La sua proposta indecente (capitolo 2)
di
tigrottina
genere
etero
Proprio a ridosso di quell’estate avevo iniziato a prendere lezioni di tennis.
Maurice, uno degli istruttori, era un bel ragazzo di pochi anni più grande di me e si dimostrò immediatamente molto affabile e simpatico, oltre ad essere evidentemente ben preparato su quello sport. I suoi colleghi e i miei compagni di corso notarono da subito come lui avesse un occhio di riguardo per me. Infatti, fra tutti, si soffermava parecchio su di me per farmi apprendere meglio impugnatura e movimenti della racchetta, tecniche di gioco, eccetera. Spesso lo prendevano in giro dicendo che trascurava gli altri per insegnare solo alla sua “cocca” e, in effetti, devo ammettere che il tempo che dedicava a seguire me era maggiore di quello impiegato con tutti gli altri iscritti.
Poi faceva spesso battute anche un po’ tendenziose, inviti a cena mascherati da complimenti per i progressi che facevo, ad esempio. Il tutto, però, rimaneva sempre a livello di scherzo destinato a finire lì. Ero innamorata di Laurent, per cui non illudevo minimamente né Maurice né alcun altro ragazzo che potessi nutrire un qualche interesse nei loro confronti. A tennis mi limitavo ad apprendere i preziosi insegnamenti del mio maestro e a rispondere per le rime, ma sempre col sorriso sulle labbra, alle sue avance appena accennate e mai volgari. D’altro canto, anche Maurice stesso, a parte delle battute innocenti e qualche sguardo forse un po’ troppo prolungato al mio indirizzo, non mi aveva mai mancato di rispetto né aveva mai esagerato nell’esternare il suo pur evidente interesse nei miei confronti. A Laurent parlavo sempre di quanto accadeva a lezione. E, se agli inizi la cosa l’aveva infastidito un po’, col tempo iniziammo anche a scherzare su quelle goffe attenzioni che il mio istruttore mi dedicava.
Un giorno, però, qualcosa andò diversamente dal solito.
Laurent, dopo essere letteralmente scomparso per un’intera mattinata, cosa mai fatta prima nei dieci anni della nostra relazione, dato che eravamo soliti tenerci sempre aggiornati sulle nostre attività quotidiane, nel pomeriggio insistette per accompagnarmi a lezione. Anche questa era una cosa insolita. Fino a quel momento, infatti, mi aveva accompagnata solo il primo giorno per aiutarmi ad ambientarmi meglio, poi non si era più fatto vedere a scuola. Eppure, quel pomeriggio sembrava impaziente di venire con me.
La lezione procedette normalmente per l’intera ora della sua durata. Anche Maurice si comportò come sempre, non disdegnando di lanciarmi le sue occhiate e le sue frecciatine nonostante la presenza di Laurent a pochi metri da noi. Personalmente, la cosa mi imbarazzava, infatti un paio di volte arrossii alle sue provocazioni che, invece, di solito, mi scivolavano addosso senza colpo ferire. Alla fine dell’ora di lezione, mentre tornavo negli spogliatoi con le altre ragazze, Maurice richiamò la mia attenzione. Le mie amiche continuarono il loro cammino, mentre io tornai verso di lui, con anche Laurent che si avvicinò a noi.
«Dimmi maestro», chiesi a Maurice.
«Ascolta Sara», mi rispose lui, «Vorrei farti allenare ancora un po’ nel dritto, mi sembri indietro rispetto agli altri. Dato che ho del tempo libero, ti andrebbe di fermarti una mezz’oretta?».
D’istinto, guardai Laurent per valutare se avesse qualcosa da obiettare in merito. Lui fece un gesto d’assenso con la testa, allora io diedi conferma a Maurice. «Ti ringrazio della tua premura», gli dissi con un largo sorriso, «Accetto con piacere la tua offerta!».
Mentre il campo si era, nel frattempo, completamente svuotato, io e Maurice tornammo sulla terra battuta, e Laurent ad accomodarsi su una delle panchine circostanti le linee di gesso.
Maurice cominciò, con aria professionale, a spiegarmi nuovamente come impugnare la racchetta, a farmi notare in cosa sbagliavo nel farlo e come migliorare.
