Villeggianti 1
di
Carcassone
genere
prime esperienze
Da che ne ho memoria dalla fine di giugno ai primi di settembre non sono mai stata a casa nostra.
Papà ci caricava sulla sua Mercedes e ci trasferiva dai nonni che vivevano fra le colline marchigiane.
Io, mia madre, e i due miei fratelli, più piccoli di me venivamo parcheggiati dai nonni materni con la scusa del cambiamento d'aria.
Chi ne risentiva era mia madre a cui, in realtà, non cambiava nulla. Certo la nonna gli alleviava i compiti ma dei figli si doveva occupare lei e quei due erano pestiferi.
Con gli anni si era formata una comitiva molto eterogenea . C'erano sette elementi stanziali di cui tre femmine e poi un numero almeno triplo di "stranieri" che venivano da molte regioni confinanti e non.
L'anno dei miei quindici anni (a Ottobre) mi segno'.
Il nostro posto di ritrovo era l'oratorio, il retro della chiesa di S. Paolo che usavamo per quasi tutte le nostre attività. L'età dei ragazzi variava dai dodici ai sedici anni e inevitabilmente si erano creati dei capannelli.
Noi sopra i quattordici vedevamo come intralcio il resto giovane della compagnia.
Così per staccarci da loro cominciammo a frequentare sempre meno l'oratorio e a incontrarci in un fienile.
Ci furono delle rimostranze da parte di qualche genitore che vedeva svanire l'idea di avere in noi dei guardiani dei loro bambini.
Poi don Gianni si intromise promettendo ai bambini che avrebbero fatto giochi che noi avremmo invidiato.
La nuova comitiva era diversa. Qualcuno cominciava a parlare di fidanzati e amori e cominciavano ad uscire chiacchiere.
Fino all'anno precedente ci addannavamo dietro un pallone o a organizzare feste, nell'anno del mio quindicesimo era cambiata l'aria e il carattere di certi partecipanti. Armando il bolognese, il più vecchio, a sedici anni e due mesi aveva la reputazione di plurifidanzato. Si raccontava che avesse avuto già tre fidanzate e che fosse piuttosto esperto. Giovanni e Riccardo, da Milano, stavano vivendo malissimo la loro stagione dei foruncoli che si erano arroccati sui loro volti. Le tre stanziali, tutte quattordicenni, si tenevano in disparte messe in guardia da don Gianni. I fratelli Berti di Roma, facevano storia a sé, sempre intenti ad alzarsi le mani contro, sembravano vivere una rivalità eterna. Poi c'ero io, Carla da Grosseto, ero una tipa tranquilla a cui piaceva osservare gli altri. A seguire le gemelle torinesi, Chiara e Giulia sempre ineccepibili nei loro abiti fuoriluogo.
Mimmo, da Napoli, era il più silenzioso, aveva quindici anni e capelli lunghi, ribelli.
Come ogni anno non carburammo subito, ci vollero quasi sette giorni perché tutti tornassero ad essere quelli dell'anno precedente.
Si fornarono, al solito, dei microgruppetti, all'interno dei quali si dicevano cose..... degli altri.
Un pomeriggio decidemmo di giocare a nascondino a coppie, era una idea venuta ai due romani che trovavano quella variante, fantastica. A coppie fatte io capitai con Mimmo. Gli dissi, ridendo, che eravamo avvantaggiati visto che eravamo due silenziosi. Lui annuì senza parlare.
I fratelli Berti furono sorteggiati per cercarci e subito ci avviammo dove erano stipati i covoni di erba medica.
Faceva un caldo bestiale, la mia camicetta si stava bagnando di sudore e provai un po di vergogna pensando alle ascelle. Mimmo sembrava non farci caso, accovacciato vicino a me guardava verso l'alto come se così potesse capire da che parte sarebbe venuto il nemico. Mi accovacciai anche io di fronte a lui e nel farlo mi trovai con le gambe un po aperte, cercai di ovviare, stringendo le ginocchia ma le mutandine erano rimaste in bella vista. Mimmo non guardava più il soffitto, guardava le mie mutandine e la mia faccia poi,, a bassa voce mi chiese : - posso toccarti li? - indicando le mutandine. Io rimasi in silenzio poi chiesi : - perché? -, non lo so precisamente, - sussurrò - ma un mio amico mi ha detto che quella parte di voi donne è morbidissima. -
-a me non sembra - risposi sicura, - è solo un po pelosa ma mi sembra normale. -
Mimmo rimase un attimo in silenzio e poi ricomincio' : - sono sicuro che hai ragione tu, era solo per togliermi il dubbio, se te la posso toccare un secondo, anche senza togliere le mutandine, potrò dire al mio amico che è un bugiardo. -
Si avvicinò a me mettendosi in ginocchio di fronte a me sulla mia destra, poi allungo'la mano e la poggio' leggero sulla mia fica divarico' di poco anulare e medio e fece qualche volta su e giù stringendo fra le due dita quel bozzetto che avevo all'apice del mio sesso. Ebbi due vampate calde e brividi, presi la sua mano e l'allontanai. Mimmo si scuso' e giuro' che quello sarebbe rimasto un nostro segreto. Io mi sentivo avvampare feci cenno di sì e mi alzai. Avevo le mutandine bagnate, che era successo? Mi allontanai dietro un covone e misi la mano sotto la fessura, la tirai fuori piena di un liquido bavoso. Ebbi paura, uscii allo scoperto facendomi prendere dai due romani contenti come imbecilli e me ne andai a casa con la scusa che stavo male......
