Mia madre la mia amante
di
Incestuoso1
genere
incesti
Premetto che questo racconto è di pura fantasia per tutti gli amanti dell'incesto vissuto
Sara, mia madre, aveva sedici anni quando io nacqui. Lei, e mio padre frequentavano il liceo quando s’innamorarono e, subito dopo, mi concepirono. Sono trascorsi 20 anni da quel giorno, ed io, visto il successo che ho con le mie coetanee, devo convenire che, grazie a loro, sono un bel ragazzo, palestrato e, cosa non da poco, in regola con gli esami universitari. Mia madre, che adesso ha 36 anni, è una donna affascinante, dal fisico stupendo, e con lo spirito goliardico di una ventenne.
E’ un tipo che non passa inosservato, e gli sguardi che gli uomini le rivolgono, carichi di lussuriose voglie, in un certo senso mi inorgogliscono. Anche i miei amici, infatti, m’accorgo che spesso la guardano con occhi che non lasciano spazi a dubbi. Quando usciamo assieme, spessissimo ci scambiano per fidanzati e noi, divertendoci, lo lasciamo credere.
La nostra vita scorreva felice e senza problemi fino al giorno in cui scoppiò la bomba. In verità, da un po’ di tempo mio padre viaggiava spesso, ed era spesso assente. Quella mattina, scendendo per fare colazione, sentii le loro voci concitate. Stavano litigando in cucina. Poi, sentii mia madre piangere, e la porta della cucina sbattuta violentemente. Mia madre aveva il viso poggiato sul tavolo e piangeva. Mi avvicinai, e stringendosi a me, disse che papà se ne era andato perché da tempo aveva una relazione con un’altra donna di Milano. Provai uno scatto d’ira, che controllai per non esasperare ancor più il dolore di mia madre. Sembrava una bambina smarrita, ed i suoi grandi occhioni di cerbiatta mi fissavano con profonda tristezza. Trascorsero due mesi tristi. Mia madre, che prima era solita raccogliere tutte le mie confidenze, frequentare le ragazze ed i miei amici, ospitandoli a volte, si era chiusa in un mutismo che nessuno riusciva a scalfire. Malgrado le fossi ancor più vicino del solito, usciva poco, preferendo stare a casa per leggere un libro.
Finalmente, giunse il giovedì grasso, e la mia comitiva organizzò un ballo in maschera. Rimasi sorpreso nel constatare che Sara - chiamavo così, sin da piccolo, mia madre, col nome di battesimo – acconsentì stranamente, e con entusiasmo, a venire con noi. Era splendida! Si vestì da baiadera, e si truccò in maniera divina che sembrava una principessa araba I suoi occhi splendidi che illuminavano quel viso fresco e bello, erano ancor più esaltati dai suoi lunghi capelli corvini. “Che stronzo – pensai tra me e me – è stato mio padre. Ha abbandonatocosì una donna che altri farebbero salti mortali, pur di averla”. Fu una serata stupenda. Non avevo occhi che per lei, felice di vederla nuovamente tornata a vivere. Tutti i ragazzi e le ragazze la coinvolsero, anche loro contenti del recupero. Mangiammo tante cose buone, e bevemmo tanto, e di tutto. L’euforia aveva raggiunto picchi altissimi e, quando m’accorsi che mia madre non solo non si reggeva più tanto, ma si lasciava stringere più del necessario da chi la iinvitava ballare, decisi di portarla via. Sostenendola però, perché ormai barcollava. Tra risolini argentini e frasi sconnesse, la sorressi fin nella sua camera da letto. La feci sdraiare sul letto, e lei si abbandonò ridacchiando più sommessamente lasciando presagire l’arrivo del sonno ristoratore.
