Tale madre tale figlia
di
Tara
genere
incesti
Quando la mamma fuggì con un australiano venuto in vacanza nella nostra città, nella riviera romagnola, io avevo appena diciannove anni e mezzo, frequentavo un alberghiero privato per diventare cuoca, pertanto, fui obbligata a lasciare lo studio per sostituirla in tutto per tutto: lavare, stirare, cucinare per papà e anche per i miei tre fratelli, il più piccolo dei quali, Massimo, diciotto anni, mentre gli altri due, Giulio ventidue, ed il più grande, Bruno, ventisette. Papà mi aveva assicurata che, presto, avrebbe preso una specie di badante e allora avrei potuto ritornare a studiare; ma, dopo più di cinque mesi, non era ancora successo nulla. Continuavo a fare le faccende domestiche, lavare, stirare e cucinare senza nemmeno ricevere un giudizio favorevole o un ringraziamento. E oltre a questo, ero costretta a lavare la schiena al mio fratellino, visto che giocando al pallone si era ferito a un braccio e non lo poteva muovere. “ Poi, dopo, quando ho finito di fare il bagno, dovrai cambiarmi la fascia perché si è bagnata tutta ”, mi aveva detto Maxi, alzandosi su, in piedi, e voltandosi verso di me, indurito da fare spavento, lasciandomi senza parole, sia per la sorpresa che per la sferzata segreta che il suo affare mi aveva dato al centro del ventre. “ Vergognati …! ”, lo rimproverai, io, continuando a guardare il suo pene bello, lungo e vibrante. “ Con me che sono tua sorella non dovresti … ”, continuai, senza convinzione. “ Perché …? La mamma, quando capiva che il pisello mi faceva male, me lo succhiava fino a quando il dolore mi passava …”, mi spiegò con un candore sconvolgente. “ La mamma te lo … prendeva in … ? ”, azzardai, senza avere il coraggio di finire la frase. “ Si, così ”, mi disse, prendendomi per la testa e attirandomi verso di lui, fino a quando il suo pene si unì alle mie labbra che, come per incanto, si aprirono lasciando scivolare fino quasi in gola il suo delizioso augello, tutto rosso fuoco, e non credo per la vergogna. Com’era giusto e prevedibile, l’eiaculazione fu improvvisa e molto tonificante, ingerita, bella calda e gustosa. “ Cosa mi fai fare, Maxi!? ”, mi lamentai non appena il piacere mi lasciò riprendere respiro. “ Dai, sorellina, non sei contenta anche tu che ora non ho male qui …? ”, mi domandò, toccandosi i testicoli. “ Si …, si …, ma mi raccomando: non dirlo a nessuno, ti scongiuro! ”, lo pregai. “ Lo prometto, ma soltanto se ti lasci toccare un pochino fra le gambe ”, mi chiese, prendendomi per la seconda volta alla sprovvista. “ Non ci penso proprio …! Ed ora, smettila, altrimenti mi arrabbio, sai? ”, lo minacciai, seria.“ Beh, peggio per te. Lo dirò a Giulio e a Bruno; loro non si limiteranno a toccarti, credimi. Alla mamma loro, facevano cose tremende, e lei gemeva sottovoce per non svegliare me … ”. “ E tu, come fai a saperlo, se dormivi, Maxi? ”. “ Perché, quando papà faceva la notte con il taxi, io sapendo che sarebbero andati in camera della mamma, fingevo di addormentarmi, poi andavo a spiarli dal buco della serratura … ”, mi rispose, con vero orgoglio. Quella spiegazione mi fece capire che io non avevo vie d’uscita. Mio fratello più piccolo mi ricattava, ed io lo temevo perché dell’incoscienza non ci si può certo fidare. “ Va bene, mi lascio toccare, ma non farai nulla di più, chiaro …? ”, lo minacciai, sollevandomi poi la gonna e abbassando lo slip. Senza farselo ripetere una seconda volta, Maxi allungò una mano e la posò sulla mia vagina, fradicia di umori, dovuti probabilmente a tutti quei discorsi fatti con mio fratello, che, dopo avere piegato il dito medio in modo da entrare dentro di me, poco, ma abbastanza per farmi avere un brivido di piacere così intenso che subito dopo mi ritrovai a supplicarlo di spingerlo tutto quanto nella mia intimità. L’orgasmo che ebbi fu qualcosa di ancestrale, così intenso che mi ci volle parecchio per riprendermi, ma non così presto da evitare che mio fratello infilasse la punta del suo membro dentro la mia vagina, ormai piuttosto oleata dagli umori e dall’esaltante piacere che avevo goduto prima. A salvarmi, la pressione dolorosa del suo lungo membro sul velo ancora integro della mia vagina, che mi fece balzare indietro fulmineamente, urlando di dolore. “ Sei ancora vergine …?! ”, mi chiese, con vero stupore sul viso. “ Si, e intendo restare tale almeno fino a quando mi sposerò … ”, dichiarai, convinta del mio proposito. “ Bé, contenta te, io non ho nulla in contrario. Vuol dire che mi accontenterò di mettertelo dietro ”, dichiarò sorprendendomi per l’ennesima volta. “ Ora basta, Maxi. La mia pazienza ha un limite. Mi sto arrabbiando seriamente. Oh già fatto cose che tra fratelli non si devono fare, e tu, mi stai chiedendo una cosa che oltre a tutto è persino contro natura: ma ti rendi conto? ”, dissentii, chinandomi a raccogliere le mutandine ancora alle caviglie. “ Allora mi costringi a fare la spia, Marina …! ”, mi minacciò, mostrandomi il suo pene ancora più duro di quando glielo avevo succhiato. “ Mi fa nuovamente male qui, sorellina ! ”, si lamentò, sollevando i testicoli, la cui pelle tesa, non più raggrinzita come quand’era in fase rilassata, appena goduto, lasciava capire di avere di nuovo rigenerato il liquido che lui pretendeva di posare dentro il mio l’ano. Il primo risucchio che avevo fatto a quel suo sempre più esigente serpentello, mi stava condizionando senza alcuna speranza di non sottostare alle sue voglie. “ Però, devi fare piano, Maxi. Io, qui dietro, sono comunque vergine . Se dico di fermarti, lo devi fare subito, senza indugio alcuno, hai capito? ”. ” Ma certo, sorellina …! Per chi mi hai preso? Non sono mica un bambino, sai. Ho avuto le mie esperienze con qualche mia amichetta … ”, rispose contrariato. “ Già, e con questo, cosa vuoi dire, che gliel’hai messo dietro …? ”. “ Ovviamente! Anche loro avevano