Cecilia - Un fine settimana - Cap VII

di
genere
dominazione

- Capitolo 7 -

Anche quel pomeriggio faceva caldo, fuori casa era tutto un cicalare, oltre a quello c'era solo il silenzio. Anche dentro faceva caldo, e tutti e due lo sentivano, reagendo però in modo diverso. Ludovico sudava due volte, una per il caldo e l'altra per la tensione. Era sconvolto da quello che stava succedendo: Cecilia, la ragazza che conosceva da sempre, di cui non avrebbe mai potuto pensar male, era cambiata radicalmente, in un modo inimmaginabile; lui ne era perso, ma non per amore, bensì per quel fuoco, quell'attrazione sessuale incredibile che non aveva mai sperimentato prima d'ora. Dopo quello che era successo, bastava vederla per raggiungere l'erezione; tutto di lei lo attraeva: i capelli, il viso, le mani, i fianchi, il seno, le gambe, i piedi, gli sguardi profondi, il suo respiro, la sua voce, ma anche la frutta con cui aveva giocato poco prima, la sua macchinina radiocomandata... Ogni cosa riconducibile a quella dea -o demonio?- era semplicemente straordinaria.
Cecilia si preparava per il suo atto finale, per il momento di massimo divertimento: sì, sentiva il caldo, ma la cosa le piaceva, perchè rendeva tutto più intrigante. Si era spostata in sala, sulla poltrona, per rilassarsi un po', mentre dall'altra parte, in cucina, Ludovico sparecchiava la tavola. Dalla sala lei riusciva a vederlo, e sapeva benissimo che la cosa era reciproca: lui infatti, di tanto in tanto, la guardava con quello sguardo di animale in calore, e lei leggermente sorrideva, ma senza farsi vedere.

Iniziò il suo piano: lentamente, si tolse la maglietta, rimanendo in reggiseno. "che caldo che fa" disse mentre si spogliava, attirando l'attenzione di Ludovico. Lui, appena alzò lo sguardo, si pietrificò. Non ci poteva credere, non poteva credere a quello che stava succedendo: vedeva l'oggetto del suo desiderio in tutto il suo splendore, con quelle spalle sensuali, quel seno marmoreo, e quei fianchi semplicemente perfetti. Iniziava ad eccitarsi. Lei era appagata da quel suo sguardo, si sentiva osservata, desiderata, amata... e la cosa le piaceva enormemente. Iniziò, con grande lentezza, a slacciarsi il bottone dei Jeans. Ludovico rimaneva immobile a guardarla, ancora una volta incapace di fare qualsiasi cosa, e con il membro che premeva sempre di più fra le sue mutande. Cecilia aprì i bottoni, uno dopo l'altro, con quelle sue mani lisce, dalle dita lunghe ed eleganti; iniziò quindi a sfilarsi i pantaloni, con una sensualità esagerata, ma allo stesso tempo naturale, che avrebbe fatto perdere la testa a qualsiasi uomo. Rimase in intimo, sulla poltrona, osservando Ludovico che la guardava immobile.
"Cosa fai Ludovico?" gli chiese secca, con tono perentorio. I suoi occhi erano cambiati, non era più dolce: era diventata seria, cupa in volto, quasi arrabbiata mentre lo fissava. Non ricevendo risposta, si alzò in piedi di colpo: quel fisico scultoreo, appena coperto da quei fazzolettini di intimo che le rimanevano addosso, scosse ancora di più Ludovico, il quale iniziava ad avere paura. Nella sua mente, sembrava come che fosse stato scoperto mentre faceva qualcosa di nascosto... mentre si eccitava guardando Cecilia senza che lei lo sapesse (!). "Cosa stai facendo Ludovico?!" ripetè ancora più seria, e questa volta facendogli davvero capire che non stava scherzando. Lui a questo punto non capì più nulla: cosa stava succedendo, cosa era successo prima? Forse non era lei a stuzzicarlo, ma era stato solo lui a vederla in modo diverso, solo lui ad eccitarsi per lei senza che lei lo sapesse! Una serie di pensieri attraversarono la sua mente in quei pochi attimi, spaventandolo a tal punto da provocargli una reazione istintiva: la fuga. Guardando in basso, uscì di corsa dalla cucina e si diresse verso le camere, senza dire niente, senza nemmeno capire cosa stava facendo.
Lei aspettava solo questo.

