Il senso dei desideri
di
Mitchell
genere
gay
Io avevo 18 anni, lui 25. Non dovrebbero mettere insegnanti così giovani nelle scuole. Sono pericolosi. Se poi sono piacenti diventano pericolosissimi. Delle mine viventi, delle bombe a orologeria programmate per esplodere e farti saltare il cuore.
Andrea Pellegrini, professore di matematica e fisica. Professore, mi viene da ridere, sembrava un ragazzino. Io gli davo del tu anche se non voleva. Quando me lo faceva osservare io mi mettevo a ridere, ma lui non si incazzava, veniva da ridere anche a lui dopo. Matematica e fisica le materie in cui andavo meglio in assoluto. Mai sbagliato un compito, mai fallita un'interrogazione.
Non poteva dire niente di me, anche se gli davo del tu, anche se ero solo io in tutta la classe a dargli del tu. Anche le ragazzine gli sbavavano dietro, ma lui non se le fumava minimamente, non poteva, sempre nel caso avesse voluto. Nè ha mai dato segno di mostrare simpatia nei miei confronti, il piu' carino della classe, quello che tutte le compagne cercavano di portarsi a letto, inutilmente. Sono nato frocio, non è colpa mia e non mi pento. L'importante è che non si sapesse in giro. Ci tenevo al mio atteggiamento impeccabile di maschietto e nessuno ha mai sospettato di me, nessuno doveva farlo. Poi gli altri erano
tutti così stupidi, non si sono mai accorti che avevo un debole per il professore di matematica. Quando spiegava alla lavagna stavo immobile con i gomiti appoggiati sul banco e lo osservavo incantato, ammutolito, inebriato. Come sarebbe stato bello
se per magia tutti i compagni fossero spariti all'improvviso e fossimo rimasti solo lui e io. Mi sarei alzato e gli sarei saltato addosso tappandogli la bocca con la mia, non gli avrei dato neanche il tempo di fiatare. Me lo sarei mangiato. Ma non ero
Hanry Potter. Quindi nessuna magia e i miei compagni non sono mai riuscito a farli sparire come avrei voluto. Quante seghe che mi sono fatto di notte e quante volte ho pianto come un disperato. Avrei potuto riempire un lago prosciugato con tutte le lacrime
versate per lui. Ero abile anche nel disegnare e gli avevo fatto un ritratto. Era venuto bene. Sembrava una fotografia. Andrea Pellegrini scannerizzato nei minimi dettagli. Mia madre ficcanasando in un cassetto me lo aveva anche trovato. E mi chiese "E questo chi è??". "E' un mio compagno di classe che è morto, gli ero molto affezionato. Ho fatto il suo ritratto per ricordarlo".
"Non me ne avevi mai parlato" disse, "non sapevo che era morto un tuo compagno di classe". "Sono cose di cui preferisco non parlare, per questo non ti ho mai detto nulla" risposi. Fine del discorso. Mia madre odiava andare ai colloqui coi genitori, per cui non avrebbe mai avuto modo di capire chi in realtà fosse il ragazzo raffigurato nel disegno. Ai colloqui ci andava mio padre, e ci andava anche poco perchè i miei sapevano che andavo bene a scuola. Le pagelle erano sempre state impeccabili.
Io ero stanco pero' di soffrire. I traumi adolescenziali si ripercuotono per tutta la vita, questo l'avevo letto. Non avevo molte speranze su Andrea. Ero in una scatola chiusa, in una via senza uscita. Avrei fatto carte false per una notte con lui, anche se non sarebbe mai bastata una sola notte, non sarebbe bastato tutto il tempo, tutto il resto del tempo. Mi sarei accontentato di qualunque cosa, qualunque cosa non sarebbe mai riuscito a darmi. Ma mi sarei accontentato anche solo di farlo pensare.
Anche solo fargli capire che io lo pensavo, che qualcuno lo pensava. Mi scaturi' così, dal nulla, dal pozzo delle idee l'idea.
Scannerizzai il ritratto che gli avevo fatto e ci scrissi sopra TI AMO. Quella mattina arrivai per primo in classe, quasi furtivamente, ma di furtivo non avrei fatto nulla.
