La sala 3
di
Carcassone
genere
dominazione
Passai la notte dormendo male, disegnavo scenari per il giorno dopo ma mostravano tutti delle lacune evidenti che avrebbero potuto rovinare tutto.
Alle sei ero già in piedi, mi feci la doccia e decisi di radermi la peluria intorno all'uccello. Ho un cazzo di diciassette centimetri piuttosto largo, credo un buon arnese. Ma devo dire che rasato e dritto, con la cappella scura fa un certo effetto.
Alle nove e venti ero già parcheggiato dietro al mercato. Era una giornata di merda, con tanta pioggia e le persone li intorno, viste dall'abitacolo sembravano tante formiche a cui, qualche animale aveva distrutto il formicaio, correvano zigzagando tra pozzanghere e ostacoli vari, all'apparenza, senza una meta.
Mentre mi ero perso a guardare le formiche sentii bussare sul vetro. Era Eva, aveva l'ombrello in una mano e la busta da rendere nell'altra. Le aprii lo sportello e la invitai a gettare le sue cose sul sedile posteriore.
Entrò velocemente e sedendosi mi dette la mano. Era fredda e bagnata ma mi piacque. - andiamo? - chiese Eva - subito signora - scherzai - ai suoi ordini -.
- come stai? - bene - rispose Eva, - almeno io. Ho lasciato a casa mia suocera perché stanotte mio figlio, quello più piccolo, ha avuto la febbre e quindi non ha dormito bene e stamattina si lamentava. Avrei dovuto avvisarti che non sarei potuta venire ma poi ho pensato che, in fondo, il cambio non ci porterà via molto tempo e comunque devo farlo e posso farlo solo con te perché non potrei giustificarmi in nessun modo con gli altri. - sai che puoi contare su di me - la rassicurai.
Sulla strada che portava al centro commerciale c'era il caos, la pioggia, come sempre, mandava in tilt molti automobilisti che, probabilmente insicuri, in quelle condizioni venivano sopraffatti dallo stress.
Eva guardava la strada in silenzio, la radio cercava di azzerare il rumore dei clacson e la mia mano destra parcheggio' nuovamente sul suo ginocchio nudo.
Poggio' la mano sulla mia e poi disse : - avevi detto che saresti stato bravo - e mentre lo diceva cercava di respingermi - hai ragione - replicai - ma non è colpa mia, mi viene naturale cercare un contatto con te, sei così bella - l'avevo detto! Un evidente sparti acque. Se avesse continuato a salire sulla mia auto io mi sarei comportato sempre così. Una dichiarazione di intenti in piena regola.
Piggiai con le dita sulla sua rotula poi provai a salire. La mano saliva scortata dalla sua che, poggiata sopra, sembrava sempre pronta ad intimare l'alt.
Eravamo arrivati al centro commerciale e le mie dita avevano toccato un elastico della sue mutandine.. Parcheggiai e lei scese velocemente.
Parcheggiai e rimasi in attesa, in compagnia del mio smartphone che mi tolse la nozione del tempo. La vidi tornare di corsa, aveva un bel passo sembrava allenata. Aprì lo sportello e si infilo' dentro velocemente. - hai fatto tutto? - si, sono riuscita a fare tutti i cambi. Con i bambini sbagliare taglia è all'ordine del giorno. Con mio marito non sbaglio mai è sempre tutto uguale. - quell'ultima frase mi era suonata come una lamentela di chi vorrebbe vedere qualcosa che stupisce, ogni tanto.
Ingranai la marcia e partii e con l'auto riparti' anche la mano. Stavolta però partii dalla coscia e sempre accompagnato dalla sua mano salii sempre più su. All'uscita del parcheggio del centro la mia mano aveva invaso le mutandine di Eva e le dita cercavano di assaltare il fortino scavalcando i teneri elastici e vincendo la resistenza della sua mano che anzi sembrava voler tradire.
Aveva la fica zuppa, potevo sentirne l'odore. Eva non parlava, si sentiva solo il suo respiro farsi più corto. Non mi guardava, guardava la strada e con la mano destra stringeva la sua busta, la stringeva molto forte.
