Io sono un sadico
di
Valentina955
genere
sentimentali
Io sono un sadico
Io sono un sadico. So di essere un sadico! Me ne sono reso conto da tempo. Non che abbia mai frustato, legato, bendato, imbavagliato ecc...una donna, questo no ! Semmai un uomo. Di quelli ne ho legato abbastanza. D’altronde ero un militare! Era normale. I prigionieri si dovevano legare, qualche volta bendare…ma solo questo. Quattro missioni all’estero come istruttore. Insegnavo a sparare, la difesa personale, i trucchi per sopravvivere ai limiti … E duri allenamenti. Il mio fisico mi assisteva. Sono sempre stato robusto, fin da piccolo, ma crescendo sono diventato quello che sono. I miei genitori mi hanno indirizzato verso lo sport fin da piccolo, anche se non erano proprio coerenti, nel senso che mi iscrivevano a qualunque corso gratis o patrocinato dalle scuole che capitava. A casa c’erano pochi soldi e tanta buona volontà.
Così ho fatto i corsi di nuoto, tennis, calcio, yoga, ballo, ( non è uno sport ma l’ho trovato parecchio faticoso ) Rugby ( e qui andavo alla grande ) e sci.
Poi è arrivato il momento di fare il militare. E naturalmente finii nella squadra sportiva dell’esercito. Ma siccome ero bravo anche con le armi, in virtù del fatto che a diciotto anni ero alto un metro e ottantasei e pesavo cento chili ( tutti muscoli ), qualcuno mi notò e finii in una squadra speciale. Mi ci trovai bene e feci la firma. D’altronde, cosa facevo a casa? Il diploma di elettrotecnico che avevo preso non mi avrebbe garantito un lavoro. Mi garantì invece, una certa abilità nel costruire e disinnescare ordigni.
Poi mi chiesero se volevo partecipare ad una missione all’estero. Non avevo legami, niente fidanzate per intenderci, i miei genitori erano impegnati a crescere i fratelli che erano nati dopo di me e oramai erano abituati alle mie assenze, per cui dissi sì.
Non era male. C’era azione, spostamenti, posti che non avrei mai visto da civile.
Alle volte dovevo addestrare alle armi un’accozzaglia di straccioni che non capivano un cazzo di quello che dicevo, allora abbaiavo ordini, forte del fatto che ero arrivato a un metro e novanta e pesavo centodieci chili, e quelli saltavano come grilli e in pochissimo tempo imparavano ad usare le armi, schivare mine, fare agguati e cercare di restare vivi. Qualcuno si era sparato sul piede ma pazienza: non tutte le ciambelle riescono con il buco.
Di donne se ne vedevano poche, quelle locali non si potevano toccare per non creare incidenti diplomatici. Ma via via, ho - conosciuto - crocerossine, infermiere, qualche soldatessa. Non sono mai andato a puttane e di questo andavo orgoglioso: meglio la qualità che la quantità.
Insomma, non ci stavo male. Dopo la prima missione mi hanno chiesto di farne delle altre ed ho accettato. Altre tre. Gli anni passavano, ormai avevo tanto di gradi e una buona dose di rispetto da parte di commilitoni e superiori e siccome l’abito fa il monaco, cuccavo anche meglio.
Poi arrivò quel maledetto giorno. Avevo da poco compiuto trentatre anni quando tutte le mie sicurezze svanirono, quando quel maledetto camion pieno di tritolo piombò sulla caserma. Eravamo nel pieno di un addestramento, il cortile era pieno di ragazzi. Ci ho messo giorni a capire che ero vivo, che tutto il sangue che avevo addosso non era mio, che dalla divisa staccavo i pezzi di carne di quelli che intorno a me non avevano avuto fortuna. E furono tanti. Rimpatriarono quello che restava degli Italiani e agli altri pensarono i loro compagni di fede. In pratica fecero un’unica buca dove gettarono i miseri resti. Per molti feriti fu peggio essere rimasti vivi.
Passai poco tempo all’ospedale per le ferite del corpo, ma per quelle dell’anima non c’era rimedio. Fui congedato. Che fare della mia vita?
Certo avevo messo da parte un bel gruzzolo, potevo inventarmi un lavoro. Mi venne incontro uno che avevo conosciuto anni prima, quando ero ancora nella squadra sportiva dell’esercito, e aprimmo la nostra palestra.
Io alleno i veri sportivi, lui si occupa quasi solo di signore che vogliono restare in forma. Se ne occupa in tutti i sensi…proprio tutti! Il porco monta come un riccio.
Chiedo scusa agli animali in questione.
A me non interessa, alleno fior di atleti che mi danno le mie soddisfazioni e prestigio alla palestra. Ma i soldi, quelli sonanti, arrivavano da quelle signore che il mio socio solertemente scopa.
Quello che mi manda in bestia è il loro abbigliamento: leggings così attillati che si infilano nelle chiappe dando l’impressione che non indossino mutande, short così corti da mettere in vista gran parte delle suddette chiappe, T-shirt scollacciate e top che sparano le tette sotto la gola. Come dico, non me ne potrebbe fregare di meno, se non che molte di queste - signore - fanno commenti a viso aperto e senza vergogna sul mio - pacco-, la potenza dei miei muscoli, la resistenza che potrei avere a letto…e amenità del genere. Ecco, io sono un sadico.
Le guardo e immagino di frustarle mentre corrono sul tapis roulant, giusto per farle correre un tantino di più, prenderle a cinghiate mentre sono stese sulla panca e si sforzano di rassodare i glutei molli. E poi appenderle per i pollici…da qualche parte, il posto lo trovo. Ma non qualche leggera frustatina, stile cinquanta sfumature di grigio,per intendersi.
No !.
A me piacerebbe usare la mia forza, vedere righe e strisce rosse, magari sanguinolente, mi piacerebbe sentirle urlare, vederle perdere quella malizia. E perché no? Magari farle correre per cinquanta giri intorno alla palestra, finché non diventano viola dalla fatica.
-Eros, ti ho portato mia cugina Sara. La devi allenare tu, io sono pieno e non ho più posto…-
Guardo il mio socio per vedere se ha bevuto, lui mi strizza l’occhio per dirmi - ne parliamo dopo -.
E poi guardo Sara. Allenarla per cosa? La corsa nei sacchi? Racchette e volano? Birilli? Cosa si può ricavare da quella - cosa - che lui chiama cugina?
Sarà alta sì e no un metro e sessanta, un faccino con due occhioni che mi guardano terrorizzati, una testolina di capelli indisciplinati e il resto? Boooh! Il resto è totalmente coperto da una T-shirt bianca di due misure più grande e un paio di pantaloni blu scuro, larghi. Scarpe da ginnastica bianche. Dalla misura delle scarpe e dalle mani, deduco che sotto non ci deve essere un granché. Nemmeno ci sarebbe soddisfazione a frustarla!
Le tendo la mano cortesemente: - Ciao Sara, non sapevo che Davide avesse una cugina…cosa ti piacerebbe fare? -
Bu…buo..ongiorno signore, non lo so, ci pensi lei…-
Io penso di strozzare Davide e glielo dico con gli occhi.
Lui è dietro Sara. Mi guarda con uno sguardo avvilito del tipo - che ci posso fare, è una parente! -
Cerco di rimettere la modalità gentile. Vado nel ripostiglio ed esco con una corda per saltare.
Senti Sara, prima vediamo quanto fiato hai, poi decidiamo insieme il tipo di allenamento. Sai saltare la corda? -
- Certo che so saltare la corda! -
Mi guarda, sembra divertita.
- Bene, allora incomincia a saltare e conta quanti salti fai in cinque minuti. L’orologio è là di fronte, io intanto vado a parlare con il mio socio un attimo. -
Metto nelle mani di Sara la corda con la quale strangolerei volentieri Davide, lo prendo per un braccio e lo trascino in ufficio.
-Perché cazzo me l’hai portata? -
- Mia zia si è trasferita nell’appartamento sotto il mio la settimana scorsa ed io me la ritrovo sempre tra i piedi. Mi ha detto che Sara è abituata ad andare in palestra, praticamente mi ha imposto di tirarmela dietro! -
- E allora? Te la puoi tenere tu! Alleno solo atleti, che me ne faccio di quel mucchietto d’ossa? -
- Non posso tenerla con me! Lo sai che mi - occupo - di quelle signore là fuori! Non è stupida, capirebbe subito. E lo andrebbe subito a riferire a sua madre, ed io mi ritroverei tra i piedi anche i miei genitori. Mi hanno lasciato l’appartamento e sono tornati a vivere al paese. Addio libertà. -
- Non me ne frega niente dei tuoi casini, risolvi il problema o ti demolisco la cuginetta. Andrà a casa così stanca che tua zia ti prenderà a calci in culo!
Esco dall’ufficio incazzato nero. Entro nella palestra e mi fermo di botto. Sara sta facendo girare la corda ad un ritmo impressionante e salta. I suoi piedini si alzano appena da terra così velocemente che sembra che non li posi mai. Non è stanca e non suda. Fresca e rilassata gira braccia e mani lievemente, come ali di farfalla.
Gli atleti le stanno attorno e la guardano ammirati .
- Hei, Eros, dove l’hai trovato questo uccellino, se muove un altro po’ le braccia spicca il volo! -
Ignazio è un buon pesista, ha vinto diverse gare e si prepara per le selezioni delle olimpiadi.
Una montagna di muscoli, sembra affascinato da Sara.
Lei continua imperterrita, i cinque minuti sono passati. E’ meglio se non le chiedo quanti giri ha fatto per non mettere in imbarazzo i miei atleti.
- Bene Sara, vedo che hai fatto palestra, per cosa ti piacerebbe allenarti? Quali sport
preferisci? -
Lei mi guarda, ha ripreso la padronanza di se, non la spavento più. Bene, posso frustarla un po’, anche se non è una stronza.
- Facevo roccia, parapendio e paracadutismo. Ma ora che ho finito l’università devo trovarmi un lavoro e vedrò quanto tempo mi resta per questi sport -
Sono stecchito. Intanto ha una laurea per cui non è proprio una ragazzina, poi nemmeno suo cugino sapeva niente altrimenti me l’avrebbe detto, infine non saprei come allenarla visto che non ho mai fatto nessuno di questi sport.
- Che laurea hai Sara? -
- Ho una laurea magistrale in Scienze motorie e sportive a Bologna -
- Ma quanti anni hai? -
- Ventisei perché? -
- Sembri una ragazzina! -
- E tu quanti anni hai? -
E’ passata al tu, non è sfrontata, solo curiosa.
- Trentacinque -
- Te ne davo di più, sembri…un uomo! -
- Onestamente credo di essere un uomo! -
- Prima mi avevi spaventata! Sembravi un sergente! -
- Veramente mi hanno congedato come tenente colonnello -
- Eri davvero un militare? Perché ti hanno congedato? -
L’incubo del sangue mi si para davanti, i brandelli di carne da staccare dalla mia divisa… mi volto e la lascio lì.
Adesso ho voglia di frustarla, forte, farla urlare, che ne sa lei di tutto quel sangue…
Io sono un sadico 3
I giorni passano e Sara è sempre lì. Viene con la sua auto, sempre alla stessa ora, alla sera. Durante il giorno fa colloqui di lavoro, cerca lavoro e una miriade di lavoretti che le procurano qualche soldo.
Questo lo so dagli altri atleti che alleno, perché dopo che le ho detto chiaro e tondo che di arrampicate, parapendio e paracadutismo non sapevo quasi niente ed era meglio rivolgersi altrove, non ci siamo più parlati. Giusto un educato – buonasera -.
Così lei si allena come ha sempre fatto, d’altronde non devo insegnarle niente, si muove con competenza. Dimostra una straordinaria elasticità e resistenza fisica. Ha fatto amicizia soprattutto con Ignazio che la prende in giro chiamandola – scricciolo - e lei ride, con una bocca a cuore piena di denti bianchi e scrolla la testolina di capelli indisciplinati.
Ignazio ha vent’anni, energia da vendere, si impegna molto ma non è agile. Nei rari momenti di relax giocano come bambini . Lui cerca di acchiapparla e lei gli scivola dalle grandi mani come una sciarpa di seta, si sposta agile come una gatta mentre lui fatica, non è fluido nei movimenti. La sto guardando ormai da diversi giorni e mi sono accorto che Sara lo fa apposta. Cerca con il gioco di indurre Ignazio a fare certi movimenti con il corpo che altrimenti non farebbe con il normale allenamento. Ho notato che ora gira su se stesso con maggior fluidità. Dal punto di vista dell’allenamento per i pesi non serve a niente, ma per il suo giovane corpo significa molto e perde un po’ dell’aria da gorilla che spesso sfoggia.
Penso che per frustarla devo prima legarla, altrimenti potrei rincorrerla inutilmente per settimane. Ma è solo un esercizio mentale, in realtà non ho proprio voglia di frustarla…solo di spogliarla, giusto per vedere cosa si cela sotto quei vestiti di due taglie in più.
Ho parlato con Davide. Lui non sa niente, né di laurea, né degli originali sport che lei pratica. Prima che si trasferisse nell’appartamento sotto il suo, avevano avuto solo incontri sporadici e prima che lui entrasse nel centro sportivo dell’esercito. Poi non si erano più visti, anche perché lei viveva a Bologna dove si era trasferita la famiglia per lavoro.
E poi è successo, perché le cose succedono, è il destino.
L’uomo è entrato nella palestra spingendo una carrozzina per disabili. Dentro un bambino di età indefinita,dall’aria ostinata e smarrita, magro e pallido.
Gli sono andato incontro pensando cercasse qualcuno. Mi chiede se potevamo parlare da soli. Lì per lì non sapevo a chi chiedere per tenere compagnia al bambino mentre parlavo con il padre, Sara si è fatta avanti spontaneamente, ha incominciato a parlare con il bambino con quella fluidità e naturalezza che mette in tutte le cose che fa.
Accompagno l’uomo in ufficio, calcolo che ha poco più della mia età ma sembra invecchiato anzitempo, ha molti capelli bianchi. Mi presento.
- Mi chiamo Eros Ferrari. Dirigo la palestra con il mio socio. In cosa posso esserle
utile? -
- Io mi chiamo Giordano Riva, quello lì fuori è mio figlio Raffaello. L’anno scorso è stato investito da un’auto, mentre era in bicicletta. E’ rimasto in coma un mese. Aveva fratture in tutto il corpo e un grosso ematoma nel cervello. I medici hanno fatto il possibile, ma dopo sei mesi non camminava. Ha fatto tanta riabilitazione nei centri specialistici ma non c’è stato niente da fare. Sembra che qualcosa non vada nel suo cervello, non riesce a stare in equilibrio sulle sue gambe. L’hanno mandato a casa su una sedia a rotelle dicendoci che doveva continuare a fare ginnastica. Io vado a lavorare e mia moglie è incinta. Non abbiamo tanto tempo e la vostra è la palestra più vicina. -
Ho la pelle d’oca. Cosa gli dico a questo?
- Mi dispiace signor Riva, questa palestra non è attrezzata per la riabilitazione. Io alleno atleti e il mio socio si occupa di signore che vogliono tenersi in forma. Non abbiamo nessuna formazione per i casi come quello di suo figlio. Mi dispiace. -
L’uomo sembra afflosciarsi. Ma cosa posso fare, raccontargli bugie?
Usciamo dall’ufficio ed entriamo in palestra, qualcuno ride.
Sara sta facendo provare dei piccoli manubri colorati a Raffaello. Non pesano molto. Lei gli mostra come farli girare tra le dita e poi insieme guardano Ignazio che si allena con dei pesi enormi e, per far ridere il bambino fa delle smorfie di finto dolore, accompagnandole con rumori osceni. Il bambino ride.
- Chi è quella ragazza? - Mormora Riva.
- Si chiama Sara, ha una laurea magistrale in scienze motorie e sportive. -
- Lavora qui? -
- No, si allena, pratica diversi sport -
- Che lavoro fa? -
- E’ appena uscita dall’università. Sta ancora cercando lavoro -
Riva sembra riprendersi dalla delusione di prima, rialza le spalle e si dirige dritto verso Sara.
Le porge la mano.
- Buonasera, mi chiamo Giordano Riva e sono il papà di Raffaello. Vedo che avete fatto amicizia. Ti stai divertendo Raffaello? -
- Si, quello scemo lì fa certe facce…ma solleva dei pesi grandissimi, pensa che si sta allenando per le olimpiadi! -
Intanto Riva stringe la mano di Sara.
- Ti piacerebbe che fosse Sara a farti fare ginnastica? -
Il bambino riprende l’aria ostinata.
