Storia di Marisa cap. 2 -L’evoluzione-
di
melaproibita
genere
incesti
Notti insonni, crisi di pianto continue, senso di colpa strisciante, stordimento: così Marisa reagiva sapendo che suo figlio Enzo collezionava sue foto provocanti. Nei giorni seguenti aveva spiato nuovamente nel pc scoprendovi altre immagini e perfino un video, evidentemente fatto al cellulare nel quale lei, ignara di tutto usciva dalla doccia nella camera d’albergo affittata d’estate al mare. Sconvolta continuava a chiedersi se era o meno colpevole in qualche modo di tutto questo. Che fare? Parlarne al marito pareva assurdo, semmai... Paola, la sua amica di sempre, madre di un figlio appena più piccolo del suo... ecco, Paola avrebbe forse potuto e saputo dirle qualcosa di utile. Quando trovando il coraggio nell’angolo più recondito della sua anima aveva deciso di parlarne con lei, l’amica l’aveva ancor più sorpresa. “ Marisa mia, non farne un dramma, può succedere... “ le disse posando la tazzina sul tavolo. “Io stessa con Roberto ho dovuto affrontare un periodo simile”.
“Paola! Non me l’hai mai detto! E... come hai risolto?” “ Nel modo più naturale possibile-rispose quella-ho aspettato che passasse ma nel mentre ho cercato di non farlo sentire solo, nè un mostro”. Sempre più confusa Marisa chiese cosa intendesse e scoprì che l’amica aveva adottato una tattica dolce e materna ma allo stesso tempo determinata. “ Se lo affronti e lo colpevolizzi ne fai un martire ai tuoi stessi occhi. Aspetta che conosca qualche ragazza della sua età ma nel mentre... fagli sapere che hai capito e non sei arrabbiata con lui... aiutalo! Mi capisci?”. Concretamente Paola le suggeriva di uscire gradatamente allo scoperto, aiutarlo a risolvere il suo conflitto interiore liberandosi del tabù dell’attrazione verso di lei. Vincendo il senso di nausea che questo le avrebbe causato si decise a preparare un piccolo dono da lasciare sotto il cuscino di Enzo. Preparò una piccola busta di plastica con all’interno un suo paio di mutandine in pizzo ed un biglietto sul quale aveva scritto “ Ho capito e voglio aiutarti a liberartene. Queste sono per te”. Il pomeriggio seguente ritrovò le mutandine nel cesto della roba sporca, con evidenti segni di sperma nella parte interna. Ripetè l’operazione con un vecchio reggiseno ed ottenne lo stesso risultato. “È normale-diceva Paola-vedrai che tra poco smetterà”. L’atteggiamento di Enzo nei suoi confronti non era minimamente cambiato ma pareva ormai ci fosse un impegno reciproco non scritto. Per lei fornire al ragazzo ogni indumento intimo e non affinché sfogarsi sapendo di non essere l’unico essere al mondo a sentire certe pulsioni; per lui dimostrare gradimento tramite quelle macchie di sborra. Quando sembrava che quell’insolita abitudine esaurisse in sè quel bisogno innaturale, Enzo volle imprimere un nuovo corso alle cose. Marisa trovò sotto il cuscino la busta chiusa con all’interno una mutandina sborrata come sempre ed un biglietto piegato. Due sole righe ma inequivocabili: “ vuoi aiutarmi davvero? Ti aspetto in garage alle sette stasera”.
Battito cardiaco accelerato, senso di panico, capogiro. Non sapendo come comportarsi, non trovando Paola al telefono, passò il pomeriggio tra un bar e due passi al centro commerciale vicino casa. Paola non rispondeva neanche ai messaggi... le ore ed i minuti passavano... lenti... maledettamente lenti...
Le sei. Tornata a casa, si fece una lunga doccia. Aveva deciso che sarebbe scesa in garage... doveva andare fino in fondo e sapere tutto, a qualunque costo. Mise una comoda tuta e disse al marito che scendeva a cercare qualcosa rimasto in macchina. Il cuore impazzito picchiava come un tamburo, neanche ascoltò cosa rispose lui, vagamente distratto da un programma in tv; probabile avesse appena mugugnato qualcosa.
Sette meno dieci. L’ascensore si ferma al piano sotterraneo. Con passi incerti raggiunge il garage... dal quale filtra una luce. Apre del tutto la basculante e davanti ai suoi occhi appare Enzo, seduto sulla sella della moto. Si guardano senza dirsi nulla, il mondo... si, il mondo intero si ferma in quell’istante. Un passo... un altro... lui scende dalla sella... occhi negli occhi, non si dicono ancora nulla... l’aria è pesante come nell’afa di Agosto... Enzo le gira intorno e allunga una mano che chiudere il garage. Marisa si sente morire quando finalmente lui parla. “Vuoi davvero che me ne liberi?” Lei non riesce a rispondere, muove solo la testa in un debole cenno di assenso. Lui sbottona i pantaloni e continuando a fissarla le prende la mano portandola al suo cazzo, già pienamente in tiro. È durissimo, caldo, pulsante. Istintivamente Marisa comincia ad accarezzarlo e suo figlio abbassa la zip della tuta. Per un secondo ammira le tette enormi della madre, poi con entrambe le mani le libera dal reggiseno e le palpa appieno. Marisa è sconcertata, pietrificata; solo la sua mano destra scorre abilmente sul cazzo di Enzo. Lui insiste a massaggiarle i seni poi si ridesta e guardandola negli occhi prende in mano le redini delle operazioni. “ Chinati-le dice- e prendilo in bocca”. Lei esegue senza neanche capire cosa sta facendo.... il cazzo cresce ancora tra le sue labbra, ha ancora un barlume di lucidità quando sente una lacrima bagnarle il viso... poi si perde... passano i minuti (ma quanti?)