Le tolsi le scarpe, il giunbbino di seta ed il velo che, stretto alla vita, tratteneva il leggero tessuto che le fasciava il corpo. Rimase con le calze autoreggenti, in reggiseno e slippino nero. Rimasi sconvolto da quella visione. Quanto era bella, e quanto stupendo fosse quel corpo di giovane femmina che avrebbe risvegliato un morto. Avvertii un insano brivido percorrermi la spina dorsale e, cosa inaspettata, sentii che il mio pene si era repentinamente inturgidito. Non potei fare a meno di accarezzare quelle cosce rotonde, le natiche polpose e sode dalla pelle vellutata. Scostai con le dita la sommità dello slip per intravedere ed accarezzare delicatamente i peletti che già sporgevano. Dopo essermi ricomposto, e scacciati gli insani desideri d’incesto, la adagiai sotto le coperte. Aveva ancora gli occhi aperti e sorrideva, canticchiando una canzoncina a me sconosciuta. Le diedi un bacio sulla fronte e spensi la luce centrale, avendo cura di lasciare accesa quella del comodino. Pian pianino mi allontanai, conservando nella mente quella splendida visione. Al momento di socchiudere la porta, però, mi sentii chiamare. “Tony, vieni qui. Non andare via. Stai con me fino a quando la camera non smetterà di girarmi intorno. Anzi, dormi questa notte accanto a me. Non mi lasciare sola. Ho paura di essere inghiottita da questo vorticoso turbinio…” Sembrava una bambina spaventata, nonostante sorridesse con un’espressione complice e maliziosa. Mi spogliai. Ero solito, a letto, stare a dorso nudo e con gli slip. Mi distesi, lasciandomi accarezzare dalla morbidezza delle lenzuola che emanavano il profumo di Sara.
Avevo il cuore in tumulto. A pochi centimetri da me giaceva il corpo di una splendida donna che senza alcuna esitazione avrei cavalcato, se non fosse stata mia madre. Sara adesso non canticchiava più. Anzi mi stava fissando intensamente, e sorrideva compiaciuta di avermi accanto. Si avvicinò a me e, dopo aver appoggiato il capo sul mio petto disse: “Non doveva farlo tuo padre. Non doveva lasciarmi…per un’altra donna. Per una puttana. Cosa non ha trovato in meche lei è in grado di dargli?Se soltanto sapessi, Tony, quanto mi sento sola…” Si mise a piangere e le lacrime mi bagnarono il petto nudo. Quei rivoletti che scorrevano su di me, avevano uno strano potere così eccitante. Anche perché lei si era stretta a me, e la pressione delle sue cosce nude contro le mie mi avevano fatto indurire il membro, che già fuoriusciva dagli slip facendomi temere che Sara, nel caso se ne fosse accorta, mi avrebbe allontanato. Le torbide sensazioni incestuose mi avevano catturato al punto tale che non m’importava più che Sara fosse mia madre. Desideravo quella donna meravigliosa e , soprattutto, volevo possederla ad ogni costo. Ma non avevo il coraggio di fare il primo passo…. Ed io mi scervellavo su come fare. Fu lei, invece, che diradò quella nebbia d’incertezze e timore con un solo gesto. La sua mano, spuntata dal nulla, si posò sul mio pene ed iniziò ad accarezzarlo dolcemente. Mi abbandonai sprofondando in un mare di lussuriosa goduria. Me lo estrasse dallo slip, ed iniziò a masturbarmi. La sua piccola mano, stringeva dolcemente il membro mentre andava su e giù scoprendomi il glande. Ad un tratto si sollevò, e chinandosi su di me, se lo prese in bocca, succhiandomelo avidamente. Sarà stata l’eccitazione, oppure lo strano coinvolgimento incestuoso, a farmi sborrare quasi subito nella sua bocca, mentre lei continuava a spompinarmelo. Aveva ingoiato tutto e , come se nulla fosse avvenuto, lo avevo ancora duro e pronto per un altro giro. Mia madre si sdraiò, e con le gambe aperte mi invitò a montarla. Mi chinai su di lei, che subito mi baciò introducendo la sua lingua nella mia bocca, mentre io le introducevo il membro con delicatezza, facendola mugulare di piacere. Incominciai così a chiavarla dolcemente, con colpi secchi e profondi che le procuravano un piacere immenso. Frattanto le sue mani si affondavano tra i miei capelli mentre mi diceva, quasi sussurrando, di continuare a sbatterla come fosse una troia. Aggiunse poi che sarebbe stata, fin che l’avessi voluto, la mia amante segreta che avrei potuto scoparla come e quando l’avessi voluto. Sentirle dire queste cose mi procurarono un eccitamento indescrivibile. Stavo scopandomi una femmina meravigliosa, che tra l’altro era mia madre, e che mi si offriva incondizionatamente.“Sto venendo….- mi disse - .ti prego, vieni anche tu con me…dai vieni…vieni…sei il mio stallone ….siiiiiiii”. Venimmo contemporaneamente, mentre continuavo ad artigliarle le chiappe, e ci contorcevamo come serpenti in calore.