- Per quello che serve…-
Risponde demoralizzato.
Sara guarda il padre e nota la piega amara della sua bocca e poi guarda il bambino, stessa piega amara.
- Senti Raffaello, se invece giocassimo? Io conosco un sacco di giochi divertenti, vedi quello sgabuzzino? Tu non sai quante cose strane tengono chiuse là dentro! Se vieni qui alla sera andiamo insieme alla scoperta! -
- Davvero? Come la caccia al tesoro? Non è che quel bestione che c’è lì dietro ci
sgrida? - Sussurra a Sara.
Sara mi guarda, una richiesta muta nei suoi occhioni nocciola. Annuisco con la testa.
Lei mi sorride felice. Come posso frustarla quando mi guarda così?
Adesso abbiamo anche la mascotte. Raffaello viene cinque giorni alla settimana e Sara si occupa di lui. Ho scoperto che abita con la famiglia a duecento metri dalla palestra, quando il tempo è buono vengono a piedi. Il padre si è iscritto ed è uno dei pochi uomini che hanno il coraggio di fare ginnastica con le virago che allena Davide.
Già, Davide, ha fatto il diavolo a quattro quando ho accettato Raffaello in palestra, sembrava che la presenza di un bambino sulla sedia a rotelle influenzasse negativamente l’umore gaudioso delle sue oche giulive.
Gli ho detto che Raffaello sarebbe rimasto con me, lui ha scrollato le spalle ed è tornato dalla sua carne da frusta.
Solo che adesso ho voglia di frustare anche lui. Sulle palle.
Nelle sere che Raffaello fa ginnastica Sara si trasforma. E trasforma l’angolo di palestra che le ho lasciato libero. Mette il tappeto grosso, per parare eventuali cadute e poi inizia una serie di giochi che fanno fare al bambino i movimenti che gli servono. Lui non se ne accorge nemmeno, continua a giocare, steso sulla schiena o seduto e ride spesso. Qualche volta giocano alla lotta e devo frenare l’entusiasmo di Ignazio che vorrebbe partecipare: non si rende nemmeno conto della forza che ha, li schiaccerebbe.
Nello sgabuzzino Sara ha trovato anche le FITBALL con base circolare e la pompa per gonfiarle. Adesso Raffaello e Sara giocano con queste. Ho notato che ora riesce a salirci sopra da solo e cerca con tutti i mezzi di restarci. Se lui cade (sul tappeto naturalmente ) Sara fa finta di cadere, poi si rialza e mostra al bambino la maniera giusta per fare altrettanto, e ridono.
Naturalmente ci ha provato anche Ignazio e una palla l’ha scoppiata.
Potrei frustare anche Ignazio ma temo di attirarmi le ire della protezione animali.
Sono passati tre mesi dall’arrivo di Sara e due da quello di Raffaello. E’ strano, mi sembra siano la mia famiglia. Sara mi sorride e Raffaello la imita e mi sorride anche lui. Non sono più un bestione.
Stasera ho fatto tardi. Due dei miei atleti si stanno preparando per la maratona di New York, Ignazio ha le finali regionali, ed è incominciata la pre-sciistica.
Sono stanco, faccio la doccia, chiudo e vado a casa. Davide naturalmente è sparito da un pezzo con una delle sue galline, figurati!
Mi spoglio nudo, prendo asciugamano e docciaschiuma , vado sotto una bella doccia tiepida che dovrebbe lavare via la fatica. Stasera non ho nemmeno mangiato: di solito mi ritaglio il tempo per un panino, ma stasera non ce l’ho fatta. Ho fame.
Esco nudo dalla doccia e mi ricordo che ho lasciato una scorta di barrette energetiche nell’ufficio, devo attraversare la palestra, ma chissenefrega, sono solo.
No, non sono solo! Due occhioni nocciola mi fissano. Sorpresi? Terrorizzati? Incantati?
Non lo so, non ho niente per coprirmi per cui tocca a lei voltarsi se il panorama non le piace.
Sara si colora in viso con la velocità con cui un semaforo diventa rosso. Ma non si volta. Tiene lo sguardo puntato sulla parte superiore del mio corpo.
- Giri sempre nudo? -
- Come mai sei ancora qui? - La accuso.
- Ho fatto tardi, sono appena uscita dalla doccia…-
Ah già, si è cambiata, pressappoco, indossa sempre indumenti troppo larghi.
- Perché indossi sempre due taglie in più? - Non sarebbe proprio il momento di essere curiosi…
- Perché sto comoda. -
- Bene, allora che cosa vuoi fare? Ti volti e te ne vai o stai qui a guardare anche il mio lato B?-
Sbianca. Arretra. Si volta e si allontana a testa alta, con la massima dignità che la circostanza richiede. Sbuffo. Frustarla un pochino? Solo pochino pochino…
Deve essere la fame…
Divoro due barrette. Di solito le consiglio agli altri, a me fanno schifo, ma ho veramente fame. Meglio che niente.
Mi rivesto in un attimo, esco dalla palestra e chiudo la porta. Il rumore di un motore ingolfato mi fa voltare. E’ l’utilitaria di Sara. Lei riprova a mettere in moto ma il motore ogni volta si spegne dopo gemiti e gorgoglii.
Cazzo! Mi sa che stasera non mangio!
Mi avvicino rassegnato. Sara apre il finestrino con un’aria desolata.
- Hai messo la benzina? - Chiedo acido.
- Certo, non sono scema! - Altrettanto acida.
- Scendi, fammi provare -
- Perché, fai anche il meccanico? -
- Ti sembrerà strano ma quindici anni nell’esercito mi hanno insegnato molte cose -
Esce e mi cede il posto. Non ci entro, devo mandare indietro tutto il sedile. Provo a mettere in moto. Il rumore è uguale a quello di prima. La batteria funziona. E’ il filtro sporco.
Queste macchinette cino-giappo-coreane, vanno a benzina pulitissima. Se c’è qualche impurità o acqua, addio filtro.
Nell’esercito avevamo fuoristrada che digerivano anche il petrolio: queste no, troppo sofisticate, ci vuole il meccanico.
- Ok, chiudi la macchina, ti porto a casa io -
- Non puoi fare niente? -
- Si, posso portarti dal meccanico domani mattina. -
- Accidenti, chissà quanto mi costa! -
- Non preoccuparti, lo tengo d’occhio io…il conto...-
Sara mi guarda strano, le apro la portiera del mio fuoristrada Land Rover. Non ha la pedana, ma sale agilmente. Lì sopra sembra ancora più piccola. Non serve che mi dia l’indirizzo,so dove abita Davide.
La palazzina ha otto appartamenti, tutti proprietari, nessun inquilino. Avrà vent’anni, tenuta bene, giardino e box auto. Parcheggio, scendo, e vado ad aprire la portiera a Sara. Non è un gesto galante: piccola com’è temo che mi caschi dall’auto. E’ solo una scusa, ho solo voglia di toccarla…il tipo di fame è cambiato…
- Grazie per il passaggio….-
- Prego. A che ora vuoi che passi domani mattina per andare dal meccanico? -
- Alle otto va bene? -
- Benissimo, la palestra apre alle nove…-
- Vuoi salire a…a…bere qualcosa? -
- Veramente ho fame, non ho cenato…-
- Neanch’io ho mangiato. Ho dell’arrosto con le patate già pronto…-
- Sarebbe eccezionale, io non ho niente di pronto. Ma tua madre? Come la prende se porti a casa un uomo? -
- I miei genitori sono a Bologna…io sono qui da sola -
- Davide mi ha detto che c’era anche sua zia…-
- Sì, mi ha aiutato a sistemarmi ma ora è tornata a Bologna, lavora e si era presa una settimana di ferie…-
- Va bene, vengo, ho proprio fame…-
Allungo le mani per prenderla e lei si ritrae, per un attimo passa il terrore nei suoi occhi. Accidenti, ha paura. Di me o degli uomini in generale? Rimango a guardarla mentre scende dall’auto con disinvoltura. Ma adesso siamo ambedue un po’ imbarazzati.
Io sono un sadico 4
L’appartamento è carino, non tanto grande, arredato semplicemente ma con gusto.
- Come mai i tuoi hanno questo appartamento? E Daniele quello sopra?
- La mamma di Daniele e mio padre sono fratelli. Quando costruirono questa palazzina acquistarono un appartamento ciascuno. Loro sono rimasti qui fino alla pensione, mentre mio padre fu trasferito a Bologna. Dopo…insomma, hanno ceduto l’appartamento a me e mi sono trasferita qui. -
- Perché non sei rimasta a Bologna? Con la tua laurea avevi più possibilità di lavoro.-
Sara sta apparecchiando la tavola, va a controllare che l’arrosto non bruci e non risponde.
Dopo un’infinità di tempo dice semplicemente: - Mi trovo meglio qui. -
Non sono scemo, non mi dice la verità. Cosa ha lasciato a Bologna? Una storia d’amore finita male? Un ex diventato stalker ? La ragazza mi nasconde la verità. Potrei frustarla e farmi dire tutto, ma non è il momento opportuno: ho fame e il profumo dell’arrosto è invitante.
Sara mette in tavola. Guardo la teglia, c’è davvero tanto cibo per una persona sola.
- Cucini sempre per un battaglione o hai spesso ospiti a cena? -
- Me lo ha mandato mia madre, ha paura che muoia di fame. Ho deciso di cucinarlo tutto e poi mettere le porzioni nel freezer, cosi basta riscaldarle quando ho fame. Non ho mai ospiti, tu sei il primo -
Mi mette nel piatto una porzione decisamente abbondante, beninteso non mi dispiace. Nel suo ne mette molto meno.
- Ho una bottiglia di Valpolicella, vuoi che la apra? -
- Tu ne bevi un po’? -
- Per me sola non la apro, ma se ne bevi un po’ anche tu …-
Non è un granché brava ad aprirla, le do una mano. Mezzo bicchiere per lei, uno per me. Buono,con l’arrosto ci sta.
Ma adesso sono curioso. Certo mi ha invitato per riconoscenza, per via dell’auto, ma ci deve essere qualcosa d’altro. Non è che è stato perché mi ha visto nudo? Quando ho provato ad aiutarla a scendere dall’auto si era ritratta, spaventata. Sono io che la spavento?
- Sara, posso farti una domanda personale? -
Mi guarda diffidente, si è irrigidita, devo andare con calma.
- Cosa vuoi chiedermi? -
- Sono io che ti spavento o sono gli uomini in generale? -
Mi lancia un’occhiata e dopo abbassa la testa. Una ragazza singolare, sa ridere e scherzare con Ignazio, è competente e dolce con Raffaello, indifferente con suo cugino e poi , con gli sport che fa, deve avere a che fare con uomini o ragazzi, non sono molte le ragazze che praticano arrampicata, parapendio e paracadutismo. Eppure adesso…
- All’inizio mi hai spaventata, poi ho capito che potevo fidarmi…-
- Già, poi stasera mi hai visto nudo e hai cambiato idea…-
Diventa rossa ma sorride.
- Se non mi fidassi di te adesso non saresti qui a mangiare con me.-
- Grazie per l’invito, l’arrosto era buonissimo, il vino anche, passerò domattina a
prenderti -
Ha alzato di scatto la testa, mi guarda a bocca aperta.
- Te ne stai andando? - Delusa?
- Se ti fa piacere resto ancora un po’-
- Mi piacerebbe se restassi ancora un po’.-
- Allora ricominciamo da capo. Ti fidi di me, questo va bene, non sei svenuta quando mi hai visto nudo, bene anche questo…eppure sei rigida. Esclusi Ignazio e Raffaello, con cui ridi e scherzi, gli altri, compreso io, li tieni a distanza. Sei andata via da una città dove hai passato la maggior parte della tua vita, dove hai studiato, dove hai i genitori e sei venuta qui, dove a parte quel puttaniere di tuo cugino non conosci nessuno. Perché? Che casini hai lasciato a Bologna? –
La guardo pacato e calmo, lo stesso sguardo che usavo negli interrogatori dei militari che avevano sgarrato.
- Eri nella polizia militare? Vuoi fare indagini su di me? -
- Negativo a entrambe le domande. Voglio solo conoscerti. -
- Perché? -
- Perché mi piaci. -
Sara scuote la testa, però mi guarda. Solo che non riesco a decifrare il suo sguardo…confuso? Arrabbiato?
- Certo che sei un bel tipo. Presumo che tu sia anche ostinato e non molli l’osso.
Va bene, vuoi la verità? L’anno scorso, alla vigilia degli ultimi esami, sono uscita con un gruppo di compagni di corso per festeggiare il - quasi traguardo -. Era una bella serata estiva, ci stavamo divertendo e abbiamo bevuto un po’. Per smaltire la sbronza io e una mia compagna abbiamo deciso di tornare a casa a piedi. L’ho salutata davanti al suo portone, io avevo solo cento metri di strada per arrivare a casa. Erano le quattro del mattino. Quell’uomo è sbucato dal nulla. Era alto, grosso e puzzava di liquore, italiano.
Mi è saltato addosso, non ero preparata a quell’attacco, mi ha spinta dentro un portone e mi ha messo una mano sulla bocca e poi…ha iniziato a palparmi, dappertutto.
Ho scalciato, gli ho piantato le unghie nelle mani e quello ha incominciato a urlare
- puttana, la dai a tutti e con me fai la schizzinosa, sei una troia, adesso ti insegno io ad obbedire - E poi è andato avanti a urlare insulti, mentre mi strappava i vestiti di dosso. Picchiava, picchiava forte ma mi aveva levato la mano dalla bocca così potevo urlare.
Gli ho graffiato la faccia, finché non ho trovato gli occhi. Si è messo le mani davanti per difendersi ed io sono scappata urlando. Per fortuna qualcuno ha acceso le luci. La chiave del portone l’avevo nella borsetta che non sapevo dove fosse finita. Anche il cellulare era nella borsetta. Non sapevo come rientrare a casa. Mi sono nascosta dietro i cassonetti vicino a casa e sono stata immobile, quasi non respiravo, per più di un’ora. Una guardia notturna, chiamata dagli abitanti, aveva trovato la mia borsetta. Era sporca di sangue. Ha chiamato la polizia. Sul cellulare hanno trovato “ mamma papà ” e hanno chiamato i miei. Quando ho sentito mia madre urlare il mio nome sono uscita. Nemmeno i miei genitori mi hanno riconosciuta, ero un mostro. Sono stata all’ospedale quattro giorni, per fortuna non avevo fratture ma solo ematomi. Dall’esame del sangue e della pelle che avevo sotto le unghie, sono risaliti al mio aggressore. Era schedato.
Il peggio è arrivato dopo. Gli incubi notturni e la paura di uscire di casa. Mia madre o mio padre mi accompagnavano all’università per gli esami. Il resto del tempo lo passavo in camera mia a studiare. Nemmeno la festa della laurea ho fatto, non potevo uscire dalla paura. Mi hanno portato da una psicologa, ho cercato di seguire i suoi consigli, ma non c’era niente da fare: arrivavo alla soglia di casa e lì mi bloccavo. Solamente accompagnata da mio padre o mia madre riuscivo ad uscire…e poi…mi sono accorta del terrore che provavo quando per strada incrociavo uomini grandi e grossi e la nausea che sentivo nello stomaco se si avvicinavano. Un anno di terapia. La psicologa mi ha fatto iscrivere ad una palestra, per rafforzare la stima in me stessa e per abituarmi ad incrociare uomini senza vomitare. Ma riuscii ad andarci solo nascondendo il mio corpo in vestiti larghi e quando mi garantirono un’istruttrice femmina. Penso abbia fatto più lei che la psicologa. Piano piano sono riuscita ad andarci da sola, con la mia auto, e a relazionarmi anche con uomini ma…non sopporto che mi tocchino. Ce la faccio con Ignazio che è un bambinone senza malizia e naturalmente con Raffaello ma…mi si rivolta lo stomaco se un uomo cerca di toccarmi. Anche tu. Ho imparato a conoscerti, so che non mi faresti del male ma ho ancora paura. Volevi la verità ? Ecco, ora che la sai, ti senti meglio? -
Meglio? Adesso vorrei avere qui davanti il tizio che le ha fatto del male per frustarlo fino a levargli la pelle. Devo scacciare a forza l’immagine della mia divisa piena di sangue, dei brandelli di carne da staccare…per loro non ho potuto fare niente, forse con lei…
La mia piccola indifesa bambina. Un’ondata di tenerezza mi investe come un vento caldo e il mio cuore sembra allargarsi, espandersi. Mi piacerebbe accarezzare la sua testolina di capelli indisciplinati ma mi trattengo. Fiducia. Un passo alla volta.