Misi soltanto nel registro di classe quel foglio. Andrea faceva lezione la prima ora. E la prima ora fece l'appello. Quando aprì il registro vide il suo ritratto con scritto sopra "Ti amo". Fece finta di niente ovviamente ma io invece che lo stavo scintigrafando notai l'espressione smarrita di uno che è stato messo nel mirino e di avere puntato addosso gli occhi. A volte gli occhi sono una delle armi piu' potenti. Quando pronuncio' il mio nome nell'appello ci mise un pizzico in piu' di enfasi e mi guardò, solo un istante, ma mi guardò. Penso avesse capito fossi io l'artefice della sorpresa. L'episodio si chiuse lì. Passarono altri giorni e notti di pianti, di seghe, masturbazioni scellerate per uno stronzo che non avrebbe mai accettato le mie avances. A volte cercavo di mettermi nei suoi panni e concludevo dicendo io sono etero e non mi frega un cazzo di Ettore Francioni. Oppure io sono grande e Francioni minorenne. E io non sono pedofilo. Potrebbe essere stato questo a girare nella sua testolina e a obbligarlo a non provare niente nei miei confronti. Ma io continuavo a stare male. Troppo male. E i casi della vita lasciano le porte aperte per far entrare male o bene e non so se quella sera entro' piu' dell' uno o dell'altro. I miei avevano deciso di andare a mangiar fuori quella sera, una pizzeria ristorante dove non si era mai stati. Bel posto. Non troppo fracassone, cameriere simpatiche e ottimo profumo proveniente dalla cucina. Sembrava tutto regolare. Ma non lo era. Guardandomi in giro notai qualche tavolo piu' in la' uno che di nome faceva Andrea Pellegrini. Cazzo!!!! Ed era con una figa. Fantastico, che meraviglia. Il mio amato professore a cena con la donna. I miei erano girati di spalle rispetto a loro quindi non avrebbero visto il mio caro professore. Ma io lo vidi, e come fuori programma era stato il massimo dello spiacevole. Il cuore mi ando' in subbuglio. Col viso incazzatissimo presi la
bottiglia di vino rosso e me ne versai un bicchiere sotto gli occhi sconvolti di mamma e papa' che banalmente e retoricamente mi fecero osservare: "Ma tu non bevi vino!". E io "Solo un goccio, che male fa? Sono quasi maggiorenne!". Continuavo a guardare le mosse di Mister Pellegrini. Non si accorse neanche della mia presenza tanto era impegnato a civettare con quella troietta che aveva davanti nel tavolo. Poi d'improvviso si alzo' dirigendosi verso il bagno. Lasciai passare qualche secondo e dissi ai miei "Vado alla toilette". Sai che gliene fregava a loro, era arrivato l'antipasto di pesce e si stavano abbuffando i golosi.
Entrai nella toilette. Lui era in bagno. Aspettavo che aprisse quella dannata porta del cesso. La aprì' e nel medesimo istante senza lasciargli il tempo di uscire entrai io e richiusi la porta a chiave. "Finalmente soli" dissi io e godevo nel vedere i suoi occhi dipinti di stupore e di incredulità. "Non fiatare, non dire una parola, muto, devi stare muto! Prova a dire qualcosa a voce alta e mi metto a urlare. Sai i ragazzini nel mondo dei grandi sono sempre piu' credibili di quelli di maggiore età. Se accorresse
qualcuno potrei dire che mi volevi violentare. Ti conviene star zitto! Non ti chiedo molto, solo uno scambio di saliva". Il suo sguardo ricordava quello della vittima che ha davanti il suo carnefice. Ne approfittai. Avvicinai le labbra alle sue e lingua in bocca.
Minchia, stavo baciando Pellegrini, non mi sembrava vero. Ma era vero. Fu un bacio violento, deciso. Gli tirai a forza la lingua nella mia bocca e me la succhiai tutta. Gli toccai il petto, batteva fortissimo il cuore ma il mio non era certo da meno. E già che c'ero gli infilai una mano nei pantaloni, nelle mutande. Gli toccai il cazzo ancora umido di piscio e me lo annusai. E dopo aver lasciato libere le sue labbra mi portai la mano in bocca e la leccai. Provai un piccolo senso di appagamento. Piccolo ma grande.
Non potevamo restare in quel cesso piu' di tanto. Gli dissi "Puoi andare adesso, ma non finisce qui!". Lui mi guardo' forse con odio e replico' "NO NON FINISCE QUI!". Tornai al tavolo coi miei e mi versai un altro bicchiere di vino. Mio padre mi apostrofo':
"Ettore ma che ti prende stasera?". "Stasera va così, replicai. E' buono questo vino. Quello che prendete per casa molto scarso. Poi sono quasi maggiorenne! Poi è meglio un figlio che beve un bicchiere o un figlio che fa uso di stupefacenti...!?".
I miei si guardarono, scossero la testa e fecero una risatina. Mentre sorseggiavo guardavo il professore che si stava dirigendo al suo tavolo. Butto' un occhio verso di me. C'era di tutto in quello sguardo e mi fu difficile decifrarlo. Dopo continuo' a parlare
amorevolmente con la sua compagna di tavolo e non mi degno' piu' minimamente del piu' piccolo sguardo. Di notte piansi, mi segai
ripetute volte e non pensavo minimamente alle conseguenze che avrebbe potuto portare il mio attacco in toilette al professore di matematica.
Il giorno dopo mi interrogò in fisica.
