Di compleanno si può anche sfarfallare
di
Tara
genere
orge
Per il giorno del mio ventiseiesimo compleanno, mio marito mi aveva chiesto di vestirmi sexy poiché aveva intenzione di portarmi a cena nel più rinomato ristorante della città, dove frequentano anche i divi della TV, oltre a personaggi del jet set e qualche ministro dell’attuale governo. Quando entrai nel ristorante, non mi sentii proprio a mio agio, anche se tutti quegli occhi puntati su di me mi diedero un senso di orgoglio tale da farmi inumidire lo slip alla brasiliana che avevo indossato sotto il lungo abito in seta nero, e con uno spacco laterale sinistro che arrivava fino alla coscia; vestito che avevo già usato più volte, in varie occasioni, poiché ne traevo sempre un gran’ successo, tradotto in occhiate furtive o commenti sottovoce, molto conturbanti, che mi riempivano di gioia, oltre a stimolare il mio auto-compiacimento. Mentre cenavamo, era poi giunto il direttore generale dell’industria dove è impiegato anche mio marito, con la moglie, e dato che il locale era pieno, abbiamo offerto loro di prendere posto al nostro tavolo, cosa che loro accettarono, e di buon grado. Per sdebitarsi, il direttore ordinò due bottiglie di champagne, il migliore che esiste sul mercato, e pretese di fare un brindisi alle due signore più affascinanti, presenti nel locale, quella sera …: “ io e sua moglie ”, una bella donna, sui quaranta, che però ne dimostrava poco più di una trentina: alta, magra, e con un seno da favola che, accompagnato da un sedere a mandolino, la rendevano appetibile persino a me che non ho mai avuto queste tendenze. Durante la cena, parlando del più e del meno, il direttore di mio marito, ci disse di un locale privato che finito di cenare loro avrebbero raggiunto, e gradito se anche noi ci fossimo aggregati a loro per trascorrere ancora un po’ di tempo insieme, visto che aveva apprezzato la nostra compagnia. “ Ma …, non saprei ”, obiettò mio marito. “ Domani, in ufficio, il mio collega è assente per malattia, e per di più, la nostra segretaria, è in ferie, pertanto, non so se posso …! ”, spiegò, rammaricato. “ Se è soltanto questo il problema, amico mio, non devi preoccuparti: sistemo tutto io con due telefonate, domattina ”, intervenne il direttore, praticamente vietando ulteriori scuse a mio marito. Anche se io facevo finta di niente, ero felice che quasi glielo avesse imposto. Non mi andava di finire così presto quella serata che si stava sviluppando in modo fantastico, specialmente poi perché quando siamo andate in bagno a incipriarci il naso, la Patrizia, mi aveva accennato che nel posto dove poi saremmo andate a completare la serata, c’erano un sacco di belle persone, oltre a dei ragazzi favola, che avrebbero fatto lo spogliarello per noi. “ Dei fusti che, il non vederli, mentre si spogliano, è un insulto verso madre natura che li ha fatti …! ”, mi aveva spiegato, incuriosendomi oltre il dovuto, e, a dire il vero, pure eccitandomi in modo difficilmente contenibile, anche perché, oltre allo champagne, i vari commenti sussurrati, ricevuti prima e il fatto che era quasi un mese che non venivo usata da mio marito, il mio contenitore erotico era ormai colmo all’inverosimile. “ Inoltre, dopo gli spogliarelli dei Machò Man ”, continuò a dirmi, Patrizia, “ fanno sempre dei giochetti sessuali molto simpatici ed erotici, ai quali, puoi partecipare solo se lo gradisci, altrimenti, rimani a guardare, e nessuno mai si permetterebbe di importunarti ”, seguitò, Patrizia, sicuramente incantata da immagini erotiche che le affollavano la mente. Finita la cena, siamo saliti sulla Mercedes del direttore e viaggiato per più di mezzora, fino a quando, giunti davanti a una enorme costruzione in pietra, metà cascina e l’altra castello, l’auto si fermò all’interno di un capannone dove , quando scendemmo, un tappeto rosso lunghissimo, illuminato da forti luci a led, ci guidò fino all’entrata laterale della strana dimora, dove