Fermo al semaforo, con la pioggia che correva lungo i vetri, giocai la mia carta. Il tempo a disposizione era troppo limitato per un approccio preso alla lontana, stava godendo ma avrebbe potuto ripensarci e dopo questa volta, non cercarmi più.
Sbottonai con la sinistra i pantaloni e lo tirai fuori. Era duro, e puntava il cielo. Continuavo a violare la fica ed intanto mi accarezzavo la cappella. Lei si giro' e la sua mano strinse la mia bloccando le mie escursioni. Non aveva visto il mio movimento, tanto era presa a godere, e adesso davanti agli occhi aveva il mio cazzo che scoppiava dalla voglia.
Allontanò la mia mano dalla fica ormai fradicia e mi guardò cattiva. - è colpa mia, lo so,- disse Eva - ti ho dato troppa corda e tu ti sei approfittato della mia debolezza. Ma io sono sposata e ho degli obblighi verso la mia famiglia. Ho già commesso un grande peccato facendomi accompagnare di nascosto, e ancora peggio facendomi toccare ma sono pentita e mi farò perdonare, adesso, se non ti dispiace, portami al mercato e chiudiamola qua. - l'avevo ascoltata con il cazzo in mano che continuava a crescere, quelle parole di peccato e pentimento mi solleticavano i coglioni. Quel suo piglio deciso mi sembrava nascondesse una fottuta paura del diavolo. La guardai negli occhi e le dissi : - A me delle tue paturnie religiose non mi frega niente. Puoi pregare e pentirti ma prima mi devi portare in paradiso. Prendi questo cazzo in mano e fammi godere come ho fatto io con te. - Aveva lo sguardo spaventato, non mi feci intenerire, avevo deciso di giocare la carta del dentro o fuori e dovevo provarci. Le presi la mano e la portai sul mio cazzo. Non mi sembro' di sentire una grande resistenza.
Glielo feci impugnare e cominciai a muovere il bacino. Aveva una mano piccola e il cazzo sembrava enorme. Cominciò a segarlo per bene arrivando fino alle palle.
Non guardava la strada, fissava il cazzo in silenzio. Al semaforo successivo allungai di nuovo la mano fra le sue cosce. Quella fregna mi aspettava, mi sembrava di sentire il sangue che pulsava forte.
- ti piace questo cazzo? - glielo chiesi in maniera brutale, non da me, giocavo un gioco nuovo e mi stavo divertendo. - è grosso - rispose lei - si vabbè - mi finsi spazientito - ma... Ti piace? - quello di Paolo è molto più fino e corto, questo è duro, bollente...continuò Eva - si o no? - ripetei incazzato - si, hai un bel cazzo, contento? - aveva tirato su la testa, dovevo tenerla a bada perché avrebbe potuto ribellarsi - se è così, allora fallo sborrare. Mica vorrai lasciarmi così, vero?- Le dissi a brutto muso.
Si applico' davvero bene e mi fece sborrare anche l'anima. Vidi la sborra andare ovunque, cinque fiotti come non ne facevo da anni.
- nel cassettino ci sono i fazzoletti, pulisci, dai - le dissi freddo. obbedi' senza protestare, poi in prossimità del mercato si rassetto' aveva le guance rosse ed il fiato ancora corto. Ma era bella, davvero.
Pensai che avevo esagerato, che avrei potuto gestire la cosa con più calma.
- sei stata brava - le dissi - non sono uno che gode facilmente con una sega ma tu mi hai fatto venire proprio bene. Se sei così brava con le mani posso immaginare con il resto... - non rispose, prese ombrello e busta e schizzo' fuori dall'auto.
-Se avessi bisogno ancora di un taxi sai dove cercarmi - non rispose e non si girò, la vidi mischiarsi in mezzo a molte persone e sparire.
Misi in moto e andai verso casa. Gli occhi mi andarono sul sedile di Eva. Era sporco. La sua fica aveva trascinato. Toccai la macchia e portai le dita al naso, una droga.... Continua.
