Fantasie sul lavoro
di
Toagne
genere
etero
Non poteva fare a meno di sentirsi un po’ in colpa: dopotutto, era felicemente sposato, con due bambini che erano la sua vita, amava sua moglie e non poteva chiedere altro dalla vita.
Eppure era intervenuto qualcosa che aveva destabilizzato questo equilibrio e, com’era nella mai soddisfatta natura umana, aveva iniziato a fantasticare su altro.
Era sciocco, lo sapeva, ma l’idea che la sua collega di 26 anni lo trovasse, a 40 anni, sessualmente attraente, non poteva negare che gli facesse un certo effetto. Peccato di vanità, forse, ma il pensiero lo lusingava fortemente, lo faceva sentire quasi più sicuro di sé e, perché no, “ringiovanito”, se a 40 anni poteva definirsi vecchio.
Non c’era dubbio che a lei piacesse: più volte l’aveva colta mentre lo guardava, apparentemente distratta, in più di un’occasione con gli occhi sul cavallo dei pantaloni. Quando le si sedeva vicino la sentiva quasi fremere, la sentiva cercare “innocentemente” un contatto fisico con lui e gli si appoggiava leggermente a una spalla, o, quando le si poneva alle spalle alla sua postazione, si spingeva all’indietro in modo da toccarlo.
Lo intrigava fortemente l’idea di poterla possedere fisicamente, di porsi come uomo maturo, esperto, di poter fare l’amore con quella ragazza giovane, non bellissima ma sessualmente disponibile e, secondo lui, disinibita e appassionata, magra e dal fisico nervoso come la lupa dantesca. Gli dava la forte impressione di essere una di quelle ragazze flemmatiche e quasi fredde, ma dalla sessualità animalesca, istintiva…
Fantasticava di poter rimanere da solo a solo con lei un giorno, magari dopo il lavoro.
Non sapeva rappresentarsi l’approccio iniziale, avevano caratteri molto simili, anche troppo, per potergli permettere di capire chi avrebbe potuto fare il primo passo, ma gli piaceva immaginare un approccio immediato, di metterle la lingua in bocca, ricambiato, mentre si frugavano con le mani, non sapendo su quale punto del corpo soffermarsi, in un’esplorazione frenetica l’uno dell’altra.
Si immaginava di spingerla contro una scrivania, di farla sedere divaricandole le lunghe gambe sottili: le sue pelvi si sarebbero incollate a quelle di lei, sfregandosi a vicenda, stimolando quasi con cattiveria il suo membro rigido e impaziente, autoinfliggendosi la tortura dell’attesa mentre stuzzicava i genitali di lei, cui le mutande ormai fradice si erano incollate.
Le avrebbe fatto raggiungere il punto in cui lo avrebbe guidato, con una mano, a spingersi con più forza contro di lei, quasi implorandolo di penetrarla, stringendogli i fianchi con le gambe.
Avrebbe messo a nudo il suo pene, fremente di voglia, e si sarebbe spinto dentro il suo corpo con un singolo, misurato colpo dei suoi fianchi, rimanendovi fermo per un po’, per poter godere del calore di lei, delle soffici carezze interne che l’apparato femminile gli avrebbe regalato. Avrebbe cominciato a muoversi, spingendo dal basso verso l’altro: colpi precisi e studiati, che non avrebbero mancato di farla contorcere e gemere di piacere, avvinghiata a lui strettamente. Le avrebbe fatto raggiungere un orgasmo profondo, intenso… Se la poteva quasi sentire tra le braccia mentre sussultava, trattenendo il respiro e impedendosi di morderlo o di stringergli con troppa forza le spalle, per evitare di lasciare dei segni visibili.
Pregustava la possibilità di procedere liberamente verso il suo orgasmo, di spingersi, con movimenti sempre più ravvicinati e rapidi, incitati dalla morsa delle sue gambe e dalle contrazioni interne che lei aveva messo in atto, stimolandolo ancora di più con piccole ma percettibili variazioni di pressione.
Sarebbe venuto con lunghi sospiri, appoggiando il mento sulla sua fronte, coprendola col suo corpo mentre estraeva e reinseriva con lentezza il pene, liberando il suo seme con abbondanti getti.
In fondo, stava solo fantasticando… Probabilmente non sarebbe mai riuscito a mettere in atto questa fantasia, eccitata dalla sempre presente tensione sessuale tra loro due.