un’ immensa guardia del copro ci fermò, per poi lasciarci passare soltanto quando il direttore estrasse una specie di scheda e gliela piazzò davanti agli occhi. Appena entrati nel grande salone, illuminato a giorno, pieno zeppo di gente: uomini e donne, subito si avvicinò un bellissimo signore, non più giovanissimo, ma con un portamento da vero nobile, che subito ci invitò a salire su una specie di palco addobbato con macchinari tipo inquisizione; vari strumenti di tortura, di tutti i tipi, in mezzo ai quali, c’era uno stelo con sopra un microfono nero da dove lui annunciò: “ Cari amici, la moglie del presidente, la conoscete tutti poiché è un’affezionata frequentatrice del nostro club privato, mentre la sua bella ed affascinante amica, è la prima volta che ci onora con la sua presenza, pertanto, chiedo a tutti voi, uomini e donne, di essere particolarmente cortesi, con lei, in modo che questa meravigliosa creatura decida di continuare in futuro a frequentare il nostro particolare club di amici per la pelle … ”, terminò, con enfasi, senza menzionare mio marito, e usando il termine “pelle” che, non so il perché, ma insinuò nella mia mente uno strano dubbio. Scesi dal palco, io e Patrizia, venimmo attorniate da un’orda di persone, uomini e donne che volevano brindare ma anche scambiare qualche parola con noi. In breve però, come se la cosa fosse stata preventivata, riuscirono a distanziarci una dall’altra. Mentre la moglie del direttore si era seduta comodamente su un divano con il marito e alcune altre persone, io invece ero rimasta in piedi, sotto il palco che definii degli orrori, attorniata da una decina di uomini, i quali, facevano a gara per essere elencati, nel mio carnet mentale, come possibili ballerini, quando fossero iniziate le danze. Cosa che accadde di lì a poco, come fosse uno strano rituale a cui tutti si dovevano sottoporre. Capii solo dopo, quale era lo scopo di tale ballo; permettere loro d’accertarsi delle mie fattezze fisiche con palpeggiamenti più o meno intimi, eseguiti senza mostrare intenzione …; toccatine che io permettevo anche se fingevo un certo malessere per la loro sfrontatezza; ma anche per il fatto che mio marito, seduto a sorseggiare dello champagne, mi controllava e sorrideva, evidentemente soddisfatto per com’ero ammirata e corteggiata. Se a lui piaceva osservare che i vari uomini mi scorressero il sedere, e non solo, intimamente io ne godevo, pur se non lo davo a vedere. Poi il piacere era anche maggiore quando un ragazzone alto più di due metri, mi aveva letteralmente strappata dalle mani di un anzianotto che mi sbavava sulla spalla, mentre ballavamo, e con forza mi aveva stretta a se adattando il suo membro fra il mio ombelico e l’attaccatura inferiore del mio seno. Un pene discreto, tosto e ben disteso, nonostante fosse trattenuto dagli slip e dal pantalone del giovane Polifemo che, piano, in un orecchio, mi propose: “ Se lo vuoi gustare dal vivo, di là, oltre quella porta al lato del palco, c’è una camera e un grande letto rotondo … ”, disse, continuando a stringermi, tanto da farmi quasi mancare il respiro. “ Se continui a stritolarmi in questo modo, anche se volessi, non arriverò mai in quella stanza, con le mie stesse gambe … ”, gli sussurrai, mentre tentavo di respingerlo mettendogli le mani sul petto, senza riuscire a farlo desistere. Fortunatamente, uno speaker improvvisato, preannunciò il numero degli spogliarellisti, pertanto, dovemmo lasciare libera la pista. “ Comunque, pensaci … ”, mi disse prima di lasciarmi andare. Con velocità assoluta mi andai subito a sedere di fianco a mio marito, già piuttosto brillo,il quale mi fece un’osservazione che mi stupì molto, conoscendo bene quale grado di gelosia aveva da sempre nei miei confronti.