Il Ritalin di zia 3
di
Carcassone
genere
incesti
La sera stessa zia telefono' a mia madre dicendole che aveva preso l'influenza e che quindi, il giorno dopo, io non sarei potuto andare.
Avevo l'impressione che fosse una scusa ma dovetti accettare la situazione.
Passai due giorni infernali. Ero intrattabile, meno che mai per i miei che non sapevano disinnescarmi.
Il terzo giorno, uscito di scuola, me ne andai a casa mia. Mamma mi aveva fatto trovare il pranzo in tavola. Non c'era nessuno. Mangiai due forchettate di pasta appiccicosa e fredda e me ne andai in camera.
Sdraiato sul letto, come sempre negli ultimi giorni, sognai ad occhi aperti la fica di zia.
Dovevo tornare lì. Misi il giubbotto e andai verso casa sua.
Al citofono mi rispose lo zio. Strano che era a casa....
Mi venne ad aprire abbracciandomi. Poi mi raccontò del malessere di zia che, da qualche giorno, sembrava senza forze, apatica. Probabilmente, disse lo zio, dovevano essere gli strascichi dell'influenza.
Poi, come colto da una illuminazione mi disse : - sembri arrivato al momento giusto, devo fare una scappata in officina ma non volevo lasciarla sola, potresti rimanere un paio d'ore? - certo risposi, nessun problema -
Lui indosso' una giacca e corse via facendomi l'occhiolino.
Mi recai in cucina e mi sedetti. Mi ritornò limpido il flash di quando, qualche giorno prima, proprio lì, l'avevo chiavata per la prima volta.
Il cazzo si fece duro, si impigliava nei peli e faceva male.
Mi alzai ed andai in camera da letto. Zia era girata di fianco. Indossava una sottoveste di cotone e dormiva.
Le fui vicino in un attimo e senza indugi cercai, con la mano la sua fica.
Strinse d'istinto il culo e poi si girò di scatto - che fai? - mi chiese - indovina - risposi sarcastico. - sei scemo? Di là c'è tuo zio, che hai in mente?
- lo zio ne avrà per un paio d'ore - risposi.
Poi, tirai fuori il cazzo. Ormai era un cazzo adulto, duro, voglioso e sempre più sfrontato.
: - mi manca la tua bocca - e, mentre lo dicevo avevo poggiato il ginocchio sul letto per avvicinarmi. Aveva di nuovo gli occhi rossi ma aprì la bocca e cominciò a succhiare. Le presi la testa e la scopai facendo arrivare la cappella in gola.
Allungai la mano e la intrufolai sotto alla sottoveste. Aveva mutandine leggere che cedettero subito al passaggio delle mie dita. Mi guardò sospendendo il pompino, non disse niente ma tentò di serrare le cosce. Affondai due dita nella fica e sussurrai: - adesso allarga le gambe e fammi toccare, non ti ripeterò come stanno le cose, lo sai. Fai la brava troia che lo sai fare bene. - come fulminata, distacco'le ginocchia fino quasi a fargli toccare il letto. Alzai la veste e vidi la fica. Le mutandine non la contenevano. La Liberai facendole calare e poi iniziai a smanacciarla. Il mio cazzo intanto ballava sulle gote di zia che era immobile. Poggiai la cappella sulle labbra ed attesi che si aprissero. Lo fecero quando entrai nella fica con tre dita, lei socchiuse la bocca ed io la riempii con la cappella.
Aveva gli occhi tristi ma dovevo aver toccato un tasto speciale nella sua fica perché aveva cominciato a perdere liquidi.
Non volevo salire sul letto. La presi per i fianchi portando il suo culo ai bordi del letto, poi la feci rannicchiare e la penetrai. Il cazzo scivolava benissimo. Mi sembrava che avesse la frega sfondata, forse si era fatta sfondare da zio... Quel pensiero mi fece incazzare. Pompai più forte che potevo e le riempii quella fica da troia, di sborra.
