Un pomeriggio in palestra 2- il marchio
di
Alessia tv
genere
dominazione
Dal giorno in cui avevo conosciuto Morena, la ragazza che si allenava e ha assaggiato il mio culetto, ogni volta che andavo in palestra non facevo altro che eseguire esercizi per i miei glutei.
Avevo deciso di volerli ben sodi e rotondi allo stesso tempo mantenendo comunque quella femminilità nelle sue forme.
Ad ogni esercizio lo osteggiavo in maniera spudorata ma sempre mantenendo quell’ambiguità nel mio essere nel senso che mi piaceva che gli altri facessero degli apprezzamenti ma cercando di non svelare la mia natura di donna nell’intimo e ancora di più di troia nell’animo.
Se lo osteggiavo maggiormente era con le persone femminili cercando di fare quasi a gara e mettermi in competizione con loro facendo crescere anche un po’ di invidia.
Certo Morena aveva già accennato a qualche amica di quanto ero disponibile e accogliente dato che sicuramente aveva fatto assaggiare a qualcun’altra quel cazzo nero che mi aveva aperto e distrutto lo sfintere ma non sapevo chi fossero e quindi guardavo le donne che si allenavano cercando di intuire chi tra loro avrebbero potuto giocare con me.
Un giorno vidi Morena che dopo avermi salutato parlottava con una bionda giunonica e ridevano di brutto. La bionda ogni tanto puntava lo sguardo verso di me e, con occhi sfavillanti, mi osservava nei miei esercizi.
Mi scrutava durante i miei movimenti passando la lingua sulle labbra e facendomi intuire che non vedeva l’ora di trovarsi insieme a lei.
Aveva puntato la preda e la voglia di soddisfare le sue fantasie si era palesata in maniera esplicita quando, passando accanto a me, mi aveva palpato il culo.
Io sorrisi con timidezza ma lei, senza aspettare oltre, mi fece i complimenti per l’estenuante performance a cui ero stato sottoposto.
“Secondo me sei molto aperto dopo l’incontro con la mia amica Morena” esclamò con naturalezza e un ghigno quasi da paura.
“L’ho provato pure io quel cazzo nero e non ti nascondo che sono stata un paio di giorni senza potermi sedere o al massimo dovevo mettere un cuscino sotto per stare comoda”; continuò sempre sorridendo.
Io a quel punto confessai senza timore che ero rimasto indolenzito per un paio di giorni dopo quell’amplesso ma ogni volta che ci ripensavo mi eccitavo come una troia e non aspettavo altro che Morena mi chiamasse per continuare quel gioco di sottomissione.
“Io sono Giorgia, piacere di conoscerti…anche se vorrei conoscerti in altro modo e tu sai bene a cosa mi riferisco” continuò.
“Ho provato quel cazzo pure io e altri ancora più grossi ma poi ho capito che la mia natura non è quella di essere sottomessa ma provo più piacere a scoparmi qualche culetto e bocca aspettando che il fortunato o la fortunata implori pietà per farmi smettere” replicò facendosi più seria.
A quelle parole la mia natura di troia iniziava ad uscire fuori e immaginare cosa potesse capitarmi se fossi stato sotto le grinfie di quella biondona insieme a Morena.
Iniziai a sentire uno stimolo nel culetto che reclamava la sua dose di cazzo giornaliera come fosse il cibo per il corpo.
Continuai a parlare tremolante dicendo che sarebbe stato bello fare altre esperienze con persone diverse e magari più maestre nell’arte dello sfondamento.
“Parlerò con Morena per vedere se si può organizzare qualcosa di bello; magari una giornata intera e magari con te indossando abiti femminili da troia in calore”; mi rispose con calma ma fredda come il ghiaccio.
La salutai e continuai i miei esercizi con una voglia che mi era salita dentro e il liquido seminale che cominciava a macchiare la calza elastica tra le mie gambe.
Dopo un paio di giorni mi arriva un messaggio di Morena sul cellulare che diceva: “Domenica renditi libera per l’intera giornata – Preparati per benino e lavati con un clistere prima di venire a casa di mattina – Ho una sorpresa per te che ti lascerà a bocca aperta e senza fiato – Vedi di indossare se puoi lingerie femminile sexy e presentati alle ore 09:00 AM a casa mia – ti bacio. Morena”.
Non dormii la notte e nei tre giorni a seguire mi masturbai non so quante volte che non avevo più una goccia di sborra dentro di me.
