Padroni e schiave - cap. 2 - Eleonora
di
Koss
genere
dominazione
Anna chiamò Francesca.
- Dove siete? –
- Sul treno, abbiamo uno scompartimento tutto per noi. Stiamo tornando a casa, la signora è qui di fronte a me. –
- Come è vestita? –
- Come concordato, minigonna, camicetta e una giacca leggerissima. –
- E sotto? –
Francesca abbassò ulteriormente la voce anche se nello scompartimento non c’era nessuno oltre a loro. – La cintura con i due plug per vagina e ano. – Eleonora arrossì, stavano parlando di lei ed era molto umiliante.
- Passamela! – ordinò Anna.
- Buongiorno Anna. – Eleonora cercava di essere naturale, ma dentro di lei stava ribollendo.
- Buongiorno Signora, il suo Padrone vuole sapere come le stanno quei due dildi che in questo momento le stanno riempiendo fica e culo. –
Eleonora arrossì ulteriormente per la vergogna, quella vipera la trattava come una bagascia, sicuramente Giulio, il suo Padrone, non voleva sapere niente, ma lei si divertiva ad umiliarla.
Eleonora rimase zitta, si vergognava troppo per parlarne.
Anche Anna rimase zitta dall’altra parte del telefono, si sentiva solo il respiro affannato di Eleonora e quello impaziente di Anna.
Poi a Eleonora cedettero i nervi, stava per mettersi a piangere. – Si… Signora, la prego… -
Anna attese e Eleonora parlò ancora. – Sono fastidiosi Signora, ma li sopporto. -
Anna sorrise. – Tieni le cosce chiuse baldracca, non vogliamo far vedere a tutti che sei una troia. – Poi le chiuse il telefono in faccia ed Eleonora vinta e umiliata arrossì ulteriormente, gli occhi si riempirono di lacrime. Si mise in piedi ed andò in bagno, doveva lavarsi il viso che avvampava e rifarsi il trucco. Anche la piccola Francesca sorrise, ma cercò di non farsi vedere dalla Signora. A volte solidarizzava con la sua Signora a volte con Anna, non sapeva per chi tifare, ma rimaneva neutra e servile verso la sua Signora, così voleva il suo Padrone.
Qualche settimana prima il Padrone le aveva convocate tutte e tre e rivolgendosi a Eleonora le aveva detto – farai tutto quello che Anna ti ordina. –
Poi si rivolse a Anna. – La devi addestrare, la voglio sempre calda ed eccitata, ma non la puoi punire, se sbaglia me lo comunicherai e ci penserò io, e tanto meno puoi chiederle prestazioni sessuali, quelle le posso chiedere solo io. –
Infine, rivolgendosi a Francesca. – Tu sarai la cameriera di Eleonora, oltre che la mia, farai tutto quello che lei ti chiede, come se fosse la tua Padrona. -
Tutte e tre risposero – sì Signore. –
Francesca, la cameriera di Eleonora e naturalmente di Giulio, era una ventenne piccola e castana, il fisico minuto e agile, con belle cosce e succose tettine. Era totalmente sottomessa al suo Padrone che con pazienza l’aveva educata a soddisfare i suoi capricci. Prima di Giulio non aveva avuto esperienze BDSM e per renderla completamente succube e ubbidiente Giulio ci aveva messo ben tre mesi, in quel caso il modello a cui Francesca si doveva rifare era Giulia più che Anna… e aveva imparato.
La signora che Francesca serviva era Eleonora, l’amante e schiava del suo Padrone. Eleonora era con loro da neanche un mese, era una donna matura, sui cinquanta, alta, formosa e allo stesso tempo snella, bionda ed elegante. Francesca era sempre con lei, la serviva e la controllava e riferiva ad Anna o al Padrone. Francesca vedeva i progressi di Eleonora, sapeva che non sarebbe diventata una schiava come lei o Giulia, ma neanche come Anna. Anche se Anna la comandava, la sua Signora godeva di molti privilegi che nessuno di loro aveva, neanche lontanamente. Intanto lei era la sua cameriera e poteva chiederle quello che voleva. Per il momento non le aveva mai chiesto di servirla sessualmente, ma lo aveva fatto il Padrone, quindi lei su suo ordine aveva più volte leccato il corpo calmo e profumato della Signora, la preparava per il padrone. Quando il padrone se la faceva era sempre controllata, forse perché non si voleva lasciare andare in sua presenza, forse perché era inibita, anche se si vedeva che godeva e lo desiderava. Eleonora sospirava e gemeva, ma non gridava il suo piacere.
