L'amore sano dei sani istinti
di
boccadirosa♥
genere
etero
Non avrei fatto in tempo a trovare le chiavi e salire tre piani per pisciare, inoltre, quella mattina, toccandomi la tasca di dietro, notai di aver lasciato le chiavi di casa nell'auto "e allora, amen" mi risposi da solo, da gran coglione.
Così, mi infilai in un angolo del giardino di casa mia, è un grosso condominio, ma essendoci cresciuto, conoscevo alcuni punti nascosti, vicino al prato curato, era tutto curato perfettamente; mi nascosi nell'angolo che conoscevo bene e mi svuotai (davvero liberatorio, per la cronaca) finché appena mi alzai la zip, mi girai, ed una figura mi fece sussultare, era proprio alle mie spalle, come quegli incubi che fanno sudare freddo: figura di donna, la signora del sesto piano, Laura.
"Io..." provai a giustificare il presunto vandalismo al condominio "volevo soltanto fumare una sigaretta" che gran coglionata di risposta, bravo!
Fatto sta che in quella circostanza tutto si ribaltò, e mi sembrò di vivere in qualcosa di parallelo tra bugia e realtà. Infatti, quella mattina provai una delle emozioni più forti della mia vita, che posso ancora ricordare: avevo 20 anni e lei 42, ricordo che ci trovammo in quella situazione per pura casualità tra il suo uscire per controllare il garage e la mia -ahem- urgenza; ma se eravamo capitati in quella situazione era perché ,in quei pochi giorni dal mio ritorno dall'università, ci eravamo scrutati, osservati, bramati, oserei dire.
Dal balcone, dalla finestra, da quei nostri vetri che ci separavano dal vuoto, gradivo guardarla vestirsi e svestirsi, avevo guardato bene quei solchi tra le costole e il seno, quando alzava le braccia, le ascelle scavate, con quel seno abbondante, sporto, poggiato in avanti e gonfio, la pelle dorata e i capezzoli larghi, morbidi, li avevo immaginati morbidi e tesi.
Gradivo quelle immagini, d'altronde sono una persona con esigenze sessuali, queste cose le noto, come tutti e lei era la mia vicina ma anche quella da guardare di nascosto, e manco tanto, gradevole, guardare e basta, ma non avevo mai pensato a qualcosa di reale, perché sarebbe stato surreale, come capita a tutti noi comuni mortali, nei nostri daydreams.
Ritornando all'erba del nostro giardino...
"Mi scusi..." seppi soltanto rispondere, ma lei comunque non rispondeva, imbarazzata, con un piatto di porcellana in mano, ancora la ricordo bene, con gli occhi vacui, grigi, quegli occhi larghi e grandi...
Intanto nessuno si muoveva, imbarazzati, lei muta, mi sorrise intimidita, con quel pizzico di follia tra i denti, e allora azzardai l'impossibile: spinsi un po' in avanti il bacino, scesi la zip e un po' i jeans mostrando il boxer indaco -notai gli occhi di lei posarsi, stringendo il bordo del piatto con le dita ben curate, unghie color carne- e poi scesi l'elastico facendo uscire il mio cazzo.
Quasi il momento fatidico, mantenevo il mio pene sceso poggiato ai pantaloni scesi, con le dita alla base, cercando di mantenere uno sguardo serio, penetrante anche se dentro m'intimidivo.
Mi ritrovai lei vicino, di fronte a me, come qualcosa che si era materializzato più che realizzato, con la sua manina liscia, le dita freddine e lunghe, con un'anello piccolo al medio, sul mio pene sciolto, sceso, morbido; lo toccava velocemente tra le dita, la guardavo in viso, mi segava con le dita fredde, ci guardavamo in silenzio, non riuscivo a diventare duro vista la situazione d'imbarazzo e dopo il suo "vieni" ci ritrovammo a salire nel portone. Oh! Che bei ricordi, quelle palpatine, quelle toccate fugaci, veloci! Nell'ascensore riuscii a baciarla, finalmente, quelle labbra piccole e carnose, come due ragazzini e le toccai i fianchi, quei fianchi che una volta erano stretti, ora più larghi, dati i 40 anni, ma splendidi, oserei dire.