Ero eccitato da morire, immaginavo zio con un cazzo asinino slabbrare la fica di zia, così, benché avessi appena goduto avevo bisogno di rifarlo.
Sapevo come punirla. Con la cappella ancora lucida di umori mi feci strada nel suo intestino. Provò a respingermi ma anche quel buco era già stato violato. Lei lo contraeva forse cercando di espellermi ma così facendo mi procurava una goduria pazzesca. Durai poco. Quel culo era un forno. Lo riempii di sborra e poi tirai fuori il cazzo lentamente. Mi gustai la vista di quel buco arrossato che piano si richiudeva vomitando sperma.
Corsi in bagno presi carta igienica e fazzolettini umidificati. Le pulii il culo e la fica. Impiegai qualche minuto perché era davvero piena. Poi la rivestii delle mutandine, misi in ordine la sottoveste e la coprii.
Era rimasta tutto il tempo in silenzio. Forse aveva anche ansimato ma non ne ero sicuro. Dandomi le spalle si sistemo' meglio e chiuse gli occhi.
Poco dopo tornò lo zio, gli dissi che era stato tutto tranquillo poi mi affacciai alla porta della camera e salutai la zia, che non rispose. Zio si scuso' per lei e mi accompagno' all'uscio.
Nei giorni seguenti l'influenza della zia si trasformo' in un inizio di esaurimento nervoso.
In famiglia era diventato l'argomento principe, tutti si domandavano come potesse essere successo proprio a lei, così solare e aperta al mondo.
La depressione la avvolse ammantandola di grigio. Divenne uno straccio. Le visite di famiglia erano più incentrate sul marito, che era stato travolto da un maremoto, piuttosto che su di lei, che appariva irraggiungibile.
Forse io e zia ci siamo sfidati a duello ma con le regole capovolte. Dove la "vittoria" spetta a chi riesce a procurarsi più dolore.
Senza giudici, senza patrini, solo il nostro insindacabile giudizio.
Zia ha vinto, Ma io.... Non ho perso.
Avevo l'impressione che fosse una scusa ma dovetti accettare la situazione.
Passai due giorni infernali. Ero intrattabile, meno che mai per i miei che non sapevano disinnescarmi.
Il terzo giorno, uscito di scuola, me ne andai a casa mia. Mamma mi aveva fatto trovare il pranzo in tavola. Non c'era nessuno. Mangiai due forchettate di pasta appiccicosa e fredda e me ne andai in camera.
Sdraiato sul letto, come sempre negli ultimi giorni, sognai ad occhi aperti la fica di zia.
Dovevo tornare lì. Misi il giubbotto e andai verso casa sua.
Al citofono mi rispose lo zio. Strano che era a casa....
Mi venne ad aprire abbracciandomi. Poi mi raccontò del malessere di zia che, da qualche giorno, sembrava senza forze, apatica. Probabilmente, disse lo zio, dovevano essere gli strascichi dell'influenza.
Poi, come colto da una illuminazione mi disse : - sembri arrivato al momento giusto, devo fare una scappata in officina ma non volevo lasciarla sola, potresti rimanere un paio d'ore? - certo risposi, nessun problema -
Lui indosso' una giacca e corse via facendomi l'occhiolino.
Mi recai in cucina e mi sedetti. Mi ritornò limpido il flash di quando, qualche giorno prima, proprio lì, l'avevo chiavata per la prima volta.
Il cazzo si fece duro, si impigliava nei peli e faceva male.
Mi alzai ed andai in camera da letto. Zia era girata di fianco. Indossava una sottoveste di cotone e dormiva.
Le fui vicino in un attimo e senza indugi cercai, con la mano la sua fica.
Strinse d'istinto il culo e poi si girò di scatto - che fai? - mi chiese - indovina - risposi sarcastico. - sei scemo? Di là c'è tuo zio, che hai in mente?