Ci abbandonammo entrambi stremati, ma felici. Mentre languidamente le accarezzavo i capezzoli, la sua dolce mano mi pizzicava dolcemente lo scroto.
“Hai sentito – mi disse – cosa ti ho detto poco prima? Voglio essere la tua schiava, sempre pronta per essere chiavata. Potrai farmi fare tutto ciò che vorrai, ed io lo eseguirò. E tu sarai il mio superbo stallone” La baciai appassionatamente dicendole che sarebbe stata, invece, la mia regina. Mi aveva dato la vita due volte. La prima, alla nascita. La seconda, invece, adesso, trasformandomi in un uomo. “Si, certo che ti scoperò – le risposi - nessuno mi ha fatto godere come lo hai fatto tu. Sei una magnifica macchina del piacere…” Non mi fece completare la frase perché mi fece zittire. “Adesso ti donerò qualcosa che neanche tuo padre, malgrado me lo abbia chiesto insistentemente, ha mai ottenuto. Si prese il pene nuovamente in bocca, e lo strofinò con la lingua fin quando non rinvenne completamente. “Hai proprio un uccello meraviglioso” mi disse sorridendo maliziosamente. Quando s’accorse che per le pulsazioni ormai fremeva, si mise alla pecorina, facendomi segno di accostarmi. La sua mano, spuntando tra le cosce, afferrò dolcemente il membro e se lo avvicinò al buco del culo. “Tu sarai il primo e l’unico a penetrarmi. E’ il mio dono per il patto che abbiamo fatto. Dai, Tony, amore mio. Ficcamelo tutto dentro. Svergina tua madre, e non ti fermare anche se dovessi lamentarmi”. Aveva un tale garbo nel propormi di scoparla che mi faceva impazzire. Dio, che donna avevo tra le man i. Mia madre. E me la potevo chiavare quando volevo. Appoggia il glande, enorme, sul buchino considerando quanto folle fosse il tentare di infilarglielo. “Dai, Tony, spingi, spingi” e così dicendo iniziò lei a introdurselo. Dopo qualche tentativo il glande scomparve dentro il buco. “Dai, sù Tony, spingimelo tutto dentro. Tutto lo voglio…proprio tutto…e poi scopami ed inondami di sperma”. Iniziai a spingere con decisione, godendo ad ogni pressione come un matto. La sentivo gemere per il dolore, mentre mi esortava a spingere con sempre più decisione. Superato lo sfintere, il mio cazzone la penetrò tutta. Era completamente scomparso dentro di lei che aveva smesso di lamentarsi, ed ora invece si dimenava come una indemoniata. “Dai, dai, sto godendo da impazzire. Mi hai sverginato ed ora sono la tua troia…sfondami…ti prego…sto impazzendo di godimento. Non ho mai goduto cosi, come lo hai fatto tu, amore mio!” Venni mentre ululavamo entrambi di piacere, e così mi addormentai.
Il sole che aveva reso radiosa la camera , mi svegliò. Ero solo sul letto, e intontito com’ero, mi rattristai pensando subito di aver fatto un magnifico incestuoso sonno. Seduto, e completamente nudo, tentavo invano di trovare un appiglio che mi dicesse che ciò che era avvenuto fosse vero. Ad un tratto si aprì la porta ed entrò Sara, mia madre, con una mini vestaglietta trasparente che non solo lasciava scoperte le sue meravigliose cosce, ma faceva intravedere il cespuglietto di peli che era alla sommità di esse. Sentii tornarmi il buonumore. Forse, non avevo sognato. “Tony – mi disse Sara – devi prepararti. Tra poco verranno i tuoi amici. Hai dimenticato che dovete partire per la gita?”. Guardandola fisso negli occhi, dissi che non avevo alcuna voglia di partire. E poi, ormai avevo tante cose da fare. Sara, sorridendomi maliziosamente, ed ammiccando con gli occhi, si sdraiò accanto a me. Fece scorrere la mano sotto le lenzuola, che allontanò, scoprendomi il pisello. Iniziò ad accarezzarlo e subito dopo…lo fece sparire nella sua bocca…
Sara, mia madre, aveva sedici anni quando io nacqui. Lei, e mio padre frequentavano il liceo quando s’innamorarono e, subito dopo, mi concepirono. Sono trascorsi 20 anni da quel giorno, ed io, visto il successo che ho con le mie coetanee, devo convenire che, grazie a loro, sono un bel ragazzo, palestrato e, cosa non da poco, in regola con gli esami universitari. Mia madre, che adesso ha 36 anni, è una donna affascinante, dal fisico stupendo, e con lo spirito goliardico di una ventenne.
