Giovani uomini crescono.
di
ilgobbetto
genere
prime esperienze
Giovani uomini crescono. 1
Tanti e tanti anni fa, agli inizi degli anni sessanta, in un paese rurale del meridione, di quello povero, ma povero davvero. (Le persone del racconto ormai non sono più tra noi, a parte lo scrivente.) Abitavamo la mamma ed io (altri fratelli e sorelle erano in un brefotrofio) in una stanza al piano terreno di una casa colonica, la cui proprietaria lavorava la terra e prendeva in affitto pochissimo, anche se per mia madre quel pochissimo era pesante ugualmente. Nina, la padrona aveva il marito infermo e vecchio ( credo che fece un matrimonio di comodo!) e due figli uno forse già l’aveva, l’altra era piccola piccola. Il maschio Rocco era più grande di me aveva quindici anni mentre io ne avevo dodici e mezzo allora. Rocco, proprio non ci stava con la testa , era arretrato in casa ed a scuola, era abbonato, ma gentilissimo. Io dodicenne, già allora ne dimostravo qualcuno di più, fisicamente, ero portato, pur crescendo nella indigenza ero attivo e partecipavo a mille piccole incombenze che venivano premiate con generi di prima necessità. Quell’autunno si presentò piovoso ed insolitamente freddo. A novembre, si gelava addirittura. La mamma era impegnata a lavorare tutto il santo giorno e tornava a casa a sera tardi, portando quasi sempre porzioni si cibo del ristorante pizzeria, in cui lavorava e che sicuramente la proprietaria le dava con cuore caritatevole. Tornato da scuola, completavo i compiti per me facili, in modo rapido, nella stanza fredda con una coperta addosso, poi mi recavo da Nina che aveva il focolare acceso, e che quasi sempre teneva da parte un poco di minestra per me. Presi, spinta da lei, ad occuparmi di Rocco, spronandolo e facendogli ripetere le nozioni semplici della sua scuola. I risultai si notarono sensibilmente, e Nina mi incoraggiava e mi procurava pasti più sostanziosi. Divenne un’abitudine, quella frequentazione pomeridiana, tanto che studiavo insieme a Rocco al calduccio del focolare. All’inizio di dicembre, Rocco si ammalò e stette settimane intere nel letto della sua cameretta, riscaldata da un braciere. Le lezioni furono così interrotte, ma passavo i pomeriggi da Nina, accanto al focolare, spegneva le luce per risparmiare, e la cucina veniva illuminata dai bagliori del fuoco, nel camino bassissimo, che serviva anche per cucinarci i pasti. Fuori, il tempo inclemente, fustigava la natura con piogge terribili, oppure la sferzava con venti gelidi. Il buio avanzava rapido, alle quattro era già notte fatta.
Davanti al camino a luce spenta, si parlava del più e del meno. Nina era seduta su un basso ciocco di legno, io di fianco, un poco traverso, l’osservavo, e cominciavo a notare che le cosce non coperte dalla gonna venivano illuminate sotto la gonna e le riscaldavano. Non era mia madre, che vedevo spesso quando si cambiava, era un’altra donna quella! Con le cosce scoperte, a volte lo sguardo curioso si spingeva fino in fondo dove le cosce si univano, e qualcosa di scuro le divideva. Ero giovanetto e le ragazzine di allora non aveva niente di interessante da far svegliare la voglia di sesso. Avevo giocato anni prima con una tipa del vicinato sfregando il cazzetto contro la sua farfallina, ma erano solo giochi conoscitivi, quelli. Quella invece era una donna vera, e il mio sesso si inturgidiva senza che potessi controllarlo. A sera scoprivo che alla pinta dove usciva la pipì, era inzaccherato di un liquido trasparente ed appiccicoso. Strinsi il cazzo duro nella destra, e facendola scorrere su e giù, cominciai a provare una sensazione piacevolissima, il cazzo svettava ancora di più, così mi sembrava allora alla fine, dopo parecchia di quella attività avevo un senso di appagamento, e dal pene fuoriusciva un poco di liquido acquoso fluido e caldo. All’indomani tornato da scuola, che diluviava dal mattino, mi recai al solito da Nina; la trovai accanto al fuoco, mi ci accostai per scaldarmi e lei con affetto ( ? ) mi cinse con il braccio sinistro da dietro, fino a toccarci: il cazzo si indurì subito, avvampai in viso, sentivo il calore in tutta la testa; il bozzo si notava nei pantaloni, Nina mi cinse allora anche con il braccio destro, serrando le mani, ma l’avambraccio, toccava in pieno il mio cazzo teso, e nei movimenti lo soffregava, dovette accorgersi per forza del mio stato. Io guardavo dritto in mezzo alle sue cosce, incantato. Si avvide dei miei pantaloni bagnati dalle scarpe sino alla caviglia, chiese allora di toglierli per farli asciugare al fuoco, se non avevo vergogna, disse. Me li tolsi , restando in mutande, quelle in uso una volta, con due spacchi laterali per poter tirare fuori il pene quando si doveva urinare; il bozzo era palesemente visibile, illuminato dai bagliori vividi del fuoco. Nina mi attirò a sé vicino, stringendomi come prima, appoggiando il suo viso al mio fianco, l’avambraccio sinistro ancora in contatto sublime con il pene duro, prese ad oscillare su e giù, fregando col bozzo nelle mutande, si girò col viso mi diede un bacio sul fianco sotto la maglietta, sulla pelle nuda. Mi piacque il contatto delle sue labbra umide, mi sentii, un uomo vero, un gigante. “Cosa tieni qua sotto, di duro e grosso?” chiese posandoci sopra il palmo della mano a coppa, “ ti fai male, così? ” continuò mentre io stavo per prendere fuoco come uno