Persone che potresti conoscere. 1
di
Carcassone
genere
prime esperienze
Quella faccia è spuntata all'improvviso. È difficile capire come ragiona un algoritmo. Non ci faccio mai molto caso alle persone che mi propone Facebook. In genere sono persone legate al mio lavoro, alle mie amicizie e ai parenti che però sono proprio pochi.
Sono comunque persone che, seppur conoscendole, in qualche modo, continuano a non interessarmi. Il viso che ho nello smartphone adesso invece mi inchioda.
Ha i capelli ramati, è una signora ultracinquantenne ma la riconosco.
Ha ragione FB, è una persona che conosco, Marta, una ragazza a cui sono stato legato una vita fa.
Mi fa un certo effetto, sento il cazzo bussare mentre la memoria vaga, incurante del casino che fanno i miei colleghi durante la pausa pranzo, stipati dentro un locale che diventerà un salotto.
Io abitavo nella zona più degradata di un quartiere già periferico. Zona fatta di case popolari operai e tossici. Ero cresciuto lì, in quella specie di riserva indiana. Potevamo uscire ma eravamo riconoscibili, la disperazione era il nostro marchio di fabbrica.
Avevo diversi amici, ma Fabio era quello che preferivo frequentare. Un gracilino come me, moro, mentre io, allora, avevo i capelli rossi.
Ogni tanto e specialmente la domenica uscivamo dal recinto, come tanti di noi, ed andavamo alle giostre al centro del quartiere.
A guardarle adesso, quelle giostre, ridotte a bancarelle abbandonate, mettono tristezza, ma negli anni ottanta pullulavano di vita, di ogni tipo, ed è lì che per la prima volta incontrammo Marta e la sorella.
Loro frequentavano quel posto controllate a distanza dai genitori che provavano a non perderle mai di vista. In fondo anche loro avevano un recinto.
Non ricordo come approcciammo, ma riuscimmo a parlarci nel trambusto e cominciammo a frequentarci, incontrandoci, all'inizio, sempre lì.
Era davvero difficile ritagliare spazi per frequentarci altrove. I genitori erano sempre sul chi va la' e non le lasciavano uscire senza una destinazione conosciuta.
Così cominciai a frequentare il campo di volley dove Marta e la sorella si allenavano, e li, dopo gli allenamenti potevamo stare un po' insieme.
Riuscimmo a fidanzarci tutti e quattro in quegli scampoli di tempo. E potemmo strappare i primi baci.
La fortuna ci aiutò. Marta e Giulia si erano iscritte ad una scuola di quelle che andavano una volta, qualcosa che aveva a che fare con il lavoro di segretaria, e quella scuola, si trovava proprio a ridosso delle case popolari.
Per noi divento' più facile incontrarci, sia la mattina prima della campanella di ingresso, che all'uscita, all'ora di pranzo.
Ma non eravamo mai tranquilli perché Marta aveva il terrore che il padre potesse venire a conoscenza della nostra tresca, lui aveva molti amici, anche nel nostro bronx e quell'ansia che avevano Marta e Giulia riuscirono a trasmetterla anche a noi. Avevamo cominciato ad immaginarlo, grosso, feroce e per nulla disponibile, in fondo avevamo meno di diciassette anni.
Comunque cominciammo a farci delle belle pomiciate, e Marta sembrava cercare coraggio.
Poi trovarono un buon escamotage per avere un po' di tranquillità. Avevano preso l'abitudine di fare i compiti con una loro compagna di classe che abitava dalle mie parti. La ragazza andava a casa di Marta e poi, in giorni diversi Marta e Giulia andavano a casa sua.
La madre di Marta accettò la cosa a patto che non venisse a saperlo il marito, così la cosa si poteva fare solo quando lui era in servizio.
Così, qualche volta, invece di andare a fare i compiti Marta e Giulia venivano con noi.
Giravamo dalle mie parti ma ci rendemmo conto che l'unico posto sicuro era casa mia. Così cominciammo ad andare tutti e quattro da me. Scherzavamo e pomiciavamo, ragazzi normali insomma.
Poi un giorno parlai con Fabio e provammo a dividerci. Lui a casa sua con Giulia e io con Marta da me.