Mi diede un voto alto, se voleva vendicarsi aveva sbagliato tutto. Mentre rispondevo alle sue domande alla lavagna lo guardavo dritto negli occhi cercando di scandagliare cosa ci fosse dentro. Ma era un'impresa impossibile. Occhi tanto belli quanto murati da impassibili barriere di ghiaccio. Tornando a casa meditavo, camminavo lento, calciando tutto quello che trovavo per strada, sassi, barattoli, bottiglie, mi chiedevo: amore o non amore? E' solo una cotta? 18 anni che età sfigata, che nubero sfigato,
è proprio vero. Ma che carte ho da giocare? Quali assi? E lui cosa avrà voluto dire con "Non finisce qui?". Cosa avrei dovuto aspettarmi? Quel bacio aveva complicato le cose, avevo la sua saliva che girava dentro di me e mi faceva piu' euforico, mi aveva
dato una spinta per continuare e non fermarmi. Andrea era quello che volevo. Non mi interessavano i ragazzini della mia età, loro sono vuoti, se dai un bacio a quelli è come baciare l'aria, nessuna sensazione da farti accaponare la pelle. Se voglio dare un bacio all'aria glielo do', ecco, smack, un bacio al vento sai che emozione. Il pomeriggio gli feci un altro ritratto. Lo disegnai nudo, ma non perchè mi eccitasse il suo corpo nudo, solo perchè volevo immaginarmi com'era senza vestiti addosso. Ed era bello, o lo immaginavo bello. Ma mi andava bene comunque lui fosse perchè io ero attratto piu' dalla sua anima a dire il vero piu' che dal suo corpo. Nascosi il ritratto sotto il letto e andai a fare la doccia. Mentre l'acqua scorreva su di me fantasticavo su come doveva essere fantastico fare una doccia insieme a lui, guardarlo negli occhi insaponanando il suo corpo nudo e magari baciarlo sotto il getto tiepido del telefono della doccia. Mentre mi immaginavo queste cose sentì che era arrivato un sms sul cellulare. Non sono uno di quelli che quando arriva un messaggio molla tutto e corre a vedere il messaggio, tanto non scrive mai nessuno di interessante.
Per cui finii con calma il mio lavaggio. Poi chiusi il rubinetto, misi l'accappatoio e mi asciugai per bene. Poi presi in mano il cell e guardai il messaggio che era arrivato. Nessun numero mittente, sicuramente era stato scritto su internet da certi siti anonimi.
"Non trovo parole adeguate per il tuo comportamento. Ti chiedo solo di lasciarmi stare. Se lo farai sarai perdonato. A" Pensai, visto che lo sapevo fare. A stava per Andrea. Me l'aveva scritto lui! Ma il mio numero come lo sapeva?? Ma certo! Il database in
segreteria. Nella nostra scuola vengono inseriti i numeri di tutti gli studenti per comunicare una specie di newsletter. Pellegrini se l'era procurato così. Bravo! Gran bel messaggio, mi perdonava se lo lasciavo stare, che comprensione, che generosità!
Andai a riprendere il ritratto nudo e mi incantai a guardarlo mentre pensavo "non posso lasciarti stare, ho troppa voglia di te, sfido me stesso, sfido questo cazzo di mondo e vado avanti. Non voglio perdere questa partita, lancio la prossima mossa".
Quella notte non mi segai pensando a lui, cercai di far ragionare la mia testolina affinchè fuoriuscisse la mossa vincente. Non dormii quasi niente, ma non importava. Alla fine l'idea era stata trovata. I ricatti sono concessi in amore? Non credo, ma la concessione me la presi io. Sapevo che Pellegrini prima di entrare in classe andava sempre in bagno a lavarsi le mani, erano le voci che correvano tra le bidelle e io approfittati di questo pettegolezzo. Quella mattina lo anticipai nel bagno, anche se era dei professori e io non potevo entrarci, ma calcolando ogni mossa non mi vide nessuno. Mi nascosi dietro la porta e quando lo vidi entrare lo spinsi con violenza verso il cesso, lo avevo sbattuto contro il muro ma giuro che non avrei mai voluto fargli del male. Mentre era ancora stordito dal gesto chiusi la porta a chiave. Avevo contro ancora il suo sguardo di odio, ma non mi interessava. Gli dissi le cose dell'altra volta "Non fiatare o per te si mette male!". E ancora gli saltai addosso, e ancora lo baciai in bocca. Stavolta aveva piu' paura, era piu' arreso, mi mise pure le braccia intorno al collo per assecondarmi. Fu in quel momento che col telefonino scattai una foto dei nostri profili mentre la mia bocca si mangiava la sua. Feci piu' foto per sicurezza. Avevo la prova della sua violenza su di me. Quando si accorse di quella mia mossa mi guardo'inorridito sussurrando "nooo, ti prego, nooo". "Mentre riaprii la
porta del bagno gli dissi "Non preoccuparti, non le usero' contro di te se ti comporterai bene. Invece di mandarmi sms anonimi mandami il numero del tuo cell. IO TI AMO ANDREA!". Uscii stando attento che nessuno mi vedesse uscire dal bagno dei professori e mi recai in classe. Dopo un po' lui ci raggiunse. Aveva uno sguardo smarrito, sembrava un bambino che ha paura. Ma poi si riprese e nel fare l'appello assunse un'espressione quasi cattiva. Poi disse "Oggi interroghiamo". Chiamo' alla lavagna 4 ragazze, le piu' asine della classe. Una di queste lamento' il fatto che quel giorno lì avrebbe dovuto spiegare e non interrogare. Lui replico' "Ho cambiato il programma, la lezione la faro' domani, oggi mi va di interrogare!". Le tartasso' per quasi un'ora. Si sapeva che quelle non studiavano mai, correvano voci che passassero tutti i pomeriggi a farsi trombare dai loro ragazzi. Beh trombare sara' anche bello ma non contribuisce certo a farti ottenere una pagella
decente. Fecero quasi scena muta o se dicevano qualcosa erano cose senza senso e sbagliatissime. Tornarono al banco con voti innominabili mentre singhiozzando cercavano di far intenerire Mister Pellegrini. Ma quel giorno in lui non poteva certo esserci nulla di tenero. E la colpa era mia. Ma non del tutto. Se lui fosse stato brutto, anziano, severo, se fosse stato il solito professore all'antica che noi tutti non sopportiamo io non avrei mai perso la testa per lui. Era mezzanotte quando arrivo' un sms da numero
che non conoscevo. Era lui! era Andrea!! "Ho bisogno di parlarti. Trova un posto sicuro. Trova un'ora sicura. non deve vederci nessuno. A". Aveva ceduto al mio amore! Voleva incontrarmi, voleva vedermi in un posto dove non ci riconoscesse nessuno.