Dopo la teoria, passò alla pratica. Mentre Laurent giochicchiava con il suo smartphone, Maurice si portò alle mie spalle, molto vicino a me. Con una mano mi cinse la vita e con l’altra afferrò il mio polso, mentre stringevo il manico della racchetta. Sentivo il suo alito quasi accarezzarmi il collo mentre mi spiegava di tenere il polso morbido, lasciare che la racchetta quasi scivolasse all’indietro intanto che attendevo l’arrivo della palla. Tutto questo con un tono di voce talmente suadente che, più che una lezione di tennis, sembrava mi stesse sussurrando una poesia. Io sentivo il viso in fiamme per l’imbarazzo in quei momenti, mentre Laurent neppure alzava lo sguardo dallo schermo del suo maledetto telefono.
Restai per un attimo di troppo impietrita tra le braccia di Maurice, incerta sul da farsi. La sua mano, dalla mia vita corse verso il mio addome, accarezzandomi il pancino da sopra al top ginnico che indossavo, e il suo corpo aderì maggiormente al mio. Attraverso la sottile stoffa dei suoi pantaloncini e del mio gonnellino, potevo chiaramente percepire il suo membro quasi completamente eretto premere contro i miei glutei. Sospirai. In fondo, Maurice era un bel ragazzo, aveva un fisico prestante come piace a me, e dalle confidenze che Laurent mi fece quella sera a casa mia, ormai oltre due settimane prima, non avevamo più avuto contatti intimi, quindi il mio corpo iniziava a bramare quel tipo di attenzioni che il mio uomo mi stava facendo mancare.
Voltai appena il mio viso verso Maurice. «Non ti sembra di esagerare?», dissi con un filo di voce.
«Perché, ti dispiace?», mi rispose in tono deciso, tenendo i suoi occhi fissi nei miei e attirandomi ancor più verso di lui.
«Non tradirei mai Laurent, lo sai. Io lo amo. E, se si accorge di quello che stai facendo…».
Maurice lanciò uno sguardo sprezzante in direzione del mio ragazzo, ancora preso a smanettare col cellulare. «Accorgersene? Ma guardalo, potrei scoparti al centro del campo e non ci degnerebbe di uno sguardo».
Mi sorprese la sua improvvisa volgarità. Ma, in fondo, non ce l’avevo con Maurice in quel momento. Piuttosto, mi assalì una rabbia incontenibile nei confronti di Laurent. Il mio istruttore aveva perfettamente ragione, e la cosa mi innervosì molto. Dov’era finito il ragazzo di cui mi ero innamorata? Perché si comportava in quel modo assurdo? L’eccitazione che l’atteggiamento di Maurice mi stava procurando svanì di colpo, lo allontanai con una gomitata, lanciandogli uno sguardo furente: «La lezione finisce qui per oggi», gli dissi, prima di procedere a passo spedito verso Laurent. «E tu, muoviti, riportami a casa», intimai a denti stretti, arrivata nelle sue vicinanze.
Il mio ragazzo sollevò lo sguardo, con occhi spenti come se si fosse appena svegliato.
Maurice, in breve, ci raggiunse.
«Ragazzi», disse, come se nulla fosse accaduto, «Dimenticavo di dirvi una cosa. Sabato c’è una festa per tutti gli iscritti, potete leggere i dettagli sul cartellone qui fuori». Poi guardò me: «Mi farebbe molto piacere se veniste», sottolineò.
«Ma… veramente…», risposi incerta, non sapendo bene quale scusa ragionevole addurre.
Laurent, però, mi anticipò: «Però, che bella iniziativa! Ci saremo sicuramente, tanto non avevamo ancora impegni per la serata. Vero, amore?».
«Vedremo», dissi, ancora scossa e quasi tremante di rabbia, afferrando Laurent e trascinandolo verso l’uscita.
In auto non dissi una sola parola, né lo salutai in alcun modo prima di uscire dalla vettura sbattendo lo sportello e lasciandolo confuso a guardarmi entrare in casa. Mi calmai un po’ solo quando fui sotto il getto d’acqua fredda della doccia.