“ Se tu non avessi avuto i tacchi, quello te lo metteva in bocca mentre ballavate …! ”, mi confidò, piano, in un orecchio, e poi, prese a ridere come un demente, nemmeno mi avesse raccontato una barzelletta. “ E a te, sarebbe piaciuto guardarmi mentre lui mi imboccava …? ”, gli chiesi, curiosa ed arrapata allo stesso momento. “ Non lo so ”, rispose. “ Avrei dovuto assistere al fatto per poter rispondere ” , continuò, socchiudendo gli occhi in modo perverso, godurioso. “ Guarda che se vuoi, non ho problemi a prenderglielo in bocca. Il ragazzo mi ha dato appuntamento in una stanza privata … ”, l’informai, senza vergognarmi. “ E tu ci vuoi andare? ”, chiese a bruciapelo, prendendomi di sorpresa. “ Certamente no! Non sono mica una puttana ”, risposi, offesa per la domanda impertinente che mi aveva fatto. “ Ma dai su, scherzavo. Non prendertela ”, recuperò, dato che gli avevo girato le spalle. “ Comunque non nascondo che guardarti mentre ti toccavano mi ha eccitato assai, molto di più di quando lo fantastico con la mente per eccitarmi di più quando facciamo l’amore”, confesso. “ Ma perché, non basta il mio corpo ad eccitarti? ”, gli chiesi, piuttosto delusa. “ Si, certo, ma immaginare che tu venga scopata da un altro uomo mentre io ti guardo, accentua infinitamente il mio desiderio ”, disse, leccandosi le labbra, come se stesse gustando la scena dal vivo. “ Guarda che se vuoi provare un’emozione del genere, ai solo da dirmelo. Qui siamo nel posto adatto a soddisfare certe perversità sessuali ”, dichiarai, convinta che lui avrebbe fatto subito marcia in dietro. “ Perché, tu lo faresti, se ti autorizzassi? ”, domandò, arrossendo, ma non so se era perché pregustava il piacere della scena, oppure perché si stava vergognando per la proposta che mi stava facendo. Decisi di metterlo alla prova, convinta che, all’ultimo momento, non mi avrebbe permesso di soggiacere con un altro uomo. Ovviamente non me la sentivo di andare dal ragazzo a chiedergli di scoparmi, così, appena lui mi guardava, facevo un sorrisino oppure guardavo prima lui e poi la stanza di cui mi aveva parlato. Dopo un po’, si era presentato nuovamente chiedendomi nuovamente di ballare. Occasione che presi subito al balzo, sperando comunque che mio marito mi fermasse dicendo che ero già impegnata con lui; cosa che non accadde, anzi, lui, s’era alzato per andare a prendere un’ altro bel bicchiere di champagne, e poi, invece di ritornare a sedersi, si era avvicinato sornione alla stanza in cui avrei dovuto andare con il ragazzo. Mentre ballavamo Polifemo si adattò nuovamente a me con tutto il corpo, e soprattutto, con il pitone che continuava ad ingigantirsi a vista d’occhio, ma soprattutto al contatto, quello che avvertivo appoggiato sulle mie costole anteriori. “ Allora, magnifica creatura, vuoi appropriarti del mio pisellino, ormai indemoniato dopo aver odorato il profumo emanato dalla tua passera …? ”, mi domandò, usando una perifrasi divertente. “ Si, ma soltanto se mi prometti che, se dovesse intervenire mio marito a fermarci, tu ti ritirerai senza fare storie … ”, gli feci promettere. “ Okay, bambola. Come vuoi. Prometto! ”. Senza darlo a vedere, mentre ballavamo ci avvicinammo alla stanza della perdizione, poi, velocemente, ci infilammo in essa senza smettere di abbracciarci. L’interno della stanza, poco illuminata da una tenue luce di un abat-jour, lasciava intravvedere un grande letto rotondo dove, almeno tre coppie, si stavano gustando emettendo sospiri e gemiti di piacere inconfondibili. Il mio primo impulso fu quello di fuggire da quello che sembrava un bordello, ma il mio futuro amante non mi lo permise, anzi, mi prese in braccio e mi depositò sul letto, vicinissima al mucchio che si stava amando con passione, poi, mi sollevò il vestito fino a coprirmi il viso e iniziò ad accarezzarmi il pube con insistenza, fino a quando, dopo avermi abbassato lo slip, prese a succhiarmi il clitoride e a leccarmela tutta, lanciandomi verso quel paradiso che ultimamente immaginavo soltanto, ma che non riuscivo più nemmeno a sfiorare con la fantasia. Pur essendo nel mondo del piacere, mentre mi giravo per mettermi