Gridare non era permesso neanche a loro, si controllavano perché così voleva il Padrone, lei invece si controllava per “educazione”.
E soprattutto, Eleonora, in casa non faceva niente, persino Anna che svolgeva lavoro di segreteria per il Padrone, quando c’era bisogno, sfaccendava. Eleonora niente, era il soprammobile del Padrone, da quel punto di vista faceva davvero la Signora. In casa i ruoli erano precisi.
Anna era la segretaria del Padrone da moltissimi anni, e come tale era stipendiata. Era sposata, e se il Padrone la sera non richiedeva la sua presenza se ne tornava a casa dal marito, che sapeva tutto e non interferiva.
Giulia era la serva e cameriera e cuoca di casa, anche lei era stipendiata e aveva la sua cameretta, era quindi disponibile per il Padrone h24.
Francesca era la cameriera personale del Padrone e ora della Signora. Il suo compito era mettere a posto le stanze padronali e prendersi cura degli aspetti più intimi di lui e di lei, dal guardaroba alla doccia del Signore e della Signora, oltre che aiutare lei a vestirsi e truccarsi. Viveva anche lei nella grande casa ed era come una ragazza alla pari: vitto, alloggio, vestiario, rette scolastiche ed alcune centinaia di euro per le sue necessità. Svolti i suoi compiti aveva tempo per studiare e andare a lezione. Quando non c’era, il controllo di Eleonora passava ad Anna che ne approfittava per umiliarla spudoratamente.
- Fammi vedere se hai indossato la biancheria che ti ho “consigliato”. Spogliati! –
Anna non poteva fare sesso con Eleonora se non su ordine del suo Padrone, ma quando Eleonora si spogliava ne approfittava, con la scusa di “sistemarle il reggiseno o le mutandine o le calze, per tastarla. Eleonora si era lamentata più volte di quelle attenzioni con il Padrone, ma Giulio si era limitato a sorriderle.
- Ti penetra? –
- No Signore. –
- E allora? –
Eleonora subiva scornata.
Era un classico, ma Anna aveva molte altre frecce al suo arco.
Era un Freccia Rossa Milano Roma. Eleonora era già seduta al suo posto in un salottino di prima classe, stava andando a Roma a trovare i suoi vecchi genitori, ormai pensava che avrebbe viaggiato da sola e aveva disteso i piedi sulla poltroncina di fronte a lei, per non sporcare aveva messo sul sedile una rivista, quando, proprio mentre il treno si avviava, entrò Giulio seguito da Anna.
Eleonora imbarazzata stava per ricomporsi, ma Giulio sedendosi accanto a lei le disse – stia pure comoda signora, nessun problema. – Eleonora non sapendo che fare rimase sdraiata, così come era, ma si tirò un po’ su per non apparire completamente trasandata, non era proprio il suo stile.
Anna si sedette sul sedile accanto ai piedi di Eleonora arricciando il naso. Erano due donne eleganti, praticamente coetanee, portavano entrambe gonne lunghe sotto il ginocchio e avevano entrambe belle gambe, ma Anna era composta, con i piedi a terra, le gambe chiuse piegate leggermente da un lato, le ginocchia non si toccavano per un paio di centimetri e la gonna era risalita solo poco sopra le ginocchia.
La gonna di Eleonora era invece abbondantemente risalita sopra. La donna era imbarazzata, ma non osava ricomporsi, non sapeva neanche lei perché. Lui le aveva chiesto gentilmente di rimanere come era e lei non osava contraddirlo. Si domandava perché. Lui era sopra i sessanta, ma in forma, elegante, alto dinoccolato ed era magnetico. Gli occhi non ammettevano di essere contraddetti. Ha carisma pensò Eleonora e un istante dopo ne ebbe la prova.