E’ un tipo che non passa inosservato, e gli sguardi che gli uomini le rivolgono, carichi di lussuriose voglie, in un certo senso mi inorgogliscono. Anche i miei amici, infatti, m’accorgo che spesso la guardano con occhi che non lasciano spazi a dubbi. Quando usciamo assieme, spessissimo ci scambiano per fidanzati e noi, divertendoci, lo lasciamo credere.
La nostra vita scorreva felice e senza problemi fino al giorno in cui scoppiò la bomba. In verità, da un po’ di tempo mio padre viaggiava spesso, ed era spesso assente. Quella mattina, scendendo per fare colazione, sentii le loro voci concitate. Stavano litigando in cucina. Poi, sentii mia madre piangere, e la porta della cucina sbattuta violentemente. Mia madre aveva il viso poggiato sul tavolo e piangeva. Mi avvicinai, e stringendosi a me, disse che papà se ne era andato perché da tempo aveva una relazione con un’altra donna di Milano. Provai uno scatto d’ira, che controllai per non esasperare ancor più il dolore di mia madre. Sembrava una bambina smarrita, ed i suoi grandi occhioni di cerbiatta mi fissavano con profonda tristezza. Trascorsero due mesi tristi. Mia madre, che prima era solita raccogliere tutte le mie confidenze, frequentare le ragazze ed i miei amici, ospitandoli a volte, si era chiusa in un mutismo che nessuno riusciva a scalfire. Malgrado le fossi ancor più vicino del solito, usciva poco, preferendo stare a casa per leggere un libro.
Finalmente, giunse il giovedì grasso, e la mia comitiva organizzò un ballo in maschera. Rimasi sorpreso nel constatare che Sara - chiamavo così, sin da piccolo, mia madre, col nome di battesimo – acconsentì stranamente, e con entusiasmo, a venire con noi. Era splendida! Si vestì da baiadera, e si truccò in maniera divina che sembrava una principessa araba I suoi occhi splendidi che illuminavano quel viso fresco e bello, erano ancor più esaltati dai suoi lunghi capelli corvini. “Che stronzo – pensai tra me e me – è stato mio padre. Ha abbandonatocosì una donna che altri farebbero salti mortali, pur di averla”. Fu una serata stupenda. Non avevo occhi che per lei, felice di vederla nuovamente tornata a vivere. Tutti i ragazzi e le ragazze la coinvolsero, anche loro contenti del recupero. Mangiammo tante cose buone, e bevemmo tanto, e di tutto. L’euforia aveva raggiunto picchi altissimi e, quando m’accorsi che mia madre non solo non si reggeva più tanto, ma si lasciava stringere più del necessario da chi la iinvitava ballare, decisi di portarla via. Sostenendola però, perché ormai barcollava. Tra risolini argentini e frasi sconnesse, la sorressi fin nella sua camera da letto. La feci sdraiare sul letto, e lei si abbandonò ridacchiando più sommessamente lasciando presagire l’arrivo del sonno ristoratore.
