L'harem dello sceicco - capitolo 2

di
genere
dominazione

Il giorno dopo scoprii che scappare da quel posto era impossibile. Due nubiane, anche le nere del giorno prima lo erano, nella loro tradizionale divisa che poteva variare solo per qualche particolare, vennero a prenderci. Mani dietro la schiena e fummo ammanettate, volevo evitare un altro pugno e non mi opposi, Marianne faceva quello che vedeva fare a me. Uscimmo dalla cella e quindi dalla grotta. La grotta si trovava ai piedi di una collinetta non più alta di cinquanta metri, sulla collinetta ed intorno ad essa c'era una bassa vegetazione di arbusti ed alberelli; poi c'era qualche palma, alcune erano anche molto alte. Se io provai vergogna ad andare in giro nuda, Marianne invece era terrorizzata. Dopo cento metri di vegetazione uscimmo nel deserto. Di fronte a noi c'era solo sabbia ed un sole accecante. Non andammo nel deserto, piegammo a sinistra e costeggiammo l'oasi aggirando la collinetta, quindi rientrammo tra la vegetazione percorrendo un altro sentiero. Procedevamo in fila indiana, le guardie erano una in testa ed una in coda, io ero la seconda. Camminavamo a passo svelto. Ad un tratto mentre sulla sinistra rimaneva la vegetazione sulla destra si aprirono dei campi coltivati molto vasti. C'erano delle donne, una ventina stimai, che stavano lavorando e mi domandavo come potessero, il caldo era già forte ed erano ancora le prime ore dall'alba. Quelle donne coperte in ogni parte del loro corpo con larghi vestiti ci guardarono appena, un altro paio di nubiane sorvegliavano il loro lavoro. Oltre i campi, di nuovo tra le palme, c'era una costruzione bassa, lunga e stretta su cui si aprivano innumerevoli porte, ne contai una decina e come scoprii dopo ve ne erano altrettante sul retro. Si trattava di una costruzione in parte in muratura ed in parte fatta di canne ed arbusti, erano le abitazioni delle contadine, non vidi nessun uomo al lavoro, in effetti nell'oasi di uomini non ve ne erano. Tranne quando, come scoprii dopo, quando c’era lo sceicco ed eventuali suoi ospiti.
Accanto alla costruzione c'erano anche dei recinti con dentro degli animali, non vedevo bene, il sole mi accecava, ma si trattava di pecore, capre, galline e qualche altro animale da cortile. Chi sa cosa coltivano pensai. Costeggiammo i campi e ritornammo tra la vegetazione che ora era davvero rigogliosa. Attraversammo un ponticello in legno, sotto scorreva acqua e di fronte a noi, gradevole sorpresa, c'era uno stagno di dimensioni rispettabili, era lungo un centinaio di metri e nel punto più largo misurava circa cinquanta metri. C'erano canneti e spiaggette lungo tutto il perimetro. L'acqua era abbastanza limpida. Noi arrivammo a circa metà della sua lunghezza e di fronte a noi c'erano due sentieri uno che andava a destra ed uno che andava a sinistra. Prendemmo quello di destra camminando lungo la riva dello stagno, lì dove questo terminava c'erano tre diverse costruzioni ben distanziate l'una dall'altra. Una molto grande a due piani e due più piccole ad un piano. Qui rimasi davvero senza parole, perché vidi qualcosa che mai avrei immaginato di vedere. Una donna molto piccola, forse non arrivava ad un metro, a cavallo di una donna bianca tracagnotta e forte. Pensai ad un miraggio e mi augurai che lo fosse, confortata dal fatto, che quella cavalla al segnale del suo cavaliere corse sparendo tra la vegetazione. Fino a quel momento non avevo parlato e non mi ero voltata verso Marianne, ma non potei in quella circostanza fare a meno di consultarla e mi voltai verso di lei facendole segno con gli occhi, le due nubiane berciarono nella loro incomprensibile lingua e colpirono contemporaneamente me e Marianne, io fui colpita sulla schiena e Marianne sulle nude natiche. Marianne scoppiò a piangere, ma un'altra frustata accompagnata da un latrato la convinse a smettere. Ci stavamo avvicinando agli edifici e cavalla e cavaliere ricomparvero, anzi ci vennero incontro, potei quindi vederli bene e da vicino mentre trottavano verso di noi. La piccoletta che stava sopra era una pigmea, e nelle sue dimensioni ridotte vestiva come le nubiane. La cavalla era una donna bianca e bionda, seminuda, ma non proprio nuda. Intanto aveva le braccia ricoperte da due lunghi guanti di pelle nera che arrivavano fin sopra il gomito, su ogni guanto c’erano diversi ganci che permettevano facilmente di legare un braccio all’altro semplicemente agganciandoli. Infatti la puledra aveva le braccia legate dietro la schiena, ogni polso era agganciato all’altro braccio all’altezza del gomito ed entrambe le braccia erano fissate strette strette e ben in alto alle cinghie che scendevano dalle spalle. Ciò la costringeva a stare diritta, pancia in dentro e petto in fuori. In vita una larga, pesante e robusta striscia di cuoio che copriva loro la pancia e parte della schiena, ma lasciava nuda in basso la vulva e le natiche, in alto si fermava molto sotto il seno.
Il pesante sottopancia era l’anima di quel particolare abbigliamento, sia dietro che davanti c’erano innumerevoli borchie ed anelli, da esso partivano diverse strisce di cuoio più o meno larghe e più o meno robuste. Due, sottili, scendevano in basso e passavano ai lati della vulva, quindi ritornavano indietro passando sulle natiche della puledra, altre striscioline scendevano ancora in basso e si collegavano ai lunghi stivali che arrivavano fino alla sommità delle cosce.
Gli stivali erano molto particolari, pelle molto leggera e morbida in alto, tanto morbida da aderire perfettamente alle cosce della puledra. Gli stivali diventavano sempre più pesanti sotto le ginocchia, verso i polpacci e le caviglie, la suola era molto alta e si alzava notevolmente verso il calcagno che era scoperto e non era sostenuto da nessun tacco.
A causa della mancanza di tacco, la puledra era costretta a camminare e correre sulle punte modificando radicalmente la postura e l’andatura. Infine altre strisce partivano dal robusto sottopancia ed andavano in alto passando sotto il seno della puledra sostenendolo e quindi ritornando giù dopo essere passate sulle spalle, a queste stringhe erano legate le braccia delle puledre.
Il seno era scoperto e due anellini d’acciaio pinzavano i capezzoli della puledra e particolare interessante, dai due anellini pendevano due campanelle miniaturizzate. Anche dalle grandi labbra delle loro vulve e dal clitoride pendevano degli anellini.
Dalle spalle, davanti e di dietro, scendevano due grosse cinghie fissate al sottopancia e che sostenevano trasversalmente, sul retro, una sella di cuoio su cui stava seduta la pigmea.
Quello era un modo di cavalcare usuale per le pigmee, ma poco frequente per gli altri utilizzatori delle puledre.
Di norma le puledre portavano in giro gli abitanti di quella piccola comunità su calessi. Le puledre sostenevano e trainavano il calesse attraverso due corte, ma robuste cinghie legate da un lato ad una borchia del sottopancia e dall’altro ad analoga borchia infissa nelle aste. In ogni caso, sia che fossero montate a pelo, sia che trainassero un calesse, il capo delle puledre era ornato di tutto quello che serviva allo scopo: cavezza, museruola, frontale ed infine un morso ricoperto di cuoio. Spesso alle puledre non venivano risparmiato loro neanche gli ultimi ed avvilenti accessori: un pennacchio di piume rosso, la coda che pendeva dal retro della larga stringa di cuoio, i paraocchi.
Come vidi in seguito, altre puledre indossavano stivaletti bassi, anche se sempre senza tacco e avevano i genitali coperti da morbide pelli, quindi se quello descritto era l’abbigliamento base, molti dettagli potevano variare nei finimenti indossati dalle puledre.