Giunta domenica mi alzai prestissimo e dopo un’abbondante pulizia iniziai a trasformarmi in Alessia: indossai un perizoma in pizzo nero aperto davanti con stringhe dietro le natiche che si chiudevano sotto l’inguine e i testicoli liberi di muoversi; un reggicalze con volant attorno ai fianchi e le calze velate con riga dietro; misi un corsetto sempre nero che sollevava la mia seconda di seno e sopra indossai una tuta facile da togliere; per le scarpe pensai che Morena avrebbe pensato a me e non ci riflettei e presi la via d’uscita per dirigermi da lei.
Giunta sul pianerottolo il cuore mi batteva forte e appena entrai un odore di incenso colpì le mie narici: un odore dolce ma pungente; le luci soffuse e una musica sottofondo enigmatica mi condusse direttamente nel salotto.
Morena mi faceva strada dietro di me conducendomi in quella stanza dove sarei stata sicuramente trattata come una cagna: quello era il mio destino e ne ero cosciente al cento per cento.
Appena entrai lo stupore fu molto; infatti il salotto era cambiato: i divani e il tavolo erano stati tutti spostati verso il muro e al centro c’era qualcosa che aveva tutta l’aria di un altare sacrificale con delle candele ai lati che creavano giochi di luce con la loro fiammella e un braciere acceso su un treppiede che ardeva ed emanava quell’odore già a me noto.
Intuì subito che li sarei stato posto io; io sarei stata l’ancella da sacrificare ma come e in che modo ancora mi era nascosto.
Morena mi chiese di spogliarmi e di sdraiarmi a pancia in giù sopra l’altare con la gambe ben divaricate e le braccia allungate verso l’estremità.
Ubbidì con una certa paura ma nello stesso tempo curiosità ed eccitazione che esalava da ogni parte del mio corpo.
Ad un tratto comparve la bionda Giorgia che senza proferire parola mi legò le mani con dei lacci di pelle agli angoli e spingendo dall’interno le gambe fece lo stesso bloccandole a degli anelli semi nascosti che mi aiutavano a sostenermi per non farmi andare giù.
Mi trovavo in una posizione a dir poco oscena: piegato a novanta gradi con la pancia su quell’altare con il bacino schiacciato sul bordo e il culetto all’insù; la testa andava verso il basso anche perché il piano aveva una pendenza che favoriva il busto verso il basso e mi obbligava a tenere il culetto verso fuori per aria, con le gambe divaricate a dismisura che poggiava quasi per terra ma sostenute dai legacci agli anelli.
Ero bloccato e nulla o nessuno avrebbe potuto aiutarmi in caso volessi liberarmi,
Il culetto ormai era per aria e chiunque avrebbe potuto scoparmi in quella posizione senza avere la possibilità di muovermi oppure oppormi al quel supplizio cui stavo andando incontro.
Dapprima iniziai ad avere un certo timore trovandomi in quella situazione ma la vista di Giorgia mi aveva eccitata dato che durante le operazioni avevo visto come si era vestita ed ero pronto ad eseguire qualsiasi volere di lei e di Morena.
Indossava una guepiere nera con reggicalze e due stivali altissimi fino alle cosce; i capelli biondi coprivano a malapena i seni eccitati e gli occhi azzurri che sprizzavano godimento; quello stesso godimento che già mi aveva trasmesso e che non vedevo l’ora di provare lasciandomi abusare dalle mie due signore.
Morena nel frattempo si era avvicinata a me e con parole dolci e carezze su tutto il corpo mi rassicurava di stare tranquilla porgendomi del vino inebriante che faceva scolare sulle mie labbra.
“Bevi un pochino, ti aiuterà a trasportarti in un mondo fatto di dolcezze e dolori; dolcezze perché sarai trattato come una regina e dolori perché solo con quelli potrai raggiungere il massimo dell’estasi e del godimento”.
Le sue parole mi tranquillizzarono e con rassegnazione attendevo il mio destino.
Iniziarono a carezzarmi e a cospargermi di un unguento profumato su tutto il corpo soffermandosi spesso sul mio culetto e sullo sfintere; iniziavano a penetrarmi con le dita spingendo l’olio all’interno per farlo scolare sulle cosce.
Sentivo le mani dappertutto; sulla schiena, sulla testa, sulle gambe, sulle braccia ma soprattutto le sentivo dentro di me che si facevano spazio tra le mie viscere.
Le dita giravano segnando lo sfintere dall’interno allargandolo e premendolo; l’anello iniziava ad allentarsi e allargarsi ad ogni rotazione fino a quando, con entrambe la mani, iniziarono ad aprirlo come si aprono le ante di un armadio.
Iniziai a gemere e forse stordito dal vino imprecai le donne di scoparmi al più presto perché era impossibile resistere a quella masturbazione e tortura ma volevo che il calore dell’intestino fosse spento da un cazzo dentro di me.