Forse era anche meglio così, che rimanesse tutto nella sua testa. Non lo rendeva certo meno piacevole...
Eppure era intervenuto qualcosa che aveva destabilizzato questo equilibrio e, com’era nella mai soddisfatta natura umana, aveva iniziato a fantasticare su altro.
Era sciocco, lo sapeva, ma l’idea che la sua collega di 26 anni lo trovasse, a 40 anni, sessualmente attraente, non poteva negare che gli facesse un certo effetto. Peccato di vanità, forse, ma il pensiero lo lusingava fortemente, lo faceva sentire quasi più sicuro di sé e, perché no, “ringiovanito”, se a 40 anni poteva definirsi vecchio.
Non c’era dubbio che a lei piacesse: più volte l’aveva colta mentre lo guardava, apparentemente distratta, in più di un’occasione con gli occhi sul cavallo dei pantaloni. Quando le si sedeva vicino la sentiva quasi fremere, la sentiva cercare “innocentemente” un contatto fisico con lui e gli si appoggiava leggermente a una spalla, o, quando le si poneva alle spalle alla sua postazione, si spingeva all’indietro in modo da toccarlo.
Lo intrigava fortemente l’idea di poterla possedere fisicamente, di porsi come uomo maturo, esperto, di poter fare l’amore con quella ragazza giovane, non bellissima ma sessualmente disponibile e, secondo lui, disinibita e appassionata, magra e dal fisico nervoso come la lupa dantesca. Gli dava la forte impressione di essere una di quelle ragazze flemmatiche e quasi fredde, ma dalla sessualità animalesca, istintiva…
Fantasticava di poter rimanere da solo a solo con lei un giorno, magari dopo il lavoro.
Non sapeva rappresentarsi l’approccio iniziale, avevano caratteri molto simili, anche troppo, per potergli permettere di capire chi avrebbe potuto fare il primo passo, ma gli piaceva immaginare un approccio immediato, di metterle la lingua in bocca, ricambiato, mentre si frugavano con le mani, non sapendo su quale punto del corpo soffermarsi, in un’esplorazione frenetica l’uno dell’altra.
Si immaginava di spingerla contro una scrivania, di farla sedere divaricandole le lunghe gambe sottili: le sue pelvi si sarebbero incollate a quelle di lei, sfregandosi a vicenda, stimolando quasi con cattiveria il suo membro rigido e impaziente, autoinfliggendosi la tortura dell’attesa mentre stuzzicava i genitali di lei, cui le mutande ormai fradice si erano incollate.
Le avrebbe fatto raggiungere il punto in cui lo avrebbe guidato, con una mano, a spingersi con più forza contro di lei, quasi implorandolo di penetrarla, stringendogli i fianchi con le gambe.
Avrebbe messo a nudo il suo pene, fremente di voglia, e si sarebbe spinto dentro il suo corpo con un singolo, misurato colpo dei suoi fianchi, rimanendovi fermo per un po’, per poter godere del calore di lei, delle soffici carezze interne che l’apparato femminile gli avrebbe regalato. Avrebbe cominciato a muoversi, spingendo dal basso verso l’altro: colpi precisi e studiati, che non avrebbero mancato di farla contorcere e gemere di piacere, avvinghiata a lui strettamente. Le avrebbe fatto raggiungere un orgasmo profondo, intenso… Se la poteva quasi sentire tra le braccia mentre sussultava, trattenendo il respiro e impedendosi di morderlo o di stringergli con troppa forza le spalle, per evitare di lasciare dei segni visibili.
Pregustava la possibilità di procedere liberamente verso il suo orgasmo, di spingersi, con movimenti sempre più ravvicinati e rapidi, incitati dalla morsa delle sue gambe e dalle contrazioni interne che lei aveva messo in atto, stimolandolo ancora di più con piccole ma percettibili variazioni di pressione.
Sarebbe venuto con lunghi sospiri, appoggiando il mento sulla sua fronte, coprendola col suo corpo mentre estraeva e reinseriva con lentezza il pene, liberando il suo seme con abbondanti getti.
In fondo, stava solo fantasticando… Probabilmente non sarebbe mai riuscito a mettere in atto questa fantasia, eccitata dalla sempre presente tensione sessuale tra loro due.
Forse era anche meglio così, che rimanesse tutto nella sua testa. Non lo rendeva certo meno piacevole...
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