il tuo stesso problema, e non volevano perdere l’illibatezza. Che ve ne fate poi, di quell’ impedimento che vi limita, io proprio non lo capisco! ”, sbuffo mentre mi girava intorno, dopo di che, mi fece posare le mani sul bordo della vasca, si umettò bene la testa del pene e iniziò a penetrarmi molto lentamente, invadendomi, senza troppo dolore, con una buona metà del suo membro. Per non fargli intendere che il gradimento era più intenso del male, falsamente urlai di fermarsi, cosa che naturalmente lui non fece, anzi, con un solo colpo tremendo, fini di entrare in me così profondamente da colpire con i testicoli la mia vagina, che subito reagì lanciandomi di nuovo in paradiso. Quando tornai in me, lui mi aveva attratta a se e si era seduto sullo sgabello del bagno trattenendomi sul suo grembo, sempre innestata sulla sua mazza, ancora bella tesa, vibrante com’era quando l’avevo succhiato prima, lasciandomi così prevedere che fra non molto si sarebbe svuotato dentro il mio ano come aveva fatto nella mia gola. Infatti, eiaculò un’infinità di linfa caldissima che avvertii aderire alle pareti dell’antro che per la prima volta veniva usato, ma che sicuramente, in futuro, avrei fatto in modo di donarlo con meno parsimonia. Nonostante avesse goduto intensamente, Maxi, continuava a trattenermi seduta sul suo sesso e a palparmi il seno mentre mi baciava il collo, procurandomi un susseguirsi di tremori piacevoli, così superlativi da farmi desistere dall’allontanarmi da quella posizione, anzi, mi muovevo perché il suo salsicciotto, ormai in fase di deperimento, continuasse a sostare nel mio ano il più a lungo possibile. Purtroppo, l’ inanimato, combaciava solo più con il solco dei miei glutei, appiccicaticci per tutto lo sperma che con lui era uscito dal luogo che anche per Maxi era stato l’Eden terrestre. Molo a malincuore, mi separai dal meraviglioso podio sul quale, mi ero seduta per la prima volta, . Mio fratello si sciacquò velocemente, poi, dopo avermi baciato sulla guancia, si eclissò con rapidità, senza attendere che io gli ripetessi le raccomandazioni. “ Sicuramente, Maxi terrà per se quello che ce stato fra di noi …”,pensai, mentre mi facevo il bagno anch’io. “ Lo sa bene che, se parla, con me ha chiuso ”, mi dissi, tentando di auto-convincermi, sebbene non avessi alcuna fiducia in lui; e questo perché, senza essere interrogato, mi aveva rivelato le deviazioni di lui con la mamma e pure quella dei nostri fratelli. Deviazioni alle quali non riuscii a non pensare mentre l’acqua mi scaldava il corpo, e che interferirono con la mia audace fantasia erotica, fino a spingermi a toccarmi la vagina, ad infilarmi il tappo sferico dello shampoo, adoperandolo come se fosse un sesso maschile, mentre la fervida fantasia costruiva una specie di orgia sessuale dove avevo incluso tutt’e tre i miei fratelli, e perfino la mamma. Immagini che si alternavano sullo schermo, in fondo alla mia mente, con una sequenza veloce ed anche infinitamente eccitante, tanto da coinvolgermi, in modo irrefrenabile, così da spingermi di nuovo a godere stratosfericamente.
Per tutto il pomeriggio ero rimasta sola a casa. Papà era sul taxi con Bruno per mostrargli il mestiere, visto che anch’egli voleva fare il tassista, mentre Giulio era al lavoro in pizzeria, e Maxi, a studiare con un amico. Per cena avevo preparato gli spaghetti al gorgonzola ed un elaborato secondo con carne e verdure varie, che avevo visto cucinare ad un cuoco sardo. “ Buonissimo, tesoro …! ”, mi aveva detto mio padre, seguito nel complimento anche dai miei fratelli, e specialmente da Massimo che aveva aggiunto: “ Come lo fai tu … non lo fa nessuno, sorellina … ”, aveva aggiunto, strizzando l’occhio, procurandomi un imbarazzo che credo mi fece persino arrossire, pensando che lui avesse alluso al pompino che gli avevo fatto. “ Ha ragione Maxi, sorella: sei impareggiabile come cuoca! ”. Probabilmente, avevo interpretato male la frase di Massimo. Forse era dovuto al diversivo sessuale che era accaduto con lui, per cui mi sentivo fragile, in colpa, visto che come sorella maggiore, nei suoi confronti, non avrei dovuto cedere tanto facilmente. Appena dopo cena, loro uscirono per andare al bar a vedere la partita, ed io, lavati i piatti, visto che per tv non c’era nulla che mi piaceva, optai per andare a letto. Mi ero appena assopita quando sentii sollevare il lenzuolo e una mano accarezzarmi il sedere, nudo, senza nessuna protezione, poiché, a letto non sopportavo alcun indumento. “ Hai una pelle meravigliosa e caldissima, sorellina …! ”, avvertii l’inconfondibile voce di Massimo, il quale, non si curava affatto di bisbigliare. “ Ma sei matto? Vuoi che ci sentano? ”, lo rimproverai, mettendogli una mano sulla bocca. “ Nessuno ci può sentire. La partita è appena iniziata, pertanto, per un paio di ore, siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo ”, rispose, con un sorrisino malizioso sulle labbra. “ Comunque sia, non voglio che resti in camera mia, e non voglio mai più fare niente con te. Pensa se ci scoprissero …! ”, mi negai decisa a farmi rispettare da quel lussurioso di mio fratello, che stava diventando troppo insistente e molto esigente, riguardo i nostri contatti sessuali. “ Be’, fai quello che vuoi, ma, se non mi fai godere con la bocca, io di qui non mi sposto più …! ”, mi ricattò, sdraiandosi sul letto addirittura con le scarpe e tirando fuori il suo membro già fiorito. “ Dai, Maxi, non fare così! Torna in camera tua … ”, lo supplicai, accarezzandogli i riccioli. “ Succhia, e poi me ne vado, promesso ”, mi rassicurò mentre se lo menava con forza. “ Non avevo vie d’uscita. Lui era così determinato che non mi restò altro da fare che abbassarmi fra le sue gambe e poi prenderglielo in bocca, lasciando che lui continuasse a menarselo velocemente. Prima che lui mi godesse in gola, lo fermai ed iniziai io a menarglielo, ma