nella posizione più favorevole ad essere infilzata dal membro di Polifemo, di sfuggita, vidi mio marito, nascosto in un angolo buio della stanza, mentre si massaggiava velocemente il suo ridicolo uccello, in confronto all’enorme e selvaggio membro del mio giovane amante. Quella strana scena, elaborata dal mio cervello, ormai preda di spasmi incontenibili, mi scagliò oltre l’assurdo, oltre tutto ciò che si può definire umano, perciò incominciai a sfogare verbalmente le emozioni che stavo provando: “ Si, caro, sfondami tutta …, devastami l’utero, fammi soffrire ma anche morire di goduria ”, mi sentii supplicare, con ardore, mentre godevo come una porca. Durante il rapporto con il ragazzo, niente ci aveva distratto, tanto meno le coppie che come noi si erano allacciate in pose funambolesche, in equilibri virtuosi, perciò, quando avvertii una mano accarezzarmi i glutei, non pensai minimamente che appartenesse ad un estraneo. Ne fui certa quando alla mano si unì un sesso duro come la pietra che incominciò a premermi dietro, dilatandomi il forellino ancora semi vergine, visto che in quella via era entrato soltanto mio marito, e nemmeno troppo sovente. Questo doppio innesto, oltre ad eccitare tantissimo Polifemo, che aveva visto bene chi mi aveva presa da dietro, agì su di me scacciando il residuo di vergogna che ancora mi inibiva spingendomi a invocare un altro sesso, un terzo membro da succhiare. Supplica che venne esaudita istantaneamente, come se il possessore del terzo cazzo, attendesse la mia autorizzazione, per infilarmi in bocca il suo salsicciotto, molto più simile ad un grosso cotechino che ad un salame di calibro inferiore. Il momento era estasiante. Si stava realizzando una delle mie fantasie, celata nel profondo del mio intimo. Un incubo più volte vissuto nella mia testa senza avere il coraggio di esternarlo. E specialmente quando ero molto più giovane, le prime volte che il formicolio in mezzo alle gambe mi spingeva a fantasticare orge da “mille e una notte”. Ed effettivamente, il seguito fu proprio come se vivessi dentro quel poema lussurioso, sovrastata anche dai corpi delle amanti femmine che fino a quel momento si erano tenute in disparte. sulla mia bocca si alternavano membri duri, fiche fradice, dita di ogni specie e grandezza, e poi di nuovo membri gocciolanti di sperma o vagine dai peli irrorati di umori vari. In quel momento compresi che la vita vissuta fino a poco prima, non era stata vita, ma soltanto il transitare monotono in un mondo che se vissuto con criterio, arguzia e un tantino di perdizione, ti elargisce gioie indescrivibili, alle quali non potrai più rinunciare. E il mio proposito era proprio quello. Non avrei più rinunciato ai nuovi piaceri carnali, sia che mio marito fosse d’accordo o no. Non avendo ancora dei figli, per il momento avremmo potuto sbizzarrirci nel coltivare piaceri sessuali diversi dagli usuali. E a dire il vero, visto come si era comportato nel vedermi sdraiata sul letto infilzata dal giovane Polifemo, era quasi certa che anche lui avrebbe accettato di buon grado di fare nuove esperienze, diverse dal solito tran, tran, a cui eravamo abituati. Quando tornai nel salone, mio marito era seduto nuovamente nel posto che occupava prima, ma questa volta accanto a lui c’era la moglie del suo capo, intenta a parlare fittamente con lui e, la stranezza che mi incuriosì, è che gli aveva messo una mano nella tasca dei pantaloni, e dal movimento che si vedeva, pareva che glielo menasse. Per non sciupargli il momento particolare che stava vivendo, invece di andargli vicino, me ne andai al bancone del bar, dove le caraffe con ghiaccio, rinfrescavano lo champagne ancora da aprire. “ Posso offrirti una coppa di nettare d’oro, bella signora? ”, mi chiese, l’affascinante e bel signore che ci aveva accolto appena eravamo arrivati. “ Come no …! Ero proprio alla ricerca di qualcosa per rinfrescarmi ”, lo ringraziai, allungando una mano, che lui baciò