Schiavi - 6^Parte

di
genere
dominazione

Giunti in un’altra stanza, insieme alla cameriera, riuscimmo a riordinarsi e fare una doccia.
La bella cameriera ci guardava con buffo divertimento, mentre con pazienza ci svuotavamo orecchie, bocca e intimità da pezzi di pandispagna, cioccolato e panna.
Arianna non sembrava nemmeno avesse partecipato a quella violenta orgia; era calma, serena, senza agitazione si lavava via dolce e sperma come nulla fosse.
La bella ragazza, Marina, che sapemmo poi era stata una schiava del padrone di casa che si chiamava Lo Monaco ed era un famoso notaio di Milano, continuava a spogliarsi lentamente in attesa che noi fossimo usciti dalla doccia. Quando io finii ed uscii, Arianna era ancora nella doccia accanto che si ripuliva. Marina era proprio ben fatta e aveva un bel paio di grandi tette, i fianchi erano leggermente prominenti, ma il culo era sodo e pieno; non era depilata e un folto pelo nero ricopriva la sua figa, senza però riuscire a nascondere una grossa clitoride che faceva capolino, rossa e umida. Entrò nel box doccia dove c’era mia moglie e iniziò a massaggiarle le spalle e il collo. Erano più o meno alte uguali circa un metro e settanta e vederle insieme sotto la doccia mi eccitò moltissimo, rimasi a guardare. Guardavo con morbosa eccitazione le grandi tette sfiorare la schiena di mia moglie, lei era appoggiata alla parete con entrambe le braccia, sporgendo il culo verso il pube della cameriera, la ragazza afferrò le tette di Arianna e le massaggiò con vigore facendole uscire i capezzoli, poi con una mano sfiorò la figa depilata, senza affondare le dita, dolcemente con un moto circolare proprio sulla clitoride. Arianna ansimò.
Si aprì la porta del bagno di colpo facendoci sussultare tutti e tre; la cameriera si allontanò un poco dal corpo di mia moglie, ma non servì: “cazzo, sempre a scopare?? Chi ti ha dato il permesso?? Ti ho forse detto di godere e farti toccare da sta puttanella?? Siete due troie!!!” E così dicendo diede un manrovescio e una sberla fortissima ad entrambe le donne, che rimasero impassibili. Poi Simona si voltò all’improvviso verso di me e mi picchiò, con uno scudiscio di cuoio, il membro eretto: “cornuto non sai nemmeno tenere a freno cinque minuti quella troia di tua moglie??? Adesso asciugatevi e venite con me”. Ci asciugammo alla bene meglio e nudi ci portò in un altro salone in cui non eravamo ancora stati.

