L'Inferno di Anna e l'Abisso di Francesca - Capitolo 2 –Un week end di sottomissione ed addestramento

di
genere
dominazione

Il Padrone si svegliò alle otto, lui aveva dormito nel letto, Anna su un giaciglio di fortuna, in uno sgabuzzino, chiusa a chiave. Il Padrone aprì lo sgabuzzino – preparami la colazione e portamela a letto. Se durante il giorno ti comporterai bene stanotte dormirai con me. –
Anna scattò verso la cucina. Durante la notte aveva esaminato la sua situazione, non aveva trovato alcuna via d’uscita. Forse quando sarebbe andato via le sarebbe venuta qualche idea, ma in quel momento era paralizzata dalla paura e per quanto si sforzasse non le veniva niente in mente. L’unica cosa che aveva capito è che lui era più forte di lei e aveva quel maledetto filmato che l’intrappolava e chi sa cosa altro. Quindi, per il momento, non le rimaneva che assecondarlo, ubbidirgli e fare quello che voleva lui, sperando che non la maltrattasse troppo. Ma le considerazioni di Anna non finivano lì. Aveva scoperto un lato di se stessa che l’inquietava non poco. Non tutto le era dispiaciuto, ma faceva fatica ad esplorare quel lato. E cercava di allontanare quei pensieri.

Dopo che il Padrone fece colazione si occupò della schiava. - Non voglio che ti vengano strane idee, quindi è meglio che ti metta in condizioni di non nuocere. – Anna non replicò. Quindi lui la lasciò nuda, come era dalla notte precedente, indossava solo i sandali con il tacco alto. Le legò le caviglie tra di loro con due cavigliere unite da una corta catenella che le permetteva di fare solo corti passettini e i polsi dietro alla schiena, poi le mise un robusto collare nero ed i polsi furono uniti in alto al collare stesso. Anna vide che prendeva tutti quegli attrezzi da un borsone che non aveva quando l’aveva rapita sotto il portone di casa sua. Il bastardo doveva essere uscito mentre lei era nel mondo dei sogni, l’aveva preso e portato su. La sua macchina doveva essere nei pressi. Ma a cosa le serviva quella congettura se non poteva vederne la targa. E anche se l’avesse vista? Mentre Anna pensava ciò il Padrone aveva tirato fuori dalla borsa una specie di mutandina di cuoio. Due strisce, una per la vita ed una che le sarebbe passata tra le natiche e la fica. Erano fibbie grosse e purtroppo quello che vide fu ancora peggio. Sulla fibbia che passava sotto c’erano due dildi, uno più piccolo, ma comunque grosso, ed uno ancora più grosso. – Nooooo! – gridò. Lui si precipitò su di lei e la schiaffeggiò. – Non impari mai – le disse mentre Anna piangeva. Prima di quella imbracatura il Master mise alla schiava una ball gag in bocca. – Stupida troia – l’insultò. Poi prese l’imbracatura e versò sui dildi un po’ di lubrificante. Quindi la posizionò correttamente e spinse, strinse ed allacciò. Anna si dibatté, si sentì squartata, ma non c’era niente da fare, prese tutto. I dildi penetrarono e lei fu riempita, ora si muoveva con ancora maggiori difficoltà. Poi un’altra imbracatura, un reggiseno fatto di striscioline di cuoio che le sostenevano il seno, ma non la coprivano per nulla. Messa in quel modo la schiava era una troia offerta platealmente. Fica e culo penetrati, tette strizzate e seno di fuori, oscenamente offerto. Lui prese una macchina fotografica ed iniziò a scattarle foto. Lei cercò di voltarsi, scappare dall’obiettivo e più volte rischiò di cadere. Lui la inseguiva facilmente continuando a scattare. Fino a quando lei non si butto sul materasso, nascondendo il volto. Lui prese un frustino ed iniziò a darle dei gran colpi sulle natiche e sulle cosce. La schiava non poteva gridare, ma si dibatteva, piangeva, grugniva e soffocava le urla sulla ball gag attraverso la quale colava bava copiosamente. Anna era piena di segni. Lui la prese e la sollevo di nuovo in piedi. – Ora ti offri all’obiettivo come dico io, altrimenti ti spello viva. – Anna obbedì, il volto scarmigliato e sofferente, non voleva più essere frustata. Si rivolse all’obiettivo e lui scattò innumerevoli foto, come volle. Anna si girava ed offriva natiche, culo, cosce e tette come il Master le chiedeva. Poi la lasciò in quel modo, aprì la porta, che richiuse a chiave, ed uscì. Anna andò nel panico, si agitò tanto che cadde a terra e così conciata non ebbe neanche la forza di mettersi di nuovo in piedi. Molto tempo dopo fu in grado di trascinarsi verso una poltrona dove trovò la forza di adagiarsi.