Metto la mia mano sulla tavola, con il palmo rivolto all’insù, la guardo:
- Se te la senti, puoi toccare la mia mano. Io non ti toccherò. -
Mi guarda, mi scruta, sembra voglia leggermi dentro. Io rimango immobile, calmo.
Lentamente la sua mano si avvicina, esitante, una piccola mano paragonata alla mia.
Si blocca, a pochi centimetri dalla mia, non mi muovo, non parlo, un dito è vicinissimo, mi sfiora il pollice, un’altro si posa sull’indice. Quasi non lo sento. Non mi guarda, fissa solo la mia mano, il mostro che potrebbe picchiarla. Ha avvicinato ancora di più le sue dita, ora sono sul palmo, premono un po’, la mano le trema per la tensione alla quale si sta sottoponendo. Mi sorprendo a pensare che siamo uguali, tutti e due dobbiamo esorcizzare il fantasma del sangue e della violenza. Forse anch’io posso guarire, posso smetterla di staccare brandelli di carne dalla mia divisa.
Ormai tutta la sua mano è sulla mia. Gelata. Vorrei stringerla nella mia per scaldarla ma resto perfettamente immobile.
Ecco, l’ha posata completamente, una piccola mano timida, come un cucciolo fiducioso.
Alzo gli occhi e la guardo, grosse lacrime rotolano sulle sue guance. Non posso asciugarle.
Abbasso lentamente la mia testa e poso un bacio leggerissimo e fuggevole sul dorso della sua mano, ha un tremito ma non la ritira e poi…china la testolina fino a posarla sulla sua mano nella mia mano e inizia a singhiozzare disperata. Ho promesso di non toccarla, non lo farò, ma è difficile, il bisogno di stringerla tra le braccia prosciuga le mie energie.
- Sara, piccola, dimmi cosa posso fare per te…-
- Hai già fatto tanto…- Sembra calmarsi.
- Vorrei tanto accarezzarti, potrei passare ore ad accarezzarti, toccare i tuoi capelli ribelli, baciarli…-
- Lo faresti davvero? - Occhi grandi, lucidi, increduli.
- Farò qualsiasi cosa tu voglia -
- Dormiresti con me ? Alle volte quello torna, alla notte, ed io scappo, ma non riesco a correre, ed è sempre lì, dietro di me, poi mi afferra ed io mi sveglio urlando -
Mi sta chiedendo di dormire con lei? Non toccarla sarebbe una tortura. E poi, alla fine, mi vuole solo per scacciare i suoi fantasmi. E i miei fantasmi ? Quando alla notte nei miei incubi l’esplosione mi rende sordo, il sangue negli occhi cieco…
Mi guarda, una muta richiesta negli occhi.
- Non ho niente qui, non ho un pigiama, lo spazzolino…-
- Ho uno spazzolino nuovo, te lo regalo. E…se spegniamo la luce puoi entrare nel letto con la biancheria…-
- Di solito dormo nudo -
Rimane silenziosa. Forse ho esagerato. A dirla tutta volevo fare una battuta spiritosa ma non credo che lei l’abbia recepita.
- Bé, a questo punto, quello che c’era da vedere l’ho visto - Scrolla le spalle come se non le importasse. Ho capito perché rimane fino a tardi in palestra, ha paura di restare qui da sola, ma si fa forza, vuole dimostrare a se stessa e ai genitori che può farcela.
Ma stasera ha più paura del solito, altrimenti non chiederebbe ad un uomo delle mie dimensioni di farle compagnia.
- Ok, rimango e dormo con te. Ma qualsiasi cosa tu voglia me la devi chiedere esplicitamente. Io non ti tocco, né mi avvicino, non voglio girare con la faccia tutta
graffiata! -
Sono riuscito a farla sorridere. Mi guarda indecisa, forse adesso ci sta ripensando. E’ strano, io spero non lo faccia, sì, devo ammetterlo, mi piacerebbe dormire con lei. Ancora di più se potessi stringerla tra le braccia, ma anche solo sentirla respirare vicino…è terribile, mi accorgo di quanto sia solitaria la mia vita. Certo, Pasqua e Natale li trascorro con i miei genitori, ci telefoniamo, vedo i miei fratelli, anche se con loro non sono in confidenza, ma per il resto? Qualche incontro con donne che non lasciano il segno e lavoro.
- Io sono stanca, vado a letto, tu se vuoi puoi accendere la televisione. Altrimenti…aspetta un po’ prima di venire…-
Così, semplicemente. Senza fronzoli, senza sorrisetti ammiccanti, senza moine. Qui il militare è lei. Avrebbe fatto carriera. Probabilmente mi avrebbe ordinato di infilarmi nel suo letto…e nel mezzo ci avrebbe messo una matassa di filo spinato!
Scuoto la testa sorridendo, sono stanco anch’io. Guardo verso la sua camera. La porta è aperta e una fioca luce rischiara il buio.
Entro: la luce è quella di un’abatjour accesa sul comodino dalla parte dove lei vuole che dorma. Dall’altra parte del letto, in penombra, vedo il suo corpo completamente sotto il lenzuolo. Mi devo arrangiare a trovare il bagno. Sul lavandino uno spazzolino da denti ancora confezionato. Mi guardo intorno, è pulito e in ordine.
In camera mi spoglio e lascio gli indumenti sulla poltroncina dalla mia parte e mi infilo nel letto cercando di sollevare il meno possibile le coperte. Spengo la luce e cerco di chiudere gli occhi. Per anni ho dormito nelle situazioni più disagiate, alle volte senza spogliarmi e con l’equipaggiamento addosso, nella carlinga di aerei per il trasporto di armamenti, al freddo, al caldo, a pancia vuota. Eppure riuscivo a dormire. Lì no.
Letto comodo, lenzuola pulite, sazio, temperatura ideale, ma non riesco a dormire. Mi chiedo cosa abbia indossato Sara per andare a letto. Non è il tipo da camicia da notte, probabilmente ha il pigiama. Non ho ancora capito cosa si celi sotto quei vestiti larghi. La immagino troppo magra e senza tette. Mi piacerebbe lo stesso, lo so, perché è il suo sorriso che mi piace, i suoi capelli ribelli, i suoi occhioni dolci, la dedizione a Raffaello, la giocosità con Ignazio.
Mi sto innamorando? Di una ragazza che ha paura di essere toccata soprattutto da uomini della mia stazza? Potrei accontentarmi di un amore platonico? NO! Non che voglia saltarle addosso…ma…vorrei tanto toccarla e sentire le sue mani su di me.
- Non dormi vero? - La sua voce esitante mi fa sussultare.
- No, forse non sono abituato al letto - Una buona scusa.
- Neanch’io riesco a dormire -
- Hai…hai paura che ti faccia del male? -
- No, non riesco a spiegartelo, è strano. Prima mi hai detto che ti sarebbe piaciuto accarezzarmi. Da una parte ho paura ma dall’altra mi piacerebbe, sono dibattuta e
confusa -
- Non ti toccherò, te l’ho detto, se vuoi qualcosa vieni qua e prenditelo.-
Silenzio, il suo respiro cambia. Una mano esitante mi sta toccando il braccio, lo esplora sfiorandolo appena. Stringe per un attimo la mia mano che rimane immobile e risale fino al muscolo dell’avambraccio. Ritrae la mano, probabilmente spaventata dalla grossezza, poi si riavvicina e la sento sul torace, coperto dalla maglietta.
Oh Cristo! Me l’ha fatto venire duro, speriamo che non scenda con la mano…
Normalmente non avrei di questi problemi, una ragazza di ventisei anni non è una bambina sprovveduta, probabilmente Sara ha avuto le sue esperienze. Il problema è il momento che sta vivendo.
Sospiro.
- Scusa, ti sto toccando ma non so se ti piace o ti do fastidio -
- Mi piace Sara. Mi piace anche troppo! -
- Vuoi dire che…-
- Già voglio dire che! -
- Non sei venuto a letto nudo -
- Per fortuna, altrimenti ora sarei pieno di graffi! -
Una risatina sommessa mi giunge all’orecchio. Se si è rilassata un po’ potrei proporle…
- Sara, hai voglia di baciarmi? -
- E’ da tanto che non bacio un ragazzo. E tu non sei un ragazzo, insomma, sei un uomo -
Che differenza fa? Cos’è, sono troppo vecchio? Sì, è vero, ho nove anni più di lei, ma non mi sembra così tanto! Calma.
- Per favore, spiegami la differenza, a parte l’età naturalmente.-
- Ho avuto un ragazzo, i primi tre anni all’università, stavamo bene insieme ma non era...non faceva…insomma, non era molto esigente in fatto di sesso. Tu sei più grande e magari…vuoi di più.-
In che cazzo di situazione mi sono messo! Voglio di più! Cosa vuol dire di più? Che cavolo di sesso ha fatto questa? Calma, calma, calma. Come quando coperto di foglie e rametti, la faccia dipinta di nero, insegnavo ad attendere con pazienza il nemico.
- Devi spiegarti meglio Sara, non voglio che tu mi faccia delle confidenze che non ti senti di farmi, ma almeno spiegami cosa vuol dire per te essere poco esigenti.-
- Ecco, lo facevamo una, due volte al mese -
- A te bastava? Voglio dire…avresti voluto…Più attenzioni? -
- Prima sì, poi mi sono abituata, tanto non credo di essere proprio portata per il sesso, non ho mai avuto un orgasmo.-
- Ma hai avuto solo un fidanzato? -
- Sì -
- Non ti è passato per la mente che forse era lui che non ci sapeva fare? Ne hai mai parlato con le tue amiche? -
- No, mi vergognavo, continuavano a dire l’orgasmo qui, l’orgasmo là, pensavo di non avere tutte le “ cose ” a posto. In questo ultimo anno addirittura mi è proprio passato dalla mente.-
- Senti, ti ho promesso che non ti avrei toccata ed io le promesse le mantengo. Però tu non hai fatto promesse, voglio dire, se vuoi provare io sono qua, a tua disposizione. -
- Vuoi dire che dovrei essere io a…a prenderti ? -
- Esattamente -
Silenzio, nel totale silenzio sento le rotelline del suo cervello che girano a mille.
Non ho mai fatto una proposta del genere ad una donna. Devo essere pazzo. O innamorato. La sento muoversi verso di me, ansima, sta combattendo la paura, l’ammiro per questo.
La sua bocca è sul mio viso, va a tentoni nel buio. Mi bacia gli occhi, scende al naso e poi trova la mia bocca. Socchiudo le labbra, mi bacia esitante, non mi muovo, tendo un agguato alla sua lingua, se entra nel mio - territorio - la faccio prigioniera, ne ho il diritto!
Mi è salita sopra, altrimenti non ce la farebbe, sono troppo alto per lei. Adesso che si è messa comoda sul mio torace, la sua bocca può premere con forza sulla mia. Ecco finalmente la sua lingua cerca la mia. Sì piccola, ti aspettavo! Adesso sei mia prigioniera! Le mani non le posso muovere, ma la mia bocca ti terrà prigioniera…
Una serie di Mmmm, Mmmm, Mmmm, mi fanno capire che gradisce il trattamento. Le sue mani ai lati del mio viso mi tengono bloccato, mentre…accidenti! Si sta strusciando su di me! Darei non so cosa per sapere cosa indossa, non riesco a capirlo senza toccarla. Ma chissenefrega, basta che continui così!
Però una cosa riesco a percepirla. Non è proprio magra magra, mi sembra di sentire anche il rigonfiamento delle tette: qualcosa c’è.
A proposito di rigonfiamenti, lei si è praticamente messa a cavalcioni sul mio. Indosso i boxer, ma credo che lo senta bene lo stesso. Si blocca. Si stacca ansimando dalla mia bocca.
- Eros, quello che sento è il tuo…coso? -
Coso! Lo ha chiamato –coso-, meno male che non ha detto –pisellino- sarebbe stato umiliante.
- Si - La voce mi esce arrochita dal desiderio.
- Ma è grosso! -
- No, è… è proporzionato -
Cosa devo dirle, non è il momento di fare conversazione sulle dimensioni!
- Posso toccarlo? -
Me lo chiede con voce esitante e parecchio asmatica. Sto per fare un infarto. Anni di esercito e di palestra non mi hanno preparato a questo tipo di richiesta. Non capisco se mi desidera o è solamente curiosa. Vediamo cosa combina.
- Ok, ma con dolcezza.-
Scende dal mio torace, e allunga lievemente una mano lungo il mio stomaco, giù, sulla pancia e…più giù.
Non so se qualcuno ha già inventato questo tipo di tortura. Alla scuola militare non ce l’hanno insegnata. Ma funziona, puoi mandare fuori di testa uno sfiorandolo appena.
Cerco di pensare a qualcosa d’altro, anche a quelle virago che allena Davide, che normalmente mi eccitano come un ghiacciolo nel c…., ma non serve a niente. Con la mente vedo quella manina che mi tasta, mi sente, mi uccide!
- Sara, per favore, non sono fatto di legno! Se continui così viene…e non ho biancheria di ricambio. Non credo che la tua mi andrebbe bene, anche se hai le t-shirt di due taglie in
più! -
Tira via immediatamente la mano.
- Scusa, non volevo farti del male -
- Non mi stavi facendo male, mi stavi eccitando -
- Hai una ragazza? -
- Se ne avevo una non stavo qui stasera.-
- Hai avuto fidanzate? -
- No, solo qualche amica ogni tanto.-
- Fai sesso sicuro? -
- Certo, ci tengo alla pelle.-
- A me hanno fatto il test per l’AIDS. Sai, dopo che avevo graffiato quel bastardo. Per fortuna anche lui è risultato negativo. I miei poveri genitori, credevo che morissero dalla paura. -
Lo credo bene! Questi discorsi un risultato l’hanno avuto: si è ammosciato. Meglio così.
- Hai voglia di fare all’amore ? – Chiede Sara.
Me lo chiede adesso? Vorrei avere una frusta tra le mani…
- Ce li hai i preservativi ? Prendi la pillola? -
- No! -
- Allora non si fa niente. Dormiamo.-
Che cazzo di notte ho passato! Se lo sapevo non mi infilavo in questo cul-de-sac.
Lei alla fine si è addormentata avvinghiata a me, mentre io mi sono mentalmente rigirato tutta notte sperando che arrivasse presto mattina. Ma averla vicino, ascoltare il suo respiro era bellissimo. Forse potremmo scacciare a vicenda i nostri fantasmi.
Otto e cinque. Stiamo andando dal meccanico che si occuperà della sua auto. Abbiamo fatto colazione scambiando solo poche parole. Al risveglio Sara mi ha guardato imbarazzata. E lo è anche adesso qui in auto. Si stringe le mani nervosa. Cosa posso fare?
- Eros, mi dispiace tanto per stanotte, non era mia intenzione arrivare a toccarti in quel modo, mi sono lasciata andare. Scusa. E’ che ieri sera, quando la macchina non partiva ed ero sola nel parcheggio, mi è preso il terrore. Poi sei arrivato tu ed ero così felice che tu
fossi lì -
- Non preoccuparti, non è successo niente. Lo hai spesso l’incubo di cui mi hai
parlato? -
- Abbastanza -
- Da quando sei qui o anche prima? -
- Da quando sono qui da sola. Mia madre pensava che il fatto di avere mio cugino al piano di sopra mi avrebbe fatta sentire al sicuro, mica lo aveva capito che tipo era…-
- Senti, tu mi piaci, spero di piacerti un po’ anch’io. Se mi vuoi ancora nel tuo letto basta che tu me lo dica. Però devo avvisarti che porterò i preservativi. -
Gira di scatto la testa verso di me e mi scruta con i suoi occhioni dorati.
- Lo faresti davvero? Faresti davvero l’amore con me? -
- Mi sembra di averti dimostrato ieri sera quanto ti desideravo. E per te cos’era? Solo curiosità? Oppure sentivi qualcosa anche tu? -
- Non mi toccavi, pensavo non mi desiderassi -
- Te l’avevo detto che non ti avrei toccato. Se non mi dici quello che vuoi, come faccio a sapere se ti faccio vomitare o mi pianterai le unghie negli occhi? -
- Però mi hai baciata…in un modo…non sono mai stata baciata così -
- Vuoi che ti baci ancora? -
Diventa rossa ma la bocca si socchiude e gli occhi si illanguidiscono. Peccato che siamo nel cortile del meccanico.
Sono le sette e trenta di un venerdì sera piovoso.