La stanza era perlopiù spoglia, le pareti, ricoperte di legno di abete, erano vuote. Il pavimento era di listoni anch’essi di legno e dalle basse travi a vista del soffitto scendevano quattro, cinque coppie di lunghe strisce di cuoio che terminavano con delle chiusure a ceppo.
I coniugi Lo Monaco insieme ai nostri padroni ci legarono le mani e le gambe fino alle ginocchia, mi sdraiarono e mi infilarono la testa in una specie di gogna foderata di un morbido tessuto, il mio corpo rimaneva sollevato da terra e leggermente flesso all’indietro. Mi strinsero i coglioni con una ghigliottina e il pene con un’altra, il dolore mi pervase.
Mia moglie fu legata alle strisce di cuoio che pendevano, con le braccia in alto, le ginocchia appoggiate ad un inginocchiatoio. Le fu legato un morso aperto che la costringeva a spalancare la bocca. Fu bendata. Le applicarono degli elettrodi ai capezzoli che si rizzarono subito e lo stesso trattamento fu fatto alle grandi labbra della fighetta depilata e alla clitoride turgida e ben in vista. Un lamento gutturale le sfuggì dalla bocca spalancata.
La cameriera fu incaprettata a testa bassa, legata alle caviglie; le inserirono un dilatatore anale e un grosso dildo elettrificato in figa. Urlò al momento che le versarono un enorme clistere di acqua giù nell’intestino.
Godevano senza parlare, ci guardavano e godevano delle nostre sofferenze. “Ora restate un po’ soli a pensare alle vostre miserabili vite”. Uscirono lasciandoci legati e torturati.
Il tempo sembrava non passare. Guardavo mia moglie che continuava ad avere orgasmi uno dopo l’altro, colava come una fontana, la clitoride, continuamente titillata elettricamente, era gonfia e viola. Arianna si dimenava nel suo godimento masochista e doloroso.
Forti fiotti di acqua continuavano ad uscire dal culo di Marina in fronte a me; anche lei continuava a godere della sua sofferenza e un lago d’acqua e sperma femminile si era formato sotto di lei.
Le mie palle strette mi dolevano, l’eccitazione strozzata del mio pene, ormai violaceo, non riusciva a tramutarsi in eiaculazione, dandomi un continuo tormento al basso ventre.
Passò almeno mezz’ora e i nostri aguzzini rientrarono. Iniziarono a liberarci dai nostri tormenti.
Avevamo le ginocchia segnate e rosse, i nostri sessi erano gonfi e dilatati, eravamo ricoperti da bava, umori e sudore. Ci lasciarono i polsi legati. Ci trascinarono fino ai bordi di una piccola piscina e ci buttarono dentro; lasciandoci a mollo i nostri corpi si ripulirono un po’.
Usciti ci fecero asciugare come potevamo con i polsi ancora legati.
“La punizione è finita” disse Simona “ora andrete a dormire, schiavi riposate bene!”
Fuori albeggiava. Ci condussero in una stanzetta attigua e ci fecero coricare su delle brande.
Le donne si addormentarono quasi subito, io ebbi modo di riflettere sulla condizione di vita del momento.
Aveva un senso tutto questo? Continuare senza fuggire solo per aver paura di rendere pubblica la nostra esperienza. Aveva una logicità essere continuamente vessati, essere schiavi sessuali e non solo senza ribellarci? Vivere nel XX secolo ed essere proiettati nel XVI??
Ormai Arianna l’avevo persa, sembrava che questa vita, questo modo di godere il sesso, l’essere posseduta corpo e anima le piacesse molto. Cazzo avevo sposato una troia o io non ero stato all’altezza di proteggerla e tenerla lontano da questo modo di vivere? Aveva orami intrapreso la strada senza ritorno, incontrollabile, senza un’ipotesi di futuro normale e si lasciava indietro tutto quello che fu il nostro amore, i sogni, la vita. Tutto sembrava irreale. Mi sentivo trascinato in un vortice senza fine, di sesso e immoralità, anch’io come Arianna volevo goderne di tutto ciò facendomi denigrare oppure poteva ancora esserci una speranza di futuro senza tutto questo?
Mi addormentai.

Quando ci svegliammo, insieme in cucina, mangiammo qualcosa. Poco tempo dopo tornammo a casa accompagnati dai padroni.