Il padrone tornò verso le undici. Le sciolse i polsi e le levò la pallina dalla bocca, le lasciò tutto il resto. La strinse per una tetta e le disse – preparami da mangiare, per il resto non mi disturbare. – Anna andò in cucina e si mise ai fornelli. Lo faceva raramente, durante la settimana aveva una cameriera che faceva anche da cuoca. Si mise d’impegno, quel tipo, ne era sicura, l’avrebbe punita se non fosse rimasto soddisfatto. Ne approfittò per mangiare anche lei qualcosa. A parte il tè del pomeriggio precedente, erano ventiquattro ore che non mangiava. Lui comparve una mezzoretta dopo. – Ho riattaccato il telefono ed ecco il tuo cellulare, se suonano rispondi. E non c’è bisogno che ti dica che devi essere saggia. – L’accarezzò sul culo e sulle cosce mentre lei rimestava la minestra. Lui la maneggiò fino a quando la troia non si riscaldò. Non colava perché era ermeticamente tappata. A quel punto le sciolse anche le caviglie, ma la lasciò con quelle mutandine e quel reggiseno. - Mettiti un vestito da cameriera e servimi. –

Nel primo pomeriggio uscirono, il Master pensava che un po’ d’aria avrebbe fatto bene alla schiava. Lui non aveva problemi a farsi vedere in giro con lei, sarebbe stata lei a dover dare spiegazioni, che s’inventasse quello che voleva. Infatti Anna temeva quel momento e si stava spremendo le meningi per studiare una soluzione. Lei non voleva uscire, mai e poi mai, ma lui così aveva ordinato ed era inutile opporsi, la lezione l’aveva imparata. Mentre, sul pianerottolo, aspettavano l’ascensore comparve una giovane ragazza, si chiamava Francesca, che salutò cordialmente Anna e con un cenno il suo accompagnatore. Anna dominò la paura, doveva comportarsi normalmente e rispose altrettanto cordialmente. – Ti presento il signor Bianchi, un mio amico di Milano. – Aveva avuto la prontezza di inventarsi un cognome, ma sentiva la sua voce gracida, però Francesca non diede modo di avvertire il disagio dell’amica.
La ragazza si limitò a sorridere, ed era bellissima. Se aveva qualcosa in mente la sua attenzione fu sviata dalla domanda del Master. – Cosa fa di bello nella vita Francesca? – il tono era affabile e Anna dovette ammettere che il bastardo ci sapeva fare.
- Studio – rispose Francesca, - a Milano. –
- Francesca è molto brava – interloquì Anna che stava sudando freddo, ma vedendo che Francesca non aveva notato il suo imbarazzo si stava anche rilassando, - e sebbene le nostre età siano molto differenti, siamo molto amiche. –
Non ci fu modo di approfondire ulteriormente, normalmente Anna avrebbe invitato la ragazza a rimanere con loro, ma Francesca fece sapere che stava ritornando a Milano e Anna respirò e si distese completamente. Il Master ed Anna uscirono dall’ascensore mentre Francesca salutò Anna baciandola sulle guance e proseguì verso il seminterrato dove c’erano i garage.