Io ero più fortunato, in pratica abitavo da solo. Non avevo una madre e mio padre era troppo distratto dal lavoro e dalla sua nuova donna.
Marta ed io ci chiudevamo in cameretta e pomiciavamo come matti. A me piaceva baciarla, era appassionata ed anche se si vergognava dei suoi denti non perfettamente allineati, rideva molto, erano belli quei momenti.
Progredimmo con il tempo. Le toccavo i semi fantastici e mi avvicinavo alla sua fica mentre lei mi toccava il cazzo coperto dai pantaloni.
La prima sega che mi fece la ricordo benissimo, lo aveva tirato fuori e lo aveva impugnato. Aveva cominciato a segarlo ma sborrai subito. Partirono diversi schizzi violenti che sporcarono dappertutto. Ridemmo come matti.
Poi piano piano cominciammo a spogliarci e a toccarci meglio.
La sua fica era una droga, coperta di peli con le labbra appena sporgenti mi faceva scoppiare il cazzo. Lei se ne prendeva cura, le piaceva il mio cazzo.
Non credo ne avesse preso uno in mano prima del mio, ma si muoveva bene.
In poco tempo e ritagliandocelo da cesellatori, arrivammo ad abbracciarci nudi, sdraiati sul letto. Infilavo il mio cazzo fra le sue cosce chiuse e facevo su e giù. La cappella diventava rossa per l'attrito con i peli e quando passava sopra la fessura si bagnava dei suoi umori. Sborravo da pazzi, sulla sua pancia sui seni e raggiungevo anche il viso ed i capelli. Ma non poteva durare a lungo, lo sapevamo tutti e due.
Un giorno mentre ero intento a strusciare il cazzo sulla fica, Marta allargo' le gambe e mi guardò. Aveva una luce bellissima. Mi baciò e mi strinse a se. La cappella si poggio' sull'ingresso, ero sospeso con le gambe tese ed il culo tirato su. Mi parve di vedere un cenno di assenso da parte sua e mi feci cadere.
La verginità spari nel tempo di un lamento, flebile. Poi cominciai a scoparla. Io avevo già scopato ma certo non ero molto pratico. Lei mi agevolo' perché iniziò ad ansimare rendendomi orgoglioso. Non durai molto. Le sborrai addosso come sempre, mentre lei mi guardava e sorrideva, era tutta rossa e spettinata, era bellissima...
Continua
Sono comunque persone che, seppur conoscendole, in qualche modo, continuano a non interessarmi. Il viso che ho nello smartphone adesso invece mi inchioda.
Ha i capelli ramati, è una signora ultracinquantenne ma la riconosco.
Ha ragione FB, è una persona che conosco, Marta, una ragazza a cui sono stato legato una vita fa.
Mi fa un certo effetto, sento il cazzo bussare mentre la memoria vaga, incurante del casino che fanno i miei colleghi durante la pausa pranzo, stipati dentro un locale che diventerà un salotto.
Io abitavo nella zona più degradata di un quartiere già periferico. Zona fatta di case popolari operai e tossici. Ero cresciuto lì, in quella specie di riserva indiana. Potevamo uscire ma eravamo riconoscibili, la disperazione era il nostro marchio di fabbrica.
Avevo diversi amici, ma Fabio era quello che preferivo frequentare. Un gracilino come me, moro, mentre io, allora, avevo i capelli rossi.
Ogni tanto e specialmente la domenica uscivamo dal recinto, come tanti di noi, ed andavamo alle giostre al centro del quartiere.
A guardarle adesso, quelle giostre, ridotte a bancarelle abbandonate, mettono tristezza, ma negli anni ottanta pullulavano di vita, di ogni tipo, ed è lì che per la prima volta incontrammo Marta e la sorella.
Loro frequentavano quel posto controllate a distanza dai genitori che provavano a non perderle mai di vista. In fondo anche loro avevano un recinto.
Non ricordo come approcciammo, ma riuscimmo a parlarci nel trambusto e cominciammo a frequentarci, incontrandoci, all'inizio, sempre lì.
Era davvero difficile ritagliare spazi per frequentarci altrove. I genitori erano sempre sul chi va la' e non le lasciavano uscire senza una destinazione conosciuta.
Così cominciai a frequentare il campo di volley dove Marta e la sorella si allenavano, e li, dopo gli allenamenti potevamo stare un po' insieme.
