Il Ritalin di zia 1

di
genere
incesti

Sono stato un bambino difficile. Deficit dell'attenzione e iperattività hanno messo a dura prova il benessere mentale dei miei genitori.
Negli anni delle elementari e a seguito di episodi di violenza in classe, papà e mamma furono consigliati, dalla preside, di prendere in considerazione l'idea di sottopormi a visite e test psicologici per scoprire il perché di certi comportamenti.
Così scoprirono che quelli come me, negli stati uniti, venivano trattati con il Ritalin, che era uno psicofarmaco , capace, almeno sembrava, di portarci su canali più normali.
Eravamo una famiglia molto coesa, così, questioni come queste, venivano affrontate cercando consigli da chiunque, all' interno del nucleo, ne avesse.
La sorella di mia madre, Carla, che abitava sulla stessa nostra via, era quella che sembrava più scioccata dall'idea del Ritalin.
Aveva avuto esperienze, con la famiglia del marito, di persone che avevano assunto psicofarmaci e li raccontava sempre come zombie.
Si offrì di alleviare il peso del mio malessere prendendosi l'onere di gestirmi tutti i pomeriggi della settimana, esclusi i weekend, facendomi anche studiare e fare i compiti.
Ricordo bene di averla messa a dura prova, per anni.
Eravamo sempre soli a casa, mio zio gestiva una officina che lo teneva sempre fuori e le mie due cugine gemelle, ormai ventenni studiavano Veterinaria a Perugia e venivano solo la domenica.
Carla aveva una pazienza fuori dal comune e riusciva a domarmi, facendomi fare quello che dovevo.
Le cose peggiorarono al secondo liceo. In classe ero aiutato da una insegnante di sostegno che faticava molto e lo confesso' ai miei.
Mamma ne parlò con zia, confessando di star a prendere in considerazione l'idea del farmaco.
La zia lotto', scaricando le colpe sulla mia adolescenza, che, forse, secondo lei, accentuava un problema non così grave.
Riuscì ad ottenere una proroga, evitandomi gli psicofarmaci.
Poi un lunedì che non potrò mai dimenticare, mentre ero seduto a tavola nel suo salotto lei si posiziono' dietro di me e poggiandomi le mani sulle spalle disse: - Senti Piero, la situazione può sfuggirci di mano, vedi da solo che le materie da studiare sono più difficili e la tua disattenzione in classe ti squalifichera' automaticamente. Bisogna trovare un rimedio che ti faccia rilassare, stancare. Io ho in mente una cosa da tanto tempo, e adesso che non sei più un bambino forse possiamo provare. Ma devi giurarmi che questo resterà un segreto nostro e che non ne parlerai con nessuno, mai - nel dirlo mi aveva preso il mento e girato la faccia verso di lei, poi riprese : - allora? Lo giuri? - la guardai e un po confuso dissi : - si, certo, lo giuro. -
Mi fece chiudere i libri e mi fece sdraiare sul divano, poi mi fece chiudere gli occhi e mi chiese di stare zitto. La sentii armeggiare con la cinta dei pantaloni e poi con la zip, feci per muovermi ma lei poggio' il palmo della mano sulla mia pancia e mi spinse giù delicatamente. Ripete' che dovevo stare fermo e fidarmi.
Tirò giù gli slip e la sentii accarezzarmi il pisello. Avevo sedici anni e, nessuna esperienza, nemmeno solitaria. A volte si addrizzava ma mi sembrava solo un fastidio. Cominciò a fare su e giù e il pisello si gonfio'.
Sbirciai e vidi Carla con le due mani occupate che faceva su e giù scoprendo la punta che era di un altro colore. Ebbi un sussulto e senza volerlo schizzai . Lei se lo aspettava e aveva messo una mano a cucchiaio sulla cappella stoppando cinque getti di sperma. Era stato meraviglioso, vibravo ed avevo il cuore a mille. Carla intanto, armata di fazzolettini mi aveva ripulito e poi aveva ricominciato. Sentivo un po di fastidio ma lei insistette e dopo pochi minuti ero di nuovo duro. Questa volta lo aveva preso con la destra e aveva cominciato a menarlo forte mentre lo guardava, scopriva e copriva la punta di continuo, ansimai e lei sorrise poi disse : - stai godendo di nuovo? - accennai un si un po tardivo perché sparai quattro schizzi in alto che sorpresero anche la zia.