Non ho più sentito Sara da quando l’ho lasciata davanti al meccanico. Le ho lasciato il mio numero di cellulare raccomandandole di chiamarmi se avesse avuto qualche problema.
Alle otto arrivano Raffaello e suo padre. Il suo angolino è sempre pronto, con il grosso tappeto e gli attrezzi con cui fa giocare il bambino. Quel piccolo mi fa tanta tenerezza. Ha otto anni e ne ha passato uno tra ospedali e riabilitazione. E’ rimasto indietro di un anno con la scuola e ha perso i compagni con cui giocava. La madre è quasi alla fine della gravidanza e fra poco non ce la farà più a portarlo a scuola con l’auto e andarlo poi a riprendere.
Suo padre dovrà chiedere un orario diverso al lavoro e con i tempi che corrono è un rischio, senza contare le ore che verrebbero a mancare alla busta paga. Lì in palestra si erano accordati perché pagasse la semplice iscrizione e Sara si faceva pagare pochissimo.
Li ricorda i bambini, in quei lettini miserabili, orrendamente mutilati per aver messo il piede su una mina mentre pascolavano le capre o estratti dalle macerie dopo un bombardamento.
Bambini con lo sguardo rassegnato assistiti da donne completamente coperte che solo dalle mani potevi capire se erano le madri o le nonne. Bambini dimenticati, qualcuno non aveva più nessuno al mondo.
Si metteva in tasca cioccolata o caramelle e quando poteva entrava in quella grande tenda-ospedale e distribuiva ai bambini quei dolci. Li prendevano, chi poteva ringraziava, ma lo sguardo era sempre diffidente. Lui era uno straniero a casa loro.
Ecco, ecco che ritorna l’odore del sangue, i lamenti disperati, l’agonia di chi ti sta vicino e non puoi fare niente per aiutarlo…
- Hei capo, cos’hai? Sei sbiancato, ti senti bene? -
Ignazio mi è davanti con la faccia preoccupata. Al suo fianco Sara mi sta osservando in silenzio. Non mi sono accorto del suo arrivo.
- Deve essere un calo degli zuccheri, non ho mangiato niente da mezzogiorno. Vado a prendermi una barretta.-
Spero di essere stato convincente.- Eros, vuoi venire a casa mia stasera? Ho cucinato la zuppa di pesce oggi pomeriggio, devo solo riscaldarla -
Mi guarda incerta ma speranzosa. Forse la mamma le ha insegnato come prendere gli uomini per la gola. Non mi importa, le direi di sì anche se mi facesse mangiare cibo cinese nel cartone.
- Mi piace la zuppa di pesce. Devo portarmi l’occorrente per dormire da te? -
Arrossisce, ha capito benissimo cosa intendo per –occorrente-. Ma tanto vale che chiarisca subito: non passerò un’altra notte come quella trascorsa con lei attaccata al mio corpo ed io a resistere alla tentazione di toccarla.
- OK -
Più telegrafico di così. Solo un OK per dire tutto. Mangi con me, dormi con me, fai l’amore con me. Non necessariamente in quest’ordine.
Non mi sono mai chiesto perchè le donne venivano a letto con me. Certamente per il sesso. Fino a che ero un militare certo non rappresentavo l’ideale del fidanzato-marito-padre, ero sempre fuori dall’Italia e potevo tornare per brevi periodi. Ma anche adesso, che la mia vita si è ridotta a casa e palestra, non riesco ad instaurare un rapporto continuativo con una donna, è come se da un momento all’altro dovessi rimettermi in spalla lo zaino prendere l’armamento e partire. Neanche quando ritorno dai miei genitori mi sento a casa.
E per Sara cosa sono? Spero di non essere solo lo spaventaincubi da mettere nel suo letto.
E se lei fosse il mio spaventaincubi?
Parcheggio il Land Rover sotto casa sua, dietro un’utilitaria con su scritto auto di cortesia.
Suono il campanello con la mano in cui reggo la bottiglia di Pinot grigio che mi sono portato. Il vino di ieri sera non sarebbe stato adatto al pesce. Non che sia un intenditore di vini, ma sono nato in campagna e il vino lo fanno i miei fratelli.
Nell’altra mano tengo una borsa da palestra con dentro le cose indispensabili.
Il portone si apre e salgo le scale. Scuoto la testa, va bene, mi piace, forse ne sono innamorato, ma non è che mi sto ficcando in un guaio?
Apre la porta e gli occhi mi schizzano fuori dalle orbite. Indossa un vestito, corto ben sopra il ginocchio, senza maniche. Una fantasia di colori nei toni dell’arancio e sabbia. Il corpetto, stretto in vita, mette in evidenza sia i seni che il sedere.
Per fortuna mi sono messo i miei jeans migliori e una camicia sportiva, altrimenti mi sarei sentito in imbarazzo.
Ci guardiamo, sembra che anche lei apprezzi il mio abbigliamento. Il suo sguardo si sofferma un attimo in più sul davanti dei miei jeans. Io invece guardo le sue tette modellate dal vestito. Una terza? Mi accontento.
- Vieni entra -
La voce le esce un po’ strozzata. La trovo erotica. Non ho fame di pesce, ho fame di lei e glielo dico con gli occhi. Sara si passa la lingua sulle labbra ed io non riesco a tenere a bada il mio desiderio che diventa evidente anche a lei.
Metto la bottiglia sulla mensola dell’ingresso e lascio cadere la borsa. Poso le mie mani ai lati del suo viso. E’ la prima volta che la tocco, una scarica elettrica si trasmette dal suo viso alle mie braccia e direttamente al cuore.
- Sara, non ce la faccio a mangiare pesce, io voglio mangiare te…ma non so come fare, per favore dimmi come posso toccarti -
Ma non aspetto una risposta. Mi avvicino lentamente e poso la mia bocca sulla sua. Geme, socchiude le labbra e mi lascia entrare. L’assaggio prudentemente per qualche secondo e poi non ce la faccio più e affondo la mia lingua cercando la sua. Le sue mani si muovono, sono sul mio torace, scendono verso la cintura dei pantaloni. Sento che armeggia forsennata: non mi sta slacciando la cintura, sta cavando la camicia dai jeans con metodi piuttosto rudi, spero non me la strappi, è una delle migliori.
Per fortuna inizia a sbottonarla, piuttosto nervosamente. L’aiuterei volentieri ma preferisco mantenere il contatto delle mie mani con il suo viso e la mia bocca sulla sua: che si arrangi a trovare la strada! E poi baciarla mi piace, le sue labbra sono morbide e la sua linguetta cerca di avvinghiarsi con la mia, ci lotta, succhia. Altro che una o due volte al mese! Io con questa farei all’amore due volte al giorno, no, accidenti, all’ora! Perché lo sento che Sara è calda, infuocata, ha voglia di fare sesso. Ma deve arrivarci da sola, con il suo ritmo.
Ha aperto la camicia e mi tasta il torace, infila le dita nel pelo, per fortuna corto, altrimenti me lo strapperebbe, e mi stringe a se mettendomi ambedue le mani dietro la schiena.
Ma non è sufficiente, ora vuole aprire anche la cintura. Non credo sarà il top dell’erotismo trovarmi con i pantaloni alle caviglie nell’entrata di un appartamento: meglio mettersi comodi.
Stacco a fatica la mia bocca dalla sua ( deve aver usato un lucidalabbra al vinavil ).
- Sara, cosa ne dici se ci mettiamo comodi sul letto? -
I suoi occhi sono vacui, sembra tornare da un altro pianeta, mi guarda e arrossisce.
- Scusa, ti ho invitato per cena e invece…-
- Sarò io la tua cena e tu sarai la mia, ci mangeremo a vicenda, però il gioco lo dovrai condurre tu. Solo che mi sembrava scomodo restare qui in piedi quando hai un bel letto morbido.-
Mi prende per mano e mi tira verso la sua camera. Ha un’aria risoluta come se volesse dimostrare a se stessa che ce la può fare. Spero di non essere un esperimento.
Sono vicino al suo letto, la camicia aperta come la cintura dei pantaloni. Attendo ostentando pazienza, dentro sono una fornace. Sara tiene la testa bassa e allunga la mano sulla cerniera dei jeans, la tira giù lentamente, si apre un varco e accarezza i boxer sopra la mia erezione.
- Ho paura, sei così grosso e il tuo sesso…non so nemmeno se è possibile…ma mi ecciti in una maniera incredibile e dopo tanto tempo provo la voglia di fare all’amore. Eppure quasi non ti conosco.-
- Sai che non ti farò mai del male -
- Ieri sera hai detto che avevi voglia di accarezzarmi. Vuoi ancora farlo? -
- Certo ma devi guidarmi. Devi dirmi se ti piace o no e i punti che ti piacciono di più e dirmi di fermarmi quando non ti piace.-
- Oddio sì, toccami ti prego! -
Da dove comincio? Dai capelli. E’ da tanto che voglio capire se sono così indisciplinati artificialmente o proprio di natura. Sono di un bel castano scuro, buccia di castagna direi, infilo dentro le dita di ambedue le mani: la sua testolina ci sta tutta. I capelli sono morbidi, niente lacca o gel, stanno ritti da soli, sarà perché sono incredibilmente folti. I miei non mi ricordo più come sono, li porto rasati da una vita. Chissà se anche a lei piacerebbe accarezzare i capelli di un uomo, glielo devo chiedere.
Metto ambedue i pollici sulle sue sopracciglia e ne ricalco il disegno: sono folte e scure, come le ciglia, adesso che le guardo bene. Le mie dita scendono sulla sua bocca e lei ansima e dischiude le labbra. Mi piacciono le sue labbra, da toccare e da baciare. Mi abbasso lentamente con la testa e la bacio, lei di nuovo si incolla, mantengo la posizione, in fondo sono un ex militare, mantenere le posizioni conquistate è il mio mestiere, ma c’è ancora tanto –territorio- da esplorare, da conquistare…
Sara ansima nella mia bocca ma non molla la presa.
Le mie mani scendono sulle sue spalle coperte dal vestito. Mi piacerebbe sollevarle la gonna, mettermela a cavalcioni e scoparmela contro il muro, senza neanche togliermi i pantaloni, ma è la prima volta e devo utilizzare la strategia dell’accerchiamento, non devo spaventarla, potrebbe sfuggirmi.
Trovo la cerniera e la tiro giù lentamente, fino in fondo, adesso posso far scivolare le spalline accarezzandole le braccia, magroline ma forti, si intuiscono i muscoli. Voglio che mi stringano.
- Metti le tue braccia attorno al mio collo, voglio sentirti. -
Non fiata ma esegue, da brava recluta. Perfetto, così posso scendere con le mani sulla sua schiena che si è allungata nel tentativo di arrivare alla mia altezza. La pelle tesa e liscia, le costole non sono troppo in evidenza, in fondo forma un delizioso arco prima di arrivare ai suoi glutei. Si agita tra le mie braccia e cerca di strusciarsi contro di me. Le slaccio il reggiseno, non glielo posso togliere perché ha le braccia sollevate, ma non fa niente. Metto le mie mani sul suo seno: niente male, sodo, morbido, caldo e…ce n’è abbastanza. Con i pollici trovo i capezzoli e li stimolo, aggiungo anche gli indici e li tiro un po’, stringendoli.
Sara mugola e si spinge ancora di più verso le mie mani: altro territorio conquistato. Finora non si è ritratta né lamentata. Bene. Posso scendere. Spingo ancora più in giù il suo vestito che penso sia scivolato a terra e mi dedico alle mutandine. Non porta tanga o roba simile ma culottes di pizzo: dopo le guarderò bene, ma ora le faccio scivolare lentamente giù, quel tanto che basta per poter afferrarle quel sederino tondo che ci sta tutto nelle mie mani, stringerlo e sollevarlo facendo aderire la sua “cosa” al mio “coso”. Così siamo pari!
Adesso sì che la sento! Sospira, mugola, ringhia, miagola…posso andare avanti.
Mentre con una mano le tengo il sedere all’altezza del mio inguine, infilo l’altra in mezzo alle sue gambe, alla ricerca del tesoro. Accidenti! E’ già bagnata!
- Sara, sto per prenderti, dimmi se lo desideri anche tu, ma per favore dimmi di sì altrimenti scoppio! -
Si stacca malvolentieri dalla mia bocca e mi guarda con occhi dilatati da drogata.
>
Me ne bastava uno.
Apro la bustina con le mani che tremano, lei si è rincollata alle mie labbra ma sento che trema, la sposto un po’ più in giù sulle mie gambe per mettere il preservativo e poi la attiro a me. Trema ancora. Le alzo il viso con ambedue le mani. Ha gli occhi chiusi, stretti.
Così non va bene, può anche immaginare che sia l’uomo del suo incubo che sta per prenderla.
- Apri gli occhi e guardami! - E’ un ordine.
Li spalanca immediatamente e li pianta nei miei. Brava la mia recluta!
- Voglio che tu sappia esattamente con chi stai facendo l’amore. Devi guardarmi mentre entro dentro di te, per sapere se ti piace o ti faccio male. Non abbassare gli occhi,
guardami! -
La sollevo e delicatamente appoggio il mio sesso al suo. E’ aperta, bagnata, cerco di scivolare dentro di lei il più lentamente possibile, ma sono al limite della resistenza, voglio affondarle dentro con forza, devo trattenermi. La guardo. La bocca socchiusa è tumida per i baci e mi sta guardando…meravigliata, come non lo avesse mai fatto. Posso morire per uno sguardo così. Oh sì, adesso sono tutto dentro di lei, la stringo, inizio a muovermi lentamente. Si aggrappa a me, alla mia schiena e asseconda i miei movimenti: le piace!
La sua pelle è umida ,sudata, come la mia del resto, mi muovo sempre più velocemente dentro di lei e voglio infilare anche la mia lingua dentro la sua bocca socchiusa.
La prende, me la succhia, si dimena furiosamente sulla mia erezione, si irrigidisce e…urla!
Un urlo potente, nella mia bocca, mi manda fuori di testa, stringo forsennatamente le sue natiche e affondo dentro di lei per perdermi completamente.
Paradiso. Sono arrivato in paradiso con questo esserino- niente-in-tutto che stringo tra le braccia. Non ce la faccio a staccarmi, lei invece sembra svenuta, senza forze. Stacco il suo volto dal mio torace: ha gli occhi chiusi.
- Sara, come ti senti? - Dovrei chiederle se le è piaciuto ma ho paura della risposta.
Mi guarda, mette a fuoco il mio volto e sorride ebete.
- Non pensavo fosse così, sono esausta ma ricomincerei subito! -
- Sono felice che ti sia piaciuto, è stato bellissimo anche per me. In quanto a ricominciare, devi prima nutrirmi a dovere, giusto per ricaricare le batterie. Le sorrido maliziosamente. Diventa rossa. Mi piace quando arrossisce.
Ci siamo fatti una doccia, insieme, strizzati nel suo box-doccia troppo piccolo per le mie dimensioni. La prossima volta la porterò a casa mia, la metterò nell’idromassaggio…
Strano, mi sento in pace, non sento più la voglia di frustare lei o qualcun altro, almeno in questo momento. Guardo con tenerezza la sua testolina modello pulcino bagnato e inizio ad asciugarla: mi piace prendermi cura di lei, proteggerla, e lei cucina bene…potrei portarla a casa mia e tenercela, dobbiamo solo imparare a conoscerci. Lei non avrebbe più paura di sognare il suo assalitore e i miei incubi forse potrebbero dileguarsi.
La sua zuppa di pesce è buonissima, ma ho una fame che mi mangerei anche il gatto. Che beninteso lei non ha.
Ogni tanto la sorprendo mentre mi sbircia da sotto le lunghe ciglia. Le verso il vino, le piace, ne beve un bicchiere e alla fine del pasto ha un bel color rosato su tutto il viso.
- Non mi hai detto se le mie carezze ti piacevano, se ti toccavo in maniera troppo rude oppure ho –saltato- qualche punto dove invece avevi voglia che ti toccassi -
Scrolla la testa come se non credesse che si potessero fare certe domande.
- Non avevo mai fatto niente del genere. Era il mio primo orgasmo. Dammi tempo per capire, adesso mi sento ancora sulle nuvole.- Mi sorride.
- Vuoi che dorma qui stanotte? Che faccia ancora l’amore con te? -
- Sì a tutte e due le domande, ma stavolta ti voglio nudo..-
Sì, mia piccola recluta, stasera comandi tu, verrò nel tuo letto nudo e naturalmente lo sarai anche tu, ti stringerò tutta la notte tra le mie braccia e ti accarezzerò dolcemente per addormentarti.
Perché mi sono innamorato di te.