Le tolsi le scarpe, il giunbbino di seta ed il velo che, stretto alla vita, tratteneva il leggero tessuto che le fasciava il corpo. Rimase con le calze autoreggenti, in reggiseno e slippino nero. Rimasi sconvolto da quella visione. Quanto era bella, e quanto stupendo fosse quel corpo di giovane femmina che avrebbe risvegliato un morto. Avvertii un insano brivido percorrermi la spina dorsale e, cosa inaspettata, sentii che il mio pene si era repentinamente inturgidito. Non potei fare a meno di accarezzare quelle cosce rotonde, le natiche polpose e sode dalla pelle vellutata. Scostai con le dita la sommità dello slip per intravedere ed accarezzare delicatamente i peletti che già sporgevano. Dopo essermi ricomposto, e scacciati gli insani desideri d’incesto, la adagiai sotto le coperte. Aveva ancora gli occhi aperti e sorrideva, canticchiando una canzoncina a me sconosciuta. Le diedi un bacio sulla fronte e spensi la luce centrale, avendo cura di lasciare accesa quella del comodino. Pian pianino mi allontanai, conservando nella mente quella splendida visione. Al momento di socchiudere la porta, però, mi sentii chiamare. “Tony, vieni qui. Non andare via. Stai con me fino a quando la camera non smetterà di girarmi intorno. Anzi, dormi questa notte accanto a me. Non mi lasciare sola. Ho paura di essere inghiottita da questo vorticoso turbinio…” Sembrava una bambina spaventata, nonostante sorridesse con un’espressione complice e maliziosa. Mi spogliai. Ero solito, a letto, stare a dorso nudo e con gli slip. Mi distesi, lasciandomi accarezzare dalla morbidezza delle lenzuola che emanavano il profumo di Sara.
Avevo il cuore in tumulto. A pochi centimetri da me giaceva il corpo di una splendida donna che senza alcuna esitazione avrei cavalcato, se non fosse stata mia madre. Sara adesso non canticchiava più. Anzi mi stava fissando intensamente, e sorrideva compiaciuta di avermi accanto. Si avvicinò a me e, dopo aver appoggiato il capo sul mio petto disse: “Non doveva farlo tuo padre. Non doveva lasciarmi…per un’altra donna. Per una puttana. Cosa non ha trovato in meche lei è in grado di dargli?Se soltanto sapessi, Tony, quanto mi sento sola…” Si mise a piangere e le lacrime mi bagnarono il petto nudo. Quei rivoletti che scorrevano su di me, avevano uno strano potere così eccitante. Anche perché lei si era stretta a me, e la pressione delle sue cosce nude contro le mie mi avevano fatto indurire il membro, che già fuoriusciva dagli slip facendomi temere che Sara, nel caso se ne fosse accorta, mi avrebbe allontanato. Le torbide sensazioni incestuose mi avevano catturato al punto tale che non m’importava più che Sara fosse mia madre. Desideravo quella donna meravigliosa e , soprattutto, volevo possederla ad ogni costo. Ma non avevo il coraggio di fare il primo passo…. Ed io mi scervellavo su come fare. Fu lei, invece, che diradò quella nebbia d’incertezze e timore con un solo gesto. La sua mano, spuntata dal nulla, si posò sul mio pene ed iniziò ad accarezzarlo dolcemente. Mi abbandonai sprofondando in un mare di lussuriosa goduria. Me lo estrasse dallo slip, ed iniziò a masturbarmi. La sua piccola mano, stringeva dolcemente il membro mentre andava su e giù scoprendomi il glande. Ad un tratto si sollevò, e chinandosi su di me, se lo prese in bocca, succhiandomelo avidamente. Sarà stata l’eccitazione, oppure lo strano coinvolgimento incestuoso, a farmi sborrare quasi subito nella sua bocca, mentre lei continuava a spompinarmelo. Aveva ingoiato tutto e , come se nulla fosse avvenuto, lo avevo ancora duro e pronto per un altro giro. Mia madre si sdraiò, e con le gambe aperte mi invitò a montarla. Mi chinai su di lei, che subito mi baciò introducendo la sua lingua nella mia bocca, mentre io le introducevo il membro con delicatezza, facendola mugulare di piacere. Incominciai così a chiavarla dolcemente, con colpi secchi e profondi che le procuravano un piacere immenso. Frattanto le sue mani si affondavano tra i miei capelli mentre mi diceva, quasi sussurrando, di continuare a sbatterla come fosse una troia. Aggiunse poi che sarebbe stata, fin che l’avessi voluto, la mia amante segreta che avrei potuto scoparla come e quando l’avessi voluto. Sentirle dire queste cose mi procurarono un eccitamento indescrivibile. Stavo scopandomi una femmina meravigliosa, che tra l’altro era mia madre, e che mi si offriva incondizionatamente.“Sto venendo….- mi disse - .ti prego, vieni anche tu con me…dai vieni…vieni…sei il mio stallone ….siiiiiiii”. Venimmo contemporaneamente, mentre continuavo ad artigliarle le chiappe, e ci contorcevamo come serpenti in calore.