zolfanello; quando ella intrufolò la mano nella fessura delle mutande e afferrò il cazzo teso, che per dimensione, stava comodamente nel palmo della sua mano. “ ti dà fastidio? Dillo non aver paura, se ti spavento, puoi dirlo, sai che un po’ ti voglio bene e non ti farei del male” non risposi, ma feci cenno affermativo con il capo, mentre mi chinavi per meglio guardare sotto la sua gonna. Era immensamente piacevole, il suo tocco, diverso da quello della mamma, quando ero molto più piccolo, e dalla punta del pene estratto delle sua mano esperta, gocce come di rugiada fuoriuscivano; Nina fregava con esse l’indice ed il pollice. Poi le portava alla bocca, sulla lingua. La sua mano destra dietro mi palpava il culo, nelle mutande, ciò le conferiva un aspetto diverso da come la conoscevo, anche il suo viso era macchiato di chiazze rosse accese. Io fremevo per conoscere cosa nascondesse in fondo, là tra le cosce di femmina adulta. Tante volte l’avevo osservata china nell’orto sotto le lunghe vesti, oppure da sotto le scale che adducevano al piano di sopra, nel sottotetto usato come fienile, ella mai si preoccupava di chiudere le gambe, o di coprirsi. Ciò aveva creato in me una crescente curiosità, anche perché le stesse nudità della mamma, non sortivano uguale effetto. La sua bocca si chiuse intorno al mio sesso , era calda e umida, donandomi sensazioni mai provate prima d’allora. Prendevo la sua testa tra le mani e la spingevo verso di me, nel contempo, cercavo di allungare la mano tra le sue cosce, riuscendo soltanto a toccare a metà della coscia, la pelle era morbida e liscia.. Persi la lucidità, un senso di leggera volatilità mi faceva viaggiare in territori sconosciuti e selvaggiamente sensuali. Le sue mani salirono ad accarezzare il petto implume, e le spalle, pochi peli avevo allora sotto le ascelle e sul pube ad incorniciare il sesso da ragazzino adolescente. Si staccò e presomi per mano, mi condusse nella sua camera vuota che il marito malato stava con Rocco pur’egli ammalato, giunti vicino al lettone, lo scoprì e mi sollevò aiutandomi a salirvi. Ficcato sotto le coltri, ella fece il giro del letto e dopo aver attizzato il braciere al centro della camera, si denudò velocemente raggiungendomi sotto le lenzuola. Non ebbi il tempo di vedere sotto la gonna, fu il lettone grande e la sua rapidità ad impedirmelo. Mi abbracciò stretto, ella aveva indosso una sottana che nel letto si era accorciata scoprendole le cosce. Sentii il suo calore e mi strofinai in mezzo ai suoi seni. “ Baciamele “ diceva “ così bravo, dai, su con la linguetta. “ io eseguivo e succhiavo a bocca aperta, quei grossi capezzoli duri come il mio cazzo; la sentivo fremere, sotto di me, ci stavo appena appena, chiuse tra le sue cosce; il cazzetto premeva e fregava in uno splendido vuoto molle e umido. “ Vai sotto, ti guido io” diceva mentre con le sue mani mi spingeva giù fino a toccare in mezzo alle cosce; scostò le mutande di lato e “ bacia qua su, caccia la linguetta e lecca come fai con il gelato” . Il mio viso affondò in un varco circondato da peli: c’era una fessura delimitata da escrescenze carnose che fuoriuscivano di lato alla fessura. La fessura era inzaccherata di bava dal sapore leggermente salmastro. Stringeva le cosce intorno alla mia testa e spingeva il bacino in su e giù con ritmo crescente. Si fermò percorsa tutta dai brividi, poi allentò la presa, rilassandosi un poco. Aveva il respiro ansimante , mi prese per la testa e mi tirò su sopra di ella, mi baciava sulla bocca, mentre la sua mano titillava la sua fessura con il mio cazzetto tosto, l’altra mano era intenta a palparmi il culo. Presa di nuovo da frenesia, cercava stringendomi il pene, di far scivolare giù la pelle mobile che avvolga il pene, senza riuscirci, poiché la punta era più grande del foro della pelle. Desistette perché mi ritraevo. Allora lo lasciò nella fessura afferrandomi con entrambe le mani sul culo e mi tirava a se con movimento avanti e indietro. Io mi sentivo conficcato nella sua carne calda e mi sentivo tutto bagnato intorno ai peletti del pene, accavallò le gambe in una morsa intorno a me e si bloccò in questa posa per parecchio tempo, mentre l’aria sibilava dai suoi denti stretti, ansimando col respiro grosso. Si rilassò sciogliendo le gambe ed il legame che ci teneva stretti l’un l’altra. Mi prese il pene tra le mani facendo scorrere avanti ed indietro la pelle che lo ricopre, ma il liquido che fuoriusciva era più abbondante di quando lo facevo da solo. Nina stette abbracciata con me per parecchio, e quando si alzò dal letto le chiesi di vedere come fosse fatta sotto. Lei sorrise forte, ma salita di nuovo sul letto, stavolta in piedi, mi sovrastava , aprì le cosce ponendosi a cavallo sopra di me e con entrambe le mani si aprì la fessura in mezzo alla massa di peli nerissimi e folti. La carne era rosso vivo, con macchie biancastre di liquido colante. Rise forte gridando “ ti piace moccosello” si girò mostrando un culo enorme con chiappe tonde dall’aspetto sode, “ mi piaci “ le dissi . Nina si era vestita, aiutandomi a vestirmi coi pantaloni asciutti. Ci riponemmo davanti al camino ancora acceso, “ è un segreto tra di noi, non devi dire mai niente a nessuno di quel che abbiamo fatto, giura!. Se ti è piaciuto lo facciamo di nuovo, sempre se vuoi “ annuii scaldandomi le mani alla fiamma del ceppo ardente.