lentamente, gustando l’umore che gli rendeva succoso il sesso e la mia vagina bagnata che iniziava ad esigere qualcosa in più di un tappo del flacone dello shampoo. ” Io lo avevo detto che come lo fai tu, non c’è nessun’altra …! ”, dichiarò, fra un gemito e l’altro, eccitandomi in modo tale da costringermi a prendergli una mano e infilarmela fra le cosce, marce, come se mi fossi fatta la pipì addosso. “ Unisci le dita ad imbuto … ”, gridai. “ E mettimele dentro, ti scongiuro! ”, lo pregai, “ più in fondo che puoi: si …, così! Ancora di più, vai, vai …! ”. L’ultima mia richiesta, si combinò con un mio violento orgasmo, piacere che per qualche momento non mi consentì di dedicarmi al suo sesso. “ Ora però, tu, devi far godere anche me, porcellina! ”, pretese, eccitato come non l’avevo ancora visto. Senza attesa, lo afferrai con entrambe le mani, lo denudai della pelle superflua che lo ricopriva, lo leccai tutt’intorno, glielo baciai da un lato all’altro per poi scendere lungo il filetto circonciso fino a raggiungere i testicoli duri come fossero due noci con tanto di guscio. “ Ora voglio che me lo ingoi tutto, fino alle tonsille, come fanno le puttane … ”, mi ordinò, facendomi sentire come le donnacce che aveva menzionato. Sentire il suo sesso scendere dentro la mia gola, era diventato, dopo la prima volta, un piacere intenso, e niente affatto un ingombro nauseante. Il mio cosiddetto fratellino, mi stava conducendo verso una strada molto pericolosa, perversa, dove prima io mi negavo ma, allo stesso tempo, speravo che lui trovasse il modo per convincermi, anzi, costringermi a fare tutte le sconcezze che lui esigeva da me. “ Questa volta però voglio venirti in faccia, poi vedere mentre lo raccogli con le dita e lo succhi tutto ”, mi propose. “ Sai, Marina; osservarti mentre fai la porca, mi eccita molto, mi piace moltissimo, e specialmente quando lo fai perché sono io a chiedertelo, anzi, ad importelo ”, si vantò, dondolando il ventre, accelerando così l’andamento che io gli avevo imposto. Ma nonostante tutto non riusciva a godere. “ Ho bisogno di vedere qualcosa di speciale, di molto eccitante che mi aiuti a vuotare questi due manigoldi, che spesso mi fanno sentire un dolore tremendo ”, disse, guardandosi intorno, forse per cercare quel qualcosa di speciale di cui aveva parlato prima. Oggetto che individuò sul comò della mia stanza da letto, una media palla di vetro che quando la giravi faceva l’effetto neve. Dopo averla presa, me la passò chiedendomi di metterla dentro la vagina e adoperarla come fosse un membro che mi scopava. “ E’ troppo grande, non mi entra! ”, mi lamentai, mentre lui si era messo cavalcioni sulla mia faccia continuando a menarselo con foga. “ Ma si che entra. Dai a me un attimo ”, mi chiese. Dopo averlo umettato con un bel po’ di saliva, me lo puntò fra le gambe e spinse fino a quando non rimase fuori che la base, troppo larga per entrare. A dire il vero, più di una volta, nell’intimità della mia stanza, in preda a focosi impulsi, avevo avuto il desiderio di adoperare quella sfera liscia, ma poi, avevo sempre desistito per il timore che magari potesse rompersi mentre l’adoperavo e ferirmi in modo assai difficile da spiegare. “ Sappi che la prossima volta te la metterò dietro, sorellina, che tu voglia o no …”, mi promise prima di spruzzarmi tutto il suo piacere sul viso. Come mi aveva ordinato, avevo raccolto tutto lo sperma con le dita e poi le avevo succhiate senza perderne una sola goccia. “ Brava, troia: mi piaci quando mi ubbidisci alla lettera ”, mi aveva detto prima di tornare in camera sua. Gli incubi di quella notte furono tutti incentrati su combinazioni sessuali di ogni genere, anche con delle donne, nessuna delle quali aveva un volto conosciuto. Soltanto gli uomini avevo riconosciuto: un mio compagno di classe, il cuoco già stagionato che ci insegnava a cucinare il pesce, e persino il figlio di un amico di mio padre. E fra tutte le donne presenti all’orgia fantastica, soltanto io ero adoperata da tutti gli uomini presenti nel sogno. Mi sentivo una principessa, anzi una regina …, ma quando mi svegliai, il mattino dopo, capii che ero certamente una principessa, o forse una regina, ma delle puttane. In un solo giorno mi ero fatta venire in bocca, mi ero lasciata sodomizzare, comandare, godere in faccia e allargare la vagina con un’ampolla di vetro di un certo calibro, grande quasi come un meloncino …; e chissà cos’altro mi avrebbe richiesto ancora mio fratello, di questo passo. Il bello era che, nonostante tutto, il diversivo mi era piaciuto molto e già fantasticavo su quali sarebbero state le nuove esigenze di Massimo, certa che le avrei accettate, pur se avrei fatto un po’ la schizzinosa per non fargli capire che di me poteva fare tutto ciò che lui preferiva. Per tutta la settimana successiva, ogni momento in cui eravamo soli, Massimo mi sfiorava con la massima sfrontatezza, oppure mi toccava quando era certo che mio padre, o i miei fratelli, erano girati o disattenti. Alla notte poi, appena Giulio e Bruno si erano addormentati, lui sgattaiolava nella mia camera e, anche se dormivo, si appropriava della mia bocca, del seno o dell’ano, fino a quando godeva, e dopo, se ne andava, lasciandomi la maggior parte delle volte, insoddisfatta, costretta a farmi un ditalino o a usare la solita palla di vetro. Una domenica, mentre papà e gli altri due fratelli erano andati a Monza, a vedere il gran premio, lui era venuto a casa con un suo amichetto, poco più giovane, e aveva preteso che gli facessi un pompino … Sai, Marina, lui non è mai stato con una donna …! ”, era stata la scusa, “ ed io gli ho offerto te anche perché volevo ringraziarlo per avermi pagato la pizza, l’altra settimana ”, aveva spiegato come se fosse la cosa più normale del mondo, e nonostante il mio deciso rifiuto, lui aveva insistito fino a giungere al solito ricatto.
