Maledetto covid 4 quarta parte
di
Amoreepsiche
genere
etero
Racconto di fantasia. Sono graditi critiche consigli o suggerimenti.
Buona lettura
-ciao amore, come stai? Hai ancora la febbre? Ti ho cercato oggi ma non mi hai mai risposto, sono preoccupata
-ciao, sto meglio, la febbre è quasi scomparsa. Scusa per oggi ma ho spento il telefono per sbaglio perché volevo dormire e ho dormito, praticamente, tutto il giorno.
La telefonata a Marco dopo quel che è successo oggi è liberatoria. La prova vestiti non ha portato grandi risultati, come prevedevo, se non un paio di gonne che mia suocera dice essere perfette anche se per me sono troppo corte. Con le scarpe invece non ci siamo lei porta il trentotto io il quaranta. Quel che è successo dopo invece mi ha lasciato in uno stato di frustrazione da cui non riesco ad uscire. Vorrei dirgli tutto ma ho paura della sua reazione e questo è quello che più mi spaventa. Ripenso al discorso fatto con mia suocera oggi. Che amore stiamo vivendo io e Marco? Se è vero che amare è lasciare liberi perché io mi sento così male? Perché ho paura che Marco possa lasciarmi? È queta la fiducia che ho in lui? Tanti pensieri, tante domande, tanti dubbi e paure che non riesco a nascondergli.
-cos’hai amore, ti sento tesa…
-niente, solo stanchezza… e poi mi manchi
-non ti credo, tu hai qualcosa
-nulla di che
-non è vero, non ti ho mai sentita così, dimmi cos’hai
-nulla, devi credermi
-sono i miei genitori vero, è successo qualcosa con loro
-senti amore, ne parliamo a casa, non ho voglia di farlo al telefono
-cazzo, se mi dici così vengo lì subito
-sei matto! non puoi! Comunque non è nulla di cui devi preoccuparti. Dimmi solo che mi ami
-certo che ti amo
-sì, ma quanto? Come mi ami?
-Anna, come posso dirtelo, lo sai quanto ti amo
-al punto da accettare anche i miei errori?
-certo, anzi ti dirò di più, sono disposto ad accettare anche le tue più innominabili perversioni
-amore che dici? Perché questo discorso?
-così, per farti capire quanto ti amo. Guarda i miei genitori, sono una coppia, come dire, alternativa, e questo li ha fatti crescere sempre più uniti, sempre più innamorati. Con questo non voglio dire che anche noi dobbiamo fare come loro però…
-però cosa?
-però niente, noi non siamo loro…
Rimaniamo al telefono parecchio tempo come due fidanzatini, cullandoci nelle parole uno dell’altro e in questo tempo ritrovo quella serenità che mi era venuta meno. Ci salutiamo dandoci appuntamento all’indomani.
Dormo un sonno profondo, come era giorni non mi capitava, e mi sveglio carica. Trovo i miei suoceri che stanno facendo colazione e mi dicono che oggi saranno in giro a fare spese perché stasera ci sarà anche una coppia di amici a festeggiare. Prendo l’informazione e mi consolo che almeno non sarò sola con loro. ora però non so cosa fare. Chiamo Marco ma non risponde, evidentemente ancora sprofondato nel sonno. Gioco un po’ col cellulare, leggo qualche notizia poi spinta da una curiosità che mi è nuova vado in camera dei miei suoceri e comincio a rovistare nei cassetti. In quelli di Andrea non c’è nulla di particolare mentre in quelli di mia suocera trovo alcune cose veramente interessanti. L’intimo è tutto decisamente al limite del pornografico, perizomi, mutandine aperte al cavallo, reggiseni trasparenti, di pizzo, aperti al capezzolo e alcuni che sostengono il seno solo sotto. Ci sono anche alcune tute di pizzo che, scopro su internet, si chiamano catsuit. Sulla targhetta ‘è scritto taglia unica, perciò, decido di provarne una. Quando mi vedo allo specchio non so se ridere o vergognami. In un gioco di vedo non vedo il mio corpo affiora dalle trame del tessuto rimandandomi un’immagine estremamente sensuale. Immagino l’effetto che farebbe su Marco se mi vedesse così, su Marco ma su qualsiasi uomo. Questo pensiero mi eccita al punto che