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Titolo:Io e Valentina
Autori: Cesarina Venturini e GM
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Io sono un sadico. So di essere un sadico! Me ne sono reso conto da tempo. Non che abbia mai frustato, legato, bendato, imbavagliato ecc...una donna, questo no ! Semmai un uomo. Di quelli ne ho legato abbastanza. D’altronde ero un militare! Era normale. I prigionieri si dovevano legare, qualche volta bendare…ma solo questo. Quattro missioni all’estero come istruttore. Insegnavo a sparare, la difesa personale, i trucchi per sopravvivere ai limiti … E duri allenamenti. Il mio fisico mi assisteva. Sono sempre stato robusto, fin da piccolo, ma crescendo sono diventato quello che sono. I miei genitori mi hanno indirizzato verso lo sport fin da piccolo, anche se non erano proprio coerenti, nel senso che mi iscrivevano a qualunque corso gratis o patrocinato dalle scuole che capitava. A casa c’erano pochi soldi e tanta buona volontà.
Così ho fatto i corsi di nuoto, tennis, calcio, yoga, ballo, ( non è uno sport ma l’ho trovato parecchio faticoso ) Rugby ( e qui andavo alla grande ) e sci.
Poi è arrivato il momento di fare il militare. E naturalmente finii nella squadra sportiva dell’esercito. Ma siccome ero bravo anche con le armi, in virtù del fatto che a diciotto anni ero alto un metro e ottantasei e pesavo cento chili ( tutti muscoli ), qualcuno mi notò e finii in una squadra speciale. Mi ci trovai bene e feci la firma. D’altronde, cosa facevo a casa? Il diploma di elettrotecnico che avevo preso non mi avrebbe garantito un lavoro. Mi garantì invece, una certa abilità nel costruire e disinnescare ordigni.
Poi mi chiesero se volevo partecipare ad una missione all’estero. Non avevo legami, niente fidanzate per intenderci, i miei genitori erano impegnati a crescere i fratelli che erano nati dopo di me e oramai erano abituati alle mie assenze, per cui dissi sì.
Non era male. C’era azione, spostamenti, posti che non avrei mai visto da civile.
Alle volte dovevo addestrare alle armi un’accozzaglia di straccioni che non capivano un cazzo di quello che dicevo, allora abbaiavo ordini, forte del fatto che ero arrivato a un metro e novanta e pesavo centodieci chili, e quelli saltavano come grilli e in pochissimo tempo imparavano ad usare le armi, schivare mine, fare agguati e cercare di restare vivi. Qualcuno si era sparato sul piede ma pazienza: non tutte le ciambelle riescono con il buco.
Di donne se ne vedevano poche, quelle locali non si potevano toccare per non creare incidenti diplomatici. Ma via via, ho - conosciuto - crocerossine, infermiere, qualche soldatessa. Non sono mai andato a puttane e di questo andavo orgoglioso: meglio la qualità che la quantità.
Insomma, non ci stavo male. Dopo la prima missione mi hanno chiesto di farne delle altre ed ho accettato. Altre tre. Gli anni passavano, ormai avevo tanto di gradi e una buona dose di rispetto da parte di commilitoni e superiori e siccome l’abito fa il monaco, cuccavo anche meglio.
Poi arrivò quel maledetto giorno. Avevo da poco compiuto trentatre anni quando tutte le mie sicurezze svanirono, quando quel maledetto camion pieno di tritolo piombò sulla caserma. Eravamo nel pieno di un addestramento, il cortile era pieno di ragazzi. Ci ho messo giorni a capire che ero vivo, che tutto il sangue che avevo addosso non era mio, che dalla divisa staccavo i pezzi di carne di quelli che intorno a me non avevano avuto fortuna. E furono tanti. Rimpatriarono quello che restava degli Italiani e agli altri pensarono i loro compagni di fede. In pratica fecero un’unica buca dove gettarono i miseri resti. Per molti feriti fu peggio essere rimasti vivi.
Passai poco tempo all’ospedale per le ferite del corpo, ma per quelle dell’anima non c’era rimedio. Fui congedato. Che fare della mia vita?
Certo avevo messo da parte un bel gruzzolo, potevo inventarmi un lavoro. Mi venne incontro uno che avevo conosciuto anni prima, quando ero ancora nella squadra sportiva dell’esercito, e aprimmo la nostra palestra.
Io alleno i veri sportivi, lui si occupa quasi solo di signore che vogliono restare in forma. Se ne occupa in tutti i sensi…proprio tutti! Il porco monta come un riccio.
Chiedo scusa agli animali in questione.
A me non interessa, alleno fior di atleti che mi danno le mie soddisfazioni e prestigio alla palestra. Ma i soldi, quelli sonanti, arrivavano da quelle signore che il mio socio solertemente scopa.
Quello che mi manda in bestia è il loro abbigliamento: leggings così attillati che si infilano nelle chiappe dando l’impressione che non indossino mutande, short così corti da mettere in vista gran parte delle suddette chiappe, T-shirt scollacciate e top che sparano le tette sotto la gola. Come dico, non me ne potrebbe fregare di meno, se non che molte di queste - signore - fanno commenti a viso aperto e senza vergogna sul mio - pacco-, la potenza dei miei muscoli, la resistenza che potrei avere a letto…e amenità del genere. Ecco, io sono un sadico.
Le guardo e immagino di frustarle mentre corrono sul tapis roulant, giusto per farle correre un tantino di più, prenderle a cinghiate mentre sono stese sulla panca e si sforzano di rassodare i glutei molli. E poi appenderle per i pollici…da qualche parte, il posto lo trovo. Ma non qualche leggera frustatina, stile cinquanta sfumature di grigio,per intendersi.
No !.
A me piacerebbe usare la mia forza, vedere righe e strisce rosse, magari sanguinolente, mi piacerebbe sentirle urlare, vederle perdere quella malizia. E perché no? Magari farle correre per cinquanta giri intorno alla palestra, finché non diventano viola dalla fatica.
-Eros, ti ho portato mia cugina Sara. La devi allenare tu, io sono pieno e non ho più posto…-
Guardo il mio socio per vedere se ha bevuto, lui mi strizza l’occhio per dirmi - ne parliamo dopo -.
E poi guardo Sara. Allenarla per cosa? La corsa nei sacchi? Racchette e volano? Birilli? Cosa si può ricavare da quella - cosa - che lui chiama cugina?
Sarà alta sì e no un metro e sessanta, un faccino con due occhioni che mi guardano terrorizzati, una testolina di capelli indisciplinati e il resto? Boooh! Il resto è totalmente coperto da una T-shirt bianca di due misure più grande e un paio di pantaloni blu scuro, larghi. Scarpe da ginnastica bianche. Dalla misura delle scarpe e dalle mani, deduco che sotto non ci deve essere un granché. Nemmeno ci sarebbe soddisfazione a frustarla!
Le tendo la mano cortesemente: - Ciao Sara, non sapevo che Davide avesse una cugina…cosa ti piacerebbe fare? -
Bu…buo..ongiorno signore, non lo so, ci pensi lei…-
Io penso di strozzare Davide e glielo dico con gli occhi.
Lui è dietro Sara. Mi guarda con uno sguardo avvilito del tipo - che ci posso fare, è una parente! -
Cerco di rimettere la modalità gentile. Vado nel ripostiglio ed esco con una corda per saltare.
Senti Sara, prima vediamo quanto fiato hai, poi decidiamo insieme il tipo di allenamento. Sai saltare la corda? -
- Certo che so saltare la corda! -
Mi guarda, sembra divertita.
- Bene, allora incomincia a saltare e conta quanti salti fai in cinque minuti. L’orologio è là di fronte, io intanto vado a parlare con il mio socio un attimo. -
Metto nelle mani di Sara la corda con la quale strangolerei volentieri Davide, lo prendo per un braccio e lo trascino in ufficio.
-Perché cazzo me l’hai portata? -
- Mia zia si è trasferita nell’appartamento sotto il mio la settimana scorsa ed io me la ritrovo sempre tra i piedi. Mi ha detto che Sara è abituata ad andare in palestra, praticamente mi ha imposto di tirarmela dietro! -
- E allora? Te la puoi tenere tu! Alleno solo atleti, che me ne faccio di quel mucchietto d’ossa? -
- Non posso tenerla con me! Lo sai che mi - occupo - di quelle signore là fuori! Non è stupida, capirebbe subito. E lo andrebbe subito a riferire a sua madre, ed io mi ritroverei tra i piedi anche i miei genitori. Mi hanno lasciato l’appartamento e sono tornati a vivere al paese. Addio libertà. -
- Non me ne frega niente dei tuoi casini, risolvi il problema o ti demolisco la cuginetta. Andrà a casa così stanca che tua zia ti prenderà a calci in culo!
Esco dall’ufficio incazzato nero. Entro nella palestra e mi fermo di botto. Sara sta facendo girare la corda ad un ritmo impressionante e salta. I suoi piedini si alzano appena da terra così velocemente che sembra che non li posi mai. Non è stanca e non suda. Fresca e rilassata gira braccia e mani lievemente, come ali di farfalla.
Gli atleti le stanno attorno e la guardano ammirati .
- Hei, Eros, dove l’hai trovato questo uccellino, se muove un altro po’ le braccia spicca il volo! -
Ignazio è un buon pesista, ha vinto diverse gare e si prepara per le selezioni delle olimpiadi.
Una montagna di muscoli, sembra affascinato da Sara.
Lei continua imperterrita, i cinque minuti sono passati. E’ meglio se non le chiedo quanti giri ha fatto per non mettere in imbarazzo i miei atleti.
- Bene Sara, vedo che hai fatto palestra, per cosa ti piacerebbe allenarti? Quali sport
preferisci? -
Lei mi guarda, ha ripreso la padronanza di se, non la spavento più. Bene, posso frustarla un po’, anche se non è una stronza.
- Facevo roccia, parapendio e paracadutismo. Ma ora che ho finito l’università devo trovarmi un lavoro e vedrò quanto tempo mi resta per questi sport -
Sono stecchito. Intanto ha una laurea per cui non è proprio una ragazzina, poi nemmeno suo cugino sapeva niente altrimenti me l’avrebbe detto, infine non saprei come allenarla visto che non ho mai fatto nessuno di questi sport.
- Che laurea hai Sara? -
- Ho una laurea magistrale in Scienze motorie e sportive a Bologna -
- Ma quanti anni hai? -
- Ventisei perché? -
- Sembri una ragazzina! -
- E tu quanti anni hai? -
E’ passata al tu, non è sfrontata, solo curiosa.
- Trentacinque -
- Te ne davo di più, sembri…un uomo! -
- Onestamente credo di essere un uomo! -
- Prima mi avevi spaventata! Sembravi un sergente! -
- Veramente mi hanno congedato come tenente colonnello -
- Eri davvero un militare? Perché ti hanno congedato? -
L’incubo del sangue mi si para davanti, i brandelli di carne da staccare dalla mia divisa… mi volto e la lascio lì.
Adesso ho voglia di frustarla, forte, farla urlare, che ne sa lei di tutto quel sangue…
Io sono un sadico 3
I giorni passano e Sara è sempre lì. Viene con la sua auto, sempre alla stessa ora, alla sera. Durante il giorno fa colloqui di lavoro, cerca lavoro e una miriade di lavoretti che le procurano qualche soldo.
Questo lo so dagli altri atleti che alleno, perché dopo che le ho detto chiaro e tondo che di arrampicate, parapendio e paracadutismo non sapevo quasi niente ed era meglio rivolgersi altrove, non ci siamo più parlati. Giusto un educato – buonasera -.
Così lei si allena come ha sempre fatto, d’altronde non devo insegnarle niente, si muove con competenza. Dimostra una straordinaria elasticità e resistenza fisica. Ha fatto amicizia soprattutto con Ignazio che la prende in giro chiamandola – scricciolo - e lei ride, con una bocca a cuore piena di denti bianchi e scrolla la testolina di capelli indisciplinati.
Ignazio ha vent’anni, energia da vendere, si impegna molto ma non è agile. Nei rari momenti di relax giocano come bambini . Lui cerca di acchiapparla e lei gli scivola dalle grandi mani come una sciarpa di seta, si sposta agile come una gatta mentre lui fatica, non è fluido nei movimenti. La sto guardando ormai da diversi giorni e mi sono accorto che Sara lo fa apposta. Cerca con il gioco di indurre Ignazio a fare certi movimenti con il corpo che altrimenti non farebbe con il normale allenamento. Ho notato che ora gira su se stesso con maggior fluidità. Dal punto di vista dell’allenamento per i pesi non serve a niente, ma per il suo giovane corpo significa molto e perde un po’ dell’aria da gorilla che spesso sfoggia.
Penso che per frustarla devo prima legarla, altrimenti potrei rincorrerla inutilmente per settimane. Ma è solo un esercizio mentale, in realtà non ho proprio voglia di frustarla…solo di spogliarla, giusto per vedere cosa si cela sotto quei vestiti di due taglie in più.
Ho parlato con Davide. Lui non sa niente, né di laurea, né degli originali sport che lei pratica. Prima che si trasferisse nell’appartamento sotto il suo, avevano avuto solo incontri sporadici e prima che lui entrasse nel centro sportivo dell’esercito. Poi non si erano più visti, anche perché lei viveva a Bologna dove si era trasferita la famiglia per lavoro.
E poi è successo, perché le cose succedono, è il destino.
L’uomo è entrato nella palestra spingendo una carrozzina per disabili. Dentro un bambino di età indefinita,dall’aria ostinata e smarrita, magro e pallido.
Gli sono andato incontro pensando cercasse qualcuno. Mi chiede se potevamo parlare da soli. Lì per lì non sapevo a chi chiedere per tenere compagnia al bambino mentre parlavo con il padre, Sara si è fatta avanti spontaneamente, ha incominciato a parlare con il bambino con quella fluidità e naturalezza che mette in tutte le cose che fa.
Accompagno l’uomo in ufficio, calcolo che ha poco più della mia età ma sembra invecchiato anzitempo, ha molti capelli bianchi. Mi presento.
- Mi chiamo Eros Ferrari. Dirigo la palestra con il mio socio. In cosa posso esserle
utile? -
- Io mi chiamo Giordano Riva, quello lì fuori è mio figlio Raffaello. L’anno scorso è stato investito da un’auto, mentre era in bicicletta. E’ rimasto in coma un mese. Aveva fratture in tutto il corpo e un grosso ematoma nel cervello. I medici hanno fatto il possibile, ma dopo sei mesi non camminava. Ha fatto tanta riabilitazione nei centri specialistici ma non c’è stato niente da fare. Sembra che qualcosa non vada nel suo cervello, non riesce a stare in equilibrio sulle sue gambe. L’hanno mandato a casa su una sedia a rotelle dicendoci che doveva continuare a fare ginnastica. Io vado a lavorare e mia moglie è incinta. Non abbiamo tanto tempo e la vostra è la palestra più vicina. -
Ho la pelle d’oca. Cosa gli dico a questo?
- Mi dispiace signor Riva, questa palestra non è attrezzata per la riabilitazione. Io alleno atleti e il mio socio si occupa di signore che vogliono tenersi in forma. Non abbiamo nessuna formazione per i casi come quello di suo figlio. Mi dispiace. -
L’uomo sembra afflosciarsi. Ma cosa posso fare, raccontargli bugie?
Usciamo dall’ufficio ed entriamo in palestra, qualcuno ride.
Sara sta facendo provare dei piccoli manubri colorati a Raffaello. Non pesano molto. Lei gli mostra come farli girare tra le dita e poi insieme guardano Ignazio che si allena con dei pesi enormi e, per far ridere il bambino fa delle smorfie di finto dolore, accompagnandole con rumori osceni. Il bambino ride.
- Chi è quella ragazza? - Mormora Riva.
- Si chiama Sara, ha una laurea magistrale in scienze motorie e sportive. -
- Lavora qui? -
- No, si allena, pratica diversi sport -
- Che lavoro fa? -
- E’ appena uscita dall’università. Sta ancora cercando lavoro -
Riva sembra riprendersi dalla delusione di prima, rialza le spalle e si dirige dritto verso Sara.
Le porge la mano.
- Buonasera, mi chiamo Giordano Riva e sono il papà di Raffaello. Vedo che avete fatto amicizia. Ti stai divertendo Raffaello? -
- Si, quello scemo lì fa certe facce…ma solleva dei pesi grandissimi, pensa che si sta allenando per le olimpiadi! -
Intanto Riva stringe la mano di Sara.
- Ti piacerebbe che fosse Sara a farti fare ginnastica? -
Il bambino riprende l’aria ostinata.