Magari sarebbe venuto a letto con me. Evviva! Avevo vinto!! Il ricatto aveva funzionato!!! Ero fuori di me dalla gioia, dal desiderio di stringerlo, di toccare la sua anima, di sentire le sue parole che finalmente avrebbero avuto il tono non di un professore verso
il suo studente. Ma il tono di quello che vuole ricambiare il tuo amore! Pensai a lungo al luogo dell'appuntamento. Mi venne in mente un boschetto sulla collina vicina a casa mia. Non è frequentato, non ci va mai nessuno. Potevamo essere finalmente soli.
Gli mandai un messaggio comunicandogli il posto e l'ora, le 19 del giorno dopo. Rispose OK. Io arrivai in motorino con un po'di anticipo e mi sedetti su un grosso sasso che sovrasta la strada. sarebbe venuto in macchina e volevo godermi la scena del vederlo arrivare. E arrivo', puntuale come un orologio. Scese. Mi vide. Mi venne incontro. Mi fece una specie di sorriso ma non era il sorriso che mi aspettavo. Era un sorriso di circostanza, freddo, evanescente. Mi disse "Ciao". Mi si avvicino' e comincio' a parlare. "Volevo incontrarti per per parlarti direttamente. Dobbiamo chiarire diverse cose. E non è detto che quello che ti diro' ti farà piacere. Ma queste cose te le devo dire per farti capire. Io non sono gay, non lo sono mai stato e mai lo saro'. Io amo
follemente la mia ragazza, quella che hai visto al ristorante. Stiamo insieme da due anni ma viviamo distanti e questo mi fa molto male. Per questo ho chiesto il trasferimento nella sua città. Me l'hanno accettato. L'anno prossimo non saro' piu' in
questo paese, non saro' piu' il professore di questa scuola. A me dispiace tantissimo che tu prova per me qualcosa che io non posso ricambiare, mi dispiace follemente che tu stia male. Ma io non sono come te. Vorrei farti capire che la foto che mi hai fatto l'altro giorno in bagno non servirebbe a niente. Non è con un ricatto che si puo' dare amore a una persona. Inoltre il bacio che mi hai dato magari sara' stato bello per te, ma per me non ha significato nulla, non mi ha dato alcuna sensazione, è stato un po' come baciare l'aria. Ti sto ferendo mentre dico queste cose, ma escono dal cuore, te lo dico perchè ho
capito cosa puoi provare per me, e mi dispiace davvero tanto, non poterti essere d'aiuto. Ma per amare bisogna essere in due. L'amore se va in una direzione sola prima o poi si sgretola e si annulla, non credi?". Stavo soffocando le lacrime per
essere piu' uomo, non volevo farmi vedere così vulnerabile. Dopo quello che mi aveva detto mi sentivo tranciato a metà ma non potevo dargli torto, dovevo dargli solo ragione e ammettere la sua onesta' e la sua benevolenza nei miei confronti.
Trovai la forza di dire: "Ok, hai vinto professore!". Mi guardava tenero, forse provando pena o compassione per me, ma non importava piu'. "Ti chiedo un'ultima cosa professore". "Dimmi". "Vorrei salutarti con un abbraccio, un abbraccio molto forte, me lo concedi?". Mi venne incontro e allargo' le braccia e mi strinse fortissimo, fino a farmi male e io feci altrettanto. Duro' un minuto quell'abbraccio e gli toccai l'anima, sono sicuro di questo. Poi mollammo la presa e si incammino' verso la macchina.
Si giro' per salutarmi dicendo "Lo tengo per tuo ricordo il ritratto che mi hai fatto, è troppo bello. Grazie. Ci vediamo a scuola".
Guardavo l'auto di Andrea allontanarsi tra le curve della strada al tramonto. Mi aveva fatto capire molte cose liberandomi dal dolore. Forse mi era bastato sentirmi dire che bisogna essere in due per amare. Fino a quel momento non l'avevo capito.
