Il Ritalin di zia 2

di
genere
incesti

Tutto quel suo protrarsi, con la missione di tenermi lontano dagli psicofarmaci, aveva avuto un risvolto inaspettato.
Forse è nella natura umana cercare sempre qualcosa in più, di nuovo. Io, in fondo, non ero diverso dagli altri.
Ad un passo da diploma i miei problemi, tenuti quasi sempre a bada, si riaffacciarono. Il mio nervosismo mi rendeva pessimo nei rapporti con le persone, scontroso, agitato, stronzo insomma.
Zia non aveva bisogno di sapere cosa mi capitava, lo percepiva già dal mio respiro e immediatamente si "vestiva" da dottoressa.
Un lunedì, uscito da scuola, dopo l'ennesima nota presa per il mio comportamento, mi sentivo perso. Entrai in casa, da Carla, e tolsi il giacchetto. Lei era in cucina con la tv accesa. La salutai freddamente e mi sedetti. Si voltò e, guardandomi in faccia, chiese: - che cosa è successo? Perché quella faccia? - oggi ho dato il peggio di me a scuola - risposi. - ho come un diavolo nella testa che non mi fa ragionare - vuoi scaricarti? - chiese premurosa zia - boh, non lo so se funzionerà... - risposi. Tirai giù i pantaloni e le mutande e mi misi seduto comodo, in attesa. Lei si andò a lavare le mani poi si avvicinò e afferro' il cazzo. Era barzotto e sembrava risentire anche lui della tempesta che avevo dentro. Carla lo avvolse tra le labbra ed iniziò la sua opera. Me lo aveva preso così tante volte in bocca che era diventata bravissima. Si impegnava tantissimo, usava la saliva e i denti. Poi il tarlo della novità si fece avanti. Vedevo il suo culone dimenarsi mentre succhiava e la sua veste leggera disegnare la forma delle chiappe che danzavano. Mi piegai in avanti e allungai una mano. Sicuro e veloce la presi in contropiede e spinsi le dita contro la sua fica calda.
Rischiai il cazzo. Carla si divincolo', e nel farlo mi aveva fatto male coi denti. : - che fai? Sei scemo? Cosa ti sei messo in testa? - era paonazza, inginocchiata con le gambe chiuse mi guardava severa. Mi girava la testa e non sapevo come giustificarmi, avrei voluto scusarmi ed invece mi alzai in piedi. Avevo il cazzo durissimo con una riga rossa sulla cappella. La guardai e poi parlai. : - senti zia, abbiamo tanti segreti noi, no? Questo sarà solo uno dei tanti e rimarrà sempre il nostro segreto, che cambia? - poi continuai - io ho voglia di scoparti, sentirti tutta mia, ne ho bisogno, davvero. - no, scopare proprio no, non ci pensare proprio. Continuerò, se vorrai, a svuotarti la rabbia ma come dico io. - mentre lo diceva si alzò rimettendosi in sesto.
Ero arrivato al bivio, senza volerlo. Continuare a farselo svuotare, come sempre, o forzare la mano?
Le parole che uscirono dalla mia bocca forse non erano mie ma comunque le pronunciai io.
: - Senti zia, ormai sono anni che mi aiuti. Mi hai fatto essere quasi normale con gli altri quando nessuno ci credeva. Hai usato metodi poco ortodossi ma certamente validi, almeno su di me. Condividiamo un mucchio di segreti e dovranno rimanere tali, lo so. Ma agli occhi della gente uno qualsiasi di quei segreti ha due attori, un carnefice ed una vittima. Ed io ero troppo giovane per fare la parte del carnefice.
Io ti voglio e spero non vorrai costringermi a dire a tua sorella gli abusi che ho subito da te - Ecco, lo avevo detto! Avevo sottoposto a ricatto mia zia.
Si alzò sconvolta dandomi le spalle, si avvicino al lavandino e si scicquo' la faccia. Tre passi ed ero lì, dietro a lei, sentivo il suo respiro sincopato ma non ne ebbi pietà. Dovevo portare a termine il mio progetto. La presi per le spalle e con il cazzo che mi scoppiava mi avvinghiai a lei. Il cazzo trovò spazio tra le chiappe che lei induri'. La presi per la nuca e la spinsi a piegarsi, poi alzai il vestito. Indossava mutande di cotone bianche. Le calai alle ginocchia e poi, come invasato, cominciai a sbattere con la cappella alla ricerca della fica.
Cercai di calmarmi, allargai con le mani il culo e la vidi. Era bellissima, appena schiusa e rosa. Senza l'aiuto delle mani portai la cappella sull'uscio e poi, senza bussare, entrai. Era bellissimo, facevo su e giù facendo scomparire il cazzo fino alle palle. Due minuti ed ero pronto a venire. Le sborrai tutto dentro e quando uscii, lo sperma le arrivò fino ai piedi.
Non disse una parola, si tolse le mutande con le quali tampono' la sborra e si chiuse in bagno. Quando ne uscì, sembrava normale, aveva gli occhi rossi ma per il resto sembrava tranquilla. Andai in bagno a lavarmi e quando tornai in cucina il pranzo era in tavola. Non parlammo, studiai da solo e poi, fatti i compiti la salutai, senza ottenere risposta, e me ne andai a casa....
Continua...
scritto il
2024-07-27
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