Simona volle tenere con sé, nella villa, Arianna, praticamente non la vidi per un mese.
Finalmente rividi mia moglie una sera di fine giugno, quando mi invitarono a tornare in villa.
Era bellissima, mi salutò con un gesto della mano e io ricambiai. Simona venne vicino a me, mi baciò sulla bocca e mi sussurrò: “tua moglie è stata meravigliosa e presto sarà premiata”. Rimasi con un pizzico di amaro in bocca non riuscendo a decifrare chiaramente cosa avesse inteso.
Però ero felice per lei. Non sapevo cosa era previsto per quella sera, ma era un po’ che non partecipavo più alla loro vita sociale, sembrava che ai padroni non interessassi più. Effettivamente erano molto presi da Arianna, soprattutto Simona che sembrava essere lei la schiava di mia moglie.
Entrai, mi accompagnarono in soggiorno, mi fecero accomodare e mi diedero da bere del Bourbon. Erano molto gentili, mancava il sig. Gutmeier, ma sinceramente non importava, anzi ero completamente preso dalla bellezza delle due donne che non notai la presenza di un nuovo cameriere e una nuova cameriera, entrambi di colore anche se lei era più una mulatta.
Mi raccontarono qualcosa a proposito dell’idea di Arianna di continuare a vivere nella villa con i coniugi Gutmeier, ma non contava nulla nemmeno questo dettaglio, ormai ero convinto di aver perso mia moglie e perciò ultimamente mi concentravo solo sulla mia vita e sulla speranza di poter uscire dal circolo vizioso. La serata continuò statica, soltanto loro due continuavano, con entusiasmo, a raccontare le loro “avventure” eccitanti. All’improvviso cambiò tutto.
Le donne si alzarono e Simona iniziò a spogliare Arianna, pian piano con molta sensualità.
In breve mia moglie rimase solo in collant aperti davanti e dietro. Simona a quel punto invitò Arianna a spogliarmi. Mi alzai e in uno strano gioco di coppia, mi spogliò lasciandomi completamente nudo, mi girò dando le spalle a loro, ma riuscivo a vedere con la coda dell’occhio che Simona si sedette nuovamente sul divano e dietro lei si sistemarono i due della servitù che cominciarono a porgere ad Arianna alcuni oggetti.
La frusta frangiata a code mi percosse forte la schiena e le natiche, il bruciore mi pervase e mi allontanai. In quel momento il ragazzo di colore in livrea mi venne a tenere le braccia e mia moglie iniziò a percuotermi le natiche e la schiena con lo scudiscio, provavo del dolore acuto, ma l’eccitazione di essere dominato da Arianna mi fece percepire un fermento interno.
Mi abbracciò da dietro e potei sentire i suoi seni sulla schiena dolorante. Mi attaccò ai capezzoli delle clips che mi fecero sussultare, facendosi aiutare dal nero, mi legò i polsi e mi mise un cappuccio in testa; poi mi spinse, puntandomi la frusta sulle palle, fino a farmi inginocchiare e mi legarono le caviglie. A carponi mi collegò dei morsetti allo scroto e iniziò ad elettrificarmi i testicoli, dandomi delle brevi ed intermittenti scosse elettriche. Mi prese il cazzo e dapprima cominciò a stringerlo forte con le mani poi gli infilò un cappuccio elastico e lo legò forte alla base. Si gonfiò molto e mi fece un gran male, strillai. Allentarono un poco il nodo, ma tirarono il pene dietro al perineo, contro i testicoli che continuavano ad essere elettrificati, la corda la passarono dietro tra le natiche e la schiena fino al collo. Ora non potevo muovermi, ero in uno stato di costrizione e tortura.
Passò del tempo e continuavo a provare molto dolore e più passava tempo e più il dolore aumentava. Sentivo voci e parlottii, ma non capivo che cosa dicessero.
Mi tolsero il cappuccio dopo una quarantina di minuti. Vidi Simona nuda che accarezzava la cameriera nera, anch’ella nuda in piedi a gambe divaricate. Un corpo statuario, seni e culo sodi e gambe tornite e snelle. Arianna era accovacciata sul divano, subito non capii, sembrava avesse in mano ancora l’impugnatura del gatto a nove code e invece quando riuscii a vedere meglio, mi accorsi che stava tenendo con le due mani e nel mentre leccando con voracità la lunghissima e grossa asta del cameriere che prima l’aiutò a legarmi. Un cazzo da cavallo, almeno venticinque centimetri di lunghezza e cinque di diametro. Rimasi incredulo per un po’. Simona si sdraio dietro ad Arianna e cominciò a leccarle la figa che sporgeva generosa sotto il culo, mentre la cameriera realizzava lo stesso trattamento alla figa e al culo di Simona.
Ad un certo punto mia moglie si alzò e s’impalò il grossissimo cazzo di colore, su nella figa, saltandoci sopra senza freno. Simona si alzò e mi liberò dalle costrizioni che mi stavano castrando. Mi lasciò legati solo i polsi e le caviglie. Il mio cazzo liberato si rizzò subito vedendo l’esibizione di mia moglie. La sua figa bagnatissima continuava a striare di bianco il nero arnese. Arianna venne con mille tremolii del corpo sopra quel cazzo. Si tolse per lasciare il posto a Simona che si sistemò in un batti baleno nella stessa posizione che aveva assunto la sua schiava. Alla cameriera venne ordinato di lavare con la lingua la figa di Arianna che titillata dalla rosa lingua venne nuovamente con un fiotto di liquido pastoso. Anche Simona si tolse dal nero dopo un orgasmo incredibile. Mentre la cameriera continuò a leccare Arianna e segare il bastone bagnato dagli effluvi della padrona, Simona riprese il controllo, fece alzare il cameriere con la verga rigida e nodosa e gli ordinò di venirmi nel culo. Inorridii, ma non ebbi tempo di dire alcunché. Mi sputò tre o quattro volte sull’ano e mi infilò la cappella gonfia in un colpo solo, poi diede inizio a spingere sempre più in profondità ed entrò fino ai coglioni, lacerandomi le carni.
Simona ordinò alla cameriera di stendersi sotto di me e farmi un pompino. Così fece, mentre Arianna e Simona iniziarono a godersi lo show masturbandosi reciprocamente.
Il nero venne inondandomi di caldo sperma ed io stesso venni nella bocca della ragazza che bevve avidamente, pulendomi completamente, poi si alzò e ripulì anche il cazzoormai moscio, sporco dai miei umori anali, del ragazzone.
Ero distrutto, Arianna e Simona risero di gusto vedendo il mio culo aperto oscenamente.

Per cinque giorni non mi feci vedere in ufficio. Rimasi solo a casa, pensando alle solite cose, piangendo Arianna e cercando il modo di liberarmi da questo modo di vivere.
Per la prima volta Arianna aveva fatto pratica per essere padrona e io ero stato il suo schiavo, la sua vittima, la sua rivincita.
scritto il
2017-03-30
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