Se non è così i desideri perdono ogni senso.
Andrea Pellegrini, professore di matematica e fisica. Professore, mi viene da ridere, sembrava un ragazzino. Io gli davo del tu anche se non voleva. Quando me lo faceva osservare io mi mettevo a ridere, ma lui non si incazzava, veniva da ridere anche a lui dopo. Matematica e fisica le materie in cui andavo meglio in assoluto. Mai sbagliato un compito, mai fallita un'interrogazione.
Non poteva dire niente di me, anche se gli davo del tu, anche se ero solo io in tutta la classe a dargli del tu. Anche le ragazzine gli sbavavano dietro, ma lui non se le fumava minimamente, non poteva, sempre nel caso avesse voluto. Nè ha mai dato segno di mostrare simpatia nei miei confronti, il piu' carino della classe, quello che tutte le compagne cercavano di portarsi a letto, inutilmente. Sono nato frocio, non è colpa mia e non mi pento. L'importante è che non si sapesse in giro. Ci tenevo al mio atteggiamento impeccabile di maschietto e nessuno ha mai sospettato di me, nessuno doveva farlo. Poi gli altri erano
tutti così stupidi, non si sono mai accorti che avevo un debole per il professore di matematica. Quando spiegava alla lavagna stavo immobile con i gomiti appoggiati sul banco e lo osservavo incantato, ammutolito, inebriato. Come sarebbe stato bello
se per magia tutti i compagni fossero spariti all'improvviso e fossimo rimasti solo lui e io. Mi sarei alzato e gli sarei saltato addosso tappandogli la bocca con la mia, non gli avrei dato neanche il tempo di fiatare. Me lo sarei mangiato. Ma non ero
Hanry Potter. Quindi nessuna magia e i miei compagni non sono mai riuscito a farli sparire come avrei voluto. Quante seghe che mi sono fatto di notte e quante volte ho pianto come un disperato. Avrei potuto riempire un lago prosciugato con tutte le lacrime
versate per lui. Ero abile anche nel disegnare e gli avevo fatto un ritratto. Era venuto bene. Sembrava una fotografia. Andrea Pellegrini scannerizzato nei minimi dettagli. Mia madre ficcanasando in un cassetto me lo aveva anche trovato. E mi chiese "E questo chi è??". "E' un mio compagno di classe che è morto, gli ero molto affezionato. Ho fatto il suo ritratto per ricordarlo".
"Non me ne avevi mai parlato" disse, "non sapevo che era morto un tuo compagno di classe". "Sono cose di cui preferisco non parlare, per questo non ti ho mai detto nulla" risposi. Fine del discorso. Mia madre odiava andare ai colloqui coi genitori, per cui non avrebbe mai avuto modo di capire chi in realtà fosse il ragazzo raffigurato nel disegno. Ai colloqui ci andava mio padre, e ci andava anche poco perchè i miei sapevano che andavo bene a scuola. Le pagelle erano sempre state impeccabili.
Io ero stanco pero' di soffrire. I traumi adolescenziali si ripercuotono per tutta la vita, questo l'avevo letto. Non avevo molte speranze su Andrea. Ero in una scatola chiusa, in una via senza uscita. Avrei fatto carte false per una notte con lui, anche se non sarebbe mai bastata una sola notte, non sarebbe bastato tutto il tempo, tutto il resto del tempo. Mi sarei accontentato di qualunque cosa, qualunque cosa non sarebbe mai riuscito a darmi. Ma mi sarei accontentato anche solo di farlo pensare.
Anche solo fargli capire che io lo pensavo, che qualcuno lo pensava. Mi scaturi' così, dal nulla, dal pozzo delle idee l'idea.
Scannerizzai il ritratto che gli avevo fatto e ci scrissi sopra TI AMO. Quella mattina arrivai per primo in classe, quasi furtivamente, ma di furtivo non avrei fatto nulla.