- Per quello che serve…-
Risponde demoralizzato.
Sara guarda il padre e nota la piega amara della sua bocca e poi guarda il bambino, stessa piega amara.
- Senti Raffaello, se invece giocassimo? Io conosco un sacco di giochi divertenti, vedi quello sgabuzzino? Tu non sai quante cose strane tengono chiuse là dentro! Se vieni qui alla sera andiamo insieme alla scoperta! -
- Davvero? Come la caccia al tesoro? Non è che quel bestione che c’è lì dietro ci
sgrida? - Sussurra a Sara.
Sara mi guarda, una richiesta muta nei suoi occhioni nocciola. Annuisco con la testa.
Lei mi sorride felice. Come posso frustarla quando mi guarda così?
Adesso abbiamo anche la mascotte. Raffaello viene cinque giorni alla settimana e Sara si occupa di lui. Ho scoperto che abita con la famiglia a duecento metri dalla palestra, quando il tempo è buono vengono a piedi. Il padre si è iscritto ed è uno dei pochi uomini che hanno il coraggio di fare ginnastica con le virago che allena Davide.
Già, Davide, ha fatto il diavolo a quattro quando ho accettato Raffaello in palestra, sembrava che la presenza di un bambino sulla sedia a rotelle influenzasse negativamente l’umore gaudioso delle sue oche giulive.
Gli ho detto che Raffaello sarebbe rimasto con me, lui ha scrollato le spalle ed è tornato dalla sua carne da frusta.
Solo che adesso ho voglia di frustare anche lui. Sulle palle.
Nelle sere che Raffaello fa ginnastica Sara si trasforma. E trasforma l’angolo di palestra che le ho lasciato libero. Mette il tappeto grosso, per parare eventuali cadute e poi inizia una serie di giochi che fanno fare al bambino i movimenti che gli servono. Lui non se ne accorge nemmeno, continua a giocare, steso sulla schiena o seduto e ride spesso. Qualche volta giocano alla lotta e devo frenare l’entusiasmo di Ignazio che vorrebbe partecipare: non si rende nemmeno conto della forza che ha, li schiaccerebbe.
Nello sgabuzzino Sara ha trovato anche le FITBALL con base circolare e la pompa per gonfiarle. Adesso Raffaello e Sara giocano con queste. Ho notato che ora riesce a salirci sopra da solo e cerca con tutti i mezzi di restarci. Se lui cade (sul tappeto naturalmente ) Sara fa finta di cadere, poi si rialza e mostra al bambino la maniera giusta per fare altrettanto, e ridono.
Naturalmente ci ha provato anche Ignazio e una palla l’ha scoppiata.
Potrei frustare anche Ignazio ma temo di attirarmi le ire della protezione animali.
Sono passati tre mesi dall’arrivo di Sara e due da quello di Raffaello. E’ strano, mi sembra siano la mia famiglia. Sara mi sorride e Raffaello la imita e mi sorride anche lui. Non sono più un bestione.
Stasera ho fatto tardi. Due dei miei atleti si stanno preparando per la maratona di New York, Ignazio ha le finali regionali, ed è incominciata la pre-sciistica.
Sono stanco, faccio la doccia, chiudo e vado a casa. Davide naturalmente è sparito da un pezzo con una delle sue galline, figurati!
Mi spoglio nudo, prendo asciugamano e docciaschiuma , vado sotto una bella doccia tiepida che dovrebbe lavare via la fatica. Stasera non ho nemmeno mangiato: di solito mi ritaglio il tempo per un panino, ma stasera non ce l’ho fatta. Ho fame.
Esco nudo dalla doccia e mi ricordo che ho lasciato una scorta di barrette energetiche nell’ufficio, devo attraversare la palestra, ma chissenefrega, sono solo.
No, non sono solo! Due occhioni nocciola mi fissano. Sorpresi? Terrorizzati? Incantati?
Non lo so, non ho niente per coprirmi per cui tocca a lei voltarsi se il panorama non le piace.
Sara si colora in viso con la velocità con cui un semaforo diventa rosso. Ma non si volta. Tiene lo sguardo puntato sulla parte superiore del mio corpo.
- Giri sempre nudo? -
- Come mai sei ancora qui? - La accuso.
- Ho fatto tardi, sono appena uscita dalla doccia…-
Ah già, si è cambiata, pressappoco, indossa sempre indumenti troppo larghi.
- Perché indossi sempre due taglie in più? - Non sarebbe proprio il momento di essere curiosi…
- Perché sto comoda. -
- Bene, allora che cosa vuoi fare? Ti volti e te ne vai o stai qui a guardare anche il mio lato B?-
Sbianca. Arretra. Si volta e si allontana a testa alta, con la massima dignità che la circostanza richiede. Sbuffo. Frustarla un pochino? Solo pochino pochino…
Deve essere la fame…
Divoro due barrette. Di solito le consiglio agli altri, a me fanno schifo, ma ho veramente fame. Meglio che niente.
Mi rivesto in un attimo, esco dalla palestra e chiudo la porta. Il rumore di un motore ingolfato mi fa voltare. E’ l’utilitaria di Sara. Lei riprova a mettere in moto ma il motore ogni volta si spegne dopo gemiti e gorgoglii.
Cazzo! Mi sa che stasera non mangio!
Mi avvicino rassegnato. Sara apre il finestrino con un’aria desolata.
- Hai messo la benzina? - Chiedo acido.
- Certo, non sono scema! - Altrettanto acida.
- Scendi, fammi provare -
- Perché, fai anche il meccanico? -
- Ti sembrerà strano ma quindici anni nell’esercito mi hanno insegnato molte cose -
Esce e mi cede il posto. Non ci entro, devo mandare indietro tutto il sedile. Provo a mettere in moto. Il rumore è uguale a quello di prima. La batteria funziona. E’ il filtro sporco.
Queste macchinette cino-giappo-coreane, vanno a benzina pulitissima. Se c’è qualche impurità o acqua, addio filtro.
Nell’esercito avevamo fuoristrada che digerivano anche il petrolio: queste no, troppo sofisticate, ci vuole il meccanico.
- Ok, chiudi la macchina, ti porto a casa io -
- Non puoi fare niente? -
- Si, posso portarti dal meccanico domani mattina. -
- Accidenti, chissà quanto mi costa! -
- Non preoccuparti, lo tengo d’occhio io…il conto...-
Sara mi guarda strano, le apro la portiera del mio fuoristrada Land Rover. Non ha la pedana, ma sale agilmente. Lì sopra sembra ancora più piccola. Non serve che mi dia l’indirizzo,so dove abita Davide.
La palazzina ha otto appartamenti, tutti proprietari, nessun inquilino. Avrà vent’anni, tenuta bene, giardino e box auto. Parcheggio, scendo, e vado ad aprire la portiera a Sara. Non è un gesto galante: piccola com’è temo che mi caschi dall’auto. E’ solo una scusa, ho solo voglia di toccarla…il tipo di fame è cambiato…
- Grazie per il passaggio….-
- Prego. A che ora vuoi che passi domani mattina per andare dal meccanico? -
- Alle otto va bene? -
- Benissimo, la palestra apre alle nove…-
- Vuoi salire a…a…bere qualcosa? -
- Veramente ho fame, non ho cenato…-
- Neanch’io ho mangiato. Ho dell’arrosto con le patate già pronto…-
- Sarebbe eccezionale, io non ho niente di pronto. Ma tua madre? Come la prende se porti a casa un uomo? -
- I miei genitori sono a Bologna…io sono qui da sola -
- Davide mi ha detto che c’era anche sua zia…-
- Sì, mi ha aiutato a sistemarmi ma ora è tornata a Bologna, lavora e si era presa una settimana di ferie…-
- Va bene, vengo, ho proprio fame…-
Allungo le mani per prenderla e lei si ritrae, per un attimo passa il terrore nei suoi occhi. Accidenti, ha paura. Di me o degli uomini in generale? Rimango a guardarla mentre scende dall’auto con disinvoltura. Ma adesso siamo ambedue un po’ imbarazzati.
Io sono un sadico 4
L’appartamento è carino, non tanto grande, arredato semplicemente ma con gusto.
- Come mai i tuoi hanno questo appartamento? E Daniele quello sopra?
- La mamma di Daniele e mio padre sono fratelli. Quando costruirono questa palazzina acquistarono un appartamento ciascuno. Loro sono rimasti qui fino alla pensione, mentre mio padre fu trasferito a Bologna. Dopo…insomma, hanno ceduto l’appartamento a me e mi sono trasferita qui. -
- Perché non sei rimasta a Bologna? Con la tua laurea avevi più possibilità di lavoro.-
Sara sta apparecchiando la tavola, va a controllare che l’arrosto non bruci e non risponde.
Dopo un’infinità di tempo dice semplicemente: - Mi trovo meglio qui. -
Non sono scemo, non mi dice la verità. Cosa ha lasciato a Bologna? Una storia d’amore finita male? Un ex diventato stalker ? La ragazza mi nasconde la verità. Potrei frustarla e farmi dire tutto, ma non è il momento opportuno: ho fame e il profumo dell’arrosto è invitante.
Sara mette in tavola. Guardo la teglia, c’è davvero tanto cibo per una persona sola.
- Cucini sempre per un battaglione o hai spesso ospiti a cena? -
- Me lo ha mandato mia madre, ha paura che muoia di fame. Ho deciso di cucinarlo tutto e poi mettere le porzioni nel freezer, cosi basta riscaldarle quando ho fame. Non ho mai ospiti, tu sei il primo -
Mi mette nel piatto una porzione decisamente abbondante, beninteso non mi dispiace. Nel suo ne mette molto meno.
- Ho una bottiglia di Valpolicella, vuoi che la apra? -
- Tu ne bevi un po’? -
- Per me sola non la apro, ma se ne bevi un po’ anche tu …-
Non è un granché brava ad aprirla, le do una mano. Mezzo bicchiere per lei, uno per me. Buono,con l’arrosto ci sta.
Ma adesso sono curioso. Certo mi ha invitato per riconoscenza, per via dell’auto, ma ci deve essere qualcosa d’altro. Non è che è stato perché mi ha visto nudo? Quando ho provato ad aiutarla a scendere dall’auto si era ritratta, spaventata. Sono io che la spavento?
- Sara, posso farti una domanda personale? -
Mi guarda diffidente, si è irrigidita, devo andare con calma.
- Cosa vuoi chiedermi? -
- Sono io che ti spavento o sono gli uomini in generale? -
Mi lancia un’occhiata e dopo abbassa la testa. Una ragazza singolare, sa ridere e scherzare con Ignazio, è competente e dolce con Raffaello, indifferente con suo cugino e poi , con gli sport che fa, deve avere a che fare con uomini o ragazzi, non sono molte le ragazze che praticano arrampicata, parapendio e paracadutismo. Eppure adesso…
- All’inizio mi hai spaventata, poi ho capito che potevo fidarmi…-
- Già, poi stasera mi hai visto nudo e hai cambiato idea…-
Diventa rossa ma sorride.
- Se non mi fidassi di te adesso non saresti qui a mangiare con me.-
- Grazie per l’invito, l’arrosto era buonissimo, il vino anche, passerò domattina a
prenderti -
Ha alzato di scatto la testa, mi guarda a bocca aperta.
- Te ne stai andando? - Delusa?
- Se ti fa piacere resto ancora un po’-
- Mi piacerebbe se restassi ancora un po’.-
- Allora ricominciamo da capo. Ti fidi di me, questo va bene, non sei svenuta quando mi hai visto nudo, bene anche questo…eppure sei rigida. Esclusi Ignazio e Raffaello, con cui ridi e scherzi, gli altri, compreso io, li tieni a distanza. Sei andata via da una città dove hai passato la maggior parte della tua vita, dove hai studiato, dove hai i genitori e sei venuta qui, dove a parte quel puttaniere di tuo cugino non conosci nessuno. Perché? Che casini hai lasciato a Bologna? –
La guardo pacato e calmo, lo stesso sguardo che usavo negli interrogatori dei militari che avevano sgarrato.
- Eri nella polizia militare? Vuoi fare indagini su di me? -
- Negativo a entrambe le domande. Voglio solo conoscerti. -
- Perché? -
- Perché mi piaci. -
Sara scuote la testa, però mi guarda. Solo che non riesco a decifrare il suo sguardo…confuso? Arrabbiato?
- Certo che sei un bel tipo. Presumo che tu sia anche ostinato e non molli l’osso.
Va bene, vuoi la verità? L’anno scorso, alla vigilia degli ultimi esami, sono uscita con un gruppo di compagni di corso per festeggiare il - quasi traguardo -. Era una bella serata estiva, ci stavamo divertendo e abbiamo bevuto un po’. Per smaltire la sbronza io e una mia compagna abbiamo deciso di tornare a casa a piedi. L’ho salutata davanti al suo portone, io avevo solo cento metri di strada per arrivare a casa. Erano le quattro del mattino. Quell’uomo è sbucato dal nulla. Era alto, grosso e puzzava di liquore, italiano.
Mi è saltato addosso, non ero preparata a quell’attacco, mi ha spinta dentro un portone e mi ha messo una mano sulla bocca e poi…ha iniziato a palparmi, dappertutto.
Ho scalciato, gli ho piantato le unghie nelle mani e quello ha incominciato a urlare
- puttana, la dai a tutti e con me fai la schizzinosa, sei una troia, adesso ti insegno io ad obbedire - E poi è andato avanti a urlare insulti, mentre mi strappava i vestiti di dosso. Picchiava, picchiava forte ma mi aveva levato la mano dalla bocca così potevo urlare.
Gli ho graffiato la faccia, finché non ho trovato gli occhi. Si è messo le mani davanti per difendersi ed io sono scappata urlando. Per fortuna qualcuno ha acceso le luci. La chiave del portone l’avevo nella borsetta che non sapevo dove fosse finita. Anche il cellulare era nella borsetta. Non sapevo come rientrare a casa. Mi sono nascosta dietro i cassonetti vicino a casa e sono stata immobile, quasi non respiravo, per più di un’ora. Una guardia notturna, chiamata dagli abitanti, aveva trovato la mia borsetta. Era sporca di sangue. Ha chiamato la polizia. Sul cellulare hanno trovato “ mamma papà ” e hanno chiamato i miei. Quando ho sentito mia madre urlare il mio nome sono uscita. Nemmeno i miei genitori mi hanno riconosciuta, ero un mostro. Sono stata all’ospedale quattro giorni, per fortuna non avevo fratture ma solo ematomi. Dall’esame del sangue e della pelle che avevo sotto le unghie, sono risaliti al mio aggressore. Era schedato.
Il peggio è arrivato dopo. Gli incubi notturni e la paura di uscire di casa. Mia madre o mio padre mi accompagnavano all’università per gli esami. Il resto del tempo lo passavo in camera mia a studiare. Nemmeno la festa della laurea ho fatto, non potevo uscire dalla paura. Mi hanno portato da una psicologa, ho cercato di seguire i suoi consigli, ma non c’era niente da fare: arrivavo alla soglia di casa e lì mi bloccavo. Solamente accompagnata da mio padre o mia madre riuscivo ad uscire…e poi…mi sono accorta del terrore che provavo quando per strada incrociavo uomini grandi e grossi e la nausea che sentivo nello stomaco se si avvicinavano. Un anno di terapia. La psicologa mi ha fatto iscrivere ad una palestra, per rafforzare la stima in me stessa e per abituarmi ad incrociare uomini senza vomitare. Ma riuscii ad andarci solo nascondendo il mio corpo in vestiti larghi e quando mi garantirono un’istruttrice femmina. Penso abbia fatto più lei che la psicologa. Piano piano sono riuscita ad andarci da sola, con la mia auto, e a relazionarmi anche con uomini ma…non sopporto che mi tocchino. Ce la faccio con Ignazio che è un bambinone senza malizia e naturalmente con Raffaello ma…mi si rivolta lo stomaco se un uomo cerca di toccarmi. Anche tu. Ho imparato a conoscerti, so che non mi faresti del male ma ho ancora paura. Volevi la verità ? Ecco, ora che la sai, ti senti meglio? -
Meglio? Adesso vorrei avere qui davanti il tizio che le ha fatto del male per frustarlo fino a levargli la pelle. Devo scacciare a forza l’immagine della mia divisa piena di sangue, dei brandelli di carne da staccare…per loro non ho potuto fare niente, forse con lei…
La mia piccola indifesa bambina. Un’ondata di tenerezza mi investe come un vento caldo e il mio cuore sembra allargarsi, espandersi. Mi piacerebbe accarezzare la sua testolina di capelli indisciplinati ma mi trattengo. Fiducia. Un passo alla volta.