E' notte. Il Master l’ha portata in una piazzola di autostrada.
E’ bendata e con la ball gag in bocca. Anna indossa solo una mantellina ed i tacchi a spillo, sotto la mantella è nuda.
La fa scendere dalla macchina e l’accompagna verso lo steccato della piazzola. Le leva la mantellina e la fa piegare a 90 gradi con le gambe aperte. La lega con delle cinghie. Le caviglie al legno in basso, i polsi a quello in alto e infine le tiene la schiena piegata con una cinghia che le passa sulle spalle e che viene legata al legno in basso.
Un paio di camionisti si sono raccolti intorno ed osservano interessati. Molto interessati.
Per ora guardano. Anna sente il loro scalpicciare, a questo punto teme più una malattia che lo stupro. Mugola, tenta di liberarsi, ma il Master ha fatto un buon lavoro.
Quindi desiste per non scorticarsi sul legno e si limita a sussultare ad ogni rumore o movimento che sente. Sarà una notte lunga.
Il Master la tocca tra le gambe, è bagnata anche se non eccessivamente. La paura la condiziona un po'. Il master la masturba per qualche istante mentre l’accarezza sulla schiena per tranquillizzarla e Anna si inumidisce di nuovo. Non vola una parola, nessuno fiata. Anna trema.
Si avvicina il primo. Lei non lo vede, ma sente il suo passo pesante sull'asfalto e sul brecciolino che provoca quel rumore fastidioso strusciando sull'asfalto. Si preoccupa e si dimena.
Lui è alto 1,90 e peserà 120 kg. Spalle larghe e pancia grossa da vero camionista. Si tira fuori l'uccello e il Master gli passa un profilattico. Se l'infila. Un altro passo ed è sulla vacca in attesa. Lei si agita e mugugna nella ballgag, ma il gigante la sculaccia a destra e sinistra. Poi adagia le mani sulle chiappe della schiava, due badili che contengono tutti i suoi glutei. Mira in alto. - Alt – dice il Master, - solo il primo canale, il secondo è riservato. –
Il gigante lo guarda, ma poi fa spallucce e mira in basso. La penetra in un colpo solo.
La schiava sussulta e non si muove più. Lui grugnisce ed inizia il suo avanti ed indietro.
Il Master scavalca lo steccato e le leva la ballgag. La guarda negli occhi spersi ed annebbiati da timori e piacere. Poi si sbottona il davanti e glielo da da leccare.
Da brava comincia a farlo mentre lui la penetra in bocca ed arriva alla gola, poi si ritrae e la schiava può respirare.
L'altro la tiene per i fianchi e glielo sbatte come un ossesso, mentre ogni tanto smanaccia sulle chiappe. Alla fine non ci sono preoccupazioni che tengano, Anna è una cagna in calore. Va in orbita mentre il primo camionista si svuota le palle.
Il Master la lascia per andarsi ad occuparsi del secondo. Il secondo è basso, ma ha una bella fava, più larga che grossa. Si mette il preservativo ed affonda dentro di lei in un amen.
E' più bravo del primo. Va indietro lento e poi stocca deciso in avanti puntando verso l'alto a velocità moderata. Anna lo sente tutto mentre gli scivola dentro. Anna, ora che ha visto i preservativi distribuiti dal Padrone si è rilassata, gode anche se per la vergogna continua a fare la recalcitrante.
Nel frattempo è tornato il primo camionista che propone di salire sul suo rimorchio che è completamente vuoto. Il Master la slega dallo steccato, le rimette la ballgag, le mette collare e guinzaglio e, tra i sorrisi denigratori dei due camionisti, la trascina verso il rimorchio. Anna si vergogna tantissimo, la paura di ciò che potrà accadere va e viene con il pendolo dell’eccitazione. Prima di salire il Master ha prelevato dalla sua auto un piccolo borsone che contiene alcuni "oggetti" del mestiere: mollette, pinze, nastro da pacco, maschera, vibratore...
Il Master la spinge all'interno del container; appena sono tutti dentro iniziano i preparativi. Il Master ordina alla schiava di mettersi carponi, le toglie la ball gag e il guinzaglio, le infila una maschera di cuoio con solo un’apertura alla bocca ed alle narici. Ora Anna non vede e sente e poco. Rimane in quella posizione per qualche secondo, mentre il Master ed i due camionisti si sono messi in libertà. Il Master ordina alla schiava di avanzare di qualche "passo" e di aprire bene la bocca. Poi Anna sente una mano che si appoggia sulla sua testa e la "dirige" verso il primo cazzo da leccare e succhiare, da infilare prima lentamente poi sempre più forte in gola. E così il primo, poi il secondo cazzo, poi il terzo, poi ancora il primo, continuando a farla spostare a quattro zampe come una cagna ed Anna si sente una cagna
Ma ancora non è finita. Il Master le mette una catenina con due mollette ai capezzoli. Ora la tirano con quella verso il cazzo da succhiare. E mentre viene passata da cazzo in cazzo Anna subisce sculacciate, derisioni ed insulti. Bagascia, troia, vacca sono i termini più urbani.
La schiava è intontita, inebetita, ma gode come una vacca. E’ stanca, ma continua ad ubbidire. I capezzoli sono belli rossi, maturi, doloranti. E' l'ora di farle il culo. Il Master l’ha riservato per sé, si china dietro la schiava mentre continua a succhiare. Totalmente instupidita, come è, all'inizio neanche se ne rende conto. Poi quando sente la cappella sul buchetto si inalbera, ma i due camionisti la bloccano e con i loro due cazzi in bocca non può neanche gridare.
Il Master si alloggia dentro la schiava, poi si china su di lei. Le stringe le tette doloranti e la morde sulla schiena. Anna si accorge che è facile domarla, si domanda a che servono quelle sue stupide reazioni quando non c’è niente da fare, purtroppo sa che lo rifarà.

La schiava come sempre era silenziosa, parlava solo se interrogata. Il suo Padrone parlava poco. Ma erano le tre di notte e la macchina viaggiava spedita verso casa e lui fece un primo bilancio. – Ti sei comportata bene. Sei una schiava nata e sei una cagna che gode molto in queste situazioni. Comportati bene e nei prossimi anni te la spasserai. Ora andiamo a dormire. Stanotte dormirai con me. Hai ancora da imparare, ma ormai il più è fatto. Sei domata, sottomessa e ti piace. – Anna non ritenne di dover rispondere ed al Master non interessava, sapeva che le cose stavano come lui aveva detto. Anna invece provava sentimenti contrastanti. Vergogna, spesso paura e alla fine anche smania ed eccitazione.

Lunedì mattina nell’andare via Master Daniele le disse – ti voglio a mia disposizione venerdì sera e per tutto il week end. Vieni a Milano per le ventuno. –
- Sì Padrone – rispose la schiava, ma era terribilmente angosciata. Non per quello che le sarebbe successo il prossimo week end, a quello ci avrebbe pensato dopo, ma perché suo marito rientrava mercoledì e non sapeva cosa inventarsi per andare via di casa per un intero fine settimana.


koss99@hotmail.it
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2017-10-08
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