Hommes jeunes grandissent. 1
Nombreux et il y a plusieurs années, aux débuts des ans soixante, dans un pays rural du midi, du pauvre, mais pauvre vraiment. , Les gens du récit ne sont pas maintenant plus entre nous, à la partie le soussigné.) nous Habitions la maman et moi, autres frères et soeurs ils étaient dans un brefotrofio, dans une pièce au rez-de-chaussée d'une maison de paysans, elle lequel propriétaire travaillait la terre et il prenait en location peu, même si pour ma mère ce peu il était lourd également. Nina, la patronne avait le mari infirme et vieux, je crois qu'il fit un mariage de confort et deux fils un il l'avait peut-être déjà, l'autre était petit petite. Le mâle Rocco était plus grand que moi il avait quinze ans pendant qu'alors j'avais douze en et demi. Rocco, vraiment il ne restait pas nous avec la tête, il était reculé en maison et à l'école, il était abonné, mais gentil. Je de douze ans, je montrais déjà alors quelqu'un en de j'étais porté physiquement plus, aussi en grandissant dans l'indigence j'étais actif et je participais aux mille petites tâches que lauréates venaient avec des gendres de premières nécessités. Cet automne se présenta pluvieux et d'une manière insolite froid. Au novembre, on gelait vraiment. La maman était engagée à travailler tout le jour saint et tard il revenait à la maison au soir, en portant presque toujours parts il nourriture du restaurant pizzeria dans laquelle il travaillait et que la propriétaire lui donnait sûrement avec coeur charitable. Revenu par école, je complétais les devoirs pour moi faciles, de manière rapide, dans la pièce froide avec une couverture j'adosse, puis je me rendais de Nina qu'il avait le foyer allumé, et qu'il tenait presque toujours de côté un peu de soupe pour moi. Pris, poussée par elle, à m'occuper de Rocco, en l'encourageant et en lui faisant répéter les notions simples de son école. Les je les résultai ils remarquèrent sensiblement, et Nina m'encourageait et il me procurait repas plus substantiels. Il devint une habitude, ce frequentation de l'après-midi, beaucoup qui étudiais Rocco avec au choud du foyer. Au début de décembre, Rocco tomba malade et il resta semaine entières dans le lit de son petite chambre, réchauffée par un brasier. Les leçons furent interrompues si, mais je passais les après-midi chez Nina, à côté du foyer, il éteignait la lumière pour épargner, et la cuisine était éclairée par les lueurs du feu, dans la basse cheminée, qu'il servait pour nous cuisiner les repas aussi. Dehors, le temps impitoyable, il fustigeait la nature avec des pluies terribles, ou il la fouettait avec des vents glacials. L'obscurité avançait rapide, à quatre heures il était déjà nuit fait.
Devant la cheminée à la lumière éteinte, il se parlait plus de l'et du moins. Nina s'était assise sur une basse bûche de bois, je de hanche, un peu de travers l'observait, et je commençais à remarquer que les cuisses ne couvertes pas par la jupe venaient dessous embrasé la jupe et ils leur réchauffaient. Ce n'était pas ma mère, que je voyais souvent quand il se changeait, c'était une autre femme celle-là! Avec les cuisses découvertes, parfois le regard curieux se poussait au point d'au bout où les cuisses s'unissaient, et quelque chose d'obscurité les divisait. J'étais jeune et les jeune filles de cette époque il n'avait rien intéressant à faire réveiller l'envie de sexe. J'avais joué ans premier avec una jeune filles du voisinage en frottant le petite bite contre son minuscle chatte, mais ils étaient seulement jeu cognitifs ceux-là. Celle-là était par contre une femme vraie, et mon sexe se gonflait sans que je pusse le contrôler. Au soir je découvrais qu'à la pinte où le pipi sortait, il s'était crotté d'un liquide transparent et collant. Je serrai la bite dur dans la droite, et en lui faisant couler sur et je commençai à essayer une sensation agréable en bas, la bite écimait encore davantage, ainsi j'alors il semblait à la fin, après pas mal de de cette activité j'avais un sens d'assouvissement, et du pénis un peu de liquide sortait fluide aqueux et chaleur. Au lendemain revenu par école, qu'il pleuvait à torrents depuis le matin, je me rendis à l'habituel de Nina; est-ce que je la trouvai à côté du feu, est-ce que je me nous abordai pour nous chauffer moi et affectueusement (? ) il me ceignit avec le bras gauche de derrière, jusqu'à nous toucher: tout de suite la bite se durcit, je flambai en visage, j'entendais la chaleur en toute la tête; le engroussage on remarquait dans les pantalons, Nina me ceignit aussi alors avec le bras droit, en serrant les mains mais l'avant-bras, il touchait en plein mon cazzo tendu, et dans les mouvements il le frottait, il dut s'apercevoir pour force de mon état. Je regardais au milieu de ses cuisses droit, enchanté. Il s'aperçut de mes pantalons même mouillés par les chaussures à la cheville, églises alors de les enlever pour les faire essuyer au feu, si je n'avais pas de honte, il dit. Je me les enlevai, en restant en slip, celles-là en usage une fois, avec deux fentes latérales pour pouvoir sortir le pénis quand on devait uriner; le engroussage était visible manifestement, éclairé par les lueurs vives du feu. Nina m'attira près à soi, en me serrant comme avant, en appuyant son visage à ma hanche, l'avant-bras gauche encore en contact sublime avec le pénis dur, il prise à osciller sur et en bas, en frottant avec le bozzo dans les slip, il se retourna avec le visage il me donna un baiser sur la hanche sous le tricot, sur la peau nue. Le contact de ses lèvres humides me plut, je me sentis, un homme vrai, un géant. "Que tu tiens dessous ici, de dur et gros"? églises qui en nous posent sur l'empan de la main à coupe", est-ce que tu te fais mal, ainsi? il continua pendant que j'allais