Misi soltanto nel registro di classe quel foglio. Andrea faceva lezione la prima ora. E la prima ora fece l'appello. Quando aprì il registro vide il suo ritratto con scritto sopra "Ti amo". Fece finta di niente ovviamente ma io invece che lo stavo scintigrafando notai l'espressione smarrita di uno che è stato messo nel mirino e di avere puntato addosso gli occhi. A volte gli occhi sono una delle armi piu' potenti. Quando pronuncio' il mio nome nell'appello ci mise un pizzico in piu' di enfasi e mi guardò, solo un istante, ma mi guardò. Penso avesse capito fossi io l'artefice della sorpresa. L'episodio si chiuse lì. Passarono altri giorni e notti di pianti, di seghe, masturbazioni scellerate per uno stronzo che non avrebbe mai accettato le mie avances. A volte cercavo di mettermi nei suoi panni e concludevo dicendo io sono etero e non mi frega un cazzo di Ettore Francioni. Oppure io sono grande e Francioni minorenne. E io non sono pedofilo. Potrebbe essere stato questo a girare nella sua testolina e a obbligarlo a non provare niente nei miei confronti. Ma io continuavo a stare male. Troppo male. E i casi della vita lasciano le porte aperte per far entrare male o bene e non so se quella sera entro' piu' dell' uno o dell'altro. I miei avevano deciso di andare a mangiar fuori quella sera, una pizzeria ristorante dove non si era mai stati. Bel posto. Non troppo fracassone, cameriere simpatiche e ottimo profumo proveniente dalla cucina. Sembrava tutto regolare. Ma non lo era. Guardandomi in giro notai qualche tavolo piu' in la' uno che di nome faceva Andrea Pellegrini. Cazzo!!!! Ed era con una figa. Fantastico, che meraviglia. Il mio amato professore a cena con la donna. I miei erano girati di spalle rispetto a loro quindi non avrebbero visto il mio caro professore. Ma io lo vidi, e come fuori programma era stato il massimo dello spiacevole. Il cuore mi ando' in subbuglio. Col viso incazzatissimo presi la
bottiglia di vino rosso e me ne versai un bicchiere sotto gli occhi sconvolti di mamma e papa' che banalmente e retoricamente mi fecero osservare: "Ma tu non bevi vino!". E io "Solo un goccio, che male fa? Sono quasi maggiorenne!". Continuavo a guardare le mosse di Mister Pellegrini. Non si accorse neanche della mia presenza tanto era impegnato a civettare con quella troietta che aveva davanti nel tavolo. Poi d'improvviso si alzo' dirigendosi verso il bagno. Lasciai passare qualche secondo e dissi ai miei "Vado alla toilette". Sai che gliene fregava a loro, era arrivato l'antipasto di pesce e si stavano abbuffando i golosi.
Entrai nella toilette. Lui era in bagno. Aspettavo che aprisse quella dannata porta del cesso. La aprì' e nel medesimo istante senza lasciargli il tempo di uscire entrai io e richiusi la porta a chiave. "Finalmente soli" dissi io e godevo nel vedere i suoi occhi dipinti di stupore e di incredulità. "Non fiatare, non dire una parola, muto, devi stare muto! Prova a dire qualcosa a voce alta e mi metto a urlare. Sai i ragazzini nel mondo dei grandi sono sempre piu' credibili di quelli di maggiore età. Se accorresse
qualcuno potrei dire che mi volevi violentare. Ti conviene star zitto! Non ti chiedo molto, solo uno scambio di saliva". Il suo sguardo ricordava quello della vittima che ha davanti il suo carnefice. Ne approfittai. Avvicinai le labbra alle sue e lingua in bocca.
Minchia, stavo baciando Pellegrini, non mi sembrava vero. Ma era vero. Fu un bacio violento, deciso. Gli tirai a forza la lingua nella mia bocca e me la succhiai tutta. Gli toccai il petto, batteva fortissimo il cuore ma il mio non era certo da meno. E già che c'ero gli infilai una mano nei pantaloni, nelle mutande. Gli toccai il cazzo ancora umido di piscio e me lo annusai. E dopo aver lasciato libere le sue labbra mi portai la mano in bocca e la leccai. Provai un piccolo senso di appagamento. Piccolo ma grande.
Non potevamo restare in quel cesso piu' di tanto. Gli dissi "Puoi andare adesso, ma non finisce qui!". Lui mi guardo' forse con odio e replico' "NO NON FINISCE QUI!". Tornai al tavolo coi miei e mi versai un altro bicchiere di vino. Mio padre mi apostrofo':
"Ettore ma che ti prende stasera?". "Stasera va così, replicai. E' buono questo vino. Quello che prendete per casa molto scarso. Poi sono quasi maggiorenne! Poi è meglio un figlio che beve un bicchiere o un figlio che fa uso di stupefacenti...!?".
I miei si guardarono, scossero la testa e fecero una risatina. Mentre sorseggiavo guardavo il professore che si stava dirigendo al suo tavolo. Butto' un occhio verso di me. C'era di tutto in quello sguardo e mi fu difficile decifrarlo. Dopo continuo' a parlare
amorevolmente con la sua compagna di tavolo e non mi degno' piu' minimamente del piu' piccolo sguardo. Di notte piansi, mi segai
ripetute volte e non pensavo minimamente alle conseguenze che avrebbe potuto portare il mio attacco in toilette al professore di matematica.
Il giorno dopo mi interrogò in fisica.