- Anna per cortesia vai a prendermi un caffè. – Poi aggiunse – uno anche per la signora. –
Anna ne aveva subite molte, ma quelle di fronte a sconosciuti, soprattutto se donne, la colpivano ancora nel profondo. Arrossì, ma si mise in piedi mormorando un – sì signore – ed usci dallo scompartimento richiudendo la porta a vetri zigrinata.
Eleonora ne era rimasta sconcertata, stava per dire no grazie, ma non ce la fece, si limitò a guardare l’uomo a bocca aperta.
Parlò lui. – Anna è la mia segretaria. Se non puoi chiedere alla tua segretaria di andare a prenderti un caffè… -
- E’ anche la sua amante? – Eleonora era meravigliava e imbarazzata di quello che aveva appena detto, ma ormai le era uscito di bocca, era anche la prima volta che parlava.
Giulio la scrutò negli occhi sorridendo. Eleonora pensò che fosse diabolico…, ma affascinante.
- No, mia cara, non la mia amante, ma la mia schiava. –
- La sua… - Eleonora non poteva credere a quello che stava sentendo.
- Sì, mia cara, una schiava. Significa che io ordino e lei ubbidisce e se non ubbidisce la punisco. –
- Ma…, ma non è possibile. – Eleonora era agitata per quanto sentiva e stava per rimettersi con i piedi a terra.
Lui le mise una mano su una coscia e la tenne fermamente dove era.
- Non si agiti, stia tranquilla, è insolito, ma possibile, glielo assicuro. –
Eleonora sentì quella mano sulla coscia, non era maliziosa, ma ferma e lui non stava abusando, ma quando la levò sentì che dove era stata toccata scottava.
- Lei la ricatta…, il lavoro, lei è un mostro. –
Giulio sorrise ancora, mefistofelico. – No, mia cara, le assicuro, che è una libera scelta, lei fa quello che voglio io perché le piace e lo fa con me perché mi adora, ormai da trenta anni. –
- Non ci credo. Non è possibile. –
- Appena ritorna glielo dimostro. –
- E non è neanche la sua amante. –
- Quando voglio faccio sesso con lei, è uno dei suoi doveri, ma è solo una schiava. In verità sto cercando un’amante. –
- Lei…, lei sta cercando un’amante, non le basta la sua segretaria? –
- No, sono ruoli diversi. Mi parli di lei. –
Eleonora si ritrovò ad essere incalzata dalle domande e confessò che si chiamava Eleonora, che era una vedova e che da quando era morto suo marito, a cui era stata sempre fedele da quando da ragazza si erano fidanzati, praticamente l’unico uomo della sua vita, si era messa l’anima in pace.
- Non è possibile – replicò lui, - una donna ancora così giovane e tanto bella. – Eleonora arrossì, ma stavolta di piacere. Lui l’aveva scrutata tutto il tempo con attenzione, bella era bella, anche fine, sembrava molto delicata, una di quelle donne che dava l’impressione che se la toccavi si poteva rompere. Ma Giulio l’aveva anche toccata e aveva sentito che era soda oltre che morbida e aveva sentito anche qualche muscolo, sotto la sua mano, guizzare.
La porta scorrevole del salottino si aprì e Anna ondeggiando sugli alti tacchi e con i due bicchierini in mano rientrò. Eleonora si stava ancora chiedendo come aveva fatto ad imbarcarsi in quella discussione.
Anna porse un bicchierino a Giulio, che lo prendeva amaro, e poi l’altro alla signora.
- Vuole lo zucchero? –
- Sì, grazie. – Anna le porse una bustina e un menarello e mentre Eleonora rigirava il suo caffè si mise a sedere, composta come prima.
Giulio lasciò che si accomodasse e poi – Eleonora non crede che tu sia la mia schiava. -
- Si… Signore – balbettò Anna.