con calore, prima di serrarmela intorno ad un calice colmo di quel liquido afrodisiaco. Il sogno che stavo vivendo, continuava a infondermi sensazioni come quella che mi aveva sorpresa al contatto della mia mano con le labbra dell’uomo che avrebbe potuto essere mio padre, come differenza d’età, ma che in quel momento, stimolava la mia libidine come aveva fatto prima il Polifemo moderno. “ Dove ti eri nascosta, divina creatura …? E’ un po’ che ti cerco ”, affermò, prendendomi teneramente per la vita con un braccio, sino a trascinarmi lentamente a sedere su un divano semi nascosto da una grande colonna in marmo. “ Ero … Stavo conversando con un suo giovane ospite … ”, dichiarai mentendo in modo spudorato, anche se ero convinta che lui sapesse molto bene quale fosse stato l’argomento principale della conversazione. “ A sì …: il nostro socio più giovane, quella montagna di muscoli scolpiti …”, menzionò, mostrando una certa invidia. Poi, continuò imperterrito. “ Io mi sono sempre chiesto se quelli alti come lui hanno il sesso proporzionato alla statura oppure ce l’hanno più piccolo della media? ”, si chiese, ma era evidente che la domanda era indirizzata a me. Solo in quel momento capii qual era il suo gioco; l’eccitazione verbale, quella anomalia che oggi giorno è facile riscontrare nelle chat private, dove le persone si confidano esperienze sessuali inimmaginabili, il più delle volte, non veritiere. “ Lui è sicuramente fuori dalla media … ”, lo sorpresi io, rispondendo a tono. Poi, abbassando la voce: “ Pensa che ha un cazzo sproporzionato da far paura …! C’è stato un momento che ha messo in vera difficoltà la mia respirazione ”, dichiarai, mandandolo in visibilio. “ Ma, soprattutto, ho sofferto moltissimo quando lui, mi ha sodomizzata. Penso di aver perso persino del sangue, mentre lui mi trombava con una rara malvagità d’intenti. “ Davanti ho sofferto molto meno perché, da ragazza, quando avevo appena quattordici anni, mi hanno stuprata due neri, le cui mazze, erano persino più lunghe e grosse di quella del ragazzo …! ”, gli raccontai, lanciandolo nel paradiso degli esseri malati di un’eccessiva fantasia sessuale. “ Comunque, ho anche sentito molto piacere, specialmente quando sono subentrati gli altri tre uomini che c’erano lì già prima di noi. E non soltanto loro, ma anche le donne che gli facevano compagnia, pure loro molto attive a cibarsi del mio corpo ”, terminai, convinta che i miei racconti erotici avessero appagato la sua bramosia. Mi sbagliavo. S’era infiammato tanto che non mi sarei stupita se l’avessi visto esplodere. “ E dimmi: li hai ricevuti con piacere? ”, mi chiese con la bava alla bocca. “ Si, certo. Quando mi concedo, offro tutta me stessa con impegno. E non rifiuto niente di ciò che mi viene offerto, sia minuto oppure gigante ”, dichiarai a suo beneficio, e, allo stesso tempo anche il mio, visto che quella commedia stava eccitando anche me, pur sapendo che erano soltanto delle frottole. Mentre raccontavo, lui, mi aveva preso le mani e pian piano se l’era avvicinate al suo grembo, dove un lieve tremore sollevava visibilmente la stoffa dei pantaloni. Quando infine poi le adagiò sulla patta, non ebbi più dubbi di quanto le mie parole lo avevano infiammato. “ Ti scongiuro, cara, aiutami a venire … ”, mi chiese, guardandosi intorno in modo misterioso, come se stesse cercando un posto più intimo per la bisogna. Poi, improvvisamente, mi prese per un polso e mi trascinò dietro il banco da bar, mi fece mettere in ginocchio lì sotto e: “ Dai, succhialo; e se riesci a farmi godere, dopo, ti faccio un regalo fantastico, lo giuro ”, mi disse, appoggiandosi con i gomiti sul banco, come se stesse gustando un aperitivo. Per fortuna, il lato anteriore delmobile, era schermato dal rivestimento, così non trovai nessuna difficoltà ad esaudirlo. Anzi, credo che, se il tavolo fosse stato di vetro, non avrei desistito comunque a prenderglielo in bocca. E non certamente perché