Cecilia - Un fine settimana - Cap VIII

di
genere
dominazione

- Capitolo 8 -

Cambiò tono allora, e facendosi seria in volto gli disse seccamente "Se non rispondi mi offendo, Ludovico.". Lui non sapeva cosa fare, non gli usciva nulla dalla bocca! La apriva, cercava di emettere un "sì" ma non ci riusciva, era bloccato, incatenato, pietrificato da quella Regina. Era così terribilmente bella, con quei suoi fianchi perfetti, un seno scultoreo nascosto sotto il reggiseno ed i capelli raccolti in quel modo: una Regina del male, che lo fissava quasi rabbiosa, mentre lui impotente si agitava, con il pene rigidissimo, e gemeva nel tentativo di parlare.
Per Cecilia iniziava l'atto finale. Si alzò in piedi sul letto, e continuando a fissarlo con quello sguardo terribile gli diceva "Ludovico, sei schifoso". Ora per lui era diventata ancora più terribile la situazione: steso sul letto, vedeva questa donna gigante davanti a lui, come fosse un piccolo omino davanti ad un colosso scultoreo. Se prima non parlava, non sarebbe certo riuscito a farlo ora: era terrorizzato ed eccitato, da quella prospettiva si sentiva davvero insignificante davanti alla bellezza di Cecilia. Non solo: si sentiva anche in colpa, in colpa per trovarsi in quella situazione, che nella follia della sua psiche in preda all'eccitazione lo vedeva come un volgare, che si era eccitato davanti alla sua migliore amica, una sorella quasi. Si vergognava, si sentiva sporco, pensava di offendere profondamente Cecilia.
L'eccitazione porta sull'orlo della follia, Cecilia lo sapeva.

"Guardati Ludovico. Fai schifo. Sei immobile, tremi tutto con quel tuo pene eretto" gli diceva, senza smettere di guardalo negli occhi "Non mi sai nemmeno rispondere, non parli: sei un animale. Sei solo un cagnaccio in calore". La faccia di Ludovico era stravolta, quasi si trovasse davanti alla morte, o ad un pianto disperato. "Anzi Ludovico, non sei nemmeno un cane. Non ho mai visto un cane in queste condizioni, nemmeno da malato" e continuava, verso la sua meta "Non sei un cane, no. Sei peggio, sei qualcosa di schifoso ed inutile, di fastidioso ed inerme. Sei solo un brutto scarafaggio, una blatta vomitevole". Lui non sapeva cosa stava per succedere, era eccitato e travolto da mille emozioni: offeso in quel modo da Cecilia lo faceva sentire male, ma questa tristezza si scontrava violentemente con la sua brutale erezione e il suo desiderio di raggiungere l'orgasmo. Stava impazzendo, era in affanno, respirava velocemente, si sentiva in panico.
"Io odio gli scarafaggi! Li odio!!" e dicendo queste parole ad alta voce, alzò la gamba destra, e guardando ora più in basso, schiacciò con il suo piede quell'orribile verme rosso e gonfio. Lo schiacciò forte sotto il suo peso, e mentre lo faceva girava il piede, come si fa quando si vuole spegnere una sigaretta. Ludovico abbassò violentemente lo sguardo, vedendosi il pene compresso da quel piede sensuale spalancò la bocca dal terrore, ma ormai non poteva far più niente: la carica erotica era tale che venne, schizzando tutto lo sperma che in quei giorni aveva accumulato. Fu così violento che non solo si sporcò il viso, ma anche il letto ed il muro; Cecilia stava godendo, enormemente: nel vedere finalmente tutto quello sperma liberarsi, ed umiliare in faccia lo stesso Ludovico, ebbe anche lei qualche tremito. Continuò a schiacciare con ancor più forza quel verme, finchè tutte le sue interiora non furono uscite; poi, con il piede ancora lì sopra, richiamò la sua vittima: "Hei" gli disse, e Ludovico subito alzò lo sguardo, con il viso pieno del suo stesso seme.

"Sei uno scarafaggio. Il mio."

E con queste parole, scese dal letto e se ne andò via, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo mentre lui, ancora tremante, iniziava lentamente a riprendere la ragione, a realizzare ciò che era appena successo
e ciò che significava.


*FINE*
scritto il
2017-09-02
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