Giulio si comportò come se non l’avesse sentita. – Penso che dobbiamo convincerla…, una piccola dimostrazione. –
Anna capì che era inutile opporsi ed ormai il momento iniziale di imbarazzo era passato, e poi lui aveva svelato il suo segreto, quindi era tutto messo in chiaro. Era una veterana e in quelle situazioni si era già trovata molte volte. - Cosa vuole che faccia Signore. –
Eleonora li guardava a bocca aperta, ora uno ora l’altra, tentò di dire che a lei non interessava niente di tutto ciò, ma lui le mise di nuovo la mano sulla coscia e stavolta strinse, come un Padrone che tasta la sua giumenta. Le dita affondarono nelle sue carni e lei sentì la sua forza, non le faceva male, anzi… era piacevole, ma era anche implacabile. Stette zitta.
- Mettiti in piedi Anna. –
La segretaria si mise in piedi e ondeggiò piacevolmente sul tacco dodici. Guardando da fuori, di lei, si sarebbero visti solo i piedi e la testa, il resto del corpo era protetto dal vetro opaco che proteggeva la privacy dei passeggeri.
- Solleva la gonna. – Ordinò Giulio.
Anna abbassò gli occhi verso le sue scarpe e sollevò la gonna. Eleonora vide che era perfettamente depilata, due bellissime gambe di una donna matura, ma molto piacente e poi vide la cintura, una strana mutandina di morbido cuoio che le passava tra le gambe. Non fiatava, ma guardava orripilata ed affascinata.
Giulio ordino ad Anna di girarsi e sollevare la gonna da dietro. Come davanti, Eleonora guardò e non poteva credere, stavolta vide che la fettuccia che passava tra le gambe si agganciava ad un’altra fettuccia orizzontale che l’avvolgeva sopra i fianchi e sosteneva, come una cintura, quella verticale.
- Leva la fettuccia verticale. –
Anna si dimenò e sganciò la fettuccia verticale che venne fuori con un lieve risucchio.
Eleonora vide che a quella fettuccia erano applicati due piccoli dildi che fino a quel momento stavano negli orifizi della schiava e per la sorpresa gemette, ancora una volta orripilata ed affascinata.
La mano di Giulio era sempre sulla sua coscia, ma lei non ci faceva più caso, anzi quella mano ora era diventata lieve e la stava accarezzando dolcemente sulla coscia. Lei era rossa in viso e capì che era eccitata, sentì che era bagnata.
Giulio ordinò a Anna di ricomporsi e Anna con qualche difficolta si rimise la fettuccia verticale e si mise di nuovo a sedere.
Giulio non aveva abbandonato la coscia di Eleonora che non diceva niente e non osava muoversi.
- Venga con me a cena stasera. – Non era una richiesta, ma un ordine dato con gentilezza, ma con la dovuta fermezza.
- Non so, - rispose Eleonora, - sto andando a trovare i miei vecchi genitori, loro si aspettano che stia con loro. –
- Loro l’avranno per tutto il resto del tempo, non penso che se la prenderanno se per una sera esce di casa. –
- Va bene – convenne Eleonora attratta da quell’uomo e intimidita, spaventata e affascinata.
Anna capì che avrebbe cenato da sola, guardò meglio Eleonora e dovette ammettere che era bella, elegante, sofisticata. Erano pregi che a lei non mancavano, ma in Eleonora, dovette convenire erano più evidenti.
Lui, lo sapeva, aveva bisogno di un’amante, una donna con cui andare a cena con gli amici, in vacanza, al cinema o al teatro. Anna sapeva che lei non poteva essere la sua amante, tutti i suoi amici sapevano che era la sua segretaria da moltissimi anni, alcuni come Marco, che era diventato Master sperimentando proprio su di lei sapevano che era anche una schiava e per finire lei era sposata, mentre quella troia era vedova. La odiava e meditava di vendicarsi. Però non poteva modificare quello che era inevitabile, Eleonora sarebbe diventata l’amante del suo Padrone, certo anche la sua schiava, ma quella era una cosa che avrebbero saputo in pochi, forse solo Marco, sarebbe stata l’unica schiava che poteva dare del tu al suo Padrone e tutte le altre, lei, Giulia, Francesca avrebbero dovuto persino servirla, una schiava privilegiata.