mi aveva promesso un dono, ovviamente, anche se ciò mi aveva stimolata. Ma soprattutto perché l’eccitazione aveva sopraffatto anche me e poi, mentre lo liberavo dagli indumenti, avevo avvertito un buon profumo di sesso, provenire dal suo delizioso uccello, duro , ma non durissimo, cosicché, l’impegno che mi stavo prendendo sarebbe stato più meritevole. Dopo un bel po’ che glielo succhiavo, il suo membro non si era indurito più di tanto e, oltre a secernere qualche gocciolina di umore, era rimasto uguale a quando lo avevo imboccato spingendomelo fino in gola. In quel momento, mi era tornato in mente un particolare ma decisivo giochetto che facevo con mio marito, quando l’eccitazione era al minimo, cosa che gli accadeva più volte, ultimamente. Senza smettere di succhiarglielo, infilai una mano dentro i pantaloni fino a prendergli le palle. Dopo averci giocherellato un poco, le sollevai e proseguii all’interno, fra le sue gambe, fino a quando non raggiunsi il forellino del suo ano, caldo, umido quel tanto da permettermi di penetrarlo con l’indice, e poi spingere oltre la prima falange. “ Ahi! ”, si lamentò, e nemmeno troppo piano, dimostrandomi subito dopo che quel lieve dolore aveva contribuito ad aprire le cataratte dei suoi testicoli, riversando nella mia bocca un fiume di gustoso sperma. “ Continua, continua …! ”, mi supplicò, ondeggiando su e giù dentro la mia bocca, ormai quasi anchilosata. “ Con il dito, intendo ”, implorò, dimenando anche i glutei, aiutandomi così ad infilargli tutto il dito. Senza dire una parola, dopo essersi riordinato la patta, se ne andò, lasciandomi rannicchiata sotto il bancone, con la bocca colma del suo piacere, e la mia passera, mortificata per essere stata privata del giusto compenso. Quando mi drizzai anch’io, con enorme fatica, il primo sguardo che mi capitò d’incrociare, fu quello di mio marito, sempre in compagnia di Patrizia, la moglie del suo capo, il quale mi sorrise in tal modo come a significare che ero proprio una troia. A lui non potevo certo affibbiare un tale appellativo, anche se la bella signora continuava a massaggiargli il pene attraverso la tasca, e lui ad infilarle le mani fra le cosce, camuffando il movimento con la copertura di un grande tovagliolo di stoffa. Palpeggio che nascondevano senza alcun senso, visto che quasi tutti gli astanti erano impegnati in effusioni non del tutto celate. Dovevo approfittare di quell’occasione per mettere mio marito di fronte al nuovo sistema di vita sessuale che volevo vivere in seguito, così andai a sedermi di fianco a Patrizia e, con la maggior calma possibile le chiesi: “ Ma, non ti ha ancora bagnato le mani …? ”, mentre infilavo io stessa una mano nella sua tasca, giungendo a toccare il membro di mio marito che, non so come avessero fatto, ma era priva di fodera. “ Ah, porcellina …! ”, sussurrai all’orecchio a Patrizia. “ Gli stavi facendo una sega, vero? ”, dissi poi mentre con l’altra mano le palpavo un capezzolo, turgido, duro come una nocciola con il guscio. “ Lui, mio marito, è troppo bene abituato. Io, quando lo sego, gli succhio un pochino il glande, e poi gli infilo un dito nel didietro. Soltanto così riesco a farlo godere ”, le confessai, per mettere lei nelle condizioni di fare molto di più se voleva farlo godere, e lui, nella condizione di non muovermi, in futuro, nessun rimprovero. “ E se volete un po’ di privacy, vi consiglio la stanza laterale; un ambiente molto adatto, se volete fottervi ”, li consigliai, o meglio, soltanto a lei, visto che mio marito era già al corrente di quanto succedeva lì dentro, avendo visto me all’opera. Quando ormai si erano decisi di usufruire della stanza, uno speaker annunciò il numero degli spogliarellisti, pertanto, furono costretti a rimanere fermi, seduti sul divano insieme a me, a guardare lo spettacolo preannunciato. Un’esibizione piuttosto carina, anche se non era così spettacolare come aveva detto la moglie del direttore. Ad ogni