prendre feu comme un zolfanello; quand elle glissa la main dans la fente des slip et il saisit le cazzo tendu, que pour dimension, il restait dans l'empan de sa main confortablement. est-ce qu'il t'importune? Dis-lui ne pas avoir de peur, si je t'effraie, tu peux lui dire, tu sais qu'un po' je t'aime et je ne te ferais pas du mal" je ne répondis pas, mais je fis signe affirmatif avec la tête, pendant que tu me baissais pour mieux regarder sous sa jupe. Sa touche était immensément agréable, différent de ce de la maman, quand j'étais très plus petit, et de la pointe du pénis extrait de sa main experte, gouttes comme de rosée ils sortaient; Nina frottait avec elles l'index et le pouce. Puis il les portait à la bouche, sur la langue. Sa main derrière droit me palpait le culo, dans les slip, ceci lui conférait un aspect différent de comme la je connaissais, aussi son visage était taché de taches rouges allumées. Je frémissais pour connaître ce qu'il cachât au bout, là entre les cuisses d'adulte femelle. Beaucoup de fois j'avais observé pente la dans le potager sous les longs vêtements, ou par-dessous les escaliers qui alléguaient à l'étage que sur, dans le grenier utilisé comme grange, elle se préoccupait jamais de fermer les jambes, ou de se couvrir. Ceci avait créé en moi une curiosité croissante, aussi parce que les mêmes nudités de la maman ne produisaient pas effet égal. Sa bouche se ferma à mon sexe autour, elle était chaude et humide, en me donnant jamais sensations éprouvées premier de cette époque. je Prenais sa tête entre les mains et je poussais vers la de moi, je tâchais d'allonger la main entre ses cuisses en même temps, en réussissant seulement à toucher à la moitié de la cuisse, la peau était douce et lisse.. Perdu le poli, un sens de volatilité légère me faisait voyager en territoires inconnus et sauvagement sensuels. Ses mains montèrent caresser la poitrine sans plumes et les épaules, peu poils alors j'avais sous les aisselles et sur le pube à encadrer le sexe de gamin d'adolescent. Il se détacha et me pris pour main, il me mena dans sa chambre vide qui restait avec Rocco pur'egli malade, joint près du Letton, il le découvrit et il me souleva en m'aidant à vous monter. Fourré sous les manteaux, elle fit le tour du lit et après avoir attisé le brasier au centre de la chambre, il se dénuda en m'atteignant dessous les draps rapidement. Je n'eus pas le temps de voir sous la jupe, il fut le grand Letton et sa rapidité à me l'interdire. Il enlaça étroit me, elle avait je mets une jupe que dans le lit elle avait raccourci en les découvrant les cuisses. J'entendis sa chaleur et je me frottai au milieu de ses seins. Embrasse-moi la "il disait ainsi bon, des, là-haut avec la languette. j'exécutais et je suçais à la bouche ouverte, les gros mamelons durs comme mon bite; je l'entendais frémir, sous de moi, je restais nous dès que dès que, écluses entre ses cuisses; la petite bite pressait et il frottait dans un splendide vide mou et humide. Tu vas dessous, je" te guide il disait pendant qu'avec ses mains il me poussait en bas jusqu'à toucher au milieu des cuisses; il écarta les slip de côté et il embrasse là-haut ici, chasse la languette et il lèche comme tu fais avec la glace." Mon visage coula dans un passage entouré par poils: il y avait une fente délimitée par excroissances charnues qui sortaient de côté à la fente. La fente s'était crottée de bave légèrement du goût saumâtre. Il serrait les cuisses autour à ma tête et il poussait le bassin en sur et en bas avec rythme croissant. Il s'arrêta parcourue toute des frissons, puis il desserra la prise en les détendant peu un. Il avait le souffle haletant, il me prit pour la tête et il me tira là-haut sur d'elle, il m'embrassait sur la bouche, pendant que sa main titillait sa fente avec mon petite bite je grille, l'autre main était absorbée à me palper le culo. De nouveau prise par frénésie, il cherchait en me serrant le pénis, de faire glisser la peau mobile qui enveloppe le pénis en bas, sans réussir nous, car la pointe était plus grande que le trou de la peau. Desistette parce que je reculais. Alors il le laissa dans la fente en me saisissant avec les deux les mains sur le culo et il me tirait à si avec mouvement devant et en arrière. Je me sentais enfoncé dans sa viande chaude et je me sentais tout trempé autour de le les peli du pénis, il croisa les jambes autour dans un étau à moi et il se bloqua dans cette pose pour pas mal de temps, pendant que l'air sifflait de ses dents étroites en haletant avec le souffle gros. Il se détendit en défaisant les jambes et le lien qui nous tenait. il me prit le pénis entre les mains en faisant couler devant et en arrière la peau qui le recouvre, mais le liquide qui sortait était plus abondant que quand je le faisais tout seul. Nina resta enlacée avec moi pour pas mal de, et quand il se leva du lit je lui demandai de voir comme elle fût faite sous. Elle fort, mais de nouveau montée sur le lit, cette fois-ci debout, il me dominait, il ouvrit les cuisses en les mettant à cheval sur de moi et avec les deux les mains il s'ouvrit la fente au milieu de la masse de poils noirs et touffus. La viande était rouge je vis, avec des taches blanchâtres du liquide colante. Il rite fort en te criant plaît moccosello" il se retourna en montrant un culo énorme avec du chiappe rond de l'aspect dur", tu me plais je leur dis. Nina s'était habillée, en m'aidant à m'habiller avec les pantalons secs. Nous nous cachâmes devant la cheminée encore allumée", c'est un secret parmi nous, tu ne dois pas dire jamais rien à personne de ce que nous avons fait, il jure!. S'il t'a plu nous le faisons de nouveau, toujours si tu veux j'acquiesçai d'un signe de la tête en me chauffant les mains à la flamme de la souche ardente.