Papà ci caricava sulla sua Mercedes e ci trasferiva dai nonni che vivevano fra le colline marchigiane.
Io, mia madre, e i due miei fratelli, più piccoli di me venivamo parcheggiati dai nonni materni con la scusa del cambiamento d'aria.
Chi ne risentiva era mia madre a cui, in realtà, non cambiava nulla. Certo la nonna gli alleviava i compiti ma dei figli si doveva occupare lei e quei due erano pestiferi.
Con gli anni si era formata una comitiva molto eterogenea . C'erano sette elementi stanziali di cui tre femmine e poi un numero almeno triplo di "stranieri" che venivano da molte regioni confinanti e non.
L'anno dei miei quindici anni (a Ottobre) mi segno'.
Il nostro posto di ritrovo era l'oratorio, il retro della chiesa di S. Paolo che usavamo per quasi tutte le nostre attività. L'età dei ragazzi variava dai dodici ai sedici anni e inevitabilmente si erano creati dei capannelli.
Noi sopra i quattordici vedevamo come intralcio il resto giovane della compagnia.
Così per staccarci da loro cominciammo a frequentare sempre meno l'oratorio e a incontrarci in un fienile.
Ci furono delle rimostranze da parte di qualche genitore che vedeva svanire l'idea di avere in noi dei guardiani dei loro bambini.
Poi don Gianni si intromise promettendo ai bambini che avrebbero fatto giochi che noi avremmo invidiato.
La nuova comitiva era diversa. Qualcuno cominciava a parlare di fidanzati e amori e cominciavano ad uscire chiacchiere.
Fino all'anno precedente ci addannavamo dietro un pallone o a organizzare feste, nell'anno del mio quindicesimo era cambiata l'aria e il carattere di certi partecipanti. Armando il bolognese, il più vecchio, a sedici anni e due mesi aveva la reputazione di plurifidanzato. Si raccontava che avesse avuto già tre fidanzate e che fosse piuttosto esperto. Giovanni e Riccardo, da Milano, stavano vivendo malissimo la loro stagione dei foruncoli che si erano arroccati sui loro volti. Le tre stanziali, tutte quattordicenni, si tenevano in disparte messe in guardia da don Gianni. I fratelli Berti di Roma, facevano storia a sé, sempre intenti ad alzarsi le mani contro, sembravano vivere una rivalità eterna. Poi c'ero io, Carla da Grosseto, ero una tipa tranquilla a cui piaceva osservare gli altri. A seguire le gemelle torinesi, Chiara e Giulia sempre ineccepibili nei loro abiti fuoriluogo.
Mimmo, da Napoli, era il più silenzioso, aveva quindici anni e capelli lunghi, ribelli.
Come ogni anno non carburammo subito, ci vollero quasi sette giorni perché tutti tornassero ad essere quelli dell'anno precedente.
Si fornarono, al solito, dei microgruppetti, all'interno dei quali si dicevano cose..... degli altri.
Un pomeriggio decidemmo di giocare a nascondino a coppie, era una idea venuta ai due romani che trovavano quella variante, fantastica. A coppie fatte io capitai con Mimmo. Gli dissi, ridendo, che eravamo avvantaggiati visto che eravamo due silenziosi. Lui annuì senza parlare.
I fratelli Berti furono sorteggiati per cercarci e subito ci avviammo dove erano stipati i covoni di erba medica.
Faceva un caldo bestiale, la mia camicetta si stava bagnando di sudore e provai un po di vergogna pensando alle ascelle. Mimmo sembrava non farci caso, accovacciato vicino a me guardava verso l'alto come se così potesse capire da che parte sarebbe venuto il nemico. Mi accovacciai anche io di fronte a lui e nel farlo mi trovai con le gambe un po aperte, cercai di ovviare, stringendo le ginocchia ma le mutandine erano rimaste in bella vista. Mimmo non guardava più il soffitto, guardava le mie mutandine e la mia faccia poi,, a bassa voce mi chiese : - posso toccarti li? - indicando le mutandine. Io rimasi in silenzio poi chiesi : - perché? -, non lo so precisamente, - sussurrò - ma un mio amico mi ha detto che quella parte di voi donne è morbidissima. -
-a me non sembra - risposi sicura, - è solo un po pelosa ma mi sembra normale. -
Mimmo rimase un attimo in silenzio e poi ricomincio' : - sono sicuro che hai ragione tu, era solo per togliermi il dubbio, se te la posso toccare un secondo, anche senza togliere le mutandine, potrò dire al mio amico che è un bugiardo. -
Si avvicinò a me mettendosi in ginocchio di fronte a me sulla mia destra, poi allungo'la mano e la poggio' leggero sulla mia fica divarico' di poco anulare e medio e fece qualche volta su e giù stringendo fra le due dita quel bozzetto che avevo all'apice del mio sesso. Ebbi due vampate calde e brividi, presi la sua mano e l'allontanai. Mimmo si scuso' e giuro' che quello sarebbe rimasto un nostro segreto. Io mi sentivo avvampare feci cenno di sì e mi alzai. Avevo le mutandine bagnate, che era successo? Mi allontanai dietro un covone e misi la mano sotto la fessura, la tirai fuori piena di un liquido bavoso. Ebbi paura, uscii allo scoperto facendomi prendere dai due romani contenti come imbecilli e me ne andai a casa con la scusa che stavo male......
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