“ Non vorrai che parlo, vero Marina …? ”. “ Ma ti rendi conto che così mi tratti da prostituta, Massimo? ”, gli dissi, offesa. “ Si, e in effetti è quello che sei, sorellina, la mia puttanella, la troia che deve fare tutto ciò che io chiedo, altrimenti, sai già cosa farei …! ”, mi minacciò, davanti al suo amico, che tentava di nascondere il rossore del suo viso dietro le spalle di Maxi, baldanzoso come un condottiero a cui non puoi negare nulla. Non avevo alcuna possibilità di esimermi pertanto rimasi in attesa che l’amico si avvicinasse a me per farmi violentare la bocca. “ Dai, sorellina, comportati da mestierante. Lo devi svezzare. Poi, vedrai che sarà lui a guidare la tua lingua … ”, m’incitò, spingendo verso di me il suo amico, sempre più che avvampato in volto, quasi come se stesse prendendo fuoco. Veloce, mi misi in ginocchio davanti alla patta dei suoi pantaloni, gli abbassai la cerniera, infilai una mano a spostargli lo slip, gli afferrai il pene e glielo tirai fuori in tutta la sua delicata interezza, restando perfino intenerita da quel fragile augello, piumato da riccioli neri e lievemente sodo, ed allo stesso tempo, tremante come d’altronde lo era lui, in tutto il corpo. Prima che mi svenisse fra le mani, gli baciai il glande con cura ed estrema delicatezza, poi, visto che lui s’induriva sempre più, iniziai a farmelo scendere gradatamente in gola continuando a contornalo con la lingua. Purtroppo, lui mi esplose quasi subito, senza lasciarmi il piacere di ingoiarlo tutto, anche se l’eruzione che aveva avuto mi aveva poi comunque saziata almeno nel palato. “ Ti è piaciuto Alex …? ”, gli domandò mio fratello, dal divano dove si era accomodato per osservare la scena erotica. “ Si. E stato bellissimo …! ”, rispose il suo amico, ansimando come se avesse fatto una lunghissima maratona. “ Vuoi che ti faccia altro? Chiedi, e lei, Mery, ti esaudirà in tutto ”, lo rassicurò Massimo, sorridendo compiaciuto. Alex guardò me e subito dopo mio fratello facendo un segno con la mano che non lasciava dubbi su ciò che pretendeva: la mia vagina. “ No, li dentro non si può, amico ... Mia sorella vuole tenerla illibata fino al matrimonio. Però, fra le tette o dentro il culo glielo puoi mettere, se vuoi ”, gli offrì, come se fosse lui il proprietario del mio corpo. “ Allora scelgo il dietro … ”, rispose lui, mentre si accarezzava il membro, di già piuttosto indurito, nonostante avesse appena goduto. “ Come faccio? Dobbiamo andare a letto perché io possa metterglielo lì … ”, propose Alex, rivolgendosi a mio fratello. “ Non ce bisogno del letto. Ci penso io a metterla nella posizione ideale: non temere ”, gli rispose Massimo, facendomi segno di andare verso di lui. “ E ora stenditi qui, sul bracciolo del divano ”, mi ordinò, dopo di che mi calò le mutandine e mi divaricò i glutei per far vedere bene ad Alex il mio buchino, non più tanto vergineo. Sentire dentro di me il membro di quel mezzo ragazzo, mezzo uomo, mi stimolò oltre il dovuto, particolarmente. La sua carne, non troppo grossa né troppo dura, mi dava una scossa del tutto nuova, un piacere che non so spiegare chiaramente ma che mi portò al piacere in un battibaleno, ancor prima, questa volta, che fosse lui a godere; ciò che comunque avvenne pochi attimi dopo, imponendomi un altro interminabile orgasmo. Appena l’amico fu soddisfatto, se ne andarono entrambi senza dire una sola parola per esaltare la mia prestazione sessuale. Il resto della giornata la passai a pulire casa ed a cucinare, trovando troppo tardi il bigliettino scritto da Massimo dove mi diceva che i miei non sarebbero ritornati per cenare poiché erano stati invitati da un loro conoscente, mentre lui, avrebbe dormito a casa del suo amico. “ Be’, almeno, questa notte posso dormire tranquilla ...! ” , mi dissi, considerando che il mio baby porcello fratellino, non sarebbe venuto a svegliarmi. Da quando Massimo aveva iniziato a venire in camera mia, io andavo a dormire presto per essere ben sveglia quando mi dedicavo a lui, così, anche quella sera mi ero coricata alla stessa ora, per abitudine. Stavo sognando una scena erotica che era realmente accaduta quel pomeriggio: io sdraiata sul bracciolo del divano mentre il ragazzo mi stuprava da dietro, con l’aggiunta non reale di mio fratello che s’era aggiunto a sverginarmi, quando mi sembrò di sentire veramente la mano di Massi accarezzarmi i peli della vagina, mentre, un’altra mano mi stringeva un capezzolo dolorosamente. “ Ahi! ”, mi lamentai. “ Ma sei matto, Massimo?” gli chiesi, alzando il tono della voce, ma non troppo per non farmi sentire soprattutto da mio padre. Senza rispondermi, si tuffò con la bocca sul mio seno e prese a succhiarmelo con foga, accarezzandomi con entrambe le mani il ventre, cosa che mi lasciò un po’ stranita poiché anche altre due mani si erano posate sul mio ventre, già piuttosto inumidito da quei primi contatti che pensavo fossero sempre del mio fratellino, tornato a casa anzitempo proprio perché non poteva fare a meno di me, o meglio, del