Mancavano solo due giorni a quel fatidico sabato, il giorno che cambiò radicalmente il corso della mia vita…
Maurice, uno degli istruttori, era un bel ragazzo di pochi anni più grande di me e si dimostrò immediatamente molto affabile e simpatico, oltre ad essere evidentemente ben preparato su quello sport. I suoi colleghi e i miei compagni di corso notarono da subito come lui avesse un occhio di riguardo per me. Infatti, fra tutti, si soffermava parecchio su di me per farmi apprendere meglio impugnatura e movimenti della racchetta, tecniche di gioco, eccetera. Spesso lo prendevano in giro dicendo che trascurava gli altri per insegnare solo alla sua “cocca” e, in effetti, devo ammettere che il tempo che dedicava a seguire me era maggiore di quello impiegato con tutti gli altri iscritti.
Poi faceva spesso battute anche un po’ tendenziose, inviti a cena mascherati da complimenti per i progressi che facevo, ad esempio. Il tutto, però, rimaneva sempre a livello di scherzo destinato a finire lì. Ero innamorata di Laurent, per cui non illudevo minimamente né Maurice né alcun altro ragazzo che potessi nutrire un qualche interesse nei loro confronti. A tennis mi limitavo ad apprendere i preziosi insegnamenti del mio maestro e a rispondere per le rime, ma sempre col sorriso sulle labbra, alle sue avance appena accennate e mai volgari. D’altro canto, anche Maurice stesso, a parte delle battute innocenti e qualche sguardo forse un po’ troppo prolungato al mio indirizzo, non mi aveva mai mancato di rispetto né aveva mai esagerato nell’esternare il suo pur evidente interesse nei miei confronti. A Laurent parlavo sempre di quanto accadeva a lezione. E, se agli inizi la cosa l’aveva infastidito un po’, col tempo iniziammo anche a scherzare su quelle goffe attenzioni che il mio istruttore mi dedicava.
Un giorno, però, qualcosa andò diversamente dal solito.
Laurent, dopo essere letteralmente scomparso per un’intera mattinata, cosa mai fatta prima nei dieci anni della nostra relazione, dato che eravamo soliti tenerci sempre aggiornati sulle nostre attività quotidiane, nel pomeriggio insistette per accompagnarmi a lezione. Anche questa era una cosa insolita. Fino a quel momento, infatti, mi aveva accompagnata solo il primo giorno per aiutarmi ad ambientarmi meglio, poi non si era più fatto vedere a scuola. Eppure, quel pomeriggio sembrava impaziente di venire con me.
La lezione procedette normalmente per l’intera ora della sua durata. Anche Maurice si comportò come sempre, non disdegnando di lanciarmi le sue occhiate e le sue frecciatine nonostante la presenza di Laurent a pochi metri da noi. Personalmente, la cosa mi imbarazzava, infatti un paio di volte arrossii alle sue provocazioni che, invece, di solito, mi scivolavano addosso senza colpo ferire. Alla fine dell’ora di lezione, mentre tornavo negli spogliatoi con le altre ragazze, Maurice richiamò la mia attenzione. Le mie amiche continuarono il loro cammino, mentre io tornai verso di lui, con anche Laurent che si avvicinò a noi.
«Dimmi maestro», chiesi a Maurice.
«Ascolta Sara», mi rispose lui, «Vorrei farti allenare ancora un po’ nel dritto, mi sembri indietro rispetto agli altri. Dato che ho del tempo libero, ti andrebbe di fermarti una mezz’oretta?».
D’istinto, guardai Laurent per valutare se avesse qualcosa da obiettare in merito. Lui fece un gesto d’assenso con la testa, allora io diedi conferma a Maurice. «Ti ringrazio della tua premura», gli dissi con un largo sorriso, «Accetto con piacere la tua offerta!».
Mentre il campo si era, nel frattempo, completamente svuotato, io e Maurice tornammo sulla terra battuta, e Laurent ad accomodarsi su una delle panchine circostanti le linee di gesso.
Maurice cominciò, con aria professionale, a spiegarmi nuovamente come impugnare la racchetta, a farmi notare in cosa sbagliavo nel farlo e come migliorare.