Tanti e tanti anni fa, agli inizi degli anni sessanta, in un paese rurale del meridione, di quello povero, ma povero davvero. (Le persone del racconto ormai non sono più tra noi, a parte lo scrivente.) Abitavamo la mamma ed io (altri fratelli e sorelle erano in un brefotrofio) in una stanza al piano terreno di una casa colonica, la cui proprietaria lavorava la terra e prendeva in affitto pochissimo, anche se per mia madre quel pochissimo era pesante ugualmente. Nina, la padrona aveva il marito infermo e vecchio ( credo che fece un matrimonio di comodo!) e due figli uno forse già l’aveva, l’altra era piccola piccola. Il maschio Rocco era più grande di me aveva quindici anni mentre io ne avevo dodici e mezzo allora. Rocco, proprio non ci stava con la testa , era arretrato in casa ed a scuola, era abbonato, ma gentilissimo. Io dodicenne, già allora ne dimostravo qualcuno di più, fisicamente, ero portato, pur crescendo nella indigenza ero attivo e partecipavo a mille piccole incombenze che venivano premiate con generi di prima necessità. Quell’autunno si presentò piovoso ed insolitamente freddo. A novembre, si gelava addirittura. La mamma era impegnata a lavorare tutto il santo giorno e tornava a casa a sera tardi, portando quasi sempre porzioni si cibo del ristorante pizzeria, in cui lavorava e che sicuramente la proprietaria le dava con cuore caritatevole. Tornato da scuola, completavo i compiti per me facili, in modo rapido, nella stanza fredda con una coperta addosso, poi mi recavo da Nina che aveva il focolare acceso, e che quasi sempre teneva da parte un poco di minestra per me. Presi, spinta da lei, ad occuparmi di Rocco, spronandolo e facendogli ripetere le nozioni semplici della sua scuola. I risultai si notarono sensibilmente, e Nina mi incoraggiava e mi procurava pasti più sostanziosi. Divenne un’abitudine, quella frequentazione pomeridiana, tanto che studiavo insieme a Rocco al calduccio del focolare. All’inizio di dicembre, Rocco si ammalò e stette settimane intere nel letto della sua cameretta, riscaldata da un braciere. Le lezioni furono così interrotte, ma passavo i pomeriggi da Nina, accanto al focolare, spegneva le luce per risparmiare, e la cucina veniva illuminata dai bagliori del fuoco, nel camino bassissimo, che serviva anche per cucinarci i pasti. Fuori, il tempo inclemente, fustigava la natura con piogge terribili, oppure la sferzava con venti gelidi. Il buio avanzava rapido, alle quattro era già notte fatta.
Davanti al camino a luce spenta, si parlava del più e del meno. Nina era seduta su un basso ciocco di legno, io di fianco, un poco traverso, l’osservavo, e cominciavo a notare che le cosce non coperte dalla gonna venivano illuminate sotto la gonna e le riscaldavano. Non era mia madre, che vedevo spesso quando si cambiava, era un’altra donna quella! Con le cosce scoperte, a volte lo sguardo curioso si spingeva fino in fondo dove le cosce si univano, e qualcosa di scuro le divideva. Ero giovanetto e le ragazzine di allora non aveva niente di interessante da far svegliare la voglia di sesso. Avevo giocato anni prima con una tipa del vicinato sfregando il cazzetto contro la sua farfallina, ma erano solo giochi conoscitivi, quelli. Quella invece era una donna vera, e il mio sesso si inturgidiva senza che potessi controllarlo. A sera scoprivo che alla pinta dove usciva la pipì, era inzaccherato di un liquido trasparente ed appiccicoso. Strinsi il cazzo duro nella destra, e facendola scorrere su e giù, cominciai a provare una sensazione piacevolissima, il cazzo svettava ancora di più, così mi sembrava allora alla fine, dopo parecchia di quella attività avevo un senso di appagamento, e dal pene fuoriusciva un poco di liquido acquoso fluido e caldo. All’indomani tornato da scuola, che diluviava dal mattino, mi recai al solito da Nina; la trovai accanto al fuoco, mi ci accostai per scaldarmi e lei con affetto ( ? ) mi cinse con il braccio sinistro da dietro, fino a toccarci: il cazzo si indurì subito, avvampai in viso, sentivo il calore in tutta la testa; il bozzo si notava nei pantaloni, Nina mi cinse allora anche con il braccio destro, serrando le mani, ma l’avambraccio, toccava in pieno il mio cazzo teso, e nei movimenti lo soffregava, dovette accorgersi per forza del mio stato. Io guardavo dritto in mezzo alle sue cosce, incantato. Si avvide dei miei pantaloni bagnati dalle scarpe sino alla caviglia, chiese allora di toglierli per farli asciugare al fuoco, se non avevo vergogna, disse. Me li tolsi , restando in mutande, quelle in uso una volta, con due spacchi laterali per poter tirare fuori il pene quando si doveva urinare; il bozzo era palesemente visibile, illuminato dai bagliori vividi del fuoco. Nina mi attirò a sé vicino, stringendomi come prima, appoggiando il suo viso al mio fianco, l’avambraccio sinistro ancora in contatto sublime con il pene duro, prese ad oscillare su e giù, fregando col bozzo nelle mutande, si girò col viso mi diede un bacio sul fianco sotto la maglietta, sulla pelle nuda. Mi piacque il contatto delle sue labbra umide, mi sentii, un uomo vero, un gigante. “Cosa tieni qua sotto, di duro e grosso?” chiese posandoci sopra il palmo della mano a coppa, “ ti fai male, così? ” continuò mentre io stavo per prendere fuoco come uno zolfanello; quando ella intrufolò la mano nella