Ora Enzo le tiene ferma la testa, l’ha tolto dalla bocca e si sta segando furiosamente...
Con la forza di un cristallo che si frantuma in mille pezzi, la sborrata copiosa la colpisce sul viso, sulle labbra... chiude gli occhi impotente e sconfitta. Si sente umiliate come donna e come madre, le sale un fiotto di vomito che trattiene...
Poi riapre gli occhi ed alza lo sguardo... ecco il suo trionfo... di donna e di madre: suo figlio finalmente sta sorridendo!
“Paola! Non me l’hai mai detto! E... come hai risolto?” “ Nel modo più naturale possibile-rispose quella-ho aspettato che passasse ma nel mentre ho cercato di non farlo sentire solo, nè un mostro”. Sempre più confusa Marisa chiese cosa intendesse e scoprì che l’amica aveva adottato una tattica dolce e materna ma allo stesso tempo determinata. “ Se lo affronti e lo colpevolizzi ne fai un martire ai tuoi stessi occhi. Aspetta che conosca qualche ragazza della sua età ma nel mentre... fagli sapere che hai capito e non sei arrabbiata con lui... aiutalo! Mi capisci?”. Concretamente Paola le suggeriva di uscire gradatamente allo scoperto, aiutarlo a risolvere il suo conflitto interiore liberandosi del tabù dell’attrazione verso di lei. Vincendo il senso di nausea che questo le avrebbe causato si decise a preparare un piccolo dono da lasciare sotto il cuscino di Enzo. Preparò una piccola busta di plastica con all’interno un suo paio di mutandine in pizzo ed un biglietto sul quale aveva scritto “ Ho capito e voglio aiutarti a liberartene. Queste sono per te”. Il pomeriggio seguente ritrovò le mutandine nel cesto della roba sporca, con evidenti segni di sperma nella parte interna. Ripetè l’operazione con un vecchio reggiseno ed ottenne lo stesso risultato. “È normale-diceva Paola-vedrai che tra poco smetterà”. L’atteggiamento di Enzo nei suoi confronti non era minimamente cambiato ma pareva ormai ci fosse un impegno reciproco non scritto. Per lei fornire al ragazzo ogni indumento intimo e non affinché sfogarsi sapendo di non essere l’unico essere al mondo a sentire certe pulsioni; per lui dimostrare gradimento tramite quelle macchie di sborra. Quando sembrava che quell’insolita abitudine esaurisse in sè quel bisogno innaturale, Enzo volle imprimere un nuovo corso alle cose. Marisa trovò sotto il cuscino la busta chiusa con all’interno una mutandina sborrata come sempre ed un biglietto piegato. Due sole righe ma inequivocabili: “ vuoi aiutarmi davvero? Ti aspetto in garage alle sette stasera”.
Battito cardiaco accelerato, senso di panico, capogiro. Non sapendo come comportarsi, non trovando Paola al telefono, passò il pomeriggio tra un bar e due passi al centro commerciale vicino casa. Paola non rispondeva neanche ai messaggi... le ore ed i minuti passavano... lenti... maledettamente lenti...
Le sei. Tornata a casa, si fece una lunga doccia. Aveva deciso che sarebbe scesa in garage... doveva andare fino in fondo e sapere tutto, a qualunque costo. Mise una comoda tuta e disse al marito che scendeva a cercare qualcosa rimasto in macchina. Il cuore impazzito picchiava come un tamburo, neanche ascoltò cosa rispose lui, vagamente distratto da un programma in tv; probabile avesse appena mugugnato qualcosa.
Sette meno dieci. L’ascensore si ferma al piano sotterraneo. Con passi incerti raggiunge il garage... dal quale filtra una luce. Apre del tutto la basculante e davanti ai suoi occhi appare Enzo, seduto sulla sella della moto. Si guardano senza dirsi nulla, il mondo... si, il mondo intero si ferma in quell’istante. Un passo... un altro... lui scende dalla sella... occhi negli occhi, non si dicono ancora nulla... l’aria è pesante come nell’afa di Agosto... Enzo le gira intorno e allunga una mano che chiudere il garage. Marisa si sente morire quando finalmente lui parla. “Vuoi davvero che me ne liberi?” Lei non riesce a rispondere, muove solo la testa in un debole cenno di assenso. Lui sbottona i pantaloni e continuando a fissarla le prende la mano portandola al suo cazzo, già pienamente in tiro. È durissimo, caldo, pulsante. Istintivamente Marisa comincia ad accarezzarlo e suo figlio abbassa la zip della tuta. Per un secondo ammira le tette enormi della madre, poi con entrambe le mani le libera dal reggiseno e le palpa appieno. Marisa è sconcertata, pietrificata; solo la sua mano destra scorre abilmente sul cazzo di Enzo. Lui insiste a massaggiarle i seni poi si ridesta e guardandola negli occhi prende in mano le redini delle operazioni. “ Chinati-le dice- e prendilo in bocca”. Lei esegue senza neanche capire cosa sta facendo.... il cazzo cresce ancora tra le sue labbra, ha ancora un barlume di lucidità quando sente una lacrima bagnarle il viso... poi si perde... passano i minuti (ma quanti?)
Ora Enzo le tiene ferma la testa, l’ha tolto dalla bocca e si sta segando furiosamente...
Con la forza di un cristallo che si frantuma in mille pezzi, la sborrata copiosa la colpisce sul viso, sulle labbra... chiude gli occhi impotente e sconfitta. Si sente umiliate come donna e come madre, le sale un fiotto di vomito che trattiene...
Poi riapre gli occhi ed alza lo sguardo... ecco il suo trionfo... di donna e di madre: suo figlio finalmente sta sorridendo!
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