mio bel corpo, come soleva dire lui mentre mi profanava. Aprii subito gli occhi e mi ritrovai fra le braccia dei miei due fratelli più grandi, mentre si dedicavano al mio corpo con lascivia, pure loro nudi e predisposti a fare di me e con me le cose più torbide dal lato sessuale, e senza nemmeno il mio permesso. “ Lasciatemi ”, gli sussurrai, mantenendo la voce bassa. “ Dopo, sorellina, dopo …! ”, mi rispose Bruno, il mio fratellone più vecchio. “ Quando tu ci avrai fatto godere entrambi, così come fai godere quel moccioso del nostro fratellino, poverino, che ti scopa perché l’hai traviato, porca …! ”, aggiunse, mentre mi accavallava il capo con le gambe per poi mettermi i testicoli in bocca, quasi soffocandomi …, con l’enormità delle sue palle. “ Ti dovevi rivolgere a noi se volevi soddisfare le tue voglie, baldracca, e non ad un ragazzo senza esperienza ”, aggiunse Giulio mentre mi leccava la vagina con massimo impegno, tanto da attenuare enormemente la mia decisione di rimanere vergine. Castità che riuscii a salvare solo perché, quando Giulio tentò di profanarmi con il suo pitone, mi girai a pancia sotto offrendogli la parte che gli uomini ritengono la più prelibata di una donna, e dopo, a salvarmi da Bruno impegnando strenuamente la mia parte anteriore con la palla di vetro, la quale, ad ogni rivoltamento del mio corpo, si riempiva di candida neve, eccitando, e non ho capito perché, senza senso i miei fratelli i quali, si burlavano di me, mentre uno di loro m’imboccava e l’altro profanava il mio didietro, dicendo: “ Dai, puttanella natalina, spandi un po’ di neve fresca …! ”. Una notte davvero impegnativa dove entrambi mi avevano presa dietro e in bocca alternandosi a piacere, ed in fine, mi erano venuti tutt’e due in faccia, con spruzzi roventi di seme causandomi una sensazione di piacere indescrivibile, che io consumai per intero in me stessa, senza dare loro la certezza di avermi procurato più piacere di quanto gliene avevo fornito io. Così poi, com’erano venuti, se ne erano andati, lasciandomi sola, intenta a maneggiare su e giù il bulbo di vetro in modo da completare appieno il godimento iniziato con loro. La notte dopo, Massimo puntuale venne da me ma io lo cacciai. Ormai non poteva più ricattarmi, visto che aveva raccontato tutto agli altri miei fratelli, e, anche se un po’ mi dispiaceva non stringerlo fra le mie braccia, era mia intenzione punirlo. Poi, magari, l’avrei perdonato, ma per un po’, desideravo farlo soffrire. Nonostante i miei ripetuti rifiuti, lui ogni sera veniva alla mia porta, bussava piano, poi, vedendo che non rispondevo, se ne andava senza insistere. Una settimana dopo circa, avevo deciso di perdonarlo, così avevo lasciato la porta appena socchiusa. Quando giunse, io finsi di dormire, sapendo che la cosa l’eccitava molto, lasciando che fosse lui a destarmi con le sue toccatine o le sue carezze nelle parti intime. Infatti, poco dopo avvertii una sua mano accarezzarmi le cosce appena sopra il ginocchio per poi salire a palparmi il sesso, già fradicio d’umori. Quando poi tentò di inserire le dita dentro io subito mi scansai offrendogli nuovamente il sedere, convinta che anche quella volta si sarebbe di sicuro accontentato. Inizialmente mi sollevò il sedere mettendomi a pecorina, ma poi, invece di entrarmi nell’ano, improvvisamente, diresse il suo duro membro verso la mia vagina e, con un colpo solo, mi penetrò fino al velo, facendomi lanciare un urlo di dolore a dir poco, sovrumano. Pochi attimi dopo, si accese la luce in camera mia. Tutti e tre i miei fratelli erano venuti a vedere cos’era accaduto, cosa aveva causato il mio urlo. Mio padre s’era infilzato dentro di me e continuava a cavalcarmi come se nulla fosse, senza alcuna pietà per il dolore che mi causava oppure per il sangue che copioso defluiva dalla mia vagina, spandendosi sul lenzuolo sotto di me. Con voce perentoria, egli intimò ai miei fratelli di andarsene e spegnere la luce; cosa che loro non si fecero ripetere una seconda volta. “ E tu, stai brava, troia …! ”, E sappi che da oggi tu sei soltanto mia. Sostituirai quella troia di tua madre in tutto e per tutto, visto che sei uguale a lei …! ”, mi impose, con un tono di voce tanto prepotente da non lasciarmi alcuna possibilità di replica. Nel prosieguo della notte, il dolore si era attenuato molto per lasciare il posto a piaceri intensi che mi portarono all’orgasmo varie volte, con un’eccitazione di gran lunga diversa da quella che avevo provato con i miei fratelli. Mio padre mi aveva fatto godere da donna, e non soltanto da giovane libellula alle prime esperienze sessuali. Mi aveva sverginata con prepotenza assoluta, cosa che a noi donne, anche se lo neghiamo, piace, perché, sentirci possedute con forza, rende il rapporto molto più appagante. Aveva agito da capo branco di fronte ai maschi pretendenti, prevalendo, appropriandosi della femmina con autorità. Lui, aveva agito così, ed a me, la cosa era piaciuta moltissimo, portandomi perfino ad ammirarlo, e forse, anche ad amarlo.
