Continua militari
di
Maschio
genere
gay
Per raggiungere le vette non solo del piacere ma della mia crescita psicofisica come uomo, omosessuale e allo stesso tempo maschio fino in fondo, mi prestai con piacere a ogni esperimento con i miei due grandi e bellissimi maestri di sesso.
Il gioco della monta leccata come avevamo iniziato a chiamarlo, continuo’ sempre con me seduto su uno dei due tori e l’altro che si insinuava nello stantuffare pieno di umori del cazzo dell’altro dentro di me.
Erano e Piero dire eravamo non solo commilitoni e amici ma veri adepti di un club privatissimo il nostro chiuso agli altri e allo stesso tempo libero e naturale.
Ho sempre amato di loro la fisicità e la parte olfattiva: parlo dell’odire Forte del maschio soldato che certo si lava ma sa sempre di uomo, di bestione, di divisa.
C’erano volte in cui passavo tutta la notte con loro a fare la palestra di sesso migliore della mia vita.
Sdraiati nello spazio tra i due letti militari, stendevamo materassi e coperte per la comodità e con la faccia quasi sul pavimento mi trovavo a essere penetrato lungamente a turno da entrambi: una foga da uomini del sud, contadini del mediterraneo che non solo godevano e mi facevano godere ma mi onoravano con martellate di cazzo e ogni tipo di vera attenzione.
Già allora a 20 anni pesavo più di 85 kg e non ero certo una signorina. L’avevano capito come dovevano trattarmi: da pari a pari anche se poi erano loro due i padroni trivellatori.
Senza ombra di dubbio io li facevo impazzire e ne traevo un piacere immenso.
C’era tra di loro a volte gelosia nel voler essere uno più ammirato da me dell’altro. Li rincuoravo: mi piacevano da matti entrambi. Forse quello che mi scuoteva di più era Carmine coi suoi 100 kg, il bosco di peli dal collo alle caviglie, il cazzo più largo del mondo. Il sudore più arrapante della terra.
Mi metteva in pecorina, mi allargava con le mani callose e incitandomi come si fa col bestiame mi penetrava. Su bravo mi diceva, tranquillo che ora stai meglio, non muoverti. Io ansimavo e sentivo di dover condividere con l’altro questa situazione senza ritegno. Cercavo quindi il suo compare con lo sguardo nella camera e lo trovavo sempre assorto a godere la scena e prepararsi la verga più piccola del baffone ma sempre imponente e soprattutto dura e venosa sempre.
Inghiottivo saliva e aprivo la bocca. Intanto il baffone mi stantuffava ritmicamente e io col cazzp in tiro duro cercavo di non toccarmi per non venire subito.
Mi spaccavano in due, a turno con una voracità che non ho mai più conosciuto. Come la mia voracità nei loro confronti.
Gli baciavo il petto sudato dopo le monte. Bevevo il loro sudore e mi inebriavo.
Gli leccavo spesso i piedi grandi e larghi nodosi che sapevano di cuoio e sudore.
Dopo un po’ di mesi imposi quello che loro all’inizio rifiutavano: i baci.
Iniziarono quindi a godere anche delle infinite e lunghe slinguate e iniziammo tutto e tre a godere sempre di più di questo proibitissimo e segreto amore
Il gioco della monta leccata come avevamo iniziato a chiamarlo, continuo’ sempre con me seduto su uno dei due tori e l’altro che si insinuava nello stantuffare pieno di umori del cazzo dell’altro dentro di me.
Erano e Piero dire eravamo non solo commilitoni e amici ma veri adepti di un club privatissimo il nostro chiuso agli altri e allo stesso tempo libero e naturale.
Ho sempre amato di loro la fisicità e la parte olfattiva: parlo dell’odire Forte del maschio soldato che certo si lava ma sa sempre di uomo, di bestione, di divisa.
C’erano volte in cui passavo tutta la notte con loro a fare la palestra di sesso migliore della mia vita.
Sdraiati nello spazio tra i due letti militari, stendevamo materassi e coperte per la comodità e con la faccia quasi sul pavimento mi trovavo a essere penetrato lungamente a turno da entrambi: una foga da uomini del sud, contadini del mediterraneo che non solo godevano e mi facevano godere ma mi onoravano con martellate di cazzo e ogni tipo di vera attenzione.
Già allora a 20 anni pesavo più di 85 kg e non ero certo una signorina. L’avevano capito come dovevano trattarmi: da pari a pari anche se poi erano loro due i padroni trivellatori.
Senza ombra di dubbio io li facevo impazzire e ne traevo un piacere immenso.
C’era tra di loro a volte gelosia nel voler essere uno più ammirato da me dell’altro. Li rincuoravo: mi piacevano da matti entrambi. Forse quello che mi scuoteva di più era Carmine coi suoi 100 kg, il bosco di peli dal collo alle caviglie, il cazzo più largo del mondo. Il sudore più arrapante della terra.
Mi metteva in pecorina, mi allargava con le mani callose e incitandomi come si fa col bestiame mi penetrava. Su bravo mi diceva, tranquillo che ora stai meglio, non muoverti. Io ansimavo e sentivo di dover condividere con l’altro questa situazione senza ritegno. Cercavo quindi il suo compare con lo sguardo nella camera e lo trovavo sempre assorto a godere la scena e prepararsi la verga più piccola del baffone ma sempre imponente e soprattutto dura e venosa sempre.
Inghiottivo saliva e aprivo la bocca. Intanto il baffone mi stantuffava ritmicamente e io col cazzp in tiro duro cercavo di non toccarmi per non venire subito.
Mi spaccavano in due, a turno con una voracità che non ho mai più conosciuto. Come la mia voracità nei loro confronti.
Gli baciavo il petto sudato dopo le monte. Bevevo il loro sudore e mi inebriavo.
Gli leccavo spesso i piedi grandi e larghi nodosi che sapevano di cuoio e sudore.
Dopo un po’ di mesi imposi quello che loro all’inizio rifiutavano: i baci.
Iniziarono quindi a godere anche delle infinite e lunghe slinguate e iniziammo tutto e tre a godere sempre di più di questo proibitissimo e segreto amore
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