dalla trama vedo spuntare i capezzoli eccitati. Li sfioro e una scarica di piacere mi toglie il respiro. Un attimo. Mi sfilo il catsuit e cerco quanto di più estremo posso indossare. Prendo un paio di ridottissime mutandine di pizzo nero aperte al cavallo, purtroppo i reggiseni sono tutti troppo piccoli, ma scovo un corsetto di pizzo nero con reggicalze che riesco ad indossare lasciando però il seno compresso e strabordante. In un altro cassetto trovo una infinita collezione di collant, autoreggenti e calze varie. Ne prendo un paio nere velate con la riga dietro e una balza finemente lavorata. Le indosso stando attenta a non rovinarle e le aggancio ai gancetti del corsetto. Mi guardo allo specchio e rimango stupita da quel che vedo ma non sono ancora soddisfatta, mancano ancora un paio di cose. Cerco le scarpe che trovo in un’altra stanza. Ne ha un’infinità, quasi tutte con tacchi a spillo, di vari colori. Con plateau o senza, aperte e chiuse, a stivaletto o sandali estivi e stivali dei quali tre paia molto alti di quelli che arrivano oltre metà coscia. Sono ormai rassegnata quando ne trovo un paio che mi calzano perfettamente; infatti sono del 40, acquisto sbagliato evidentemente. Sono delle classiche decolté col tacco di almeno 12cm che mi obbligano ad appoggiarmi al muro per camminare. Tornata in camera di mia suocera è la volta del trucco. Mascara, eyeliner e rossetto rosso fuoco completano l’opera. Non so per quale motivo ma sono convinta che cercando bene potrei trovare il tocco finale alla mia preparazione, infatti, in un altro cassetto, trovo con mio grande sconcerto e un po’ di ribrezzo, vibratori, manette, mascherine, collari, fruste, insomma tutto un campionario di oggetti, dei quali molti non so nemmeno capire l’uso. Un oggetto in particolare attira la mia attenzione, un collare di cuoio nero con un grosso anello di acciaio lucido. Lo prendo in mano e al contatto con la fredda pelle mi attraversa un brivido. Lo accarezzo, passo un dito sull’anello di metallo e ne vengo attratta. Immagini di donne legate, schiave, usate, violate riempiono la mia mente mettendomi a disagio. Lo butto in terra e lo guardo spaventata poi però, non so perché, lo raccolgo e me lo allaccio al collo. Torno a guardarmi allo specchio e rimango senza fiato. Il seno esce quasi completamente dal corpetto mettendo ancor più in evidenza i capezzoli che sono oltremodo gonfi per l’eccitazione. Sono bella, sono volgare, sono eccitante, sono… puttana. Prendo il telefono e comincio a fotografarmi. Una due dieci infinite fotografie. Succube di una volontà non mia mi riprendo in tutte le pose mentre mi assale una strana euforia. Appoggio il cellulare sul mobile faccio partire la registrazione e mi sdraio sul letto dei miei suoceri, apro le gambe e mi masturbo. Non ci vuole molto che esplodo in un fantastico orgasmo, poi in preda a non so quale raptus invio il tutto a Marco. Infine, mi sdraio nuovamente sul letto dove mi addormento. Quando mi sveglio sono le due passate e con mio grande sgomento mi accorgo che nella stanza tutto è in ordine. Cazzo!!!
-eccoti finalmente, hai riposato abbastanza?
La voce di mio suocero mi trafigge come una lama. Non rispondo e svicolo in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.
-hai fatto bene a riposare, stasera non andremo a dormire molto presto, meglio essere riposati
-non c’è Giulia?
Chiedo nel tentativo di dissimulare il disagio e cercando di evitare che il discorso cada su quanto evidentemente ha visto.
-ha finito di sistemare alcune cose che ha trovato fuori posto e adesso è dall’estetista
Dice queste cose guardandomi negli occhi con un’espressione tra il divertito e l’eccitato. Il suono del mio telefono mi toglie dall’impaccio
-scusa è Marco
Scappo in giardino e rispondo
-ciao amore come stai?
-io bene, anzi, tu piuttosto, cosa?
