I 7 anelli (terza parte)
di
Tony Sadick
genere
sadomaso
Il sole, quando splende alto nel cielo, riesce come per incanto a scacciare ogni tenebra, ombra, dubbio. Come se dettasse il ritmo del nuovo giorno a colpi di raggi e di ottimismo. I buoni e sani propositi sono riscaldati e illuminati dall'astro che quasi ha il dovere morale di scacciare ogni forma di tentazione.
Diana canticchiava sotto la doccia. Era stato bello e tormentate per lei cadere nella fantasia della notte precedente, ma ora si voltava pagina. C'era la vita reale ad attenderla, con le sue faccende personali, come gli amici, il lavoro, la vita, insomma, quella di tutti i giorni.
Passò in rassegna il guardaroba. Degli jeans potevano andare bene, avrebbero comunque dato giustizia, attillati e strappati come erano, a quelle gambe snelle e il fondo schiena sodo. Un paio di scarpe da ginnastica, top corto e camicia nera, bomberino rosso. ,
Restava solo da scegliere l'intimo. Chiara come il sole poteva essere la sua scelta: delle comode culottes . “Già!” improvvisamente pensò: “chiara deve essere la mia scelta, come chiara deve essere la mia sfida alla tentazione”. Si osservò nuda allo specchio e alla mente le ritornarono le fantasie della precedente notte, laddove un corpo così era stato accarezzato e protetto da ben altri indumenti.
Quasi senza vedere la biancheria che le passava sotto le mani, con lo sguardo un po' perso nel vuoto e la sua volontà a non dare più adito a quelle fantasie di possesso del suo sconosciuto Padrone (chissà perché, poi, lo pensava sempre in quei termini?), si fermò su l'intimo che simboleggiava la sua confusione: un perizoma di pelle! Ma perché diavolo mai lo teneva? Era volgare solo a pensarlo, figurarsi ad averlo! Va bene, fu un regalo ironico delle sue amiche per la maggiore età, per giunta mai indossato. Proprio in quel momento, però, lo scredito lasciò spazio alla curiosità. Chissà come le sarebbe andato? Volle credere che quello, e solo quello, era il dubbio che le veniva. Del resto avrebbe avuto modo di raccontarlo a chi aveva avuto tanta premura di renderla, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, più sexy. Pensieri bene conditi da sorrisi compiaciuti e imbarazzati. “Ok, lo indosso e stasera lo racconto a quelle due che regalo idiota mi hanno fatto”.
Lo infilò distratta dalla scusa che aveva elaborato per convincersi. Distrazione che fu subito spazzata dalla sensazione di freddo che il sadico intimo le recava. Certo che lì in mezzo si sentiva, e come! Sarebbe stato presente tutto il giorno. “Chissà come una schiava può sopportalo? Certo che averlo perennemente addosso e quasi snervante, anche perché credo che ce ne siano anche di più...invasivi. Poco importa, non sono affari che mi interessano! Non sarò certo una schiava io. Anzi, ora lo levo che in effetti è un po' fastidioso ed anche imbarazzante”.
Ma mentre ragionava su tali surreali scenari e inerenti pentimenti, Diana non si accorse di essersi nel frattempo vestita. Ormai si era fatto tardi. Bisognava, ahime, scendere così e non... pensarci.
Non era certo una giornata proprio invernale e il tempo non proprio amico. Bisognava camminare a passo svelto e Diana capì che non avrebbe potuto scegliere condizioni più masochiste per provare quel nuovo intimo. Ad ogni passo lo sentiva. Il suo camminare era sforzatamente disinvolto e ciò la irritava non poco, tanto più se poi doveva ammettere che tutto ciò era estremante eccitante. Per fortuna il tratto da casa all'ufficio non era poi così lungo. Durante il tragitto cercò di capire se il suo imbarazzo trasparisse. Gli occhi di chi incrociava le diedero impressioni diverse tra l'indifferenza, il compiacimento, il soffermarsi a vederla camminare, soprattutto quando superava chi poi si girava a vederla.
Ovvio! Erano solo sensazioni. Solo lei era al corrente della stravaganza che aveva osato. Ma perché ogni singolo sguardo sembrava scrutarla, desiderarla o smascherarla. Mentre camminava, scoprì che l'andamento più comodo era ancheggiare. Fu costretta più volte a farlo. Si, costretta a camminare come la schiava delle fantasie del suon sadico padrone (ancora a definirlo Padrone!). Solo ciò mancava! Subito la disinvoltura con cui aveva deciso di affrontare la giornata si indebolì. Si sentì in preda all'inibizione della naturalezza che avrebbe dovuto aiutarla al sorgere del sole. Percepì il cambiamento con cui tutti la guardavano. Gli sguardi maliziosi di ogni genere di sesso maschile gli si incollavano addosso, a prescindere se fossero in compagnia di donne, irrimediabilmente infastidite dai suoi sinuosi movimenti, o meno. Cercò di distrarsi al pensiero di come avrebbe raccontato l'eccitante episodio alle sue amiche. Ce ne sarebbe stato da dire!
Giunse finalmente in ufficio. Ora avrebbe potuto sedersi e respirare un po'. Accese subito il pc e mise a posto qualche carta per non dare nell'occhio, ma il bisogno di recarsi in bagno per sistemare meglio quello strumento di tortura, più o meno piacevole, era impellente. Fu solo una notifica sul social a distrarla dal suo intento. Solo un istante per leggerlo. Un istante che sarebbe durato una eternità: “Stamattina hai sfilato in modo più eccitante del solito, schiava!”
lo sguardo più desideroso, quello del suo sadico padrone, l'aveva seguita!