fessura delle mutande e afferrò il cazzo teso, che per dimensione, stava comodamente nel palmo della sua mano. “ ti dà fastidio? Dillo non aver paura, se ti spavento, puoi dirlo, sai che un po’ ti voglio bene e non ti farei del male” non risposi, ma feci cenno affermativo con il capo, mentre mi chinavi per meglio guardare sotto la sua gonna. Era immensamente piacevole, il suo tocco, diverso da quello della mamma, quando ero molto più piccolo, e dalla punta del pene estratto delle sua mano esperta, gocce come di rugiada fuoriuscivano; Nina fregava con esse l’indice ed il pollice. Poi le portava alla bocca, sulla lingua. La sua mano destra dietro mi palpava il culo, nelle mutande, ciò le conferiva un aspetto diverso da come la conoscevo, anche il suo viso era macchiato di chiazze rosse accese. Io fremevo per conoscere cosa nascondesse in fondo, là tra le cosce di femmina adulta. Tante volte l’avevo osservata china nell’orto sotto le lunghe vesti, oppure da sotto le scale che adducevano al piano di sopra, nel sottotetto usato come fienile, ella mai si preoccupava di chiudere le gambe, o di coprirsi. Ciò aveva creato in me una crescente curiosità, anche perché le stesse nudità della mamma, non sortivano uguale effetto. La sua bocca si chiuse intorno al mio sesso , era calda e umida, donandomi sensazioni mai provate prima d’allora. Prendevo la sua testa tra le mani e la spingevo verso di me, nel contempo, cercavo di allungare la mano tra le sue cosce, riuscendo soltanto a toccare a metà della coscia, la pelle era morbida e liscia.. Persi la lucidità, un senso di leggera volatilità mi faceva viaggiare in territori sconosciuti e selvaggiamente sensuali. Le sue mani salirono ad accarezzare il petto implume, e le spalle, pochi peli avevo allora sotto le ascelle e sul pube ad incorniciare il sesso da ragazzino adolescente. Si staccò e presomi per mano, mi condusse nella sua camera vuota che il marito malato stava con Rocco pur’egli ammalato, giunti vicino al lettone, lo scoprì e mi sollevò aiutandomi a salirvi. Ficcato sotto le coltri, ella fece il giro del letto e dopo aver attizzato il braciere al centro della camera, si denudò velocemente raggiungendomi sotto le lenzuola. Non ebbi il tempo di vedere sotto la gonna, fu il lettone grande e la sua rapidità ad impedirmelo. Mi abbracciò stretto, ella aveva indosso una sottana che nel letto si era accorciata scoprendole le cosce. Sentii il suo calore e mi strofinai in mezzo ai suoi seni. “ Baciamele “ diceva “ così bravo, dai, su con la linguetta. “ io eseguivo e succhiavo a bocca aperta, quei grossi capezzoli duri come il mio cazzo; la sentivo fremere, sotto di me, ci stavo appena appena, chiuse tra le sue cosce; il cazzetto premeva e fregava in uno splendido vuoto molle e umido. “ Vai sotto, ti guido io” diceva mentre con le sue mani mi spingeva giù fino a toccare in mezzo alle cosce; scostò le mutande di lato e “ bacia qua su, caccia la linguetta e lecca come fai con il gelato” . Il mio viso affondò in un varco circondato da peli: c’era una fessura delimitata da escrescenze carnose che fuoriuscivano di lato alla fessura. La fessura era inzaccherata di bava dal sapore leggermente salmastro. Stringeva le cosce intorno alla mia testa e spingeva il bacino in su e giù con ritmo crescente. Si fermò percorsa tutta dai brividi, poi allentò la presa, rilassandosi un poco. Aveva il respiro ansimante , mi prese per la testa e mi tirò su sopra di ella, mi baciava sulla bocca, mentre la sua mano titillava la sua fessura con il mio cazzetto tosto, l’altra mano era intenta a palparmi il culo. Presa di nuovo da frenesia, cercava stringendomi il pene, di far scivolare giù la pelle mobile che avvolga il pene, senza riuscirci, poiché la punta era più grande del foro della pelle. Desistette perché mi ritraevo. Allora lo lasciò nella fessura afferrandomi con entrambe le mani sul culo e mi tirava a se con movimento avanti e indietro. Io mi sentivo conficcato nella sua carne calda e mi sentivo tutto bagnato intorno ai peletti del pene, accavallò le gambe in una morsa intorno a me e si bloccò in questa posa per parecchio tempo, mentre l’aria sibilava dai suoi denti stretti, ansimando col respiro grosso. Si rilassò sciogliendo le gambe ed il legame che ci teneva stretti l’un l’altra. Mi prese il pene tra le mani facendo scorrere avanti ed indietro la pelle che lo ricopre, ma il liquido che fuoriusciva era più abbondante di quando lo facevo da solo. Nina stette abbracciata con me per parecchio, e quando si alzò dal letto le chiesi di vedere come fosse fatta sotto. Lei sorrise forte, ma salita di nuovo sul letto, stavolta in piedi, mi sovrastava , aprì le cosce ponendosi a cavallo sopra di me e con entrambe le mani si aprì la fessura in mezzo alla massa di peli nerissimi e folti. La carne era rosso vivo, con macchie biancastre di liquido colante. Rise forte gridando “ ti piace moccosello” si girò mostrando un culo enorme con chiappe tonde dall’aspetto sode, “ mi piaci “ le dissi . Nina si era vestita, aiutandomi a vestirmi coi pantaloni asciutti. Ci riponemmo davanti al camino ancora acceso, “ è un segreto tra di noi, non devi dire mai niente a nessuno di quel che abbiamo fatto, giura!. Se ti è piaciuto lo facciamo di nuovo, sempre se vuoi “ annuii scaldandomi le mani alla fiamma del ceppo ardente.