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- Dove siete? –
- Sul treno, abbiamo uno scompartimento tutto per noi. Stiamo tornando a casa, la signora è qui di fronte a me. –
- Come è vestita? –
- Come concordato, minigonna, camicetta e una giacca leggerissima. –
- E sotto? –
Francesca abbassò ulteriormente la voce anche se nello scompartimento non c’era nessuno oltre a loro. – La cintura con i due plug per vagina e ano. – Eleonora arrossì, stavano parlando di lei ed era molto umiliante.
- Passamela! – ordinò Anna.
- Buongiorno Anna. – Eleonora cercava di essere naturale, ma dentro di lei stava ribollendo.
- Buongiorno Signora, il suo Padrone vuole sapere come le stanno quei due dildi che in questo momento le stanno riempiendo fica e culo. –
Eleonora arrossì ulteriormente per la vergogna, quella vipera la trattava come una bagascia, sicuramente Giulio, il suo Padrone, non voleva sapere niente, ma lei si divertiva ad umiliarla.
Eleonora rimase zitta, si vergognava troppo per parlarne.
Anche Anna rimase zitta dall’altra parte del telefono, si sentiva solo il respiro affannato di Eleonora e quello impaziente di Anna.
Poi a Eleonora cedettero i nervi, stava per mettersi a piangere. – Si… Signora, la prego… -
Anna attese e Eleonora parlò ancora. – Sono fastidiosi Signora, ma li sopporto. -
Anna sorrise. – Tieni le cosce chiuse baldracca, non vogliamo far vedere a tutti che sei una troia. – Poi le chiuse il telefono in faccia ed Eleonora vinta e umiliata arrossì ulteriormente, gli occhi si riempirono di lacrime. Si mise in piedi ed andò in bagno, doveva lavarsi il viso che avvampava e rifarsi il trucco. Anche la piccola Francesca sorrise, ma cercò di non farsi vedere dalla Signora. A volte solidarizzava con la sua Signora a volte con Anna, non sapeva per chi tifare, ma rimaneva neutra e servile verso la sua Signora, così voleva il suo Padrone.
Qualche settimana prima il Padrone le aveva convocate tutte e tre e rivolgendosi a Eleonora le aveva detto – farai tutto quello che Anna ti ordina. –
Poi si rivolse a Anna. – La devi addestrare, la voglio sempre calda ed eccitata, ma non la puoi punire, se sbaglia me lo comunicherai e ci penserò io, e tanto meno puoi chiederle prestazioni sessuali, quelle le posso chiedere solo io. –
Infine, rivolgendosi a Francesca. – Tu sarai la cameriera di Eleonora, oltre che la mia, farai tutto quello che lei ti chiede, come se fosse la tua Padrona. -
Tutte e tre risposero – sì Signore. –
Francesca, la cameriera di Eleonora e naturalmente di Giulio, era una ventenne piccola e castana, il fisico minuto e agile, con belle cosce e succose tettine. Era totalmente sottomessa al suo Padrone che con pazienza l’aveva educata a soddisfare i suoi capricci. Prima di Giulio non aveva avuto esperienze BDSM e per renderla completamente succube e ubbidiente Giulio ci aveva messo ben tre mesi, in quel caso il modello a cui Francesca si doveva rifare era Giulia più che Anna… e aveva imparato.
La signora che Francesca serviva era Eleonora, l’amante e schiava del suo Padrone. Eleonora era con loro da neanche un mese, era una donna matura, sui cinquanta, alta, formosa e allo stesso tempo snella, bionda ed elegante. Francesca era sempre con lei, la serviva e la controllava e riferiva ad Anna o al Padrone. Francesca vedeva i progressi di Eleonora, sapeva che non sarebbe diventata una schiava come lei o Giulia, ma neanche come Anna. Anche se Anna la comandava, la sua Signora godeva di molti privilegi che nessuno di loro aveva, neanche lontanamente. Intanto lei era la sua cameriera e poteva chiederle quello che voleva. Per il momento non le aveva mai chiesto di servirla sessualmente, ma lo aveva fatto il Padrone, quindi lei su suo ordine aveva più volte leccato il corpo calmo e profumato della Signora, la preparava per il padrone. Quando il padrone se la faceva era sempre controllata, forse perché non si voleva lasciare andare in sua presenza, forse perché era inibita, anche se si vedeva che godeva e lo desiderava. Eleonora sospirava e gemeva, ma non gridava il suo piacere.