(continua)
Diana canticchiava sotto la doccia. Era stato bello e tormentate per lei cadere nella fantasia della notte precedente, ma ora si voltava pagina. C'era la vita reale ad attenderla, con le sue faccende personali, come gli amici, il lavoro, la vita, insomma, quella di tutti i giorni.
Passò in rassegna il guardaroba. Degli jeans potevano andare bene, avrebbero comunque dato giustizia, attillati e strappati come erano, a quelle gambe snelle e il fondo schiena sodo. Un paio di scarpe da ginnastica, top corto e camicia nera, bomberino rosso. ,
Restava solo da scegliere l'intimo. Chiara come il sole poteva essere la sua scelta: delle comode culottes . “Già!” improvvisamente pensò: “chiara deve essere la mia scelta, come chiara deve essere la mia sfida alla tentazione”. Si osservò nuda allo specchio e alla mente le ritornarono le fantasie della precedente notte, laddove un corpo così era stato accarezzato e protetto da ben altri indumenti.
Quasi senza vedere la biancheria che le passava sotto le mani, con lo sguardo un po' perso nel vuoto e la sua volontà a non dare più adito a quelle fantasie di possesso del suo sconosciuto Padrone (chissà perché, poi, lo pensava sempre in quei termini?), si fermò su l'intimo che simboleggiava la sua confusione: un perizoma di pelle! Ma perché diavolo mai lo teneva? Era volgare solo a pensarlo, figurarsi ad averlo! Va bene, fu un regalo ironico delle sue amiche per la maggiore età, per giunta mai indossato. Proprio in quel momento, però, lo scredito lasciò spazio alla curiosità. Chissà come le sarebbe andato? Volle credere che quello, e solo quello, era il dubbio che le veniva. Del resto avrebbe avuto modo di raccontarlo a chi aveva avuto tanta premura di renderla, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, più sexy. Pensieri bene conditi da sorrisi compiaciuti e imbarazzati. “Ok, lo indosso e stasera lo racconto a quelle due che regalo idiota mi hanno fatto”.
Lo infilò distratta dalla scusa che aveva elaborato per convincersi. Distrazione che fu subito spazzata dalla sensazione di freddo che il sadico intimo le recava. Certo che lì in mezzo si sentiva, e come! Sarebbe stato presente tutto il giorno. “Chissà come una schiava può sopportalo? Certo che averlo perennemente addosso e quasi snervante, anche perché credo che ce ne siano anche di più...invasivi. Poco importa, non sono affari che mi interessano! Non sarò certo una schiava io. Anzi, ora lo levo che in effetti è un po' fastidioso ed anche imbarazzante”.
Ma mentre ragionava su tali surreali scenari e inerenti pentimenti, Diana non si accorse di essersi nel frattempo vestita. Ormai si era fatto tardi. Bisognava, ahime, scendere così e non... pensarci.
Non era certo una giornata proprio invernale e il tempo non proprio amico. Bisognava camminare a passo svelto e Diana capì che non avrebbe potuto scegliere condizioni più masochiste per provare quel nuovo intimo. Ad ogni passo lo sentiva. Il suo camminare era sforzatamente disinvolto e ciò la irritava non poco, tanto più se poi doveva ammettere che tutto ciò era estremante eccitante. Per fortuna il tratto da casa all'ufficio non era poi così lungo. Durante il tragitto cercò di capire se il suo imbarazzo trasparisse. Gli occhi di chi incrociava le diedero impressioni diverse tra l'indifferenza, il compiacimento, il soffermarsi a vederla camminare, soprattutto quando superava chi poi si girava a vederla.
Ovvio! Erano solo sensazioni. Solo lei era al corrente della stravaganza che aveva osato. Ma perché ogni singolo sguardo sembrava scrutarla, desiderarla o smascherarla. Mentre camminava, scoprì che l'andamento più comodo era ancheggiare. Fu costretta più volte a farlo. Si, costretta a camminare come la schiava delle fantasie del suon sadico padrone (ancora a definirlo Padrone!). Solo ciò mancava! Subito la disinvoltura con cui aveva deciso di affrontare la giornata si indebolì. Si sentì in preda all'inibizione della naturalezza che avrebbe dovuto aiutarla al sorgere del sole. Percepì il cambiamento con cui tutti la guardavano. Gli sguardi maliziosi di ogni genere di sesso maschile gli si incollavano addosso, a prescindere se fossero in compagnia di donne, irrimediabilmente infastidite dai suoi sinuosi movimenti, o meno. Cercò di distrarsi al pensiero di come avrebbe raccontato l'eccitante episodio alle sue amiche. Ce ne sarebbe stato da dire!
Giunse finalmente in ufficio. Ora avrebbe potuto sedersi e respirare un po'. Accese subito il pc e mise a posto qualche carta per non dare nell'occhio, ma il bisogno di recarsi in bagno per sistemare meglio quello strumento di tortura, più o meno piacevole, era impellente. Fu solo una notifica sul social a distrarla dal suo intento. Solo un istante per leggerlo. Un istante che sarebbe durato una eternità: “Stamattina hai sfilato in modo più eccitante del solito, schiava!”
lo sguardo più desideroso, quello del suo sadico padrone, l'aveva seguita!
(continua)
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