Confusione e ritorno - 2
di
Alberto Bellettini
genere
bisex
Dopo quei godimenti proibiti e assolutamente nuovi in acqua, io e Antonio per tutta la serata ci ignorammo, facendo gli stupidi con le ragazzine del gruppo e cercando di combinare qualcosa con loro. Nel frattempo vedo arrivare mia sorella Erika, che all'epoca aveva 16 anni. Era alta 1,53 metri e non aveva seno ma il culo a palla faceva impazzire tutti, anche i ragazzi più grandi.
Antonio guardava il culo di Erika mostrando i denti a mimare il gesto di volerlo mangiare, e la mia "prediletta" Giada mi disse: "Certo che per avere tua sorella, Antonio farebbe e si farebbe fare di tutto".
Trasecolai per la paura che Antonio avesse raccontato di quelle perversioni in acqua, di quell'orgasmo mai provato prima e della prima volta che toccai un pisello. Ma non era stupido, Antonio, e prima di andar via mi sussurrò: "Se quello che hai fatto col mio culo, lo facessi con tua sorella, a quest'ora potevi anche morire felice. Ma quando sentivo la tua cappellona tra le chiappe, e le tue palline sulle mie, non ho capito più nulla. E ho sborrato sulle tue dita che potevano essere quelle di Erika. Non era la tua, la mano di un maschio, era una mano che masturbava e pensavo fosse la mano di Erika. Come te col mio culo".
Al che mi rincuorai e andai a casa più tranquillo.
Il giorno dopo, complice la tramontana forte, i miei decisero di non andare al mare. Mia mamma andò da una sua amica in campagna, Erika disse che andava in palestra.
Chiamai Antonio a casa per dirgli se voleva giocare da me al pc o a calcio, e lui arrivò dopo pranzo, sventagliando dei giornaletti porno a fumetti: "Dai che ci si diverte - urlò trionfante -, li ho rubati a mio zio che li nascondeva in cantina".
Io fui spiazzato e incuriosito: "Oh che vuoi fare? Non facciamo casino". Ma naturalmente fu tutto inutile.
Ci chiudemmo in camera mia per scoprire quel mondo misterioso che era il sesso, consumando avidamente quelle pagine in preda alla eccitazione reciproca. I suoi pantaloncini erano gonfi, i miei boxer incontrollabili.
Ci colpì una vignetta in cui la ragazza spruzzava come noi uomini, ma dei liquidi che colavano: "ma quindi anche le donne sborrano - pensai ad alta voce. E come faranno a controllarsi?".
Antonio si abbassò i pantaloncini e tirò fuori il suo arnese e menandoselo mi disse: "vai nella cesta dei panni sporchi e prendi un paio di mutandine di quella bonazza di tua sorella e uno di tua madre, che è sempre giovane e carina. Vai, e poi ti spiego".
Eseguii senza pensare, presi un perizoma nero di Erika e lo slip del bikini di mamma. Li portai in camera, dove Antonio era a gambe aperte sul letto che si massaggiava le palline: "Spogliati e vieni accanto a me - disse - e preparati a godere. Allarga le gambe e annusa le mutande di tua sorella. Io prendo quelle di tua madre, casomai ti fa impressione".
Annusai quel bocconcino dall'odore forte misto di piscio, sudore e perdite di umori. Misi la lingua e iniziai a leccare la mutanda, Antonio faceva lo stesso.
Ce lo menavamo a gambe aperte fino a quando Antonio si mise sopra di me: Facciamo pesce con pesce, strofiniamoci i nostri cazzi e vedrai come è bello".
Io non dissi nulla e lasciai fare, e mugolavo di piacere al contatto tra quei due paletti di carne. Dopo neanche trenta secondi, ci sborrammo addosso, impiastrandoci tutto. Esausti, trovammo il tempo di toccarci le palle.
Ma sentimmo aprire la porta: mia madre era tornata... (continua)
Antonio guardava il culo di Erika mostrando i denti a mimare il gesto di volerlo mangiare, e la mia "prediletta" Giada mi disse: "Certo che per avere tua sorella, Antonio farebbe e si farebbe fare di tutto".
Trasecolai per la paura che Antonio avesse raccontato di quelle perversioni in acqua, di quell'orgasmo mai provato prima e della prima volta che toccai un pisello. Ma non era stupido, Antonio, e prima di andar via mi sussurrò: "Se quello che hai fatto col mio culo, lo facessi con tua sorella, a quest'ora potevi anche morire felice. Ma quando sentivo la tua cappellona tra le chiappe, e le tue palline sulle mie, non ho capito più nulla. E ho sborrato sulle tue dita che potevano essere quelle di Erika. Non era la tua, la mano di un maschio, era una mano che masturbava e pensavo fosse la mano di Erika. Come te col mio culo".
Al che mi rincuorai e andai a casa più tranquillo.
Il giorno dopo, complice la tramontana forte, i miei decisero di non andare al mare. Mia mamma andò da una sua amica in campagna, Erika disse che andava in palestra.
Chiamai Antonio a casa per dirgli se voleva giocare da me al pc o a calcio, e lui arrivò dopo pranzo, sventagliando dei giornaletti porno a fumetti: "Dai che ci si diverte - urlò trionfante -, li ho rubati a mio zio che li nascondeva in cantina".
Io fui spiazzato e incuriosito: "Oh che vuoi fare? Non facciamo casino". Ma naturalmente fu tutto inutile.
Ci chiudemmo in camera mia per scoprire quel mondo misterioso che era il sesso, consumando avidamente quelle pagine in preda alla eccitazione reciproca. I suoi pantaloncini erano gonfi, i miei boxer incontrollabili.
Ci colpì una vignetta in cui la ragazza spruzzava come noi uomini, ma dei liquidi che colavano: "ma quindi anche le donne sborrano - pensai ad alta voce. E come faranno a controllarsi?".
Antonio si abbassò i pantaloncini e tirò fuori il suo arnese e menandoselo mi disse: "vai nella cesta dei panni sporchi e prendi un paio di mutandine di quella bonazza di tua sorella e uno di tua madre, che è sempre giovane e carina. Vai, e poi ti spiego".
Eseguii senza pensare, presi un perizoma nero di Erika e lo slip del bikini di mamma. Li portai in camera, dove Antonio era a gambe aperte sul letto che si massaggiava le palline: "Spogliati e vieni accanto a me - disse - e preparati a godere. Allarga le gambe e annusa le mutande di tua sorella. Io prendo quelle di tua madre, casomai ti fa impressione".
Annusai quel bocconcino dall'odore forte misto di piscio, sudore e perdite di umori. Misi la lingua e iniziai a leccare la mutanda, Antonio faceva lo stesso.
Ce lo menavamo a gambe aperte fino a quando Antonio si mise sopra di me: Facciamo pesce con pesce, strofiniamoci i nostri cazzi e vedrai come è bello".
Io non dissi nulla e lasciai fare, e mugolavo di piacere al contatto tra quei due paletti di carne. Dopo neanche trenta secondi, ci sborrammo addosso, impiastrandoci tutto. Esausti, trovammo il tempo di toccarci le palle.
Ma sentimmo aprire la porta: mia madre era tornata... (continua)
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Confusione e ritorno - 1racconto sucessivo
Confusione e ritorno - 3
Commenti dei lettori al racconto erotico