Gridare non era permesso neanche a loro, si controllavano perché così voleva il Padrone, lei invece si controllava per “educazione”.
E soprattutto, Eleonora, in casa non faceva niente, persino Anna che svolgeva lavoro di segreteria per il Padrone, quando c’era bisogno, sfaccendava. Eleonora niente, era il soprammobile del Padrone, da quel punto di vista faceva davvero la Signora. In casa i ruoli erano precisi.
Anna era la segretaria del Padrone da moltissimi anni, e come tale era stipendiata. Era sposata, e se il Padrone la sera non richiedeva la sua presenza se ne tornava a casa dal marito, che sapeva tutto e non interferiva.
Giulia era la serva e cameriera e cuoca di casa, anche lei era stipendiata e aveva la sua cameretta, era quindi disponibile per il Padrone h24.
Francesca era la cameriera personale del Padrone e ora della Signora. Il suo compito era mettere a posto le stanze padronali e prendersi cura degli aspetti più intimi di lui e di lei, dal guardaroba alla doccia del Signore e della Signora, oltre che aiutare lei a vestirsi e truccarsi. Viveva anche lei nella grande casa ed era come una ragazza alla pari: vitto, alloggio, vestiario, rette scolastiche ed alcune centinaia di euro per le sue necessità. Svolti i suoi compiti aveva tempo per studiare e andare a lezione. Quando non c’era, il controllo di Eleonora passava ad Anna che ne approfittava per umiliarla spudoratamente.
- Fammi vedere se hai indossato la biancheria che ti ho “consigliato”. Spogliati! –
Anna non poteva fare sesso con Eleonora se non su ordine del suo Padrone, ma quando Eleonora si spogliava ne approfittava, con la scusa di “sistemarle il reggiseno o le mutandine o le calze, per tastarla. Eleonora si era lamentata più volte di quelle attenzioni con il Padrone, ma Giulio si era limitato a sorriderle.
- Ti penetra? –
- No Signore. –
- E allora? –
Eleonora subiva scornata.
Era un classico, ma Anna aveva molte altre frecce al suo arco.
Era un Freccia Rossa Milano Roma. Eleonora era già seduta al suo posto in un salottino di prima classe, stava andando a Roma a trovare i suoi vecchi genitori, ormai pensava che avrebbe viaggiato da sola e aveva disteso i piedi sulla poltroncina di fronte a lei, per non sporcare aveva messo sul sedile una rivista, quando, proprio mentre il treno si avviava, entrò Giulio seguito da Anna.
Eleonora imbarazzata stava per ricomporsi, ma Giulio sedendosi accanto a lei le disse – stia pure comoda signora, nessun problema. – Eleonora non sapendo che fare rimase sdraiata, così come era, ma si tirò un po’ su per non apparire completamente trasandata, non era proprio il suo stile.
Anna si sedette sul sedile accanto ai piedi di Eleonora arricciando il naso. Erano due donne eleganti, praticamente coetanee, portavano entrambe gonne lunghe sotto il ginocchio e avevano entrambe belle gambe, ma Anna era composta, con i piedi a terra, le gambe chiuse piegate leggermente da un lato, le ginocchia non si toccavano per un paio di centimetri e la gonna era risalita solo poco sopra le ginocchia.
La gonna di Eleonora era invece abbondantemente risalita sopra. La donna era imbarazzata, ma non osava ricomporsi, non sapeva neanche lei perché. Lui le aveva chiesto gentilmente di rimanere come era e lei non osava contraddirlo. Si domandava perché. Lui era sopra i sessanta, ma in forma, elegante, alto dinoccolato ed era magnetico. Gli occhi non ammettevano di essere contraddetti. Ha carisma pensò Eleonora e un istante dopo ne ebbe la prova.