Riuscimmo a fidanzarci tutti e quattro in quegli scampoli di tempo. E potemmo strappare i primi baci.
La fortuna ci aiutò. Marta e Giulia si erano iscritte ad una scuola di quelle che andavano una volta, qualcosa che aveva a che fare con il lavoro di segretaria, e quella scuola, si trovava proprio a ridosso delle case popolari.
Per noi divento' più facile incontrarci, sia la mattina prima della campanella di ingresso, che all'uscita, all'ora di pranzo.
Ma non eravamo mai tranquilli perché Marta aveva il terrore che il padre potesse venire a conoscenza della nostra tresca, lui aveva molti amici, anche nel nostro bronx e quell'ansia che avevano Marta e Giulia riuscirono a trasmetterla anche a noi. Avevamo cominciato ad immaginarlo, grosso, feroce e per nulla disponibile, in fondo avevamo meno di diciassette anni.
Comunque cominciammo a farci delle belle pomiciate, e Marta sembrava cercare coraggio.
Poi trovarono un buon escamotage per avere un po' di tranquillità. Avevano preso l'abitudine di fare i compiti con una loro compagna di classe che abitava dalle mie parti. La ragazza andava a casa di Marta e poi, in giorni diversi Marta e Giulia andavano a casa sua.
La madre di Marta accettò la cosa a patto che non venisse a saperlo il marito, così la cosa si poteva fare solo quando lui era in servizio.
Così, qualche volta, invece di andare a fare i compiti Marta e Giulia venivano con noi.
Giravamo dalle mie parti ma ci rendemmo conto che l'unico posto sicuro era casa mia. Così cominciammo ad andare tutti e quattro da me. Scherzavamo e pomiciavamo, ragazzi normali insomma.
Poi un giorno parlai con Fabio e provammo a dividerci. Lui a casa sua con Giulia e io con Marta da me.
Io ero più fortunato, in pratica abitavo da solo. Non avevo una madre e mio padre era troppo distratto dal lavoro e dalla sua nuova donna.
Marta ed io ci chiudevamo in cameretta e pomiciavamo come matti. A me piaceva baciarla, era appassionata ed anche se si vergognava dei suoi denti non perfettamente allineati, rideva molto, erano belli quei momenti.
Progredimmo con il tempo. Le toccavo i semi fantastici e mi avvicinavo alla sua fica mentre lei mi toccava il cazzo coperto dai pantaloni.
La prima sega che mi fece la ricordo benissimo, lo aveva tirato fuori e lo aveva impugnato. Aveva cominciato a segarlo ma sborrai subito. Partirono diversi schizzi violenti che sporcarono dappertutto. Ridemmo come matti.
Poi piano piano cominciammo a spogliarci e a toccarci meglio.
La sua fica era una droga, coperta di peli con le labbra appena sporgenti mi faceva scoppiare il cazzo. Lei se ne prendeva cura, le piaceva il mio cazzo.
Non credo ne avesse preso uno in mano prima del mio, ma si muoveva bene.
In poco tempo e ritagliandocelo da cesellatori, arrivammo ad abbracciarci nudi, sdraiati sul letto. Infilavo il mio cazzo fra le sue cosce chiuse e facevo su e giù. La cappella diventava rossa per l'attrito con i peli e quando passava sopra la fessura si bagnava dei suoi umori. Sborravo da pazzi, sulla sua pancia sui seni e raggiungevo anche il viso ed i capelli. Ma non poteva durare a lungo, lo sapevamo tutti e due.
Un giorno mentre ero intento a strusciare il cazzo sulla fica, Marta allargo' le gambe e mi guardò. Aveva una luce bellissima. Mi baciò e mi strinse a se. La cappella si poggio' sull'ingresso, ero sospeso con le gambe tese ed il culo tirato su. Mi parve di vedere un cenno di assenso da parte sua e mi feci cadere.
La verginità spari nel tempo di un lamento, flebile. Poi cominciai a scoparla. Io avevo già scopato ma certo non ero molto pratico. Lei mi agevolo' perché iniziò ad ansimare rendendomi orgoglioso. Non durai molto. Le sborrai addosso come sempre, mentre lei mi guardava e sorrideva, era tutta rossa e spettinata, era bellissima...
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