forse aveva 28 anni e più, e ricordo che una volta rimanemmo da soli nel salotto di questa mia zia, lei non c’era, ma non poteva di certo immaginare; ricordo che quando mi protesi per passare tra una sedia ed un mobile, mio cugino si alzò dal divano, e tra una parola ed un’altra, riuscì a poggiarmi il suo pacco sul culo, da sopra i jeans.
Per me era un’esperienza nuova, e strana, ed incestuosa ma mi scese la zip “tranquilla” mi disse, e rimasi ferma, con le mani sulla schiena della sedia, e lui mi fece calare i jeans, e sentii qualcosa entrarmi nelle mutandine da dietro: era il suo cazzo, duro, fermo come il marmo, da dietro le mutandine, da sopra, lo infilò fin sotto le labbra della mia passerina “Ohh…” sospirò e mi tenne dalle braccia, io immobile, quasi nuda, con gli occhi socchiusi nel vuoto, aspettavo un suo movimento; tra un sospiro ed un altro, raggiunsi un orgasmo mentre lui strofinava la cappella sul mio clitoride, da dentro le mutandine e poi lo sentii fermarsi, stringermi le dita sulle braccia, e guardai in basso: un calore mi pervase le labbra sotto, come dei fiotti di crema calda “Oh… aahh… ferma così… fatti venire nelle mutandine” e restai ferma, mentre mio cugino veniva, sospirava e mi riempì le mutandine, fino a farmi un pacco, denso, e tirò fuori il cazzo moscio, mi aggiustò dietro l’elastico e quando le chiuse, lo sperma si poggiò fra le mie labbra, bagnandole, appiccicandole. Non dimenticai mai quel momento.
All’età di 18 anni, lui ormai era sposato, ma tornarono in paese per un pranzo, e lo dopo esserci riconciliati dopo tante chiacchiere, mentre beveva qualcosa con gli altri, in giardino striciai il dito dietro la sua sedia, dietro le spalle, come una serpe, passai sulla punta dei piedi senza farmi vedere dagli altri, e lui mi osservò con la coda dell’occhio; bruciai con il polpastrello lo schienale, il suo bordo, lui lo aveva notato, e me andai dentro casa. Quel che successe dopo, fu a dir poco surreale, i miei amici mi credono ma se lo raccontassi a qualcuno, quanto a voi, è difficile da credere; comunque, il cugino chiese a mia madre se potevo andare con lui a prendere un gelato in paese, magari andavamo sul lungo mare, e mia madre entusiasta acconsentì nonostante io avessi 18 anni e tutti i vaccini, ma sapete, è il sud.
In auto furono risate, mani fugaci, carezze improvvise ed imbarazzate, osservavo il paesaggio fuori e le piante che diventavano strisce orizzontali, le auto cariche di ragazzi felici, famiglie con i gelati in mano, panchine piene, panchine vuote, il sole sulle palpebre e sul marmo, allungavo le gambe sul vetro, con i piedi poggiati e lui le guardava “le tolgo? Io sto sempre così” gli dico “no figurati, ridevo” mi risponde e non ci diciamo altro.
Vi siete fatti un’idea che andavamo molto d’accordo, finché dopo il gelato – che poi ho mangiato soltanto io – siamo andati a guardare un piccolo fiume, lontano dal mare, pieno di piante: piante verdi, piante verde scuro, marroncine, con gli insetti, bucate. Ricordo bene che ci sedemmo su questo prato dietro un muro di pianticelle, un bel prato curato, ma non passava nessuno – erano le due del pomeriggio, beh, e soprattutto al sud – e restammo a parlare, finché lui non mi fece notare “hai il bottoncino staccato” e mi guardai la canotterina bianca “è vero” e andò con la mano per toccarlo prima di me, e ci incrociammo gli sguardi, immobili, presenti, socchiusi, mentre lui allungava le dita dentro il mio spacco, erano fredde e si infilavano una alla volta nel mio seno, nella linea al centro, frugava con le dita e decisi di spingermi, finalmente, scossa dalla pulsazione del mio clitoride e lo baciai sulle labbra, un bacio a stampo, poggiai le labbra sulle sue, erano asciutte, perfette, e lui ricambiò il bacio, ad occhi chiusi mentre poggiò il palmo della mano sulla mia canottiera proprio sul seno destro e lo strinse; non portavo il reggiseno, avevo un seno sodo e faceva caldo, e mi accarezzò il capezzolo con le dita, poi ancora con il palmo mi massaggiò le tette, entrambe, passava da destra a sinistra, e tutto ciò: la situazione, le sue mani, quei baci ancora timidi, mi fecero bagnare.