Cazzo, le foto…
-niente, è stato… non so cosa è stato… scusa, cancella tutto che vergogna, perdonami… non so spiegare perché l’ho fatto, mi manchi
-ehi ehi ehi, tranquilla, di cosa ti devi vergognare?
-di quello che ho fatto
Un nodo alla gola mi toglie la parola mentre gli occhi si gonfiano di lacrime
-stai piangendo? Perché? se è per le foto puoi stare tranquilla, anzi, mi hai fatto un regalo incredibile… sapessi quanto ho sognato questo momento
-non sei arrabbiato? Davvero non ti dispiace?
-arrabbiato, ma sei matta, eccitato altro che arrabbiato. All’inizio si, lo ero e anche geloso, cazzo, così conciata sul letto dei miei genitori… così li ho chiamati e mi hanno detto alcune cose… e mi sono quietato anzi, per essere preciso ho fatto una cosa che invece farà arrabbiare te
-perché? Cos’hai fatto?
-non ho resistito e mentre guardavo te che ti masturbavi mi sono segato…
-cioè, ti sei masturbato guardandomi?
-si, ho cercato di resistere ma vederti così vestita, guardarti fare una cosa così lontana da te, così perversa, poi sul letto dei miei genitori… ma il pensiero che stavi godendo… sai quanto ti amo, non ti toglierei mai la possibilità di godere
-amore, credo che quando saremo a casa dovremo chiarirci un po’ le idee su questa cosa. Ci conosciamo da tanto ma su alcune cose forse…
-hai ragione, ma una cosa è certa, io amo solo te e non ti cambierei con nessuna al mondo, l’importante che continui a mandarmi certe foto e certi filmatini
-mah… che scemo che sei e tu invece? Quand’è che mi mandi una foto del tuo bel cazzone?
-ma senti com’è volgare la mia mogliettina!... mi dispiace ma il mio cazzone, come lo chiami tu, lo vedrai solo dal vivo quando sarai a casa
-ok, vorrà dire che mi accontenterò di quello di tuo padre, che, tra le altre cose, è pure bello grosso…
-come?!?!?
-ti saluto ciao
Interrompo la chiamata e, molto più serena, torno in casa.
Buona lettura
-ciao amore, come stai? Hai ancora la febbre? Ti ho cercato oggi ma non mi hai mai risposto, sono preoccupata
-ciao, sto meglio, la febbre è quasi scomparsa. Scusa per oggi ma ho spento il telefono per sbaglio perché volevo dormire e ho dormito, praticamente, tutto il giorno.
La telefonata a Marco dopo quel che è successo oggi è liberatoria. La prova vestiti non ha portato grandi risultati, come prevedevo, se non un paio di gonne che mia suocera dice essere perfette anche se per me sono troppo corte. Con le scarpe invece non ci siamo lei porta il trentotto io il quaranta. Quel che è successo dopo invece mi ha lasciato in uno stato di frustrazione da cui non riesco ad uscire. Vorrei dirgli tutto ma ho paura della sua reazione e questo è quello che più mi spaventa. Ripenso al discorso fatto con mia suocera oggi. Che amore stiamo vivendo io e Marco? Se è vero che amare è lasciare liberi perché io mi sento così male? Perché ho paura che Marco possa lasciarmi? È queta la fiducia che ho in lui? Tanti pensieri, tante domande, tanti dubbi e paure che non riesco a nascondergli.
-cos’hai amore, ti sento tesa…
-niente, solo stanchezza… e poi mi manchi
-non ti credo, tu hai qualcosa
-nulla di che
-non è vero, non ti ho mai sentita così, dimmi cos’hai
-nulla, devi credermi
-sono i miei genitori vero, è successo qualcosa con loro
-senti amore, ne parliamo a casa, non ho voglia di farlo al telefono
-cazzo, se mi dici così vengo lì subito
-sei matto! non puoi! Comunque non è nulla di cui devi preoccuparti. Dimmi solo che mi ami
-certo che ti amo
-sì, ma quanto? Come mi ami?
-Anna, come posso dirtelo, lo sai quanto ti amo
-al punto da accettare anche i miei errori?
-certo, anzi ti dirò di più, sono disposto ad accettare anche le tue più innominabili perversioni
-amore che dici? Perché questo discorso?