Mentre lui era già entrato in camera sua, lei lentamente iniziò a salire le scale, ripetendo con lo stesso tono "Ludovico, cosa stavi facendo?!". Saliva le scale, e lui sentiva ogni passo, contando ogni metro in meno fra lui e lei. Cecilia ora camminava verso la porta della sua camera: lui avrebbe potuto chiuderla se avesse voluto, sarebbe stato semplicissimo. Ma non ci riusciva. "Credo che tu mi debba delle spiegazioni" ripetè, avvicinandosi ormai all'entrata. Lui era terrorizzato, sudava freddo, aveva paura... e non riusciva nemmeno a capire perchè. Lei ormai era sull'uscio: illuminata dalla finestra, alta, perfetta, bellissima. Ora poteva finalmente vederlo: un po' pallido, sudatissimo, evidentemente eccitato. Non disse sulla, e fissandolo negli occhi iniziò ad avvicinarsi a lui, con lentissimi passi.
Ludovico, tremolante, fece qualche passo indietro, ma andò a sbattere sul letto e vi cadde di schiena: respirava velocemente, tremava, la guardava avanzare disperato. "S..s..scusami, n..n.n.nono volevo.." - ma lei rimaneva in silenzio - "C.c..cecilia, davvero..." "N.n.non volevo..". Era tutto inutile. Lei era ora vicinissima a lui, e guardandolo dritto negli occhi, seria e cupa, alzò lentamente la sua gamba, e posò il piede sul suo pene, premendo. Lui ebbe un fremito, come se fosse stato appena punto da un ago, e ammutolì. Il suo pene era durissimo, e sotto l'ennesima pressione di quei piedi stava eccitandosi di nuovo.
"E' questo che vuoi" disse Cecilia rompendo il silenzio. "Mi desideri vero?" aggiunse, facendo comparire sul suo viso quel sorriso ormai noto a Ludovico: il sorriso della perversione, Lui non era in grado di rispondere, aveva la bocca secca: cercò di aprirla, ma non uscì nessun suono. Il momento era arrivato.
"Fai ciò che ti ordino, Ludovico. Stenditi sul letto". Lui, confuso e terrorizzato, eseguì, stendendosi con tutto il corpo sul grande letto della sua camera. Cecilia allora, salì sul letto, e stando in ginocchio iniziò a slacciare i pantaloni di Ludovico. Lui forse avrebbe voluto opporre resistenza, ma non era capace di niente in quel momento. Lei sorrideva, e quel sorriso ormai non le sarebbe più scomparso dalla bocca. Si divertiva enormemente nel dominare quel piccolo ragazzino, nell'averlo ai suoi piedi, nel poter fare di lui qualunque cosa. E poi, il modo in cui lui la adorava, lo sguardo ammaliato con cui la osservava, la faceva sentire l'unica vera Regina di quella casa.
Le sue mani lisce abbassarono lentamente le sue mutande, facendo schizzare fuori il suo pene in erezione. Lei si mise a ridere, e guardandolo negli occhi gli diceva "Lo so cosa vuoi.". Strinse la mano attorno a quel membro turgido e caldissimo, iniziando a muoverla su e giù. Erano movimenti leggeri e soprattutto lentissimi, che facevano sospirare Ludovico. Lui non ci poteva nemmeno credere, guardava lei, così bella, davanti a lui, e quella mano, la mano di Cecilia, che teneva il suo pene e lo muoveva delicatamente. Era stordito, eccitato, confuso... mentre lei era lucidissima, e lo guardava cadere definitivamente nella sua trappola letale. Il sole li illuminava, nell'afa di quelle ore centrali, mentre il pene di Ludovico si avvicinava sempre di più al suo momento. Lei lo masturbava lentamente, senza cambiare minimamente la velocità, cosa che lui invece desiderava sempre di più. Voleva raggiungere quell'orgasmo che gli era stato così a lungo negato, voleva che lei accelerasse, almeno un po', un minimo per essere appagato. Sudava molto, era scosso da tremiti incontrollati,e continuava a guardare ossessivamente quella mano in movimento: perchè non accelerava? Perchè così piano?
Cecilia lo aveva in pugno, mentre proseguiva lentamente il suo gioco. La mano lenta si muoveva, e lei sentiva quel pene duro e caldo che lanciava scossoni incontrollati, si irrigidiva a momenti, si allungava all'inverosimile, rossissimo; sapeva già che lo avrebbe fatto impazzire. Di colpo rallentò ulteriormente, aspettando la reazione di Ludovico. Lui era davvero al culmine dell'eccitazione, non avrebbe saputo resistere a quel desiderio completamente irrefrenabile, ma allo stesso tempo non riusciva a parlare davanti a Lei. Al suo rallentamento, però, iniziò a gemere come un cane. Non poteva fare altro, non riusciva a parlare, nè aveva il coraggio per farlo: davanti a lei, era alla stregua di un animale. Era il suo cagnolino. Cecilia allentò un po' la presa, senza però smettere di masturbarlo. Ludovico soffrì ancora più di prima, ormai non riusciva a ragionare, ed iniziò a muoversi, dando colpi di reni per assecondare il movimento di Cecilia. Lei allora, vedendo quella povera bestiola che si dimenava, rallentò ancora il ritmo fino a fermarsi, per potersi godere la scena di quel disperato che si muoveva convulsamente, per raggiungere un orgasmo che non avrebbe mai visto. La cosa la eccitava, moltissimo: Ludovico avrebbe potuto anche masturbarsi per conto suo, ma non lo avrebbe mai fatto. Questa, per lei, era la dimostrazione di averlo in pieno, totale possesso. Quanto le piaceva avere uno schiavo.
"Cosa c'è, piccolo Ludo, non vuoi che smetta?" e con queste parole allontanò direttamente la mano. Ludovico sgranò gli occhi ed iniziò a disperarsi. Voleva parlare, ma non ci riusciva: con quello sguardo caritatevole, come un condannato a morte che implora pietà, iniziò a gemere guardando la sua Regina in tutto il suo splendore. "Devo proprio continuare Ludovico?" ripetè, godendosi quella scena di dominio totale. Il pene era rossissimo, e davvero rigido come poche volte lui aveva mai sperimentato: non poteva credere che fosse possibile raggiungere quei livelli, trovarsi in certe situazioni di un mondo che non avrebbe mai immaginato, il mondo della completa sottomissione.
scritto il
2017-08-13
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