Mi diede un voto alto, se voleva vendicarsi aveva sbagliato tutto. Mentre rispondevo alle sue domande alla lavagna lo guardavo dritto negli occhi cercando di scandagliare cosa ci fosse dentro. Ma era un'impresa impossibile. Occhi tanto belli quanto murati da impassibili barriere di ghiaccio. Tornando a casa meditavo, camminavo lento, calciando tutto quello che trovavo per strada, sassi, barattoli, bottiglie, mi chiedevo: amore o non amore? E' solo una cotta? 18 anni che età sfigata, che nubero sfigato,
è proprio vero. Ma che carte ho da giocare? Quali assi? E lui cosa avrà voluto dire con "Non finisce qui?". Cosa avrei dovuto aspettarmi? Quel bacio aveva complicato le cose, avevo la sua saliva che girava dentro di me e mi faceva piu' euforico, mi aveva
dato una spinta per continuare e non fermarmi. Andrea era quello che volevo. Non mi interessavano i ragazzini della mia età, loro sono vuoti, se dai un bacio a quelli è come baciare l'aria, nessuna sensazione da farti accaponare la pelle. Se voglio dare un bacio all'aria glielo do', ecco, smack, un bacio al vento sai che emozione. Il pomeriggio gli feci un altro ritratto. Lo disegnai nudo, ma non perchè mi eccitasse il suo corpo nudo, solo perchè volevo immaginarmi com'era senza vestiti addosso. Ed era bello, o lo immaginavo bello. Ma mi andava bene comunque lui fosse perchè io ero attratto piu' dalla sua anima a dire il vero piu' che dal suo corpo. Nascosi il ritratto sotto il letto e andai a fare la doccia. Mentre l'acqua scorreva su di me fantasticavo su come doveva essere fantastico fare una doccia insieme a lui, guardarlo negli occhi insaponanando il suo corpo nudo e magari baciarlo sotto il getto tiepido del telefono della doccia. Mentre mi immaginavo queste cose sentì che era arrivato un sms sul cellulare. Non sono uno di quelli che quando arriva un messaggio molla tutto e corre a vedere il messaggio, tanto non scrive mai nessuno di interessante.
Per cui finii con calma il mio lavaggio. Poi chiusi il rubinetto, misi l'accappatoio e mi asciugai per bene. Poi presi in mano il cell e guardai il messaggio che era arrivato. Nessun numero mittente, sicuramente era stato scritto su internet da certi siti anonimi.
"Non trovo parole adeguate per il tuo comportamento. Ti chiedo solo di lasciarmi stare. Se lo farai sarai perdonato. A" Pensai, visto che lo sapevo fare. A stava per Andrea. Me l'aveva scritto lui! Ma il mio numero come lo sapeva?? Ma certo! Il database in
segreteria. Nella nostra scuola vengono inseriti i numeri di tutti gli studenti per comunicare una specie di newsletter. Pellegrini se l'era procurato così. Bravo! Gran bel messaggio, mi perdonava se lo lasciavo stare, che comprensione, che generosità!
Andai a riprendere il ritratto nudo e mi incantai a guardarlo mentre pensavo "non posso lasciarti stare, ho troppa voglia di te, sfido me stesso, sfido questo cazzo di mondo e vado avanti. Non voglio perdere questa partita, lancio la prossima mossa".
Quella notte non mi segai pensando a lui, cercai di far ragionare la mia testolina affinchè fuoriuscisse la mossa vincente. Non dormii quasi niente, ma non importava. Alla fine l'idea era stata trovata. I ricatti sono concessi in amore? Non credo, ma la concessione me la presi io. Sapevo che Pellegrini prima di entrare in classe andava sempre in bagno a lavarsi le mani, erano le voci che correvano tra le bidelle e io approfittati di questo pettegolezzo. Quella mattina lo anticipai nel bagno, anche se era dei professori e io non potevo entrarci, ma calcolando ogni mossa non mi vide nessuno. Mi nascosi dietro la porta e quando lo vidi entrare lo spinsi con violenza verso il cesso, lo avevo sbattuto contro il muro ma giuro che non avrei mai voluto fargli del male. Mentre era ancora stordito dal gesto chiusi la porta a chiave. Avevo contro ancora il suo sguardo di odio, ma non mi interessava. Gli dissi le cose dell'altra volta "Non fiatare o per te si mette male!". E ancora gli saltai addosso, e ancora lo baciai in bocca. Stavolta aveva piu' paura, era piu' arreso, mi mise pure le braccia intorno al collo per assecondarmi. Fu in quel momento che col telefonino scattai una foto dei nostri profili mentre la mia bocca si mangiava la sua. Feci piu' foto per sicurezza. Avevo la prova della sua violenza su di me. Quando si accorse di quella mia mossa mi guardo'inorridito sussurrando "nooo, ti prego, nooo". "Mentre riaprii la
porta del bagno gli dissi "Non preoccuparti, non le usero' contro di te se ti comporterai bene. Invece di mandarmi sms anonimi mandami il numero del tuo cell. IO TI AMO ANDREA!". Uscii stando attento che nessuno mi vedesse uscire dal bagno dei professori e mi recai in classe. Dopo un po' lui ci raggiunse. Aveva uno sguardo smarrito, sembrava un bambino che ha paura. Ma poi si riprese e nel fare l'appello assunse un'espressione quasi cattiva. Poi disse "Oggi interroghiamo". Chiamo' alla lavagna 4 ragazze, le piu' asine della classe. Una di queste lamento' il fatto che quel giorno lì avrebbe dovuto spiegare e non interrogare. Lui replico' "Ho cambiato il programma, la lezione la faro' domani, oggi mi va di interrogare!". Le tartasso' per quasi un'ora. Si sapeva che quelle non studiavano mai, correvano voci che passassero tutti i pomeriggi a farsi trombare dai loro ragazzi. Beh trombare sara' anche bello ma non contribuisce certo a farti ottenere una pagella
decente. Fecero quasi scena muta o se dicevano qualcosa erano cose senza senso e sbagliatissime. Tornarono al banco con voti innominabili mentre singhiozzando cercavano di far intenerire Mister Pellegrini. Ma quel giorno in lui non poteva certo esserci nulla di tenero. E la colpa era mia. Ma non del tutto. Se lui fosse stato brutto, anziano, severo, se fosse stato il solito professore all'antica che noi tutti non sopportiamo io non avrei mai perso la testa per lui. Era mezzanotte quando arrivo' un sms da numero
che non conoscevo. Era lui! era Andrea!! "Ho bisogno di parlarti. Trova un posto sicuro. Trova un'ora sicura. non deve vederci nessuno. A". Aveva ceduto al mio amore! Voleva incontrarmi, voleva vedermi in un posto dove non ci riconoscesse nessuno.