Rimanemmo a guardarci le labbra, gli occhi, a pochi millimetri dal viso, respiravamo ognuno sulla pelle dell’altro, a sguardo socchiuso e mi tirai fuori le tette, a due mani, le feci uscire come due pesche, le spalline mi scesero lentamente e loro morbidamente apparirono davanti a lui: doveva guardarmi, volevo essere osservata, doveva morire d’ossessione per me. Rimasi ferma così e poggiai le mani sull’erba, mi protesi il petto verso di lui, e guardandomi le tette iniziò a toccarle, sembrava stanco, sembrava impressionato, come se fossero le prime della sua vita, mi guardava in viso e le palpava, le prendeva in mano e mi faceva bagnare; così decisi di farlo impazzire, mi tolsi la maglietta, e mi sdraiai con la schiena sul prato caldo, il viso sotto l’ombra di una pianta, aprii le coscette e sollevai la gonna, con i piedi sull’erba, e spostai le mutandine con due dita, per mettermi in mostra, per fargli vedere che ero tutta sua adesso, e lui mi osservava.
Iniziai a toccarmi lentamente, e lui mi fissava dalla testa ai piedi, finché non lo vidi tirare fuori il cazzo, con i pantaloni scesi, perfettamente su, con il prepuzio sceso, e il glande gonfio, lucido; si avvicinò al mio viso, rimase in ginocchio, smisi di toccarmi e lui mi accarezzò il viso con il glande, due, tre, quattro volte, come per placarmi, per domarmi e me la passò anche sulle labbra, ogni tanto me le apriva con il movimento del cazzo, da sopra, a sotto e me le apriva, e le richiudevo, tiravo fuori la lingua e si spostava e ricominciava a passarmelo “apri la bocca, piccolina” mi disse gentilmente ed io lo feci, aprii le labbra e poggiò il suo glande sulla mia lingua, mi guardò in viso e piegò la testa per guardarmi meglio “com’è umida questa tua bocca” continuò e strofinò la cappella sulla lingua più volte, finché non me lo spinse dentro lentamente, mentre tenevo le braccia lunghe dietro, sul prato, e lui insisteva con quell’asta nella mia bocca; non entrava tutta, faceva piano, poi ha iniziato ad aumentare il ritmo, lo guardavo in viso e lui mi guardava mentre a volte contorceva le labbra, come fanno gli uomini, in genere e si faceva una sega, mentre me lo spingeva a poco a poco nelle labbra “sei un tesoro, attenta che adesso vado più dentro” e così fece, se lo tenne soltanto con due dita all’estremità ed io chiusi gli occhi, succhiai e lo infilò tutto dentro, lo tenne pochi secondi, mi guardò in viso, cambiai espressione e lo tirò fuori “soffochi, piccola?” ed annuii con la testa ma me lo ripoggiò sulle labbra e ricominciò il ritmo, ed io ero sempre più bagnata, mentre lui mi scopava la bocca, non troppo velocemente ma cercando di andare a fondo, una cosa reale, sana e viva finché non sentii qualcosa riempirmi la lingua, poi la bocca e poi decidetti d’ingoiare, lui sbuffava, per un attimo strizzò gli occhi, poi tornò a guardarmi mentre ingoiavo: era sperma, uno, due, tre getti caldi nella mia bocca e li buttai tutti giù “aahh, oohh, piccola mia, fammi svuotare le palle nella tua bocca” mi disse e così finì per fare, restò nella mia bocca finché non gli diventò molle, e si allontanò dal mio viso.
Si sdraiò accanto a me sull’erba, io con le gambe aperte, le ginocchia sul prato, e lui accanto a me, mentre avevo una gamba su di lui; fece un sospiro “che meraviglia, che assoluta meraviglia, mi fai eccitare tantissimo, soltanto a guardarti e poi hai una fichetta come pesca, fammela rivedere” e mi scostai le mutandine “toglile, cuginetta, toglile, resta con le coscette aperte, mostrami quelle labbra” e così feci, mi sfilai le mutandine, mi ridistesi accanto a lui, e lo guardai in viso, ancora eccitata, sentivo l’erba stuzzicarmi il sedere, ed io che la bagnavo con i miei umori, con il ginocchio su di lui, le gambette aperte, la gonnellina su “splendida” mi disse, ma io non riuscivo ancora ad esprimermi, e allungò un dito proprio fra le mie gambe: lo passò verticalmente, dal buchetto al clitoride, si bagnò subito, e poi lo spinse dentro d’un colpo ed io sussultai, afferai il suo polso e lui mi guardò in viso “che c’è?” chiese, ma continuai a fissarlo, mosse il dito dentro, e socchiusi gli occhi, e così cominciai a sospirare, mentre lui pompava lentamente quel dito e restavo ferma, a sentire quel movimento paradisiaco, con le labbra vicino alle sue, mentre sussurrava e gli tiravo la maglietta, lui quasi poggiato su di me “tu, piccolina, non fai molto sesso, vero?” e sospirai dicendo di no – ed era vero, non è facile trovare qualcuno con i propri gusti e/o capace di comportarsi da persona seria, che non ti dia della troia come la maggior parte dei sessisti in circolazione – e così continuò a spingere soltanto un dito “sei tanto stretta, hai perso da poco la verginità, si sente” ed anche questo era vero, successe soltanto pochi mesi fa.