Per tutto il pomeriggio ero rimasta sola a casa. Papà era sul taxi con Bruno per mostrargli il mestiere, visto che anch’egli voleva fare il tassista, mentre Giulio era al lavoro in pizzeria, e Maxi, a studiare con un amico. Per cena avevo preparato gli spaghetti al gorgonzola ed un elaborato secondo con carne e verdure varie, che avevo visto cucinare ad un cuoco sardo. “ Buonissimo, tesoro …! ”, mi aveva detto mio padre, seguito nel complimento anche dai miei fratelli, e specialmente da Massimo che aveva aggiunto: “ Come lo fai tu … non lo fa nessuno, sorellina … ”, aveva aggiunto, strizzando l’occhio, procurandomi un imbarazzo che credo mi fece persino arrossire, pensando che lui avesse alluso al pompino che gli avevo fatto. “ Ha ragione Maxi, sorella: sei impareggiabile come cuoca! ”. Probabilmente, avevo interpretato male la frase di Massimo. Forse era dovuto al diversivo sessuale che era accaduto con lui, per cui mi sentivo fragile, in colpa, visto che come sorella maggiore, nei suoi confronti, non avrei dovuto cedere tanto facilmente. Appena dopo cena, loro uscirono per andare al bar a vedere la partita, ed io, lavati i piatti, visto che per tv non c’era nulla che mi piaceva, optai per andare a letto. Mi ero appena assopita quando sentii sollevare il lenzuolo e una mano accarezzarmi il sedere, nudo, senza nessuna protezione, poiché, a letto non sopportavo alcun indumento. “ Hai una pelle meravigliosa e caldissima, sorellina …! ”, avvertii l’inconfondibile voce di Massimo, il quale, non si curava affatto di bisbigliare. “ Ma sei matto? Vuoi che ci sentano? ”, lo rimproverai, mettendogli una mano sulla bocca. “ Nessuno ci può sentire. La partita è appena iniziata, pertanto, per un paio di ore, siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo ”, rispose, con un sorrisino malizioso sulle labbra. “ Comunque sia, non voglio che resti in camera mia, e non voglio mai più fare niente con te. Pensa se ci scoprissero …! ”, mi negai decisa a farmi rispettare da quel lussurioso di mio fratello, che stava diventando troppo insistente e molto esigente, riguardo i nostri contatti sessuali. “ Be’, fai quello che vuoi, ma, se non mi fai godere con la bocca, io di qui non mi sposto più …! ”, mi ricattò, sdraiandosi sul letto addirittura con le scarpe e tirando fuori il suo membro già fiorito. “ Dai, Maxi, non fare così! Torna in camera tua … ”, lo supplicai, accarezzandogli i riccioli. “ Succhia, e poi me ne vado, promesso ”, mi rassicurò mentre se lo menava con forza. “ Non avevo vie d’uscita. Lui era così determinato che non mi restò altro da fare che abbassarmi fra le sue gambe e poi prenderglielo in bocca, lasciando che lui continuasse a menarselo velocemente. Prima che lui mi godesse in gola, lo fermai ed iniziai io a menarglielo, ma lentamente, gustando l’umore che gli rendeva succoso il sesso e la mia vagina bagnata che iniziava ad esigere qualcosa in più di un tappo del flacone dello shampoo. ” Io lo avevo detto che come lo fai tu, non c’è nessun’altra …! ”, dichiarò, fra un gemito e l’altro, eccitandomi in modo tale da costringermi a prendergli una mano e infilarmela fra le cosce, marce, come se mi fossi fatta la pipì addosso. “ Unisci le dita ad imbuto … ”, gridai. “ E mettimele dentro, ti scongiuro! ”, lo pregai, “ più in fondo che puoi: si …, così! Ancora di più, vai, vai …! ”. L’ultima mia richiesta, si combinò con un mio violento orgasmo, piacere che per qualche momento non mi consentì di dedicarmi al suo sesso. “ Ora però, tu, devi far godere anche me, porcellina! ”, pretese, eccitato come non l’avevo ancora visto. Senza attesa, lo afferrai con entrambe le mani, lo denudai della pelle superflua che lo ricopriva, lo leccai tutt’intorno, glielo baciai da un lato all’altro per poi scendere lungo il filetto circonciso fino a raggiungere i testicoli duri come fossero due noci con tanto di guscio. “ Ora voglio che me lo ingoi tutto, fino alle tonsille, come fanno le puttane … ”, mi ordinò, facendomi sentire come le donnacce che aveva menzionato. Sentire il suo sesso scendere dentro la mia gola, era diventato, dopo la prima volta, un piacere intenso, e niente affatto un ingombro nauseante. Il mio cosiddetto fratellino, mi stava conducendo verso una strada molto pericolosa, perversa, dove prima io mi negavo ma, allo stesso tempo, speravo che lui trovasse il modo per convincermi, anzi, costringermi a fare tutte le sconcezze che lui esigeva da me. “ Questa volta però voglio venirti in faccia, poi vedere mentre lo raccogli con le dita e lo succhi tutto ”, mi propose. “ Sai, Marina; osservarti mentre fai la porca, mi eccita molto, mi piace moltissimo, e specialmente quando lo fai perché sono io a chiedertelo, anzi, ad importelo ”, si vantò, dondolando il ventre, accelerando così l’andamento che io gli avevo imposto. Ma nonostante tutto non riusciva a godere. “ Ho bisogno di vedere qualcosa di speciale, di molto eccitante che mi aiuti a vuotare questi due manigoldi, che spesso mi fanno sentire un dolore tremendo ”, disse, guardandosi intorno, forse per cercare quel qualcosa di speciale di cui aveva parlato prima. Oggetto che individuò sul comò della mia stanza da letto, una media palla di vetro che quando la giravi faceva l’effetto neve. Dopo averla presa, me la passò chiedendomi di metterla dentro la vagina e adoperarla come fosse un membro che mi scopava. “ E’ troppo grande, non mi entra! ”, mi lamentai, mentre lui si era messo cavalcioni sulla mia faccia continuando a menarselo con foga. “ Ma si che entra. Dai a me un attimo ”, mi chiese. Dopo averlo umettato con un bel po’ di saliva, me lo puntò fra le gambe e spinse fino a quando non rimase fuori che la base, troppo larga per entrare. A dire il vero, più di una volta, nell’intimità della mia stanza, in preda a focosi impulsi, avevo avuto il desiderio di adoperare quella sfera liscia, ma poi, avevo sempre desistito per il timore che magari potesse rompersi mentre l’adoperavo e ferirmi in modo assai difficile da spiegare. “ Sappi che la prossima volta te la metterò dietro, sorellina, che tu voglia o no …”, mi promise prima di spruzzarmi tutto il suo piacere sul viso. Come mi aveva ordinato, avevo raccolto tutto lo sperma con le dita e poi le avevo succhiate senza perderne una sola goccia. “ Brava, troia: mi piaci quando mi ubbidisci alla lettera ”, mi aveva detto prima di tornare in camera sua. Gli incubi di quella notte furono tutti incentrati su combinazioni sessuali di ogni genere, anche con delle donne, nessuna delle quali aveva un volto conosciuto. Soltanto gli uomini avevo riconosciuto: un mio compagno di classe, il cuoco già stagionato che ci insegnava a cucinare il pesce, e persino il figlio di un amico di mio padre. E fra tutte le donne presenti all’orgia fantastica, soltanto io ero adoperata da tutti gli uomini presenti nel sogno. Mi sentivo una principessa, anzi una regina …, ma quando mi svegliai, il mattino dopo, capii che ero certamente una principessa, o forse una regina, ma delle puttane. In un solo giorno mi ero fatta venire in bocca, mi ero lasciata sodomizzare, comandare, godere in faccia e allargare la vagina con un’ampolla di vetro di un certo calibro, grande quasi come un meloncino …; e chissà cos’altro mi avrebbe richiesto ancora mio fratello, di questo passo. Il bello era che, nonostante tutto, il diversivo mi era piaciuto molto e già fantasticavo su quali sarebbero state le nuove esigenze di Massimo, certa che le avrei accettate, pur se avrei fatto un po’ la schizzinosa per non fargli capire che di me poteva fare tutto ciò che lui preferiva. Per tutta la settimana successiva, ogni momento in cui eravamo soli, Massimo mi sfiorava con la massima sfrontatezza, oppure mi toccava quando era certo che mio padre, o i miei fratelli, erano girati o disattenti. Alla notte poi, appena Giulio e Bruno si erano addormentati, lui sgattaiolava nella mia camera e, anche se dormivo, si appropriava della mia bocca, del seno o dell’ano, fino a quando godeva, e dopo, se ne andava, lasciandomi la maggior parte delle volte, insoddisfatta, costretta a farmi un ditalino o a usare la solita palla di vetro. Una domenica, mentre papà e gli altri due fratelli erano andati a Monza, a vedere il gran premio, lui era venuto a casa con un suo amichetto, poco più giovane, e aveva preteso che gli facessi un pompino … Sai, Marina, lui non è mai stato con una donna …! ”, era stata la scusa, “ ed io gli ho offerto te anche perché volevo ringraziarlo per avermi pagato la pizza, l’altra settimana ”, aveva spiegato come se fosse la cosa più normale del mondo, e nonostante il mio deciso rifiuto, lui aveva insistito fino a giungere al solito ricatto.