Alle sei ero già in piedi, mi feci la doccia e decisi di radermi la peluria intorno all'uccello. Ho un cazzo di diciassette centimetri piuttosto largo, credo un buon arnese. Ma devo dire che rasato e dritto, con la cappella scura fa un certo effetto.
Alle nove e venti ero già parcheggiato dietro al mercato. Era una giornata di merda, con tanta pioggia e le persone li intorno, viste dall'abitacolo sembravano tante formiche a cui, qualche animale aveva distrutto il formicaio, correvano zigzagando tra pozzanghere e ostacoli vari, all'apparenza, senza una meta.
Mentre mi ero perso a guardare le formiche sentii bussare sul vetro. Era Eva, aveva l'ombrello in una mano e la busta da rendere nell'altra. Le aprii lo sportello e la invitai a gettare le sue cose sul sedile posteriore.
Entrò velocemente e sedendosi mi dette la mano. Era fredda e bagnata ma mi piacque. - andiamo? - chiese Eva - subito signora - scherzai - ai suoi ordini -.
- come stai? - bene - rispose Eva, - almeno io. Ho lasciato a casa mia suocera perché stanotte mio figlio, quello più piccolo, ha avuto la febbre e quindi non ha dormito bene e stamattina si lamentava. Avrei dovuto avvisarti che non sarei potuta venire ma poi ho pensato che, in fondo, il cambio non ci porterà via molto tempo e comunque devo farlo e posso farlo solo con te perché non potrei giustificarmi in nessun modo con gli altri. - sai che puoi contare su di me - la rassicurai.
Sulla strada che portava al centro commerciale c'era il caos, la pioggia, come sempre, mandava in tilt molti automobilisti che, probabilmente insicuri, in quelle condizioni venivano sopraffatti dallo stress.
Eva guardava la strada in silenzio, la radio cercava di azzerare il rumore dei clacson e la mia mano destra parcheggio' nuovamente sul suo ginocchio nudo.
Poggio' la mano sulla mia e poi disse : - avevi detto che saresti stato bravo - e mentre lo diceva cercava di respingermi - hai ragione - replicai - ma non è colpa mia, mi viene naturale cercare un contatto con te, sei così bella - l'avevo detto! Un evidente sparti acque. Se avesse continuato a salire sulla mia auto io mi sarei comportato sempre così. Una dichiarazione di intenti in piena regola.
Piggiai con le dita sulla sua rotula poi provai a salire. La mano saliva scortata dalla sua che, poggiata sopra, sembrava sempre pronta ad intimare l'alt.
Eravamo arrivati al centro commerciale e le mie dita avevano toccato un elastico della sue mutandine.. Parcheggiai e lei scese velocemente.
Parcheggiai e rimasi in attesa, in compagnia del mio smartphone che mi tolse la nozione del tempo. La vidi tornare di corsa, aveva un bel passo sembrava allenata. Aprì lo sportello e si infilo' dentro velocemente. - hai fatto tutto? - si, sono riuscita a fare tutti i cambi. Con i bambini sbagliare taglia è all'ordine del giorno. Con mio marito non sbaglio mai è sempre tutto uguale. - quell'ultima frase mi era suonata come una lamentela di chi vorrebbe vedere qualcosa che stupisce, ogni tanto.
Ingranai la marcia e partii e con l'auto riparti' anche la mano. Stavolta però partii dalla coscia e sempre accompagnato dalla sua mano salii sempre più su. All'uscita del parcheggio del centro la mia mano aveva invaso le mutandine di Eva e le dita cercavano di assaltare il fortino scavalcando i teneri elastici e vincendo la resistenza della sua mano che anzi sembrava voler tradire.
Aveva la fica zuppa, potevo sentirne l'odore. Eva non parlava, si sentiva solo il suo respiro farsi più corto. Non mi guardava, guardava la strada e con la mano destra stringeva la sua busta, la stringeva molto forte.