L'incanto s'interruppe a casa sua, quando io ebbi poco tempo e lei mi fermò, tirandosi indietro anche alle carezze, a gesti semplici.
Susseguirono giorni normali, un po' confusi, la vedevo ma non mi capacitavo del perché del suo rifiuto.
Finché non mi presentai a casa sua e restammo a parlare in cucina del più e del meno di quella situazione, con imbarazzo, certamente, ma per fare chiarezza, e poi, ormai lei era vicina, volevo scopare con lei visto che ci stava.
"In realtà, non ho più un partner da diversi anni" mi disse "diciamo da... 27 anni" e rimasi sbalordito "dice sul serio?" fu la mia domanda.
Mi raccontò di aver conosciuto un uomo, di averlo visto morire, di sua figlia, della sua vita con sua madre, una prostituta e del suo rapporto con la sessualità; in breve la sua storia, anche se ora aveva una vita tranquilla, un buon lavoro, una bella casa, la pace che lei cercava "ogni tanto ti guardavo, ogni tanto guardo gli uomini, e ho queste idee, di toccarli, sensazioni, di quando facevo l'amore da ragazza".
Schiava di una gabbia, di una situazione che neanche era la sua, del tempo, delle paure.
"Signora Laura, non avevo intenzione di mancarle di rispetto, giorni fa, la conosco solo per nome e posto auto, a quanto pare, però anche lei ha suscitato in me quelle sensazioni, non avrei fatto nient'altro oltre a fare l'amore con lei" dichiarai fermo, mentre lei, spalancò gli occhioni, dall'altra parte della cucina, sorridendo imbarazzata.
"Credo che lei debba imparare a scopare, se mi posso permettere" aggiunsi ridendo, ed era vero, quella donna non aveva capito cosa si faceva con il sesso. Divertimento, piacere, normalità.
Lei si avvicinò a me, e mi diede un bacio sulle labbra, sorridendo imbarazzata, credendo poi che me ne andassi ma non fu così: le baciai le labbra, per bene, intensamente, fino a farle chiudere gli occhi, a farla sospirare tra i residui di spazio, con le mani su i suoi fianchi e si arrese, a lei stessa, a me.
Finalmente.
Finalmente cingevo quei suoi fianchi, quella vita a clessidra, larga, le palpavo quella carne bellissima e le natiche grosse...
Si spostò vicino ad un divano blu, si tolse la maglietta, il reggiseno che manteneva quel seno grosso, pesante, direi una quarta, quelle mammelle da madre, da femmina morbida e calda, e quei capezzoli che avevo visto da lontano, ora vicini, larghi come li immaginavo alla finestra; più le guardavo quel davanzale gonfio, più sentivo indurirmi il cazzo, e riprendemmo a baciarci, mi cinse le braccia dietro il collo, con le braccia sollevate potevo toccare quei solchi che vedevo dietro il vetro, quei solchi tra il seno e le costole, che curvavano sotto i miei palmi, finché non iniziai a massaggiare quelle due bellezze, pastose, morbide sotto i miei palmi e le dita.
Appena nudi, volle cercare un preservativo dietro il divano, vicino ad uno scaffale, si mise di spalle a me, e potei guardarle per bene il culo, mentre lei frugava, e io guardavo con l'occhio lungo le sue natiche e lo spacco, i suoi fori, che allargavo con le mani: quella fichetta morbida, lucida, si era tutta bagnata, finalmente, senza peli, forse solo dei puntini più scuri qua e là.
Poggiai il cazzo nello spacco del suo culo grande e morbido "ma che fai?" mi dice "Dai, tranquilla" e mi guardò confusa, mentre iniziai a strusciare il mio pene su di lei, finché non misi il glande sull'entrata di quella fichetta non più usata, e la sentii gemere, preoccupata "Non ti preoccupare" le dissi.