Aveva tutte la mani sporche, con calma puli' tutto e mi chiese di rivestirmi. Poi mi chiese : - come ti senti? Sei rilassato? - risposi di si, era vero, anche forse la parola esatta era spossato.
La terapia di Carla erano due seghe al giorno, prima dei compiti, tutti i giorni.
Divenne routine, dopo pranzo lo tiravo fuori, anche da seduto, in piedi.... Lei arrivava mi segava e poi puliva. Per un periodo le cose andarono meglio, a casa e a scuola.
Poi un giorno, in classe, un mio compagno di classe portò una rivista pornografica, Le Ore. Era piena di foto oscene, donne che leccavano cazzi o che se li mettevano in tutti i buchi, tutti!
Ne fui turbato. A casa, mentre mangiavo, quelle foto mi tornavano in mente e mi facevano male alle palle.
Come al solito mi sedetti mezzo nudo sul divano in attesa della terapia. Avevo il cazzo gonfio, non sembrava il mio. Se ne accorse anche Carla che segandolo domandò : - che ti è successo? È durissimo, come mai? - non risposi ma poggiai la mano tra i suoi capelli e cercai di avvicinare la sua bocca al cazzo. Sentii il collo irrigidirsi, poi, allontanandosi disse : - cosa ti è preso? Che intenzioni avevi? - lo disse furente, chiusi scusa mentre l'uccello si afflosciava lentamente. Le raccontai del giornale porno e di come mi ero sentito.
Mi guardò cambiando di nuovo espressione poi aggiunse : - ho capito, dai, non fa niente - e nel dirlo aveva ripreso il cazzo in mano che subito aveva reagito.
Cominciò la solita sega poi iniziò a soffiare sulla cappella, ero seduto e lei con il corpo copriva tutta la visuale ma improvvisamente sentii un calore celestiale. La sua testa faceva su e giù lentamente ed io sarei potuto morire. Sentivo il rumore della bocca e della saliva, volevo vedere, allora le piegai un po la testa e la vidi. Era bellissima, aveva le guance incavate e gli occhi socchiusi e pompava. Il mio cazzo sembrava degno di un porno. Era tutto lucido, con le vene che sembravano vibrare e una cappella che, quando faceva capolino dalla bocca, sembrava un fungo. Sentii salire il godimento e se ne accorse anche lei. Lo tirò fuori dalla bocca e lo lecco' sul filetto. Sapeva quello che faceva. La sborrata uscì potente. Dei primi tre fiotti, due, mi colpirono in faccia mentre il resto finì sul mio petto. Carla mi puli' accuratamente addosso poi fece un gesto che non capii. Si avvicinò al mio cazzo ancora gonfio e cominciò a pulirlo con la lingua. Mi lecco' tutto il cazzo ed anche le palle. Ero di nuovo in tiro, sconvolto. Afferrai la sua testa e, più convinto, strusciai il cazzo sulla sua bocca. Mi guardò, poi aprì la bocca, di nuovo. Fece un capolavoro, cinque minuti di paradiso. Si fece sborrare in bocca e mi sembrò di non aver sporcato niente, poi sentii deglutire.
Quando si alzò era paonazza e dovette poggiarsi per non cadere. Poi, con la voce tremante mi disse : - questo è ancora di più un nostro segreto lo sai, vero? - annuii mentre mi toccavo ancora il cazzo che sembrava non averne abbastanza.
Nei giorni che seguirono il pompino divenne routine ed io acquisivo sicurezza.
Mi facevo succhiare in ogni luogo, al bagno, mentre mangiavo o addirittura in cucina mentre tagliavo le verdure. L'ingoio era ormai prassi.
In classe mi sentivo forte. Sentivo i miei compagni che sognavano una sega...
Un Lunedì, mentre Carla in ginocchio me lo stava lavorando guardai distrattamente lo schermo della televisione di fronte a me. Rifletteva mia zia a scarponi. Mi pareva che sotto la vestaglia ci fosse qualcosa, come un animaletto che si muoveva.
Ansimai sapendo ormai che a quel segnale lei avrebbe pompato più forte e, mentre lo faceva con due dita tirai verso me la sua vestaglia. Il sipario si apri' e lo spettacolo era fantastico. La sua mano sinistra martorizzava la fica aprendola con le dita, mi sembrava fradicia.
Venni in maniera potente tenendo la sua testa e costringendola a mangiare tutto.
Cadde di lato, improvvisamente, sembrava aver avuto un malore, ma il suo viso raccontava altro.....



scritto il
2024-07-25
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