“ Non vorrai che parlo, vero Marina …? ”. “ Ma ti rendi conto che così mi tratti da prostituta, Massimo? ”, gli dissi, offesa. “ Si, e in effetti è quello che sei, sorellina, la mia puttanella, la troia che deve fare tutto ciò che io chiedo, altrimenti, sai già cosa farei …! ”, mi minacciò, davanti al suo amico, che tentava di nascondere il rossore del suo viso dietro le spalle di Maxi, baldanzoso come un condottiero a cui non puoi negare nulla. Non avevo alcuna possibilità di esimermi pertanto rimasi in attesa che l’amico si avvicinasse a me per farmi violentare la bocca. “ Dai, sorellina, comportati da mestierante. Lo devi svezzare. Poi, vedrai che sarà lui a guidare la tua lingua … ”, m’incitò, spingendo verso di me il suo amico, sempre più che avvampato in volto, quasi come se stesse prendendo fuoco. Veloce, mi misi in ginocchio davanti alla patta dei suoi pantaloni, gli abbassai la cerniera, infilai una mano a spostargli lo slip, gli afferrai il pene e glielo tirai fuori in tutta la sua delicata interezza, restando perfino intenerita da quel fragile augello, piumato da riccioli neri e lievemente sodo, ed allo stesso tempo, tremante come d’altronde lo era lui, in tutto il corpo. Prima che mi svenisse fra le mani, gli baciai il glande con cura ed estrema delicatezza, poi, visto che lui s’induriva sempre più, iniziai a farmelo scendere gradatamente in gola continuando a contornalo con la lingua. Purtroppo, lui mi esplose quasi subito, senza lasciarmi il piacere di ingoiarlo tutto, anche se l’eruzione che aveva avuto mi aveva poi comunque saziata almeno nel palato. “ Ti è piaciuto Alex …? ”, gli domandò mio fratello, dal divano dove si era accomodato per osservare la scena erotica. “ Si. E stato bellissimo …! ”, rispose il suo amico, ansimando come se avesse fatto una lunghissima maratona. “ Vuoi che ti faccia altro? Chiedi, e lei, Mery, ti esaudirà in tutto ”, lo rassicurò Massimo, sorridendo compiaciuto. Alex guardò me e subito dopo mio fratello facendo un segno con la mano che non lasciava dubbi su ciò che pretendeva: la mia vagina. “ No, li dentro non si può, amico ... Mia sorella vuole tenerla illibata fino al matrimonio. Però, fra le tette o dentro il culo glielo puoi mettere, se vuoi ”, gli offrì, come se fosse lui il proprietario del mio corpo. “ Allora scelgo il dietro … ”, rispose lui, mentre si accarezzava il membro, di già piuttosto indurito, nonostante avesse appena goduto. “ Come faccio? Dobbiamo andare a letto perché io possa metterglielo lì … ”, propose Alex, rivolgendosi a mio fratello. “ Non ce bisogno del letto. Ci penso io a metterla nella posizione ideale: non temere ”, gli rispose Massimo, facendomi segno di andare verso di lui. “ E ora stenditi qui, sul bracciolo del divano ”, mi ordinò, dopo di che mi calò le mutandine e mi divaricò i glutei per far vedere bene ad Alex il mio buchino, non più tanto vergineo. Sentire dentro di me il membro di quel mezzo ragazzo, mezzo uomo, mi stimolò oltre il dovuto, particolarmente. La sua carne, non troppo grossa né troppo dura, mi dava una scossa del tutto nuova, un piacere che non so spiegare chiaramente ma che mi portò al piacere in un battibaleno, ancor prima, questa volta, che fosse lui a godere; ciò che comunque avvenne pochi attimi dopo, imponendomi un altro interminabile orgasmo. Appena l’amico fu soddisfatto, se ne andarono entrambi senza dire una sola parola per esaltare la mia prestazione sessuale. Il resto della giornata la passai a pulire casa ed a cucinare, trovando troppo tardi il bigliettino scritto da Massimo dove mi diceva che i miei non sarebbero ritornati per cenare poiché erano stati invitati da un loro conoscente, mentre lui, avrebbe dormito a casa del suo amico. “ Be’, almeno, questa notte posso dormire tranquilla ...! ” , mi dissi, considerando che il mio baby porcello fratellino, non sarebbe venuto a svegliarmi. Da quando Massimo aveva iniziato a venire in camera mia, io andavo a dormire presto per essere ben sveglia quando mi dedicavo a lui, così, anche quella sera mi ero coricata alla stessa ora, per abitudine. Stavo sognando una scena erotica che era realmente accaduta quel pomeriggio: io sdraiata sul bracciolo del divano mentre il ragazzo mi stuprava da dietro, con l’aggiunta non reale di mio fratello che s’era aggiunto a sverginarmi, quando mi sembrò di sentire veramente la mano di Massi accarezzarmi i peli della vagina, mentre, un’altra mano mi stringeva un capezzolo dolorosamente. “ Ahi! ”, mi lamentai. “ Ma sei matto, Massimo?” gli chiesi, alzando il tono della voce, ma non troppo per non farmi sentire soprattutto da mio padre. Senza rispondermi, si tuffò con la bocca sul mio seno e prese a succhiarmelo con foga, accarezzandomi con entrambe le mani il ventre, cosa che mi lasciò un po’ stranita poiché anche altre due mani si erano posate sul mio ventre, già piuttosto inumidito da quei primi contatti che pensavo fossero sempre del mio fratellino, tornato a casa anzitempo proprio perché non poteva fare a meno di me, o meglio, del mio bel corpo, come soleva