- lo zio ne avrà per un paio d'ore - risposi.
Poi, tirai fuori il cazzo. Ormai era un cazzo adulto, duro, voglioso e sempre più sfrontato.
: - mi manca la tua bocca - e, mentre lo dicevo avevo poggiato il ginocchio sul letto per avvicinarmi. Aveva di nuovo gli occhi rossi ma aprì la bocca e cominciò a succhiare. Le presi la testa e la scopai facendo arrivare la cappella in gola.
Allungai la mano e la intrufolai sotto alla sottoveste. Aveva mutandine leggere che cedettero subito al passaggio delle mie dita. Mi guardò sospendendo il pompino, non disse niente ma tentò di serrare le cosce. Affondai due dita nella fica e sussurrai: - adesso allarga le gambe e fammi toccare, non ti ripeterò come stanno le cose, lo sai. Fai la brava troia che lo sai fare bene. - come fulminata, distacco'le ginocchia fino quasi a fargli toccare il letto. Alzai la veste e vidi la fica. Le mutandine non la contenevano. La Liberai facendole calare e poi iniziai a smanacciarla. Il mio cazzo intanto ballava sulle gote di zia che era immobile. Poggiai la cappella sulle labbra ed attesi che si aprissero. Lo fecero quando entrai nella fica con tre dita, lei socchiuse la bocca ed io la riempii con la cappella.
Aveva gli occhi tristi ma dovevo aver toccato un tasto speciale nella sua fica perché aveva cominciato a perdere liquidi.
Non volevo salire sul letto. La presi per i fianchi portando il suo culo ai bordi del letto, poi la feci rannicchiare e la penetrai. Il cazzo scivolava benissimo. Mi sembrava che avesse la frega sfondata, forse si era fatta sfondare da zio... Quel pensiero mi fece incazzare. Pompai più forte che potevo e le riempii quella fica da troia, di sborra.
Ero eccitato da morire, immaginavo zio con un cazzo asinino slabbrare la fica di zia, così, benché avessi appena goduto avevo bisogno di rifarlo.
Sapevo come punirla. Con la cappella ancora lucida di umori mi feci strada nel suo intestino. Provò a respingermi ma anche quel buco era già stato violato. Lei lo contraeva forse cercando di espellermi ma così facendo mi procurava una goduria pazzesca. Durai poco. Quel culo era un forno. Lo riempii di sborra e poi tirai fuori il cazzo lentamente. Mi gustai la vista di quel buco arrossato che piano si richiudeva vomitando sperma.
Corsi in bagno presi carta igienica e fazzolettini umidificati. Le pulii il culo e la fica. Impiegai qualche minuto perché era davvero piena. Poi la rivestii delle mutandine, misi in ordine la sottoveste e la coprii.
Era rimasta tutto il tempo in silenzio. Forse aveva anche ansimato ma non ne ero sicuro. Dandomi le spalle si sistemo' meglio e chiuse gli occhi.
Poco dopo tornò lo zio, gli dissi che era stato tutto tranquillo poi mi affacciai alla porta della camera e salutai la zia, che non rispose. Zio si scuso' per lei e mi accompagno' all'uscio.
Nei giorni seguenti l'influenza della zia si trasformo' in un inizio di esaurimento nervoso.
In famiglia era diventato l'argomento principe, tutti si domandavano come potesse essere successo proprio a lei, così solare e aperta al mondo.
La depressione la avvolse ammantandola di grigio. Divenne uno straccio. Le visite di famiglia erano più incentrate sul marito, che era stato travolto da un maremoto, piuttosto che su di lei, che appariva irraggiungibile.
Forse io e zia ci siamo sfidati a duello ma con le regole capovolte. Dove la "vittoria" spetta a chi riesce a procurarsi più dolore.
Senza giudici, senza patrini, solo il nostro insindacabile giudizio.
Zia ha vinto, Ma io.... Non ho perso.
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