Poggiò il viso sul cuscino, con gli occhi chiusi, piegata per bene con quella schiena ricurva, ed entrai, prima la cappella, che le fece aprire le gambe di più, poi tutto, quasi a fatica, devo ammettere, bella stretta, umida, calda e rimasti fermo dentro.
"Uhm, Luca..." mi sussurrò e diedi un altro colpo "Luca..." continuò, e la colpì ancora "Uhm... Ohh..." ed iniziai a fotterla così, a fondo, aprendole quelle pareti strette, mentre si sollevava dal cuscino, e le prendevo in mano i seni.
Che bello, che goduria, montarla così, si stava zitta, con gli occhi chiusi, io accovacciato a lei con le mani sulle mammelle scese, mentre spingevo il bacino e godevamo insieme, quasi come una liberazione.
Aumentai il ritmo, sentii che lei venne subito, pochi minuti, davvero strano, ma d'altronde erano passati anni, quindi non mi sorpresi più di tanto, e si accasciò al divano, ma si lasciò scopare ancora, voleva proprio sentire un cazzo dentro, qualcosa muoversi per bene nella sua carne, contro le sue pareti,e sempre accovacciato su di lei, stretto, continuai a fottere, chiusi anch'io gli occhi, aumentai il ritmo, eravamo entrambi sudati, le stringevo quei capezzoli con le dita, e tutti i seni, belli saldi nelle mie mani, stretti al divano, in calore, finché non sentii lo sperma salirmi dai coglioni, e mi lasciai andare lentamente, mi feci salire l'orgasmo piano, e poi lo rigettai dentro di lei, che sussultò muovendo una gamba, ma restò immobile a farsi stringere, mentre iniziai a svuotarmi, fermo e saldo nella sua fica.
Mmmh... Oh, sì. Svuotai tutto per bene, scendeva perfettamente dentro, l'avevo riempita, sentivo colarmi tutto fuori dal cazzo, raggiungeva l'apice della sua vagina con i getti caldi e densi, pesanti, e rimanemmo così, immobili, a prendere fiato ed aria dalle finestre aperte che lasciavano entrare la corrente da una stanza all'altra.
(Continua?)
Così, mi infilai in un angolo del giardino di casa mia, è un grosso condominio, ma essendoci cresciuto, conoscevo alcuni punti nascosti, vicino al prato curato, era tutto curato perfettamente; mi nascosi nell'angolo che conoscevo bene e mi svuotai (davvero liberatorio, per la cronaca) finché appena mi alzai la zip, mi girai, ed una figura mi fece sussultare, era proprio alle mie spalle, come quegli incubi che fanno sudare freddo: figura di donna, la signora del sesto piano, Laura.
"Io..." provai a giustificare il presunto vandalismo al condominio "volevo soltanto fumare una sigaretta" che gran coglionata di risposta, bravo!
Fatto sta che in quella circostanza tutto si ribaltò, e mi sembrò di vivere in qualcosa di parallelo tra bugia e realtà. Infatti, quella mattina provai una delle emozioni più forti della mia vita, che posso ancora ricordare: avevo 20 anni e lei 42, ricordo che ci trovammo in quella situazione per pura casualità tra il suo uscire per controllare il garage e la mia -ahem- urgenza; ma se eravamo capitati in quella situazione era perché ,in quei pochi giorni dal mio ritorno dall'università, ci eravamo scrutati, osservati, bramati, oserei dire.
Dal balcone, dalla finestra, da quei nostri vetri che ci separavano dal vuoto, gradivo guardarla vestirsi e svestirsi, avevo guardato bene quei solchi tra le costole e il seno, quando alzava le braccia, le ascelle scavate, con quel seno abbondante, sporto, poggiato in avanti e gonfio, la pelle dorata e i capezzoli larghi, morbidi, li avevo immaginati morbidi e tesi.