Continuai a farmi cullare da quel dito, finché non mi trovai mio cugino sopra di me, si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno e poggiò il glande sulla mia fessura umida, sempre furtivo, lo osservavo guardarsi intorno, e tenermi le mani sulle ginocchia, e cominciò a strofinare la cappella sul buchino, se la bagnava, se la gonfiava, senza mani, guardava sopra, dietro le piante, cercando di stare sicuro. Io restavo giù, quasi in estasi, e poi poggiò il suo sguardo su di me, si prese l’asta e mi allargò le labbra, poi le ginocchia facendo aprirmi le cosce ed io assecondai il movimento, e lo spinse dentro lentamente: mi guardò in viso, cercando espressioni, io socchiusi e poi chiusi gli occhi, sospirai appena colpì il fondo, il suo cazzo passò lentamente, come frenato dalle mie pareti di carne, calde, si aprivano lentamente al suo passaggio, e poi si fermò “sei strettissima, è fantastico” mi disse ed iniziò a muoversi, piano, poi più veloce e ad ogni colpo ansimavo, non sono capace di trattenermi, cacciavo fuori il fiato, mi sentivo sbattere e mio cugino insisteva, mi colpiva, mi apriva, il suo bacino premeva contro di me a ritmo finché non si sdraiò su di me, ed io allargai per bene le gambe, e lui mi poggiò le mani sulle guance, mi guardò bene in viso, gli sussurrai fra le labbra “Marco, scopami” e a quelle parole aumentò la velocità, ogni tanto si fermava dentro ed io lo sentivo tutto, senza preservativo, senza nulla, volevo sentirlo e basta; si stringeva a me, poggiato sul mio petto, a ritmo sostenuto mi fotteva la fichetta “sei così stretta, così piccola, sto godendo… tantissimo… quanto mi piace scoparti…” ed io gli respiravo nella bocca “Marco, oh.. Oh.. Marco, mi brucia un po’, ma ti prego non fermarti, ti prego, continua a fottermi così…” “Tesoro, ti sto fottendo… non gridare, ci sentiranno” e mi poggiò le dita sulla lingua, gliele leccai “brava, amore mio, cuginetta mia, leccami le dita, senti come ti sto aprendo quel buchetto…” e mi tolse le dita, così continuai “mi sto bagnando tanto… ohh…” “sì, sì che ti stai bagnando, così ti voglio, sei la mia troietta” e a quella parola, in quel contesto, mi volevo sentire tanto volgare “sì, sono la tua troietta, sbattimi per bene” ed iniziammo a baciarci forte, mi infilava la lingua nella bocca, ci incastravamo, non avevamo tempo di respirare, a volte gli sospiravo in bocca, ma restavamo con le labbra incollate, finché non mi sussurrò sudato “puttanella, sto venendo, sei così stretta che non resisto…” ed io cercai di trovare lucidità “M-Marco… non prendo nulla, dai, vienimi in bocca” ma lui si strinse a me, strinse le sue mani sui miei capelli, e poggiò il viso sul mio, guancia a guancia “sei fertile?” mi chiese con un nodo alla gola, sudato “sì, Marco… ti prego, esci fuori se devi… se devi… venire” ma lui mi strinse “sei fatta apposta per questo, sei fertile, sei bellissima, devo svuotarmi le palle dentro di te, lo capisci?” e trasalii un po’ dal panico “Ti prego, n-no… togliti…” ma le mie parole non erano convinte, così poggiò la fronte sulla mia, strinse un po’ gli occhi, sentii il cazzo affondarmi per bene dentro, e spalancai le labbra in un “Ohh…” di piacere, in un orgasmo, e chiusi gli occhi, ma lui era ancora bello saldo, fermo, di marmo dentro, mi stringeva i capelli con le dita, la fronte sulla mia, socchiuse la bocca “Ohh…” fece anche lui “sta uscendo… Ohh… Oh… ecco, resta ferma, fertile, che ti riempio… “ e capii cosa stesse succedendo dopo il primo getto… poi un altro, due, tre e quattro: furono quattro getti, uno lungo per bene fin dentro, gli altri più lenti, pesanti, mi sentivo stracolma che allargai per bene le gambe, immobile, lo lasciai sfogare, si svuotò per bene quei coglioni mentre mi diceva “sto venendo tutto… sei pienissima, bella, bella…” e quando finì, uscì fuori, molle ed io rimasi a gambe aperte, a farmi colare tutto, mentre lui riprendeva fiato.

(dedicato a mio cugino, uomo, amico, amante: una gioia della mia vita)
scritto il
2015-05-07
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