Magari sarebbe venuto a letto con me. Evviva! Avevo vinto!! Il ricatto aveva funzionato!!! Ero fuori di me dalla gioia, dal desiderio di stringerlo, di toccare la sua anima, di sentire le sue parole che finalmente avrebbero avuto il tono non di un professore verso
il suo studente. Ma il tono di quello che vuole ricambiare il tuo amore! Pensai a lungo al luogo dell'appuntamento. Mi venne in mente un boschetto sulla collina vicina a casa mia. Non è frequentato, non ci va mai nessuno. Potevamo essere finalmente soli.
Gli mandai un messaggio comunicandogli il posto e l'ora, le 19 del giorno dopo. Rispose OK. Io arrivai in motorino con un po'di anticipo e mi sedetti su un grosso sasso che sovrasta la strada. sarebbe venuto in macchina e volevo godermi la scena del vederlo arrivare. E arrivo', puntuale come un orologio. Scese. Mi vide. Mi venne incontro. Mi fece una specie di sorriso ma non era il sorriso che mi aspettavo. Era un sorriso di circostanza, freddo, evanescente. Mi disse "Ciao". Mi si avvicino' e comincio' a parlare. "Volevo incontrarti per per parlarti direttamente. Dobbiamo chiarire diverse cose. E non è detto che quello che ti diro' ti farà piacere. Ma queste cose te le devo dire per farti capire. Io non sono gay, non lo sono mai stato e mai lo saro'. Io amo
follemente la mia ragazza, quella che hai visto al ristorante. Stiamo insieme da due anni ma viviamo distanti e questo mi fa molto male. Per questo ho chiesto il trasferimento nella sua città. Me l'hanno accettato. L'anno prossimo non saro' piu' in
questo paese, non saro' piu' il professore di questa scuola. A me dispiace tantissimo che tu prova per me qualcosa che io non posso ricambiare, mi dispiace follemente che tu stia male. Ma io non sono come te. Vorrei farti capire che la foto che mi hai fatto l'altro giorno in bagno non servirebbe a niente. Non è con un ricatto che si puo' dare amore a una persona. Inoltre il bacio che mi hai dato magari sara' stato bello per te, ma per me non ha significato nulla, non mi ha dato alcuna sensazione, è stato un po' come baciare l'aria. Ti sto ferendo mentre dico queste cose, ma escono dal cuore, te lo dico perchè ho
capito cosa puoi provare per me, e mi dispiace davvero tanto, non poterti essere d'aiuto. Ma per amare bisogna essere in due. L'amore se va in una direzione sola prima o poi si sgretola e si annulla, non credi?". Stavo soffocando le lacrime per
essere piu' uomo, non volevo farmi vedere così vulnerabile. Dopo quello che mi aveva detto mi sentivo tranciato a metà ma non potevo dargli torto, dovevo dargli solo ragione e ammettere la sua onesta' e la sua benevolenza nei miei confronti.
Trovai la forza di dire: "Ok, hai vinto professore!". Mi guardava tenero, forse provando pena o compassione per me, ma non importava piu'. "Ti chiedo un'ultima cosa professore". "Dimmi". "Vorrei salutarti con un abbraccio, un abbraccio molto forte, me lo concedi?". Mi venne incontro e allargo' le braccia e mi strinse fortissimo, fino a farmi male e io feci altrettanto. Duro' un minuto quell'abbraccio e gli toccai l'anima, sono sicuro di questo. Poi mollammo la presa e si incammino' verso la macchina.
Si giro' per salutarmi dicendo "Lo tengo per tuo ricordo il ritratto che mi hai fatto, è troppo bello. Grazie. Ci vediamo a scuola".
Guardavo l'auto di Andrea allontanarsi tra le curve della strada al tramonto. Mi aveva fatto capire molte cose liberandomi dal dolore. Forse mi era bastato sentirmi dire che bisogna essere in due per amare. Fino a quel momento non l'avevo capito.
Se non è così i desideri perdono ogni senso.
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