Ci abbandonammo entrambi stremati, ma felici. Mentre languidamente le accarezzavo i capezzoli, la sua dolce mano mi pizzicava dolcemente lo scroto.
“Hai sentito – mi disse – cosa ti ho detto poco prima? Voglio essere la tua schiava, sempre pronta per essere chiavata. Potrai farmi fare tutto ciò che vorrai, ed io lo eseguirò. E tu sarai il mio superbo stallone” La baciai appassionatamente dicendole che sarebbe stata, invece, la mia regina. Mi aveva dato la vita due volte. La prima, alla nascita. La seconda, invece, adesso, trasformandomi in un uomo. “Si, certo che ti scoperò – le risposi - nessuno mi ha fatto godere come lo hai fatto tu. Sei una magnifica macchina del piacere…” Non mi fece completare la frase perché mi fece zittire. “Adesso ti donerò qualcosa che neanche tuo padre, malgrado me lo abbia chiesto insistentemente, ha mai ottenuto. Si prese il pene nuovamente in bocca, e lo strofinò con la lingua fin quando non rinvenne completamente. “Hai proprio un uccello meraviglioso” mi disse sorridendo maliziosamente. Quando s’accorse che per le pulsazioni ormai fremeva, si mise alla pecorina, facendomi segno di accostarmi. La sua mano, spuntando tra le cosce, afferrò dolcemente il membro e se lo avvicinò al buco del culo. “Tu sarai il primo e l’unico a penetrarmi. E’ il mio dono per il patto che abbiamo fatto. Dai, Tony, amore mio. Ficcamelo tutto dentro. Svergina tua madre, e non ti fermare anche se dovessi lamentarmi”. Aveva un tale garbo nel propormi di scoparla che mi faceva impazzire. Dio, che donna avevo tra le man i. Mia madre. E me la potevo chiavare quando volevo. Appoggia il glande, enorme, sul buchino considerando quanto folle fosse il tentare di infilarglielo. “Dai, Tony, spingi, spingi” e così dicendo iniziò lei a introdurselo. Dopo qualche tentativo il glande scomparve dentro il buco. “Dai, sù Tony, spingimelo tutto dentro. Tutto lo voglio…proprio tutto…e poi scopami ed inondami di sperma”. Iniziai a spingere con decisione, godendo ad ogni pressione come un matto. La sentivo gemere per il dolore, mentre mi esortava a spingere con sempre più decisione. Superato lo sfintere, il mio cazzone la penetrò tutta. Era completamente scomparso dentro di lei che aveva smesso di lamentarsi, ed ora invece si dimenava come una indemoniata. “Dai, dai, sto godendo da impazzire. Mi hai sverginato ed ora sono la tua troia…sfondami…ti prego…sto impazzendo di godimento. Non ho mai goduto cosi, come lo hai fatto tu, amore mio!” Venni mentre ululavamo entrambi di piacere, e così mi addormentai.
Il sole che aveva reso radiosa la camera , mi svegliò. Ero solo sul letto, e intontito com’ero, mi rattristai pensando subito di aver fatto un magnifico incestuoso sonno. Seduto, e completamente nudo, tentavo invano di trovare un appiglio che mi dicesse che ciò che era avvenuto fosse vero. Ad un tratto si aprì la porta ed entrò Sara, mia madre, con una mini vestaglietta trasparente che non solo lasciava scoperte le sue meravigliose cosce, ma faceva intravedere il cespuglietto di peli che era alla sommità di esse. Sentii tornarmi il buonumore. Forse, non avevo sognato. “Tony – mi disse Sara – devi prepararti. Tra poco verranno i tuoi amici. Hai dimenticato che dovete partire per la gita?”. Guardandola fisso negli occhi, dissi che non avevo alcuna voglia di partire. E poi, ormai avevo tante cose da fare. Sara, sorridendomi maliziosamente, ed ammiccando con gli occhi, si sdraiò accanto a me. Fece scorrere la mano sotto le lenzuola, che allontanò, scoprendomi il pisello. Iniziò ad accarezzarlo e subito dopo…lo fece sparire nella sua bocca…
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