Metto la mia mano sulla tavola, con il palmo rivolto all’insù, la guardo:
- Se te la senti, puoi toccare la mia mano. Io non ti toccherò. -
Mi guarda, mi scruta, sembra voglia leggermi dentro. Io rimango immobile, calmo.
Lentamente la sua mano si avvicina, esitante, una piccola mano paragonata alla mia.
Si blocca, a pochi centimetri dalla mia, non mi muovo, non parlo, un dito è vicinissimo, mi sfiora il pollice, un’altro si posa sull’indice. Quasi non lo sento. Non mi guarda, fissa solo la mia mano, il mostro che potrebbe picchiarla. Ha avvicinato ancora di più le sue dita, ora sono sul palmo, premono un po’, la mano le trema per la tensione alla quale si sta sottoponendo. Mi sorprendo a pensare che siamo uguali, tutti e due dobbiamo esorcizzare il fantasma del sangue e della violenza. Forse anch’io posso guarire, posso smetterla di staccare brandelli di carne dalla mia divisa.
Ormai tutta la sua mano è sulla mia. Gelata. Vorrei stringerla nella mia per scaldarla ma resto perfettamente immobile.
Ecco, l’ha posata completamente, una piccola mano timida, come un cucciolo fiducioso.
Alzo gli occhi e la guardo, grosse lacrime rotolano sulle sue guance. Non posso asciugarle.
Abbasso lentamente la mia testa e poso un bacio leggerissimo e fuggevole sul dorso della sua mano, ha un tremito ma non la ritira e poi…china la testolina fino a posarla sulla sua mano nella mia mano e inizia a singhiozzare disperata. Ho promesso di non toccarla, non lo farò, ma è difficile, il bisogno di stringerla tra le braccia prosciuga le mie energie.
- Sara, piccola, dimmi cosa posso fare per te…-
- Hai già fatto tanto…- Sembra calmarsi.
- Vorrei tanto accarezzarti, potrei passare ore ad accarezzarti, toccare i tuoi capelli ribelli, baciarli…-
- Lo faresti davvero? - Occhi grandi, lucidi, increduli.
- Farò qualsiasi cosa tu voglia -
- Dormiresti con me ? Alle volte quello torna, alla notte, ed io scappo, ma non riesco a correre, ed è sempre lì, dietro di me, poi mi afferra ed io mi sveglio urlando -
Mi sta chiedendo di dormire con lei? Non toccarla sarebbe una tortura. E poi, alla fine, mi vuole solo per scacciare i suoi fantasmi. E i miei fantasmi ? Quando alla notte nei miei incubi l’esplosione mi rende sordo, il sangue negli occhi cieco…
Mi guarda, una muta richiesta negli occhi.
- Non ho niente qui, non ho un pigiama, lo spazzolino…-
- Ho uno spazzolino nuovo, te lo regalo. E…se spegniamo la luce puoi entrare nel letto con la biancheria…-
- Di solito dormo nudo -
Rimane silenziosa. Forse ho esagerato. A dirla tutta volevo fare una battuta spiritosa ma non credo che lei l’abbia recepita.
- Bé, a questo punto, quello che c’era da vedere l’ho visto - Scrolla le spalle come se non le importasse. Ho capito perché rimane fino a tardi in palestra, ha paura di restare qui da sola, ma si fa forza, vuole dimostrare a se stessa e ai genitori che può farcela.
Ma stasera ha più paura del solito, altrimenti non chiederebbe ad un uomo delle mie dimensioni di farle compagnia.
- Ok, rimango e dormo con te. Ma qualsiasi cosa tu voglia me la devi chiedere esplicitamente. Io non ti tocco, né mi avvicino, non voglio girare con la faccia tutta
graffiata! -
Sono riuscito a farla sorridere. Mi guarda indecisa, forse adesso ci sta ripensando. E’ strano, io spero non lo faccia, sì, devo ammetterlo, mi piacerebbe dormire con lei. Ancora di più se potessi stringerla tra le braccia, ma anche solo sentirla respirare vicino…è terribile, mi accorgo di quanto sia solitaria la mia vita. Certo, Pasqua e Natale li trascorro con i miei genitori, ci telefoniamo, vedo i miei fratelli, anche se con loro non sono in confidenza, ma per il resto? Qualche incontro con donne che non lasciano il segno e lavoro.
- Io sono stanca, vado a letto, tu se vuoi puoi accendere la televisione. Altrimenti…aspetta un po’ prima di venire…-
Così, semplicemente. Senza fronzoli, senza sorrisetti ammiccanti, senza moine. Qui il militare è lei. Avrebbe fatto carriera. Probabilmente mi avrebbe ordinato di infilarmi nel suo letto…e nel mezzo ci avrebbe messo una matassa di filo spinato!
Scuoto la testa sorridendo, sono stanco anch’io. Guardo verso la sua camera. La porta è aperta e una fioca luce rischiara il buio.
Entro: la luce è quella di un’abatjour accesa sul comodino dalla parte dove lei vuole che dorma. Dall’altra parte del letto, in penombra, vedo il suo corpo completamente sotto il lenzuolo. Mi devo arrangiare a trovare il bagno. Sul lavandino uno spazzolino da denti ancora confezionato. Mi guardo intorno, è pulito e in ordine.
In camera mi spoglio e lascio gli indumenti sulla poltroncina dalla mia parte e mi infilo nel letto cercando di sollevare il meno possibile le coperte. Spengo la luce e cerco di chiudere gli occhi. Per anni ho dormito nelle situazioni più disagiate, alle volte senza spogliarmi e con l’equipaggiamento addosso, nella carlinga di aerei per il trasporto di armamenti, al freddo, al caldo, a pancia vuota. Eppure riuscivo a dormire. Lì no.
Letto comodo, lenzuola pulite, sazio, temperatura ideale, ma non riesco a dormire. Mi chiedo cosa abbia indossato Sara per andare a letto. Non è il tipo da camicia da notte, probabilmente ha il pigiama. Non ho ancora capito cosa si celi sotto quei vestiti larghi. La immagino troppo magra e senza tette. Mi piacerebbe lo stesso, lo so, perché è il suo sorriso che mi piace, i suoi capelli ribelli, i suoi occhioni dolci, la dedizione a Raffaello, la giocosità con Ignazio.
Mi sto innamorando? Di una ragazza che ha paura di essere toccata soprattutto da uomini della mia stazza? Potrei accontentarmi di un amore platonico? NO! Non che voglia saltarle addosso…ma…vorrei tanto toccarla e sentire le sue mani su di me.
- Non dormi vero? - La sua voce esitante mi fa sussultare.
- No, forse non sono abituato al letto - Una buona scusa.
- Neanch’io riesco a dormire -
- Hai…hai paura che ti faccia del male? -
- No, non riesco a spiegartelo, è strano. Prima mi hai detto che ti sarebbe piaciuto accarezzarmi. Da una parte ho paura ma dall’altra mi piacerebbe, sono dibattuta e
confusa -
- Non ti toccherò, te l’ho detto, se vuoi qualcosa vieni qua e prenditelo.-
Silenzio, il suo respiro cambia. Una mano esitante mi sta toccando il braccio, lo esplora sfiorandolo appena. Stringe per un attimo la mia mano che rimane immobile e risale fino al muscolo dell’avambraccio. Ritrae la mano, probabilmente spaventata dalla grossezza, poi si riavvicina e la sento sul torace, coperto dalla maglietta.
Oh Cristo! Me l’ha fatto venire duro, speriamo che non scenda con la mano…
Normalmente non avrei di questi problemi, una ragazza di ventisei anni non è una bambina sprovveduta, probabilmente Sara ha avuto le sue esperienze. Il problema è il momento che sta vivendo.
Sospiro.
- Scusa, ti sto toccando ma non so se ti piace o ti do fastidio -
- Mi piace Sara. Mi piace anche troppo! -
- Vuoi dire che…-
- Già voglio dire che! -
- Non sei venuto a letto nudo -
- Per fortuna, altrimenti ora sarei pieno di graffi! -
Una risatina sommessa mi giunge all’orecchio. Se si è rilassata un po’ potrei proporle…
- Sara, hai voglia di baciarmi? -
- E’ da tanto che non bacio un ragazzo. E tu non sei un ragazzo, insomma, sei un uomo -
Che differenza fa? Cos’è, sono troppo vecchio? Sì, è vero, ho nove anni più di lei, ma non mi sembra così tanto! Calma.
- Per favore, spiegami la differenza, a parte l’età naturalmente.-
- Ho avuto un ragazzo, i primi tre anni all’università, stavamo bene insieme ma non era...non faceva…insomma, non era molto esigente in fatto di sesso. Tu sei più grande e magari…vuoi di più.-
In che cazzo di situazione mi sono messo! Voglio di più! Cosa vuol dire di più? Che cavolo di sesso ha fatto questa? Calma, calma, calma. Come quando coperto di foglie e rametti, la faccia dipinta di nero, insegnavo ad attendere con pazienza il nemico.
- Devi spiegarti meglio Sara, non voglio che tu mi faccia delle confidenze che non ti senti di farmi, ma almeno spiegami cosa vuol dire per te essere poco esigenti.-
- Ecco, lo facevamo una, due volte al mese -
- A te bastava? Voglio dire…avresti voluto…Più attenzioni? -
- Prima sì, poi mi sono abituata, tanto non credo di essere proprio portata per il sesso, non ho mai avuto un orgasmo.-
- Ma hai avuto solo un fidanzato? -
- Sì -
- Non ti è passato per la mente che forse era lui che non ci sapeva fare? Ne hai mai parlato con le tue amiche? -
- No, mi vergognavo, continuavano a dire l’orgasmo qui, l’orgasmo là, pensavo di non avere tutte le “ cose ” a posto. In questo ultimo anno addirittura mi è proprio passato dalla mente.-
- Senti, ti ho promesso che non ti avrei toccata ed io le promesse le mantengo. Però tu non hai fatto promesse, voglio dire, se vuoi provare io sono qua, a tua disposizione. -
- Vuoi dire che dovrei essere io a…a prenderti ? -
- Esattamente -
Silenzio, nel totale silenzio sento le rotelline del suo cervello che girano a mille.
Non ho mai fatto una proposta del genere ad una donna. Devo essere pazzo. O innamorato. La sento muoversi verso di me, ansima, sta combattendo la paura, l’ammiro per questo.
La sua bocca è sul mio viso, va a tentoni nel buio. Mi bacia gli occhi, scende al naso e poi trova la mia bocca. Socchiudo le labbra, mi bacia esitante, non mi muovo, tendo un agguato alla sua lingua, se entra nel mio - territorio - la faccio prigioniera, ne ho il diritto!
Mi è salita sopra, altrimenti non ce la farebbe, sono troppo alto per lei. Adesso che si è messa comoda sul mio torace, la sua bocca può premere con forza sulla mia. Ecco finalmente la sua lingua cerca la mia. Sì piccola, ti aspettavo! Adesso sei mia prigioniera! Le mani non le posso muovere, ma la mia bocca ti terrà prigioniera…
Una serie di Mmmm, Mmmm, Mmmm, mi fanno capire che gradisce il trattamento. Le sue mani ai lati del mio viso mi tengono bloccato, mentre…accidenti! Si sta strusciando su di me! Darei non so cosa per sapere cosa indossa, non riesco a capirlo senza toccarla. Ma chissenefrega, basta che continui così!
Però una cosa riesco a percepirla. Non è proprio magra magra, mi sembra di sentire anche il rigonfiamento delle tette: qualcosa c’è.
A proposito di rigonfiamenti, lei si è praticamente messa a cavalcioni sul mio. Indosso i boxer, ma credo che lo senta bene lo stesso. Si blocca. Si stacca ansimando dalla mia bocca.
- Eros, quello che sento è il tuo…coso? -
Coso! Lo ha chiamato –coso-, meno male che non ha detto –pisellino- sarebbe stato umiliante.
- Si - La voce mi esce arrochita dal desiderio.
- Ma è grosso! -
- No, è… è proporzionato -
Cosa devo dirle, non è il momento di fare conversazione sulle dimensioni!
- Posso toccarlo? -
Me lo chiede con voce esitante e parecchio asmatica. Sto per fare un infarto. Anni di esercito e di palestra non mi hanno preparato a questo tipo di richiesta. Non capisco se mi desidera o è solamente curiosa. Vediamo cosa combina.
- Ok, ma con dolcezza.-
Scende dal mio torace, e allunga lievemente una mano lungo il mio stomaco, giù, sulla pancia e…più giù.
Non so se qualcuno ha già inventato questo tipo di tortura. Alla scuola militare non ce l’hanno insegnata. Ma funziona, puoi mandare fuori di testa uno sfiorandolo appena.
Cerco di pensare a qualcosa d’altro, anche a quelle virago che allena Davide, che normalmente mi eccitano come un ghiacciolo nel c…., ma non serve a niente. Con la mente vedo quella manina che mi tasta, mi sente, mi uccide!
- Sara, per favore, non sono fatto di legno! Se continui così viene…e non ho biancheria di ricambio. Non credo che la tua mi andrebbe bene, anche se hai le t-shirt di due taglie in
più! -
Tira via immediatamente la mano.
- Scusa, non volevo farti del male -
- Non mi stavi facendo male, mi stavi eccitando -
- Hai una ragazza? -
- Se ne avevo una non stavo qui stasera.-
- Hai avuto fidanzate? -
- No, solo qualche amica ogni tanto.-
- Fai sesso sicuro? -
- Certo, ci tengo alla pelle.-
- A me hanno fatto il test per l’AIDS. Sai, dopo che avevo graffiato quel bastardo. Per fortuna anche lui è risultato negativo. I miei poveri genitori, credevo che morissero dalla paura. -
Lo credo bene! Questi discorsi un risultato l’hanno avuto: si è ammosciato. Meglio così.
- Hai voglia di fare all’amore ? – Chiede Sara.
Me lo chiede adesso? Vorrei avere una frusta tra le mani…
- Ce li hai i preservativi ? Prendi la pillola? -
- No! -
- Allora non si fa niente. Dormiamo.-
Che cazzo di notte ho passato! Se lo sapevo non mi infilavo in questo cul-de-sac.
Lei alla fine si è addormentata avvinghiata a me, mentre io mi sono mentalmente rigirato tutta notte sperando che arrivasse presto mattina. Ma averla vicino, ascoltare il suo respiro era bellissimo. Forse potremmo scacciare a vicenda i nostri fantasmi.
Otto e cinque. Stiamo andando dal meccanico che si occuperà della sua auto. Abbiamo fatto colazione scambiando solo poche parole. Al risveglio Sara mi ha guardato imbarazzata. E lo è anche adesso qui in auto. Si stringe le mani nervosa. Cosa posso fare?
- Eros, mi dispiace tanto per stanotte, non era mia intenzione arrivare a toccarti in quel modo, mi sono lasciata andare. Scusa. E’ che ieri sera, quando la macchina non partiva ed ero sola nel parcheggio, mi è preso il terrore. Poi sei arrivato tu ed ero così felice che tu
fossi lì -
- Non preoccuparti, non è successo niente. Lo hai spesso l’incubo di cui mi hai
parlato? -
- Abbastanza -
- Da quando sei qui o anche prima? -
- Da quando sono qui da sola. Mia madre pensava che il fatto di avere mio cugino al piano di sopra mi avrebbe fatta sentire al sicuro, mica lo aveva capito che tipo era…-
- Senti, tu mi piaci, spero di piacerti un po’ anch’io. Se mi vuoi ancora nel tuo letto basta che tu me lo dica. Però devo avvisarti che porterò i preservativi. -
Gira di scatto la testa verso di me e mi scruta con i suoi occhioni dorati.
- Lo faresti davvero? Faresti davvero l’amore con me? -
- Mi sembra di averti dimostrato ieri sera quanto ti desideravo. E per te cos’era? Solo curiosità? Oppure sentivi qualcosa anche tu? -
- Non mi toccavi, pensavo non mi desiderassi -
- Te l’avevo detto che non ti avrei toccato. Se non mi dici quello che vuoi, come faccio a sapere se ti faccio vomitare o mi pianterai le unghie negli occhi? -
- Però mi hai baciata…in un modo…non sono mai stata baciata così -
- Vuoi che ti baci ancora? -
Diventa rossa ma la bocca si socchiude e gli occhi si illanguidiscono. Peccato che siamo nel cortile del meccanico.
Sono le sette e trenta di un venerdì sera piovoso.