- Anna per cortesia vai a prendermi un caffè. – Poi aggiunse – uno anche per la signora. –
Anna ne aveva subite molte, ma quelle di fronte a sconosciuti, soprattutto se donne, la colpivano ancora nel profondo. Arrossì, ma si mise in piedi mormorando un – sì signore – ed usci dallo scompartimento richiudendo la porta a vetri zigrinata.
Eleonora ne era rimasta sconcertata, stava per dire no grazie, ma non ce la fece, si limitò a guardare l’uomo a bocca aperta.
Parlò lui. – Anna è la mia segretaria. Se non puoi chiedere alla tua segretaria di andare a prenderti un caffè… -
- E’ anche la sua amante? – Eleonora era meravigliava e imbarazzata di quello che aveva appena detto, ma ormai le era uscito di bocca, era anche la prima volta che parlava.
Giulio la scrutò negli occhi sorridendo. Eleonora pensò che fosse diabolico…, ma affascinante.
- No, mia cara, non la mia amante, ma la mia schiava. –
- La sua… - Eleonora non poteva credere a quello che stava sentendo.
- Sì, mia cara, una schiava. Significa che io ordino e lei ubbidisce e se non ubbidisce la punisco. –
- Ma…, ma non è possibile. – Eleonora era agitata per quanto sentiva e stava per rimettersi con i piedi a terra.
Lui le mise una mano su una coscia e la tenne fermamente dove era.
- Non si agiti, stia tranquilla, è insolito, ma possibile, glielo assicuro. –
Eleonora sentì quella mano sulla coscia, non era maliziosa, ma ferma e lui non stava abusando, ma quando la levò sentì che dove era stata toccata scottava.
- Lei la ricatta…, il lavoro, lei è un mostro. –
Giulio sorrise ancora, mefistofelico. – No, mia cara, le assicuro, che è una libera scelta, lei fa quello che voglio io perché le piace e lo fa con me perché mi adora, ormai da trenta anni. –
- Non ci credo. Non è possibile. –
- Appena ritorna glielo dimostro. –
- E non è neanche la sua amante. –
- Quando voglio faccio sesso con lei, è uno dei suoi doveri, ma è solo una schiava. In verità sto cercando un’amante. –
- Lei…, lei sta cercando un’amante, non le basta la sua segretaria? –
- No, sono ruoli diversi. Mi parli di lei. –
Eleonora si ritrovò ad essere incalzata dalle domande e confessò che si chiamava Eleonora, che era una vedova e che da quando era morto suo marito, a cui era stata sempre fedele da quando da ragazza si erano fidanzati, praticamente l’unico uomo della sua vita, si era messa l’anima in pace.
- Non è possibile – replicò lui, - una donna ancora così giovane e tanto bella. – Eleonora arrossì, ma stavolta di piacere. Lui l’aveva scrutata tutto il tempo con attenzione, bella era bella, anche fine, sembrava molto delicata, una di quelle donne che dava l’impressione che se la toccavi si poteva rompere. Ma Giulio l’aveva anche toccata e aveva sentito che era soda oltre che morbida e aveva sentito anche qualche muscolo, sotto la sua mano, guizzare.
La porta scorrevole del salottino si aprì e Anna ondeggiando sugli alti tacchi e con i due bicchierini in mano rientrò. Eleonora si stava ancora chiedendo come aveva fatto ad imbarcarsi in quella discussione.
Anna porse un bicchierino a Giulio, che lo prendeva amaro, e poi l’altro alla signora.
- Vuole lo zucchero? –
- Sì, grazie. – Anna le porse una bustina e un menarello e mentre Eleonora rigirava il suo caffè si mise a sedere, composta come prima.
Giulio lasciò che si accomodasse e poi – Eleonora non crede che tu sia la mia schiava. -
- Si… Signore – balbettò Anna.