-così, per farti capire quanto ti amo. Guarda i miei genitori, sono una coppia, come dire, alternativa, e questo li ha fatti crescere sempre più uniti, sempre più innamorati. Con questo non voglio dire che anche noi dobbiamo fare come loro però…
-però cosa?
-però niente, noi non siamo loro…
Rimaniamo al telefono parecchio tempo come due fidanzatini, cullandoci nelle parole uno dell’altro e in questo tempo ritrovo quella serenità che mi era venuta meno. Ci salutiamo dandoci appuntamento all’indomani.
Dormo un sonno profondo, come era giorni non mi capitava, e mi sveglio carica. Trovo i miei suoceri che stanno facendo colazione e mi dicono che oggi saranno in giro a fare spese perché stasera ci sarà anche una coppia di amici a festeggiare. Prendo l’informazione e mi consolo che almeno non sarò sola con loro. ora però non so cosa fare. Chiamo Marco ma non risponde, evidentemente ancora sprofondato nel sonno. Gioco un po’ col cellulare, leggo qualche notizia poi spinta da una curiosità che mi è nuova vado in camera dei miei suoceri e comincio a rovistare nei cassetti. In quelli di Andrea non c’è nulla di particolare mentre in quelli di mia suocera trovo alcune cose veramente interessanti. L’intimo è tutto decisamente al limite del pornografico, perizomi, mutandine aperte al cavallo, reggiseni trasparenti, di pizzo, aperti al capezzolo e alcuni che sostengono il seno solo sotto. Ci sono anche alcune tute di pizzo che, scopro su internet, si chiamano catsuit. Sulla targhetta ‘è scritto taglia unica, perciò, decido di provarne una. Quando mi vedo allo specchio non so se ridere o vergognami. In un gioco di vedo non vedo il mio corpo affiora dalle trame del tessuto rimandandomi un’immagine estremamente sensuale. Immagino l’effetto che farebbe su Marco se mi vedesse così, su Marco ma su qualsiasi uomo. Questo pensiero mi eccita al punto che dalla trama vedo spuntare i capezzoli eccitati. Li sfioro e una scarica di piacere mi toglie il respiro. Un attimo. Mi sfilo il catsuit e cerco quanto di più estremo posso indossare. Prendo un paio di ridottissime mutandine di pizzo nero aperte al cavallo, purtroppo i reggiseni sono tutti troppo piccoli, ma scovo un corsetto di pizzo nero con reggicalze che riesco ad indossare lasciando però il seno compresso e strabordante. In un altro cassetto trovo una infinita collezione di collant, autoreggenti e calze varie. Ne prendo un paio nere velate con la riga dietro e una balza finemente lavorata. Le indosso stando attenta a non rovinarle e le aggancio ai gancetti del corsetto. Mi guardo allo specchio e rimango stupita da quel che vedo ma non sono ancora soddisfatta, mancano ancora un paio di cose. Cerco le scarpe che trovo in un’altra stanza. Ne ha un’infinità, quasi tutte con tacchi a spillo, di vari colori. Con plateau o senza, aperte e chiuse, a stivaletto o sandali estivi e stivali dei quali tre paia molto alti di quelli che arrivano oltre metà coscia. Sono ormai rassegnata quando ne trovo un paio che mi calzano perfettamente; infatti sono del 40, acquisto sbagliato evidentemente. Sono delle classiche decolté col tacco di almeno 12cm che mi obbligano ad appoggiarmi al muro per camminare. Tornata in camera di mia suocera è la volta del trucco. Mascara, eyeliner e rossetto rosso fuoco completano l’opera. Non so per quale motivo ma sono convinta che cercando bene potrei trovare il tocco finale alla mia preparazione, infatti, in un altro cassetto, trovo con mio grande sconcerto e un po’ di ribrezzo, vibratori, manette, mascherine, collari, fruste, insomma tutto un campionario di oggetti, dei quali molti non so nemmeno capire l’uso. Un oggetto in particolare attira la mia attenzione, un collare di cuoio nero con un grosso anello di acciaio lucido. Lo prendo in mano e al contatto con la fredda pelle mi attraversa un brivido. Lo accarezzo, passo un dito sull’anello di metallo e ne vengo attratta. Immagini di donne legate, schiave, usate, violate riempiono la mia mente mettendomi a disagio. Lo butto in terra e lo guardo spaventata poi però, non so perché, lo raccolgo e me lo allaccio al collo. Torno a guardarmi allo specchio e rimango senza fiato. Il seno esce quasi completamente dal corpetto mettendo ancor più in evidenza i capezzoli che sono oltremodo gonfi per l’eccitazione. Sono bella, sono volgare, sono eccitante, sono… puttana. Prendo il telefono e comincio a fotografarmi. Una due dieci infinite fotografie. Succube di una volontà non mia mi riprendo in tutte le pose mentre mi assale una strana euforia. Appoggio il cellulare sul mobile faccio partire la registrazione e mi sdraio sul letto dei miei suoceri, apro le gambe e mi masturbo. Non ci vuole molto che esplodo in un fantastico orgasmo, poi in preda a non so quale raptus invio il tutto a Marco. Infine, mi sdraio nuovamente sul letto dove mi addormento. Quando mi sveglio sono le due passate e con mio grande sgomento mi accorgo che nella stanza tutto è in ordine. Cazzo!!!
