Il colore prevalente

di
genere
gay

Quell’appartamento lussuoso in un bel quartiere della città. In centro. Arredamento moderno, minimalista molto elegante ma essenziale. Toni del grigio e molto bianco. Molto gusto in ogni cosa. Quella camera da letto senza armadio, con un quadro astratto, credo una copia di Lucio Fontana. Nella sua essenzialità accogliente. Quasi calda. Io in ginocchio sopra il letto. Piegato sopra di lui. Gli stavo accarezzando le belle gambe muscolose, da sportivo. Intanto gli leccavo la cappella. Non era ancora perfettamente in erezione. Avevo iniziato da poco a toccarlo. Dovevo tenerlo con la mano perché non cascasse di lato, ma si stava già ingrossando. Gli piaceva. E come poteva non piacergli. Mi aveva cercato lui. Era stato molto insistente. Quasi sfacciato. Ma anche elegante. Mi aveva corteggiato a suo modo.
Se volete sapere la verità non riuscivo ancora a crede a quello che stava succedendo. Non sapevo di esserlo. Anzi non lo ero. Eppure mi era venuto duro. Non potete capire quanto. Mi tirava da pazzi. E mi piaceva. Mi eccitava da matti tenerlo in bocca. Accarezzavo e leccavo quelle gambe muscolose, gli accarezzavo delicatamente i coglioni, glieli baciavo. Li succhiavo. Non avrei mai pensato di essere capace di fare un pompino. Eppure gli era venuto duro. Dovevo essere bravo. Avevo ritmo, sapevo dove mettere la lingua e come. Capivo se gli piaceva o gli dava fastidio. Mi piaceva il suo sapore in bocca.
Quando ero stanco lo prendevo un po’ in mano e lo segavo quanto bastava per riposare la mascella e poi ripartivo. Approfittavo di quelle pause per cercare il suo sguardo. A un certo punto mi sembrava che lo volesse. Che mi cercasse. Allora lo feci.
Di tutta questa esperienza la cosa più forte, pervertita più oscena e depravata che sento di aver fatto è proprio quella. Le nostre lingue insieme. La sua bocca profumata di gin. Il suo sapore la sua saliva mentre con la mano gli accarezzavo il cazzo durissimo.
Guardavo il disegno delle fughe delle mattonelle nel pavimento mentre, con la pancia appoggiata al cuscino e le ginocchia sul pavimento lui mi ungeva per bene l’ano. Credo usasse un qualche lubrificante specifico per il sesso anale. Non so. Io avevo n testa la vasellina ma non credo che fosse quella. Lo aspettavo e basta avevo voglia.
Fu lungo. Ci volle tempo perché entrasse tutto emi fece anche male. Ad un certo punto volevo smettere ma lui mi rassicurò. Mi feci guidare e feci bene. Ad un certo punto, tutto d’un tratto, entrò. Fino in fondo.
Iniziò a scoparmi. Come poté. Con attenzione e delicatezza. Quando avevo bisogno che si fermasse gli chiedevo di farlo e lui aspettava paziente. Poi ripartiva. Sentivo rivoli di un qualche liquido scivolarmi dall’ano giù lungo le cosce. Forse lubrificante. Forse era solo una sensazione dovuta ai liquidi corporei.
Mi venne sulla schiena. Era caldo denso. Sembrava non finire mai. Mi piaceva la sensazione del suo seme mentre mi colava dalle schiena per e finiva sulle lenzuola.
Mi chiede se volevo scoparlo. Gli dissi di no. Lui si buttò sul letto. Pancia in su. Io mi accovacciai accanto a lui. Mi faceva un po’ male ma nel complesso la sensazione non era sgradevole. Con una mano gli accarezzavo il petto e la pancia stando ben attento a non toccargli il cazzo per non infastidirlo. Intanto lo baciavo sul collo e sulla bocca. Con l’altra mano mi masturbavo. Dopo u po’ lui se ne accorse. Me lo prese in bocca e mi fece venire.
Facemmo la doccia insieme e parlammo del più e del meno nudi sopra il letto. Lo baciai di nuovo, gli feci una sega e poi dormimmo.
Al mattino dopo mi svegliai con il suo cazzo in mano. Anche il mio era duro. Mi scopò di nuovo. Questa volta mi fece meno male. Lo scopai anche io. Poi andammo a lavoro. Quell’amante carino e delicato, pieno di attenzioni, tornò ad essere il mio capo.
Usci da quella porta e mi diluii nella folla della gente che inseguiva la sua vita come una goccia di inchiostro in una bottiglia piena d’acqua. Lentamente uniformandomi al resto. Al colore prevalente.
scritto il
2017-02-24
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