dire lui mentre mi profanava. Aprii subito gli occhi e mi ritrovai fra le braccia dei miei due fratelli più grandi, mentre si dedicavano al mio corpo con lascivia, pure loro nudi e predisposti a fare di me e con me le cose più torbide dal lato sessuale, e senza nemmeno il mio permesso. “ Lasciatemi ”, gli sussurrai, mantenendo la voce bassa. “ Dopo, sorellina, dopo …! ”, mi rispose Bruno, il mio fratellone più vecchio. “ Quando tu ci avrai fatto godere entrambi, così come fai godere quel moccioso del nostro fratellino, poverino, che ti scopa perché l’hai traviato, porca …! ”, aggiunse, mentre mi accavallava il capo con le gambe per poi mettermi i testicoli in bocca, quasi soffocandomi …, con l’enormità delle sue palle. “ Ti dovevi rivolgere a noi se volevi soddisfare le tue voglie, baldracca, e non ad un ragazzo senza esperienza ”, aggiunse Giulio mentre mi leccava la vagina con massimo impegno, tanto da attenuare enormemente la mia decisione di rimanere vergine. Castità che riuscii a salvare solo perché, quando Giulio tentò di profanarmi con il suo pitone, mi girai a pancia sotto offrendogli la parte che gli uomini ritengono la più prelibata di una donna, e dopo, a salvarmi da Bruno impegnando strenuamente la mia parte anteriore con la palla di vetro, la quale, ad ogni rivoltamento del mio corpo, si riempiva di candida neve, eccitando, e non ho capito perché, senza senso i miei fratelli i quali, si burlavano di me, mentre uno di loro m’imboccava e l’altro profanava il mio didietro, dicendo: “ Dai, puttanella natalina, spandi un po’ di neve fresca …! ”. Una notte davvero impegnativa dove entrambi mi avevano presa dietro e in bocca alternandosi a piacere, ed in fine, mi erano venuti tutt’e due in faccia, con spruzzi roventi di seme causandomi una sensazione di piacere indescrivibile, che io consumai per intero in me stessa, senza dare loro la certezza di avermi procurato più piacere di quanto gliene avevo fornito io. Così poi, com’erano venuti, se ne erano andati, lasciandomi sola, intenta a maneggiare su e giù il bulbo di vetro in modo da completare appieno il godimento iniziato con loro. La notte dopo, Massimo puntuale venne da me ma io lo cacciai. Ormai non poteva più ricattarmi, visto che aveva raccontato tutto agli altri miei fratelli, e, anche se un po’ mi dispiaceva non stringerlo fra le mie braccia, era mia intenzione punirlo. Poi, magari, l’avrei perdonato, ma per un po’, desideravo farlo soffrire. Nonostante i miei ripetuti rifiuti, lui ogni sera veniva alla mia porta, bussava piano, poi, vedendo che non rispondevo, se ne andava senza insistere. Una settimana dopo circa, avevo deciso di perdonarlo, così avevo lasciato la porta appena socchiusa. Quando giunse, io finsi di dormire, sapendo che la cosa l’eccitava molto, lasciando che fosse lui a destarmi con le sue toccatine o le sue carezze nelle parti intime. Infatti, poco dopo avvertii una sua mano accarezzarmi le cosce appena sopra il ginocchio per poi salire a palparmi il sesso, già fradicio d’umori. Quando poi tentò di inserire le dita dentro io subito mi scansai offrendogli nuovamente il sedere, convinta che anche quella volta si sarebbe di sicuro accontentato. Inizialmente mi sollevò il sedere mettendomi a pecorina, ma poi, invece di entrarmi nell’ano, improvvisamente, diresse il suo duro membro verso la mia vagina e, con un colpo solo, mi penetrò fino al velo, facendomi lanciare un urlo di dolore a dir poco, sovrumano. Pochi attimi dopo, si accese la luce in camera mia. Tutti e tre i miei fratelli erano venuti a vedere cos’era accaduto, cosa aveva causato il mio urlo. Mio padre s’era infilzato dentro di me e continuava a cavalcarmi come se nulla fosse, senza alcuna pietà per il dolore che mi causava oppure per il sangue che copioso defluiva dalla mia vagina, spandendosi sul lenzuolo sotto di me. Con voce perentoria, egli intimò ai miei fratelli di andarsene e spegnere la luce; cosa che loro non si fecero ripetere una seconda volta. “ E tu, stai brava, troia …! ”, E sappi che da oggi tu sei soltanto mia. Sostituirai quella troia di tua madre in tutto e per tutto, visto che sei uguale a lei …! ”, mi impose, con un tono di voce tanto prepotente da non lasciarmi alcuna possibilità di replica. Nel prosieguo della notte, il dolore si era attenuato molto per lasciare il posto a piaceri intensi che mi portarono all’orgasmo varie volte, con un’eccitazione di gran lunga diversa da quella che avevo provato con i miei fratelli. Mio padre mi aveva fatto godere da donna, e non soltanto da giovane libellula alle prime esperienze sessuali. Mi aveva sverginata con prepotenza assoluta, cosa che a noi donne, anche se lo neghiamo, piace, perché, sentirci possedute con forza, rende il rapporto molto più appagante. Aveva agito da capo branco di fronte ai maschi pretendenti, prevalendo, appropriandosi della femmina con autorità. Lui, aveva agito così, ed a me, la cosa era piaciuta moltissimo, portandomi perfino ad ammirarlo, e forse, anche ad amarlo.
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