Hommes jeunes grandissent. 1
Nombreux et il y a plusieurs années, aux débuts des ans soixante, dans un pays rural du midi, du pauvre, mais pauvre vraiment. , Les gens du récit ne sont pas maintenant plus entre nous, à la partie le soussigné.) nous Habitions la maman et moi, autres frères et soeurs ils étaient dans un brefotrofio, dans une pièce au rez-de-chaussée d'une maison de paysans, elle lequel propriétaire travaillait la terre et il prenait en location peu, même si pour ma mère ce peu il était lourd également. Nina, la patronne avait le mari infirme et vieux, je crois qu'il fit un mariage de confort et deux fils un il l'avait peut-être déjà, l'autre était petit petite. Le mâle Rocco était plus grand que moi il avait quinze ans pendant qu'alors j'avais douze en et demi. Rocco, vraiment il ne restait pas nous avec la tête, il était reculé en maison et à l'école, il était abonné, mais gentil. Je de douze ans, je montrais déjà alors quelqu'un en de j'étais porté physiquement plus, aussi en grandissant dans l'indigence j'étais actif et je participais aux mille petites tâches que lauréates venaient avec des gendres de premières nécessités. Cet automne se présenta pluvieux et d'une manière insolite froid. Au novembre, on gelait vraiment. La maman était engagée à travailler tout le jour saint et tard il revenait à la maison au soir, en portant presque toujours parts il nourriture du restaurant pizzeria dans laquelle il travaillait et que la propriétaire lui donnait sûrement avec coeur charitable. Revenu par école, je complétais les devoirs pour moi faciles, de manière rapide, dans la pièce froide avec une couverture j'adosse, puis je me rendais de Nina qu'il avait le foyer allumé, et qu'il tenait presque toujours de côté un peu de soupe pour moi. Pris, poussée par elle, à m'occuper de Rocco, en l'encourageant et en lui faisant répéter les notions simples de son école. Les je les résultai ils remarquèrent sensiblement, et Nina m'encourageait et il me procurait repas plus substantiels. Il devint une habitude, ce frequentation de l'après-midi, beaucoup qui étudiais Rocco avec au choud du foyer. Au début de décembre, Rocco tomba malade et il resta semaine entières dans le lit de son petite chambre, réchauffée par un brasier. Les leçons furent interrompues si, mais je passais les après-midi chez Nina, à côté du foyer, il éteignait la lumière pour épargner, et la cuisine était éclairée par les lueurs du feu, dans la basse cheminée, qu'il servait pour nous cuisiner les repas aussi. Dehors, le temps impitoyable, il fustigeait la nature avec des pluies terribles, ou il la fouettait avec des vents glacials. L'obscurité avançait rapide, à quatre heures il était déjà nuit fait.
Devant la cheminée à la lumière éteinte, il se parlait plus de l'et du moins. Nina s'était assise sur une basse bûche de bois, je de hanche, un peu de travers l'observait, et je commençais à remarquer que les cuisses ne couvertes pas par la jupe venaient dessous embrasé la jupe et ils leur réchauffaient. Ce n'était pas ma mère, que je voyais souvent quand il se changeait, c'était une autre femme celle-là! Avec les cuisses découvertes, parfois le regard curieux se poussait au point d'au bout où les cuisses s'unissaient, et quelque chose d'obscurité les divisait. J'étais jeune et les jeune filles de cette époque il n'avait rien intéressant à faire réveiller l'envie de sexe. J'avais joué ans premier avec una jeune filles du voisinage en frottant le petite bite contre son minuscle chatte, mais ils étaient seulement jeu cognitifs ceux-là. Celle-là était par contre une femme vraie, et mon sexe se gonflait sans que je pusse le contrôler. Au soir je découvrais qu'à la pinte où le pipi sortait, il s'était crotté d'un liquide transparent et collant. Je serrai la bite dur dans la droite, et en lui faisant couler sur et je commençai à essayer une sensation agréable en bas, la bite écimait encore davantage, ainsi j'alors il semblait à la fin, après pas mal de de cette activité j'avais un sens d'assouvissement, et du pénis un peu de liquide sortait fluide aqueux et chaleur. Au lendemain revenu par école, qu'il pleuvait à torrents depuis le matin, je me rendis à l'habituel de Nina; est-ce que je la trouvai à côté du feu, est-ce que je me nous abordai pour nous chauffer moi et affectueusement (? ) il me ceignit avec le bras gauche de derrière, jusqu'à nous toucher: tout de suite la bite se durcit, je flambai en visage, j'entendais la chaleur en toute la tête; le engroussage on remarquait dans les pantalons, Nina me ceignit aussi alors avec le bras droit, en serrant les mains mais l'avant-bras, il touchait en plein mon cazzo tendu, et dans les mouvements il le frottait, il dut s'apercevoir pour force de mon état. Je regardais au milieu de ses cuisses droit, enchanté. Il s'aperçut de mes pantalons même mouillés par les chaussures à la cheville, églises alors de les enlever pour les faire essuyer au feu, si je n'avais pas de honte, il dit. Je me les enlevai, en restant en slip, celles-là en usage une fois, avec deux fentes latérales pour pouvoir sortir le pénis quand on devait uriner; le engroussage était visible manifestement, éclairé par les lueurs vives du feu. Nina m'attira près à soi, en me serrant comme avant, en appuyant son visage à ma hanche, l'avant-bras gauche encore en contact sublime avec le pénis dur, il prise à osciller sur et en bas, en frottant avec le bozzo dans les slip, il se retourna avec le visage il me donna un baiser sur la hanche sous le tricot, sur la peau nue. Le contact de ses lèvres humides me plut, je me sentis, un homme vrai, un géant. "Que tu tiens dessous ici, de dur et gros"? églises qui en nous posent sur l'empan de la main à coupe", est-ce que tu te fais mal, ainsi? il continua pendant que j'allais prendre feu comme un