pezzo che si toglievano, le donne subito urlavano festose e qualcuna si affrettava a nascondere in ogni dove l’indumento che uno o l’altro dei ragazzi lanciava verso il pubblico. Un’esplosione gioiosa poi quando cadde l’ultimo pezzo, e i muscolosi ragazzi rimasero al naturale, belli, ma, a dispetto di tutte le varie previsioni fatte dalle donne, su chi di loro fosse il più ben fornito, i loro peni mosci tradirono le aspettative. Nonostante quella visione deludente, un non so che di guizzante, prese a viaggiarmi dentro il corpo, nelle vene, fra le cosce, per fermarsi in modo preponderante sulle labbra della mia vagina, infuocandola come se fosse uno spiedino messo a rosolare. Finito lo spettacolo di spogliarello, l’affascinante signore che ci aveva ricevuto, e che dopo mi aveva imboccata, salì sul palco per annunciare che era in programma una specie di roulette, alla quale, potevano iscriversi solo le donne, ad ognuna delle quali, veniva assegnato uno dei numeri della ruota per cui, la vincitrice, prima estratta, aveva la facoltà di eleggere una sua schiava alla quale, sul palco allestito per le torture, poteva dominarla usando i vari attrezzi a disposizione, sempre senza esagerazioni, ovviamente. Il fato volle che il primo numero estratto fosse il 30, abbinato proprio a Patrizia, la moglie del direttore di mio marito, la quale, senza tentennare, scelse proprio me come cavia da torturare. “ Non ci penso proprio a salire su quel palco per farmi torturare, Patry! Scegli un’altra … ”, mi opposi, sedendomi subito dopo sulle gambe di mio marito, speranzosa che anche lui non lo acconsentisse. “ Non hai nulla da temere, tesoro ”, m’incoraggio lei, accarezzandomi il viso. “ Subirai, certo, ma soltanto tantissimo piacere … ”, mi promise, unendo i due indici a croce davanti alle labbra. Non ero poi tanto convinta, anche se lei aveva giurato, comunque, quando due uomini vennero a prendermi e mi fecero salire sul palco per poi fissarmi mani e collo ad una specie di gogna bassa; mani e testa fra due assi di legno modellato per trattenermi ferma piegata come se fossi alla pecorina, mentre le gambe mi venivano legate a dei ceppi lontani fra di loro quasi un metro, costringendomi a tenerle divaricate. Una tale posizione che se non avessi avuto il vestito lungo a coprirmi, avrebbe concesso alla gente di guardarmi in una posa non certo da signora. Dopo di che, Patrizia salì anche lei sul palco, mi si avvicinò e, dopo avermi sollevato il vestito fin sulle spalle e avermi spostato lo slip alla brasiliana da un lato, mi allargò i glutei e posò la sua lingua sul mio forellino che, in quel momento, sentivo restringersi, tremolante. “ Guardate, signori, quale paradiso offre la mia giovane amica: stupendo vero …? ”, decantò il mio ano come se fosse un oggetto d’asta da mettere all’incanto. Capii poi dopo che quello era proprio il suo intento, mercanteggiare il mio dietro, e non so per quale motivo lo stesse facendo, certamente non per guadagnare del denaro per se stessa, visto che il corpo era mio, e lei sicuramente non ne aveva bisogno. “ Che cifra vuoi raggiungere … ”, mi chiese, allontanando il microfono dalla sua bocca. “ Io, non voglio …! ”, bofonchiai, sottovoce. “ Non fare la stupida. Approfittane visto che ti do l’occasione di guadagnare dei soldi facendo la vittima, come se tu fossi costretta, e pertanto tuo marito non potrà mai rinfacciarti nulla ”, mi suggerì, convinta. “ Non lo so … ”, le dissi. “ Non ho mai fatto queste cose, prima … ”. “ Okay, allora ci penso io, stai tranquilla. Muovi un po’ il sedere e agevolami a far entrare un pochino la parte più stretta del microfono ”, mi sollecitò, poi rivolgendosi alla platea: “ La prima offerta di cento euro l’ha fatta quel signore seduto sul divano in pelle nera che c’è al fondo del salone ”, dichiarò, indicando mio marito, anche lui rimasto sorpreso. “ Io, quattrocento ”, offrì un uomo brizzolato. “ Cinquecento ”, li offrì quello che poi