Gradivo quelle immagini, d'altronde sono una persona con esigenze sessuali, queste cose le noto, come tutti e lei era la mia vicina ma anche quella da guardare di nascosto, e manco tanto, gradevole, guardare e basta, ma non avevo mai pensato a qualcosa di reale, perché sarebbe stato surreale, come capita a tutti noi comuni mortali, nei nostri daydreams.
Ritornando all'erba del nostro giardino...
"Mi scusi..." seppi soltanto rispondere, ma lei comunque non rispondeva, imbarazzata, con un piatto di porcellana in mano, ancora la ricordo bene, con gli occhi vacui, grigi, quegli occhi larghi e grandi...
Intanto nessuno si muoveva, imbarazzati, lei muta, mi sorrise intimidita, con quel pizzico di follia tra i denti, e allora azzardai l'impossibile: spinsi un po' in avanti il bacino, scesi la zip e un po' i jeans mostrando il boxer indaco -notai gli occhi di lei posarsi, stringendo il bordo del piatto con le dita ben curate, unghie color carne- e poi scesi l'elastico facendo uscire il mio cazzo.
Quasi il momento fatidico, mantenevo il mio pene sceso poggiato ai pantaloni scesi, con le dita alla base, cercando di mantenere uno sguardo serio, penetrante anche se dentro m'intimidivo.
Mi ritrovai lei vicino, di fronte a me, come qualcosa che si era materializzato più che realizzato, con la sua manina liscia, le dita freddine e lunghe, con un'anello piccolo al medio, sul mio pene sciolto, sceso, morbido; lo toccava velocemente tra le dita, la guardavo in viso, mi segava con le dita fredde, ci guardavamo in silenzio, non riuscivo a diventare duro vista la situazione d'imbarazzo e dopo il suo "vieni" ci ritrovammo a salire nel portone. Oh! Che bei ricordi, quelle palpatine, quelle toccate fugaci, veloci! Nell'ascensore riuscii a baciarla, finalmente, quelle labbra piccole e carnose, come due ragazzini e le toccai i fianchi, quei fianchi che una volta erano stretti, ora più larghi, dati i 40 anni, ma splendidi, oserei dire.
L'incanto s'interruppe a casa sua, quando io ebbi poco tempo e lei mi fermò, tirandosi indietro anche alle carezze, a gesti semplici.
Susseguirono giorni normali, un po' confusi, la vedevo ma non mi capacitavo del perché del suo rifiuto.
Finché non mi presentai a casa sua e restammo a parlare in cucina del più e del meno di quella situazione, con imbarazzo, certamente, ma per fare chiarezza, e poi, ormai lei era vicina, volevo scopare con lei visto che ci stava.
"In realtà, non ho più un partner da diversi anni" mi disse "diciamo da... 27 anni" e rimasi sbalordito "dice sul serio?" fu la mia domanda.
Mi raccontò di aver conosciuto un uomo, di averlo visto morire, di sua figlia, della sua vita con sua madre, una prostituta e del suo rapporto con la sessualità; in breve la sua storia, anche se ora aveva una vita tranquilla, un buon lavoro, una bella casa, la pace che lei cercava "ogni tanto ti guardavo, ogni tanto guardo gli uomini, e ho queste idee, di toccarli, sensazioni, di quando facevo l'amore da ragazza".
Schiava di una gabbia, di una situazione che neanche era la sua, del tempo, delle paure.
"Signora Laura, non avevo intenzione di mancarle di rispetto, giorni fa, la conosco solo per nome e posto auto, a quanto pare, però anche lei ha suscitato in me quelle sensazioni, non avrei fatto nient'altro oltre a fare l'amore con lei" dichiarai fermo, mentre lei, spalancò gli occhioni, dall'altra parte della cucina, sorridendo imbarazzata.
"Credo che lei debba imparare a scopare, se mi posso permettere" aggiunsi ridendo, ed era vero, quella donna non aveva capito cosa si faceva con il sesso. Divertimento, piacere, normalità.