zolfanello; quand elle glissa la main dans la fente des slip et il saisit le cazzo tendu, que pour dimension, il restait dans l'empan de sa main confortablement. est-ce qu'il t'importune? Dis-lui ne pas avoir de peur, si je t'effraie, tu peux lui dire, tu sais qu'un po' je t'aime et je ne te ferais pas du mal" je ne répondis pas, mais je fis signe affirmatif avec la tête, pendant que tu me baissais pour mieux regarder sous sa jupe. Sa touche était immensément agréable, différent de ce de la maman, quand j'étais très plus petit, et de la pointe du pénis extrait de sa main experte, gouttes comme de rosée ils sortaient; Nina frottait avec elles l'index et le pouce. Puis il les portait à la bouche, sur la langue. Sa main derrière droit me palpait le culo, dans les slip, ceci lui conférait un aspect différent de comme la je connaissais, aussi son visage était taché de taches rouges allumées. Je frémissais pour connaître ce qu'il cachât au bout, là entre les cuisses d'adulte femelle. Beaucoup de fois j'avais observé pente la dans le potager sous les longs vêtements, ou par-dessous les escaliers qui alléguaient à l'étage que sur, dans le grenier utilisé comme grange, elle se préoccupait jamais de fermer les jambes, ou de se couvrir. Ceci avait créé en moi une curiosité croissante, aussi parce que les mêmes nudités de la maman ne produisaient pas effet égal. Sa bouche se ferma à mon sexe autour, elle était chaude et humide, en me donnant jamais sensations éprouvées premier de cette époque. je Prenais sa tête entre les mains et je poussais vers la de moi, je tâchais d'allonger la main entre ses cuisses en même temps, en réussissant seulement à toucher à la moitié de la cuisse, la peau était douce et lisse.. Perdu le poli, un sens de volatilité légère me faisait voyager en territoires inconnus et sauvagement sensuels. Ses mains montèrent caresser la poitrine sans plumes et les épaules, peu poils alors j'avais sous les aisselles et sur le pube à encadrer le sexe de gamin d'adolescent. Il se détacha et me pris pour main, il me mena dans sa chambre vide qui restait avec Rocco pur'egli malade, joint près du Letton, il le découvrit et il me souleva en m'aidant à vous monter. Fourré sous les manteaux, elle fit le tour du lit et après avoir attisé le brasier au centre de la chambre, il se dénuda en m'atteignant dessous les draps rapidement. Je n'eus pas le temps de voir sous la jupe, il fut le grand Letton et sa rapidité à me l'interdire. Il enlaça étroit me, elle avait je mets une jupe que dans le lit elle avait raccourci en les découvrant les cuisses. J'entendis sa chaleur et je me frottai au milieu de ses seins. Embrasse-moi la "il disait ainsi bon, des, là-haut avec la languette. j'exécutais et je suçais à la bouche ouverte, les gros mamelons durs comme mon bite; je l'entendais frémir, sous de moi, je restais nous dès que dès que, écluses entre ses cuisses; la petite bite pressait et il frottait dans un splendide vide mou et humide. Tu vas dessous, je" te guide il disait pendant qu'avec ses mains il me poussait en bas jusqu'à toucher au milieu des cuisses; il écarta les slip de côté et il embrasse là-haut ici, chasse la languette et il lèche comme tu fais avec la glace." Mon visage coula dans un passage entouré par poils: il y avait une fente délimitée par excroissances charnues qui sortaient de côté à la fente. La fente s'était crottée de bave légèrement du goût saumâtre. Il serrait les cuisses autour à ma tête et il poussait le bassin en sur et en bas avec rythme croissant. Il s'arrêta parcourue toute des frissons, puis il desserra la prise en les détendant peu un. Il avait le souffle haletant, il me prit pour la tête et il me tira là-haut sur d'elle, il m'embrassait sur la bouche, pendant que sa main titillait sa fente avec mon petite bite je grille, l'autre main était absorbée à me palper le culo. De nouveau prise par frénésie, il cherchait en me serrant le pénis, de faire glisser la peau mobile qui enveloppe le pénis en bas, sans réussir nous, car la pointe était plus grande que le trou de la peau. Desistette parce que je reculais. Alors il le laissa dans la fente en me saisissant avec les deux les mains sur le culo et il me tirait à si avec mouvement devant et en arrière. Je me sentais enfoncé dans sa viande chaude et je me sentais tout trempé autour de le les peli du pénis, il croisa les jambes autour dans un étau à moi et il se bloqua dans cette pose pour pas mal de temps, pendant que l'air sifflait de ses dents étroites en haletant avec le souffle gros. Il se détendit en défaisant les jambes et le lien qui nous tenait. il me prit le pénis entre les mains en faisant couler devant et en arrière la peau qui le recouvre, mais le liquide qui sortait était plus abondant que quand je le faisais tout seul. Nina resta enlacée avec moi pour pas mal de, et quand il se leva du lit je lui demandai de voir comme elle fût faite sous. Elle fort, mais de nouveau montée sur le lit, cette fois-ci debout, il me dominait, il ouvrit les cuisses en les mettant à cheval sur de moi et avec les deux les mains il s'ouvrit la fente au milieu de la masse de poils noirs et touffus. La viande était rouge je vis, avec des taches blanchâtres du liquide colante. Il rite fort en te criant plaît moccosello" il se retourna en montrant un culo énorme avec du chiappe rond de l'aspect dur", tu me plais je leur dis. Nina s'était habillée, en m'aidant à m'habiller avec les pantalons secs. Nous nous cachâmes devant la cheminée encore allumée", c'est un secret parmi nous, tu ne dois pas dire jamais rien à personne de ce que nous avons fait, il jure!. S'il t'a plu nous le faisons de nouveau, toujours si tu veux j'acquiesçai d'un signe de la tête en me chauffant les mains à la flamme de la souche ardente.
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