Fermo al semaforo, con la pioggia che correva lungo i vetri, giocai la mia carta. Il tempo a disposizione era troppo limitato per un approccio preso alla lontana, stava godendo ma avrebbe potuto ripensarci e dopo questa volta, non cercarmi più.
Sbottonai con la sinistra i pantaloni e lo tirai fuori. Era duro, e puntava il cielo. Continuavo a violare la fica ed intanto mi accarezzavo la cappella. Lei si giro' e la sua mano strinse la mia bloccando le mie escursioni. Non aveva visto il mio movimento, tanto era presa a godere, e adesso davanti agli occhi aveva il mio cazzo che scoppiava dalla voglia.
Allontanò la mia mano dalla fica ormai fradicia e mi guardò cattiva. - è colpa mia, lo so,- disse Eva - ti ho dato troppa corda e tu ti sei approfittato della mia debolezza. Ma io sono sposata e ho degli obblighi verso la mia famiglia. Ho già commesso un grande peccato facendomi accompagnare di nascosto, e ancora peggio facendomi toccare ma sono pentita e mi farò perdonare, adesso, se non ti dispiace, portami al mercato e chiudiamola qua. - l'avevo ascoltata con il cazzo in mano che continuava a crescere, quelle parole di peccato e pentimento mi solleticavano i coglioni. Quel suo piglio deciso mi sembrava nascondesse una fottuta paura del diavolo. La guardai negli occhi e le dissi : - A me delle tue paturnie religiose non mi frega niente. Puoi pregare e pentirti ma prima mi devi portare in paradiso. Prendi questo cazzo in mano e fammi godere come ho fatto io con te. - Aveva lo sguardo spaventato, non mi feci intenerire, avevo deciso di giocare la carta del dentro o fuori e dovevo provarci. Le presi la mano e la portai sul mio cazzo. Non mi sembro' di sentire una grande resistenza.
Glielo feci impugnare e cominciai a muovere il bacino. Aveva una mano piccola e il cazzo sembrava enorme. Cominciò a segarlo per bene arrivando fino alle palle.
Non guardava la strada, fissava il cazzo in silenzio. Al semaforo successivo allungai di nuovo la mano fra le sue cosce. Quella fregna mi aspettava, mi sembrava di sentire il sangue che pulsava forte.
- ti piace questo cazzo? - glielo chiesi in maniera brutale, non da me, giocavo un gioco nuovo e mi stavo divertendo. - è grosso - rispose lei - si vabbè - mi finsi spazientito - ma... Ti piace? - quello di Paolo è molto più fino e corto, questo è duro, bollente...continuò Eva - si o no? - ripetei incazzato - si, hai un bel cazzo, contento? - aveva tirato su la testa, dovevo tenerla a bada perché avrebbe potuto ribellarsi - se è così, allora fallo sborrare. Mica vorrai lasciarmi così, vero?- Le dissi a brutto muso.
Si applico' davvero bene e mi fece sborrare anche l'anima. Vidi la sborra andare ovunque, cinque fiotti come non ne facevo da anni.
- nel cassettino ci sono i fazzoletti, pulisci, dai - le dissi freddo. obbedi' senza protestare, poi in prossimità del mercato si rassetto' aveva le guance rosse ed il fiato ancora corto. Ma era bella, davvero.
Pensai che avevo esagerato, che avrei potuto gestire la cosa con più calma.
- sei stata brava - le dissi - non sono uno che gode facilmente con una sega ma tu mi hai fatto venire proprio bene. Se sei così brava con le mani posso immaginare con il resto... - non rispose, prese ombrello e busta e schizzo' fuori dall'auto.
-Se avessi bisogno ancora di un taxi sai dove cercarmi - non rispose e non si girò, la vidi mischiarsi in mezzo a molte persone e sparire.
Misi in moto e andai verso casa. Gli occhi mi andarono sul sedile di Eva. Era sporco. La sua fica aveva trascinato. Toccai la macchia e portai le dita al naso, una droga.... Continua.
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Commenti dei lettori al racconto erotico