Le gambe della bionda erano nude ed ovviamente abbronzate, tozze, corte e muscolose, ma la donna era tutt'altro che bassa, era comunque alta almeno un metro e settanta. La bionda non aveva un gran seno, le dimensioni erano paragonabili alle mie, ma il mio era più bello.
Come tutte le cavalle, che poi ho visto in seguito, anche questa aveva spalle larghe e muscoli sviluppati. La bionda non doveva essere molto bella, ma non riuscii a vedere il viso perché indossava una mascherina fatta di striscioline di pelle, che serviva a proteggere gli occhi dal sudore e dai raggi solari. La bionda sudava ed era affannata, ma resisteva bene. Teneva la testa alta e non guardava le persone. Mi avevano spiegato che un essere umano in buona salute ed allenato può portare a spasso un terzo del suo peso corporeo per tutto il giorno senza problemi, in questo caso la pigmea doveva pesare un po' più del terzo della bionda, ma sicuramente meno della metà. Evidentemente la cavalla era ben addestrata ed in ottima salute e poi non correva da tutto il giorno. La pigmea, dopo averci guardato con curiosità ed aver cianciato con le due nubiane, fece fare dietro front alla sua puledra e ci guidò verso gli edifici. Dietro quello più grande c'era un vasto recinto, dentro il quale una decina di donne cavallo si stavano allenando.
Sbirciai Marianne, era interdetta e spaventata, lo ero pure io. Pensavo che né io né lei eravamo adatte a quello sport, ma forse con un buon allenamento sarebbero riusciti a far diventare pure noi delle vere bestie da soma. C'erano donne bianche e nere, bionde e brune, occidentali ed africane, ma avevano tutte dei tratti comuni, erano abbastanza alte, alcune anche un metro e ottanta; forti e muscolose, molte veramente possenti, tutte relativamente giovani, tutte sotto i trenta anni. Alcune erano montate, altre facevano esercizi da sole, tutte sotto il comando di una virago bionda, che conobbi successivamente con il nome di Miss Ethel, di nazionalità tedesca. Alcune pigmee erano abbarbicate sul recinto e sghignazzavano prendendo in giro le loro cavalle o le loro colleghe. L'edificio grande al pianterreno serviva da stalla per le puledre, che dormivano tutte insieme in un grande stanzone, una stanza più piccola era destinata alle serve, c'era poi una sala e la cucina. Sopra c'erano delle camerette, una per pigmea. La virago mi apparve inflessibile, ma non ebbi modo di poter vedere molto perché fummo dirottate verso un villino che stava di fronte all'edificio più grande.