Non ho più sentito Sara da quando l’ho lasciata davanti al meccanico. Le ho lasciato il mio numero di cellulare raccomandandole di chiamarmi se avesse avuto qualche problema.
Alle otto arrivano Raffaello e suo padre. Il suo angolino è sempre pronto, con il grosso tappeto e gli attrezzi con cui fa giocare il bambino. Quel piccolo mi fa tanta tenerezza. Ha otto anni e ne ha passato uno tra ospedali e riabilitazione. E’ rimasto indietro di un anno con la scuola e ha perso i compagni con cui giocava. La madre è quasi alla fine della gravidanza e fra poco non ce la farà più a portarlo a scuola con l’auto e andarlo poi a riprendere.
Suo padre dovrà chiedere un orario diverso al lavoro e con i tempi che corrono è un rischio, senza contare le ore che verrebbero a mancare alla busta paga. Lì in palestra si erano accordati perché pagasse la semplice iscrizione e Sara si faceva pagare pochissimo.
Li ricorda i bambini, in quei lettini miserabili, orrendamente mutilati per aver messo il piede su una mina mentre pascolavano le capre o estratti dalle macerie dopo un bombardamento.
Bambini con lo sguardo rassegnato assistiti da donne completamente coperte che solo dalle mani potevi capire se erano le madri o le nonne. Bambini dimenticati, qualcuno non aveva più nessuno al mondo.
Si metteva in tasca cioccolata o caramelle e quando poteva entrava in quella grande tenda-ospedale e distribuiva ai bambini quei dolci. Li prendevano, chi poteva ringraziava, ma lo sguardo era sempre diffidente. Lui era uno straniero a casa loro.
Ecco, ecco che ritorna l’odore del sangue, i lamenti disperati, l’agonia di chi ti sta vicino e non puoi fare niente per aiutarlo…
- Hei capo, cos’hai? Sei sbiancato, ti senti bene? -
Ignazio mi è davanti con la faccia preoccupata. Al suo fianco Sara mi sta osservando in silenzio. Non mi sono accorto del suo arrivo.
- Deve essere un calo degli zuccheri, non ho mangiato niente da mezzogiorno. Vado a prendermi una barretta.-
Spero di essere stato convincente.- Eros, vuoi venire a casa mia stasera? Ho cucinato la zuppa di pesce oggi pomeriggio, devo solo riscaldarla -
Mi guarda incerta ma speranzosa. Forse la mamma le ha insegnato come prendere gli uomini per la gola. Non mi importa, le direi di sì anche se mi facesse mangiare cibo cinese nel cartone.
- Mi piace la zuppa di pesce. Devo portarmi l’occorrente per dormire da te? -
Arrossisce, ha capito benissimo cosa intendo per –occorrente-. Ma tanto vale che chiarisca subito: non passerò un’altra notte come quella trascorsa con lei attaccata al mio corpo ed io a resistere alla tentazione di toccarla.
- OK -
Più telegrafico di così. Solo un OK per dire tutto. Mangi con me, dormi con me, fai l’amore con me. Non necessariamente in quest’ordine.
Non mi sono mai chiesto perchè le donne venivano a letto con me. Certamente per il sesso. Fino a che ero un militare certo non rappresentavo l’ideale del fidanzato-marito-padre, ero sempre fuori dall’Italia e potevo tornare per brevi periodi. Ma anche adesso, che la mia vita si è ridotta a casa e palestra, non riesco ad instaurare un rapporto continuativo con una donna, è come se da un momento all’altro dovessi rimettermi in spalla lo zaino prendere l’armamento e partire. Neanche quando ritorno dai miei genitori mi sento a casa.
E per Sara cosa sono? Spero di non essere solo lo spaventaincubi da mettere nel suo letto.
E se lei fosse il mio spaventaincubi?
Parcheggio il Land Rover sotto casa sua, dietro un’utilitaria con su scritto auto di cortesia.
Suono il campanello con la mano in cui reggo la bottiglia di Pinot grigio che mi sono portato. Il vino di ieri sera non sarebbe stato adatto al pesce. Non che sia un intenditore di vini, ma sono nato in campagna e il vino lo fanno i miei fratelli.
Nell’altra mano tengo una borsa da palestra con dentro le cose indispensabili.
Il portone si apre e salgo le scale. Scuoto la testa, va bene, mi piace, forse ne sono innamorato, ma non è che mi sto ficcando in un guaio?
Apre la porta e gli occhi mi schizzano fuori dalle orbite. Indossa un vestito, corto ben sopra il ginocchio, senza maniche. Una fantasia di colori nei toni dell’arancio e sabbia. Il corpetto, stretto in vita, mette in evidenza sia i seni che il sedere.
Per fortuna mi sono messo i miei jeans migliori e una camicia sportiva, altrimenti mi sarei sentito in imbarazzo.
Ci guardiamo, sembra che anche lei apprezzi il mio abbigliamento. Il suo sguardo si sofferma un attimo in più sul davanti dei miei jeans. Io invece guardo le sue tette modellate dal vestito. Una terza? Mi accontento.
- Vieni entra -
La voce le esce un po’ strozzata. La trovo erotica. Non ho fame di pesce, ho fame di lei e glielo dico con gli occhi. Sara si passa la lingua sulle labbra ed io non riesco a tenere a bada il mio desiderio che diventa evidente anche a lei.
Metto la bottiglia sulla mensola dell’ingresso e lascio cadere la borsa. Poso le mie mani ai lati del suo viso. E’ la prima volta che la tocco, una scarica elettrica si trasmette dal suo viso alle mie braccia e direttamente al cuore.
- Sara, non ce la faccio a mangiare pesce, io voglio mangiare te…ma non so come fare, per favore dimmi come posso toccarti -
Ma non aspetto una risposta. Mi avvicino lentamente e poso la mia bocca sulla sua. Geme, socchiude le labbra e mi lascia entrare. L’assaggio prudentemente per qualche secondo e poi non ce la faccio più e affondo la mia lingua cercando la sua. Le sue mani si muovono, sono sul mio torace, scendono verso la cintura dei pantaloni. Sento che armeggia forsennata: non mi sta slacciando la cintura, sta cavando la camicia dai jeans con metodi piuttosto rudi, spero non me la strappi, è una delle migliori.
Per fortuna inizia a sbottonarla, piuttosto nervosamente. L’aiuterei volentieri ma preferisco mantenere il contatto delle mie mani con il suo viso e la mia bocca sulla sua: che si arrangi a trovare la strada! E poi baciarla mi piace, le sue labbra sono morbide e la sua linguetta cerca di avvinghiarsi con la mia, ci lotta, succhia. Altro che una o due volte al mese! Io con questa farei all’amore due volte al giorno, no, accidenti, all’ora! Perché lo sento che Sara è calda, infuocata, ha voglia di fare sesso. Ma deve arrivarci da sola, con il suo ritmo.
Ha aperto la camicia e mi tasta il torace, infila le dita nel pelo, per fortuna corto, altrimenti me lo strapperebbe, e mi stringe a se mettendomi ambedue le mani dietro la schiena.
Ma non è sufficiente, ora vuole aprire anche la cintura. Non credo sarà il top dell’erotismo trovarmi con i pantaloni alle caviglie nell’entrata di un appartamento: meglio mettersi comodi.
Stacco a fatica la mia bocca dalla sua ( deve aver usato un lucidalabbra al vinavil ).
- Sara, cosa ne dici se ci mettiamo comodi sul letto? -
I suoi occhi sono vacui, sembra tornare da un altro pianeta, mi guarda e arrossisce.
- Scusa, ti ho invitato per cena e invece…-
- Sarò io la tua cena e tu sarai la mia, ci mangeremo a vicenda, però il gioco lo dovrai condurre tu. Solo che mi sembrava scomodo restare qui in piedi quando hai un bel letto morbido.-
Mi prende per mano e mi tira verso la sua camera. Ha un’aria risoluta come se volesse dimostrare a se stessa che ce la può fare. Spero di non essere un esperimento.
Sono vicino al suo letto, la camicia aperta come la cintura dei pantaloni. Attendo ostentando pazienza, dentro sono una fornace. Sara tiene la testa bassa e allunga la mano sulla cerniera dei jeans, la tira giù lentamente, si apre un varco e accarezza i boxer sopra la mia erezione.
- Ho paura, sei così grosso e il tuo sesso…non so nemmeno se è possibile…ma mi ecciti in una maniera incredibile e dopo tanto tempo provo la voglia di fare all’amore. Eppure quasi non ti conosco.-
- Sai che non ti farò mai del male -
- Ieri sera hai detto che avevi voglia di accarezzarmi. Vuoi ancora farlo? -
- Certo ma devi guidarmi. Devi dirmi se ti piace o no e i punti che ti piacciono di più e dirmi di fermarmi quando non ti piace.-
- Oddio sì, toccami ti prego! -
Da dove comincio? Dai capelli. E’ da tanto che voglio capire se sono così indisciplinati artificialmente o proprio di natura. Sono di un bel castano scuro, buccia di castagna direi, infilo dentro le dita di ambedue le mani: la sua testolina ci sta tutta. I capelli sono morbidi, niente lacca o gel, stanno ritti da soli, sarà perché sono incredibilmente folti. I miei non mi ricordo più come sono, li porto rasati da una vita. Chissà se anche a lei piacerebbe accarezzare i capelli di un uomo, glielo devo chiedere.
Metto ambedue i pollici sulle sue sopracciglia e ne ricalco il disegno: sono folte e scure, come le ciglia, adesso che le guardo bene. Le mie dita scendono sulla sua bocca e lei ansima e dischiude le labbra. Mi piacciono le sue labbra, da toccare e da baciare. Mi abbasso lentamente con la testa e la bacio, lei di nuovo si incolla, mantengo la posizione, in fondo sono un ex militare, mantenere le posizioni conquistate è il mio mestiere, ma c’è ancora tanto –territorio- da esplorare, da conquistare…
Sara ansima nella mia bocca ma non molla la presa.
Le mie mani scendono sulle sue spalle coperte dal vestito. Mi piacerebbe sollevarle la gonna, mettermela a cavalcioni e scoparmela contro il muro, senza neanche togliermi i pantaloni, ma è la prima volta e devo utilizzare la strategia dell’accerchiamento, non devo spaventarla, potrebbe sfuggirmi.
Trovo la cerniera e la tiro giù lentamente, fino in fondo, adesso posso far scivolare le spalline accarezzandole le braccia, magroline ma forti, si intuiscono i muscoli. Voglio che mi stringano.
- Metti le tue braccia attorno al mio collo, voglio sentirti. -
Non fiata ma esegue, da brava recluta. Perfetto, così posso scendere con le mani sulla sua schiena che si è allungata nel tentativo di arrivare alla mia altezza. La pelle tesa e liscia, le costole non sono troppo in evidenza, in fondo forma un delizioso arco prima di arrivare ai suoi glutei. Si agita tra le mie braccia e cerca di strusciarsi contro di me. Le slaccio il reggiseno, non glielo posso togliere perché ha le braccia sollevate, ma non fa niente. Metto le mie mani sul suo seno: niente male, sodo, morbido, caldo e…ce n’è abbastanza. Con i pollici trovo i capezzoli e li stimolo, aggiungo anche gli indici e li tiro un po’, stringendoli.
Sara mugola e si spinge ancora di più verso le mie mani: altro territorio conquistato. Finora non si è ritratta né lamentata. Bene. Posso scendere. Spingo ancora più in giù il suo vestito che penso sia scivolato a terra e mi dedico alle mutandine. Non porta tanga o roba simile ma culottes di pizzo: dopo le guarderò bene, ma ora le faccio scivolare lentamente giù, quel tanto che basta per poter afferrarle quel sederino tondo che ci sta tutto nelle mie mani, stringerlo e sollevarlo facendo aderire la sua “cosa” al mio “coso”. Così siamo pari!
Adesso sì che la sento! Sospira, mugola, ringhia, miagola…posso andare avanti.
Mentre con una mano le tengo il sedere all’altezza del mio inguine, infilo l’altra in mezzo alle sue gambe, alla ricerca del tesoro. Accidenti! E’ già bagnata!
- Sara, sto per prenderti, dimmi se lo desideri anche tu, ma per favore dimmi di sì altrimenti scoppio! -
Si stacca malvolentieri dalla mia bocca e mi guarda con occhi dilatati da drogata.
>
Me ne bastava uno.
Apro la bustina con le mani che tremano, lei si è rincollata alle mie labbra ma sento che trema, la sposto un po’ più in giù sulle mie gambe per mettere il preservativo e poi la attiro a me. Trema ancora. Le alzo il viso con ambedue le mani. Ha gli occhi chiusi, stretti.
Così non va bene, può anche immaginare che sia l’uomo del suo incubo che sta per prenderla.
- Apri gli occhi e guardami! - E’ un ordine.
Li spalanca immediatamente e li pianta nei miei. Brava la mia recluta!
- Voglio che tu sappia esattamente con chi stai facendo l’amore. Devi guardarmi mentre entro dentro di te, per sapere se ti piace o ti faccio male. Non abbassare gli occhi,
guardami! -
La sollevo e delicatamente appoggio il mio sesso al suo. E’ aperta, bagnata, cerco di scivolare dentro di lei il più lentamente possibile, ma sono al limite della resistenza, voglio affondarle dentro con forza, devo trattenermi. La guardo. La bocca socchiusa è tumida per i baci e mi sta guardando…meravigliata, come non lo avesse mai fatto. Posso morire per uno sguardo così. Oh sì, adesso sono tutto dentro di lei, la stringo, inizio a muovermi lentamente. Si aggrappa a me, alla mia schiena e asseconda i miei movimenti: le piace!
La sua pelle è umida ,sudata, come la mia del resto, mi muovo sempre più velocemente dentro di lei e voglio infilare anche la mia lingua dentro la sua bocca socchiusa.
La prende, me la succhia, si dimena furiosamente sulla mia erezione, si irrigidisce e…urla!
Un urlo potente, nella mia bocca, mi manda fuori di testa, stringo forsennatamente le sue natiche e affondo dentro di lei per perdermi completamente.
Paradiso. Sono arrivato in paradiso con questo esserino- niente-in-tutto che stringo tra le braccia. Non ce la faccio a staccarmi, lei invece sembra svenuta, senza forze. Stacco il suo volto dal mio torace: ha gli occhi chiusi.
- Sara, come ti senti? - Dovrei chiederle se le è piaciuto ma ho paura della risposta.
Mi guarda, mette a fuoco il mio volto e sorride ebete.
- Non pensavo fosse così, sono esausta ma ricomincerei subito! -
- Sono felice che ti sia piaciuto, è stato bellissimo anche per me. In quanto a ricominciare, devi prima nutrirmi a dovere, giusto per ricaricare le batterie. Le sorrido maliziosamente. Diventa rossa. Mi piace quando arrossisce.
Ci siamo fatti una doccia, insieme, strizzati nel suo box-doccia troppo piccolo per le mie dimensioni. La prossima volta la porterò a casa mia, la metterò nell’idromassaggio…
Strano, mi sento in pace, non sento più la voglia di frustare lei o qualcun altro, almeno in questo momento. Guardo con tenerezza la sua testolina modello pulcino bagnato e inizio ad asciugarla: mi piace prendermi cura di lei, proteggerla, e lei cucina bene…potrei portarla a casa mia e tenercela, dobbiamo solo imparare a conoscerci. Lei non avrebbe più paura di sognare il suo assalitore e i miei incubi forse potrebbero dileguarsi.
La sua zuppa di pesce è buonissima, ma ho una fame che mi mangerei anche il gatto. Che beninteso lei non ha.
Ogni tanto la sorprendo mentre mi sbircia da sotto le lunghe ciglia. Le verso il vino, le piace, ne beve un bicchiere e alla fine del pasto ha un bel color rosato su tutto il viso.
- Non mi hai detto se le mie carezze ti piacevano, se ti toccavo in maniera troppo rude oppure ho –saltato- qualche punto dove invece avevi voglia che ti toccassi -
Scrolla la testa come se non credesse che si potessero fare certe domande.
- Non avevo mai fatto niente del genere. Era il mio primo orgasmo. Dammi tempo per capire, adesso mi sento ancora sulle nuvole.- Mi sorride.
- Vuoi che dorma qui stanotte? Che faccia ancora l’amore con te? -
- Sì a tutte e due le domande, ma stavolta ti voglio nudo..-
Sì, mia piccola recluta, stasera comandi tu, verrò nel tuo letto nudo e naturalmente lo sarai anche tu, ti stringerò tutta la notte tra le mie braccia e ti accarezzerò dolcemente per addormentarti.
Perché mi sono innamorato di te.
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