Giulio si comportò come se non l’avesse sentita. – Penso che dobbiamo convincerla…, una piccola dimostrazione. –
Anna capì che era inutile opporsi ed ormai il momento iniziale di imbarazzo era passato, e poi lui aveva svelato il suo segreto, quindi era tutto messo in chiaro. Era una veterana e in quelle situazioni si era già trovata molte volte. - Cosa vuole che faccia Signore. –
Eleonora li guardava a bocca aperta, ora uno ora l’altra, tentò di dire che a lei non interessava niente di tutto ciò, ma lui le mise di nuovo la mano sulla coscia e stavolta strinse, come un Padrone che tasta la sua giumenta. Le dita affondarono nelle sue carni e lei sentì la sua forza, non le faceva male, anzi… era piacevole, ma era anche implacabile. Stette zitta.
- Mettiti in piedi Anna. –
La segretaria si mise in piedi e ondeggiò piacevolmente sul tacco dodici. Guardando da fuori, di lei, si sarebbero visti solo i piedi e la testa, il resto del corpo era protetto dal vetro opaco che proteggeva la privacy dei passeggeri.
- Solleva la gonna. – Ordinò Giulio.
Anna abbassò gli occhi verso le sue scarpe e sollevò la gonna. Eleonora vide che era perfettamente depilata, due bellissime gambe di una donna matura, ma molto piacente e poi vide la cintura, una strana mutandina di morbido cuoio che le passava tra le gambe. Non fiatava, ma guardava orripilata ed affascinata.
Giulio ordino ad Anna di girarsi e sollevare la gonna da dietro. Come davanti, Eleonora guardò e non poteva credere, stavolta vide che la fettuccia che passava tra le gambe si agganciava ad un’altra fettuccia orizzontale che l’avvolgeva sopra i fianchi e sosteneva, come una cintura, quella verticale.
- Leva la fettuccia verticale. –
Anna si dimenò e sganciò la fettuccia verticale che venne fuori con un lieve risucchio.
Eleonora vide che a quella fettuccia erano applicati due piccoli dildi che fino a quel momento stavano negli orifizi della schiava e per la sorpresa gemette, ancora una volta orripilata ed affascinata.
La mano di Giulio era sempre sulla sua coscia, ma lei non ci faceva più caso, anzi quella mano ora era diventata lieve e la stava accarezzando dolcemente sulla coscia. Lei era rossa in viso e capì che era eccitata, sentì che era bagnata.
Giulio ordinò a Anna di ricomporsi e Anna con qualche difficolta si rimise la fettuccia verticale e si mise di nuovo a sedere.
Giulio non aveva abbandonato la coscia di Eleonora che non diceva niente e non osava muoversi.
- Venga con me a cena stasera. – Non era una richiesta, ma un ordine dato con gentilezza, ma con la dovuta fermezza.
- Non so, - rispose Eleonora, - sto andando a trovare i miei vecchi genitori, loro si aspettano che stia con loro. –
- Loro l’avranno per tutto il resto del tempo, non penso che se la prenderanno se per una sera esce di casa. –
- Va bene – convenne Eleonora attratta da quell’uomo e intimidita, spaventata e affascinata.
Anna capì che avrebbe cenato da sola, guardò meglio Eleonora e dovette ammettere che era bella, elegante, sofisticata. Erano pregi che a lei non mancavano, ma in Eleonora, dovette convenire erano più evidenti.
Lui, lo sapeva, aveva bisogno di un’amante, una donna con cui andare a cena con gli amici, in vacanza, al cinema o al teatro. Anna sapeva che lei non poteva essere la sua amante, tutti i suoi amici sapevano che era la sua segretaria da moltissimi anni, alcuni come Marco, che era diventato Master sperimentando proprio su di lei sapevano che era anche una schiava e per finire lei era sposata, mentre quella troia era vedova. La odiava e meditava di vendicarsi. Però non poteva modificare quello che era inevitabile, Eleonora sarebbe diventata l’amante del suo Padrone, certo anche la sua schiava, ma quella era una cosa che avrebbero saputo in pochi, forse solo Marco, sarebbe stata l’unica schiava che poteva dare del tu al suo Padrone e tutte le altre, lei, Giulia, Francesca avrebbero dovuto persino servirla, una schiava privilegiata.
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