Lei si avvicinò a me, e mi diede un bacio sulle labbra, sorridendo imbarazzata, credendo poi che me ne andassi ma non fu così: le baciai le labbra, per bene, intensamente, fino a farle chiudere gli occhi, a farla sospirare tra i residui di spazio, con le mani su i suoi fianchi e si arrese, a lei stessa, a me.
Finalmente.
Finalmente cingevo quei suoi fianchi, quella vita a clessidra, larga, le palpavo quella carne bellissima e le natiche grosse...
Si spostò vicino ad un divano blu, si tolse la maglietta, il reggiseno che manteneva quel seno grosso, pesante, direi una quarta, quelle mammelle da madre, da femmina morbida e calda, e quei capezzoli che avevo visto da lontano, ora vicini, larghi come li immaginavo alla finestra; più le guardavo quel davanzale gonfio, più sentivo indurirmi il cazzo, e riprendemmo a baciarci, mi cinse le braccia dietro il collo, con le braccia sollevate potevo toccare quei solchi che vedevo dietro il vetro, quei solchi tra il seno e le costole, che curvavano sotto i miei palmi, finché non iniziai a massaggiare quelle due bellezze, pastose, morbide sotto i miei palmi e le dita.
Appena nudi, volle cercare un preservativo dietro il divano, vicino ad uno scaffale, si mise di spalle a me, e potei guardarle per bene il culo, mentre lei frugava, e io guardavo con l'occhio lungo le sue natiche e lo spacco, i suoi fori, che allargavo con le mani: quella fichetta morbida, lucida, si era tutta bagnata, finalmente, senza peli, forse solo dei puntini più scuri qua e là.
Poggiai il cazzo nello spacco del suo culo grande e morbido "ma che fai?" mi dice "Dai, tranquilla" e mi guardò confusa, mentre iniziai a strusciare il mio pene su di lei, finché non misi il glande sull'entrata di quella fichetta non più usata, e la sentii gemere, preoccupata "Non ti preoccupare" le dissi.
Poggiò il viso sul cuscino, con gli occhi chiusi, piegata per bene con quella schiena ricurva, ed entrai, prima la cappella, che le fece aprire le gambe di più, poi tutto, quasi a fatica, devo ammettere, bella stretta, umida, calda e rimasti fermo dentro.
"Uhm, Luca..." mi sussurrò e diedi un altro colpo "Luca..." continuò, e la colpì ancora "Uhm... Ohh..." ed iniziai a fotterla così, a fondo, aprendole quelle pareti strette, mentre si sollevava dal cuscino, e le prendevo in mano i seni.
Che bello, che goduria, montarla così, si stava zitta, con gli occhi chiusi, io accovacciato a lei con le mani sulle mammelle scese, mentre spingevo il bacino e godevamo insieme, quasi come una liberazione.
Aumentai il ritmo, sentii che lei venne subito, pochi minuti, davvero strano, ma d'altronde erano passati anni, quindi non mi sorpresi più di tanto, e si accasciò al divano, ma si lasciò scopare ancora, voleva proprio sentire un cazzo dentro, qualcosa muoversi per bene nella sua carne, contro le sue pareti,e sempre accovacciato su di lei, stretto, continuai a fottere, chiusi anch'io gli occhi, aumentai il ritmo, eravamo entrambi sudati, le stringevo quei capezzoli con le dita, e tutti i seni, belli saldi nelle mie mani, stretti al divano, in calore, finché non sentii lo sperma salirmi dai coglioni, e mi lasciai andare lentamente, mi feci salire l'orgasmo piano, e poi lo rigettai dentro di lei, che sussultò muovendo una gamba, ma restò immobile a farsi stringere, mentre iniziai a svuotarmi, fermo e saldo nella sua fica.
Mmmh... Oh, sì. Svuotai tutto per bene, scendeva perfettamente dentro, l'avevo riempita, sentivo colarmi tutto fuori dal cazzo, raggiungeva l'apice della sua vagina con i getti caldi e densi, pesanti, e rimanemmo così, immobili, a prendere fiato ed aria dalle finestre aperte che lasciavano entrare la corrente da una stanza all'altra.
(Continua?)
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