Dopo la teoria, passò alla pratica. Mentre Laurent giochicchiava con il suo smartphone, Maurice si portò alle mie spalle, molto vicino a me. Con una mano mi cinse la vita e con l’altra afferrò il mio polso, mentre stringevo il manico della racchetta. Sentivo il suo alito quasi accarezzarmi il collo mentre mi spiegava di tenere il polso morbido, lasciare che la racchetta quasi scivolasse all’indietro intanto che attendevo l’arrivo della palla. Tutto questo con un tono di voce talmente suadente che, più che una lezione di tennis, sembrava mi stesse sussurrando una poesia. Io sentivo il viso in fiamme per l’imbarazzo in quei momenti, mentre Laurent neppure alzava lo sguardo dallo schermo del suo maledetto telefono.
Restai per un attimo di troppo impietrita tra le braccia di Maurice, incerta sul da farsi. La sua mano, dalla mia vita corse verso il mio addome, accarezzandomi il pancino da sopra al top ginnico che indossavo, e il suo corpo aderì maggiormente al mio. Attraverso la sottile stoffa dei suoi pantaloncini e del mio gonnellino, potevo chiaramente percepire il suo membro quasi completamente eretto premere contro i miei glutei. Sospirai. In fondo, Maurice era un bel ragazzo, aveva un fisico prestante come piace a me, e dalle confidenze che Laurent mi fece quella sera a casa mia, ormai oltre due settimane prima, non avevamo più avuto contatti intimi, quindi il mio corpo iniziava a bramare quel tipo di attenzioni che il mio uomo mi stava facendo mancare.
Voltai appena il mio viso verso Maurice. «Non ti sembra di esagerare?», dissi con un filo di voce.
«Perché, ti dispiace?», mi rispose in tono deciso, tenendo i suoi occhi fissi nei miei e attirandomi ancor più verso di lui.
«Non tradirei mai Laurent, lo sai. Io lo amo. E, se si accorge di quello che stai facendo…».
Maurice lanciò uno sguardo sprezzante in direzione del mio ragazzo, ancora preso a smanettare col cellulare. «Accorgersene? Ma guardalo, potrei scoparti al centro del campo e non ci degnerebbe di uno sguardo».
Mi sorprese la sua improvvisa volgarità. Ma, in fondo, non ce l’avevo con Maurice in quel momento. Piuttosto, mi assalì una rabbia incontenibile nei confronti di Laurent. Il mio istruttore aveva perfettamente ragione, e la cosa mi innervosì molto. Dov’era finito il ragazzo di cui mi ero innamorata? Perché si comportava in quel modo assurdo? L’eccitazione che l’atteggiamento di Maurice mi stava procurando svanì di colpo, lo allontanai con una gomitata, lanciandogli uno sguardo furente: «La lezione finisce qui per oggi», gli dissi, prima di procedere a passo spedito verso Laurent. «E tu, muoviti, riportami a casa», intimai a denti stretti, arrivata nelle sue vicinanze.
Il mio ragazzo sollevò lo sguardo, con occhi spenti come se si fosse appena svegliato.
Maurice, in breve, ci raggiunse.
«Ragazzi», disse, come se nulla fosse accaduto, «Dimenticavo di dirvi una cosa. Sabato c’è una festa per tutti gli iscritti, potete leggere i dettagli sul cartellone qui fuori». Poi guardò me: «Mi farebbe molto piacere se veniste», sottolineò.
«Ma… veramente…», risposi incerta, non sapendo bene quale scusa ragionevole addurre.
Laurent, però, mi anticipò: «Però, che bella iniziativa! Ci saremo sicuramente, tanto non avevamo ancora impegni per la serata. Vero, amore?».
«Vedremo», dissi, ancora scossa e quasi tremante di rabbia, afferrando Laurent e trascinandolo verso l’uscita.
In auto non dissi una sola parola, né lo salutai in alcun modo prima di uscire dalla vettura sbattendo lo sportello e lasciandolo confuso a guardarmi entrare in casa. Mi calmai un po’ solo quando fui sotto il getto d’acqua fredda della doccia.
Mancavano solo due giorni a quel fatidico sabato, il giorno che cambiò radicalmente il corso della mia vita…
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