Il villino era lindo e spartano, c'era un soggiorno e poi tre camere una per la padrona, una per la serva, una per gli ospiti ed un'ampia ed attrezzata cantina. Ci accolse Nicolette, la serva ci fece accomodare in soggiorno lasciandoci lì in piedi mentre andava a chiamare la sua padrona: Madame Jasmine, la signora del frustino. Prima di andare però licenziò le due guardie che ci avevano accompagnato fin lì. Pur rimanendo sole non osammo parlare tra di noi, tra l'altro la lingua era un grosso impedimento, ma ci guardammo confortandoci con lo sguardo. Non si poteva vivere nel terrore, ormai io mi ero rassegnata al peggio, Marianne era ancora sotto choc, per quello che aveva subito e per quello che aveva visto.
- Madame Jasmine - annunciò Nicolette.
Era assurdo, potevo anche ridere, ma accennai un saluto chinando lievemente il capo. Non era quello il saluto che lei voleva e un colpo di frustino mi arrivò su un capezzolo, sentii un bruciore incredibile ed il desiderio irresistibile di alleviarne il dolore con un lieve massaggio, ma ero ammanettata. Nicolette girò dietro di noi e mettendo le mani sulle nostre spalle ci convinse ad inginocchiarci. Io e Marianne in ginocchio e lei, Madame Jasmine, sbracata in poltrona di fronte a noi, così andava la vita da quelle parti.
Parlò Nicolette, prima in francese per me e poi in inglese per Marianne, il discorso che fece fu il seguente - Madame Jasmine è la responsabile della sicurezza in questo luogo. Vi trovate nell'oasi di Alì Absara, il padrone di questo luogo, nell'attesa che lui venga a farci visita e decida della vostra sorte, voi inizierete l'addestramento base di una buona schiava, vale a dire che imparerete ad obbedire, questo corso come vi renderete conto sarà propedeutico per tutti gli altri. Responsabile di questo addestramento è Madame Jasmine. Poi a seconda del ruolo che dovrete ricoprire sarete addestrate adeguatamente. Penso si possa escludere che voi possiate essere destinate a fare da puledre, quindi non sarete addestrate da Miss Ethel che dovete già aver visto fuori e che vive qui accanto nell'altro villino, ma ci sono degli altri corsi di cui saprete a tempo debito. Ora, però andremo a conoscere Madame Sham, la direttrice di questo luogo, che vuole vedervi. Potrete così completare di ammirare tutta l'oasi, in verità ve ne mancherà sempre qualche pezzetto, ma si rimedierà in futuro. Avete molto tempo davanti a voi. -
Ad un suo segnale ci alzammo in piedi e seguimmo Madame Jasmine.




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2018-04-09
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