-eccoti finalmente, hai riposato abbastanza?
La voce di mio suocero mi trafigge come una lama. Non rispondo e svicolo in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare.
-hai fatto bene a riposare, stasera non andremo a dormire molto presto, meglio essere riposati
-non c’è Giulia?
Chiedo nel tentativo di dissimulare il disagio e cercando di evitare che il discorso cada su quanto evidentemente ha visto.
-ha finito di sistemare alcune cose che ha trovato fuori posto e adesso è dall’estetista
Dice queste cose guardandomi negli occhi con un’espressione tra il divertito e l’eccitato. Il suono del mio telefono mi toglie dall’impaccio
-scusa è Marco
Scappo in giardino e rispondo
-ciao amore come stai?
-io bene, anzi, tu piuttosto, cosa?
Cazzo, le foto…
-niente, è stato… non so cosa è stato… scusa, cancella tutto che vergogna, perdonami… non so spiegare perché l’ho fatto, mi manchi
-ehi ehi ehi, tranquilla, di cosa ti devi vergognare?
-di quello che ho fatto
Un nodo alla gola mi toglie la parola mentre gli occhi si gonfiano di lacrime
-stai piangendo? Perché? se è per le foto puoi stare tranquilla, anzi, mi hai fatto un regalo incredibile… sapessi quanto ho sognato questo momento
-non sei arrabbiato? Davvero non ti dispiace?
-arrabbiato, ma sei matta, eccitato altro che arrabbiato. All’inizio si, lo ero e anche geloso, cazzo, così conciata sul letto dei miei genitori… così li ho chiamati e mi hanno detto alcune cose… e mi sono quietato anzi, per essere preciso ho fatto una cosa che invece farà arrabbiare te
-perché? Cos’hai fatto?
-non ho resistito e mentre guardavo te che ti masturbavi mi sono segato…
-cioè, ti sei masturbato guardandomi?
-si, ho cercato di resistere ma vederti così vestita, guardarti fare una cosa così lontana da te, così perversa, poi sul letto dei miei genitori… ma il pensiero che stavi godendo… sai quanto ti amo, non ti toglierei mai la possibilità di godere
-amore, credo che quando saremo a casa dovremo chiarirci un po’ le idee su questa cosa. Ci conosciamo da tanto ma su alcune cose forse…
-hai ragione, ma una cosa è certa, io amo solo te e non ti cambierei con nessuna al mondo, l’importante che continui a mandarmi certe foto e certi filmatini
-mah… che scemo che sei e tu invece? Quand’è che mi mandi una foto del tuo bel cazzone?
-ma senti com’è volgare la mia mogliettina!... mi dispiace ma il mio cazzone, come lo chiami tu, lo vedrai solo dal vivo quando sarai a casa
-ok, vorrà dire che mi accontenterò di quello di tuo padre, che, tra le altre cose, è pure bello grosso…
-come?!?!?
-ti saluto ciao
Interrompo la chiamata e, molto più serena, torno in casa.
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