seppi essere un ricco imprenditore delle calzature. “ Mille li offro io, se prima di metterglielo dietro lei me lo succhia anche un poco ”, dichiarò un bel moretto, sui quaranta, che prima non avevo notato. “ Ora, è in vendita solo la sua parte posteriore, per il resto, faremo una seconda asta ”, lo tacitò al volo Patrizia. “ Cinquemila! ”, offrì un altro spettatore, comodamente seduto sullo stesso divano sul quale c’era mio marito. “ Trentamila! ”. L’offerta era giunta dal lato sinistro del salone dove c’era un gruppo di arabi, con tanto di vestiario tipico del loro paese. “ Wow, che bella offerta! ”, esclamò Patrizia, iniziando subito dopo a contare: “ Trentamila uno, trentamila due …, e trentamila tre: aggiudicato al signore col copricapo da beduino ”, dichiarò, scendendo dal palco per andare nuovamente a sedersi, e questa volta, lei sulle gambe di mio marito, che ne approfittò subito per infilarle una mano fra le cosce. In quel momento non m’interessava affatto vedere mio marito trastullarsi con Patrizia; mi preoccupava l’acquirente del mio ano, che non vedevo ma che sentivo prepararsi dietro di me per infilarmi il suo membro. E’ vero che l’aveva ben pagato, però, il problema era che non mi era stato possibile valutare prima le dimensioni del suo pene. E se fosse stato enorme …? Io non ero preparata a ricevere misure di gran lunga superiori alla normalità di mio marito. Quando finalmente iniziò a penetrarmi, capii subito che non era un pitone, ma appena poco di più di un serpentello, lungo, si, ma non espanso. Dopo una decina di minuti, in cui l’eccitazione mi era scesa sotto i piedi, avvertii qualche goccia di liquido caldo depositarsi sulle pareti del mio retto, ma niente di così esaltante da farmi accusare qualche piacevolezza. L’unico dato positivo, e se vogliamo, venale, era l’avere guadagnato una cifra così gratificante da restituirmi l’onorabilità che avevo ceduto in modo consenziente … “ Ora mi libereranno, incasserò il denaro, e poi, magari, me ne andrò nuovamente nella stanza a gustare ciò che ho meritato ”, mi dissi, fra me e me. Invece, appena l’arabo abbandonò il mio sedere, egli venne invaso nuovamente da un altro membro, molto più sviluppato e temperato, mentre cento mani mi toccavano in tutto il corpo, e non soltanto, ma anche due membri s’inserirono contemporaneamente nella mia bocca, impedendomi persino di lamentarmi, avessi voluto, ovviamente; cosa che non mi sognai di fare, dato che il piacere incominciava a sorprendermi nuovamente, a farmi sentire puttana, schiava, ma non di quelli che mi stavano prendendo, soltanto di me stessa, della mia volontà, della femmina che ero diventata, lasciandomi trascinare da una serie di eventi che sicuramente mi avrebbero portato alla perdizione, alla depravazione, al vizio più sfrenato. Più la miriade di presenti abusava di me, come meglio credeva, e più io li imploravo di colmare i miei buchi con i loro membri, e poi, con lo sperma, afrodisiaco nettare che quando m’invadeva, se pure per vie diverse, mi esaltava in modo stratosferico. Se dovessi dire quanti uomini sono entrati in me o quanti mi hanno goduto addosso oppure dentro, mentirei. E non posso nemmeno dire quante sono le volte che ho raggiunto io l’orgasmo, però posso dire con certezza qual è stato l’ultimo, il più appagante. Quello che mi ha liquefatto la vagina quando il nobiluomo che ci aveva ricevuti, oltre i trentamila euro, mi regalò un favoloso braccialetto in oro bianco, tempestato di diamantini. Mentre tornavamo a casa, dopo essere scesi dall’auto del direttore di mio marito, lui tentò d’interrogarmi su come avevo vissuto la nottata. “ Ora non sono in grado di valutare tutto ciò che è accaduto questa notte, ma domani, quando ci sveglieremo, ti svelerò qual è la vita che vorrò vivere nel futuro …”, risposi, determinata sin da quel momento a godermela in tutti i sensi, a costo di viverla da sola.
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