Giorgia si sdraiò sopra la mia schiena iniziando a baciarmi e a raccomandarmi di stare tranquilla e mentre mi strusciava i seni spostando il bacino mi puntò qualcosa di grosso sul culo.
Spinse con delicatezza e il glande dalle dimensioni asinine era dentro squarciando la fighetta slabbrata.
La pressione aumentava e ad ogni centimetro il culo si allargava in maniera esagerata: era un cazzo che partiva da una misura grossa alla punta ma via via si allargava verso la base aprendomi e spaccandomi in due.
Gemevo e mi contorcevo ma godevo senza pudore inarcando il bacino per divorare quei centimetri di cazzo che volevo miei, li avevo chiesti e le avevo pregate di darmeli.
Ad un tratto capì che ero lacerato e l’olio colava caldo sulle cosce facendomi eccitare ancora di più.
Gridavo di scoparmi; lo volevo sentire, scivolare dentro con colpi possenti nell’intestino e godere come una cagna.
Il dolore era diventato piacere; un piacere che era passato dal culo all’intestino ma ancora più bello dentro il mio cervello da donna e troia al servizio delle mie signore.
Mi possederono entrambe con lo stesso cazzo duro e nodoso con colpi che si ripercuotevano sulla mia schiena; non capivo più nulla e nemmeno il tempo che era trascorso.
“Sei una troia perfetta ma noi siamo stanche e comunque non vogliamo che tu smetta di godere, tanto lo sappiamo che puoi resistere fino a stasera”, mi disse Morena; “e per questo ti abbiamo preparato un’altra sorpresa per cercarti di sfinire e non sentirti più il culo”; continuò estasiata e affannata per l’amplesso.
Non capì subito cosa avevano in mente ma dopo una manciata di secondi avvertì un cazzo delle stesse dimensioni montato su una sexy machine che iniziava a pomparmi in maniera moderata per iniziare e, in seguito, tale velocità del cazzo comandata da Giorgia con un telecomando prese a stantuffarmi in modo continuo e accelerato.
Il rumore sordo dei colpi era attutito dalla musica ma i gemiti che iniziai a lanciare erano forti e il godimento arrivò alle stelle.
“Noi ti lasciamo qui con il cazzo che ti scopa e andiamo a mangiare qualcosa, tu ingoia il cazzo da dietro fino a sfinirti perché ancora non è finita”; mi dissero andando via e lasciandomi da solo.
Non potetti replicare perché lo stantuffo messo a velocità accelerata mi portava a sussultare su tutto il corpo e sentivo il cazzo che entrava per tutta la lunghezza dentro di me risucchiando all’uscita l’intestino spaccandomi in due.
L’avevano posizionato a metà della lunghezza dentro di me ed essendo bloccato non riuscivo a farlo uscire del tutto per rilassarmi un pochino ma ero stato messo in punizione con un cazzo duro nel culo che mi avrebbe scopata all’infinito.
Non so quante ore resistetti e quante volte venni sporcandomi la pancia dato che avevo perso la cognizione del tempo fino a quando mi lasciai andare e svenni con i colpi che continuavano dentro di me infuocando le budella e la mia testa.
Un dolore lancinante mi fece sussultare all’improvviso: un bruciore sulla natica destra indescrivibile che mi fece svegliare e urlare come se mi avessero squarciato.
“Non ti preoccupare tesoro mio; sei stato marchiato sul culo ed ora porti le nostre iniziali e sei di proprietà nostra come le cavalle di un recinto. Sei la nostra troia cavalla e solo noi possiamo scoparti o cederti ad altre signore; te lo sei guadagnato con rispetto e sarà un onore portarlo”.
Il dolore era forte ma non superava il godimento che avevo provato.
Pure quel fastidio sul culo mi faceva provare piacere perché erano stampate le iniziali M.G. ovvero Morena e Giorgia e la cosa mi esaltava e mi rendeva fiera.
Non sentivo più il culo; non sapevo se era aperto, squarciato, slabbrato o rotto ma sicuramente sapevo che quel marchio mi avrebbe portato altro godimento infinito e devo dire grazie a loro.
Quando mi trovo al mare o in una sauna mi capita spesso di osservare le natiche delle altre persone, sia esse donne o uomini, sperando di incontrare qualche altra cavalla per poter raccontare le proprie esperienze.
Ma sicuramente ho incontrato delle donne che alla vista di quel piccolo tatuaggio mi hanno fatto i complimenti forse perché erano a conoscenza di come me l’ero guadagnato.
Ai prossimi racconti. Un bacio dalla cavalla Alessia (M.G.)
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