Un'altra piccola confessione
di
E.sys
genere
etero
L’episodio della pineta mi tormenta per giorni.
Quando ceno con mio marito, quando accudisco mia figlia, mi sento sporca, sudicia.
Mi sono lasciata trattare come una puttana, non me ne capacito.
Detesto aver accettato quei soldi, li ho chiusi in fondo ad cassetto, tanto non riuscirei nemmeno a pensare di spenderli normalmente…
In pineta non ci vado più.
Non riesco a immaginare cosa potrebbe succedere se incnotrassi di nuovo quell’uomo.
E Marika, ora che so che ho capito come si guadagna da vivere non mi è più tanto simpatica.
Magari e anche incazzata che le ho rubato un cliente.
Non volendo buttare al cesso la fatica fatta durante l’estate mi sono iscritta in palestra.
Con mio marito abbiamo ripreso a farlo come i bei vecchi tempi, anche tre o quattro volte a settimana, non ci voglio rinunciare.
Penso che è proprio il caso di cominciare a buttarmi sta storiaccia alle spalle, ma una sera, uscita dalla mia prima lezione di zumba, mi sento picchiettare sulla spalla.
Io sono lì, tutta tranquilla a chiaccherare con l’istruttice ed un altro paio di ragazze.
Quando mi giro, mi trovo davanti un signore grassottello sulla cinquantina.
Il mio cervello ci mette un paio di secondi per riconoscere quel sorriso ebete, quelle guance rubizze e sudate.
Ho un mancamento.
Mi riprendo, sono nello spogliatoio, sdraiata su di una panca con un asciugamano sotto la testa.
Le ragazze e l’istruttrice con le quali stavo parlano mi sono intorno, mi chiedono come va.
Sono spaesata, chiedo che è successo e me lo spiegano: sono svenuta.
Titubante chiedo altri dettagli, ma non sanno che altro dire.
Mi tiro su a sedere, testo le gambe. Reggono.
Le rassicuro che sto bene mentre mi cambio, le saluto e vado a casa.
In macchiana mi lambicco il cervello per tutto il tragitto. Mi sono sognata tutto?
Era veramente lui? Magari è stato solo un brutto scherzo giocato dalla tensione.
Arrivo a casa che è molto tardi, non ho chiesto alle ragazze quanto sono rimasta svenuta, ma a giudicare dall’orario, almeno un ora.
Mio marito lo trovo già a letto, legge, mi chiede chè e successo.
Borbotto una cazzata sulla macchina che non partiva e mi infilo sotto la doccia.
Le immagini di quel giorno in pieneta mi assalgono, tento di ricacciarle via mentre mi insapono, mi rendo conto sorpesa che mi sto toccando.
Giro la manopola su acqua fredda, mi sfugge uno strillo.
Quando esco dalla doccia trovo mio marito che mi porge l’accappatoio, ha l’aria inerrogativa.
Mi chiede se sto bene, dice che mi ha sentito urlare.
Annuisco, gli sorrido imbarazzata, dico che ho sbattuto il mignolo del piede.
Fa per andarsene soddisfatto dalla mia risposta ma lo fermo trattendenendolo per un polso.
Mi chiede che c’è, io sono già in ginocchio che gli calo i pantaloni del pigiama e le mutande.
Sono ancora fradicia, l’accappatoio invece di infilarmelo me lo sono buttata sotto le ginocchia per non farmi male.
Ride, dice che è tardi, ce l’ha moscio che più moscio non si può, un gamberetto rosa.
Ma io lo voglio, glielo prendo e me succhio in bocca come uno spaghetto scotto.
Lui ha un sussulto, non dice più niente.
Mi viene in mente che è una vita che non faccio un pompino, se si esclude la pienta, quasi non mi ricordo come si fa.
Comincio a mulinare la lingua, a far oscillre la testa in avanti, mi aiuto con una mano.
Mi sento goffa e impacciata, ma il cazzo di mio marito in un attimo mi si gonfia tra le labbra come un’aribag.
E’ diritto come un fuso, la pelle liscia e tesa ha un vago sentore di bagnoschiuma.
Mi fa orrore ma ripenso al tipo della pieneta, al quel cazzo storto e sudato, pieno di venuzze, e mi infilo l’altra mano fra le cosce.
Mio marito mi riscutote, mi dice non ce la fa più a resistere, che sta per venire.
Di già? Sono cosi brava?
Fa per sfilarsi, ma l’afferro per le natiche e lo tiro a me.
Mi esplode in sulla lingua.
Sento lo spruzzo caldo, una, due, tre volte.
Lui non fa più resistenza questo punto.
Lascio che mi riempia la bocca e poi ingoio.
Intanto ho di nuovo una mano libera, così riprendo da dove ho lasciato.
Le mie dita affondano senza fatica.
Sento il sapore dello sperma, meccanicamente succhio.
Mi sento sporca, la mia mano guizza furiosamente tra le mie cosce.
Svuoto le palle di mio marito come fossere il fondo di bicchiere di frappè, il suo cazzo dritto è la mia cannuccia rosa.
Vengo, l’orgasmo e forte, mi piega quasi in due, sento un piccolo schizzo caldo inumidirmi il palmo, non mi capitava dal ginnasio.
Ho il fiatone, provo a riprendermi.
Mio marito mi squadra esterrefatto.
Sono di nuovo in me, gli sorrido imbarazzata, non so che dire per giustificarmi.
Ride.
Rido.
Ci prende la ridarella.
Quando ci passa lui si ricompone, mi da un bacio sulla fronte e poi torna a letto.
A fatica mi rimetto in piedi, prendo un asciugamano pulito e mi asciugo, metto mutande e canotta poi accendo il phon e passo ai capelli.
Do una sistemata al bagno, poi prendo lo spazzolino e il dentifricio, apro l’acqua.
Sento ancora il sapore di mio marito sulla lingua, non è forte e rancido come quello di quel tipo in pineta, mi piace.
Richiudo l’acqua, spengo la luce e vado a letto...
Quando ceno con mio marito, quando accudisco mia figlia, mi sento sporca, sudicia.
Mi sono lasciata trattare come una puttana, non me ne capacito.
Detesto aver accettato quei soldi, li ho chiusi in fondo ad cassetto, tanto non riuscirei nemmeno a pensare di spenderli normalmente…
In pineta non ci vado più.
Non riesco a immaginare cosa potrebbe succedere se incnotrassi di nuovo quell’uomo.
E Marika, ora che so che ho capito come si guadagna da vivere non mi è più tanto simpatica.
Magari e anche incazzata che le ho rubato un cliente.
Non volendo buttare al cesso la fatica fatta durante l’estate mi sono iscritta in palestra.
Con mio marito abbiamo ripreso a farlo come i bei vecchi tempi, anche tre o quattro volte a settimana, non ci voglio rinunciare.
Penso che è proprio il caso di cominciare a buttarmi sta storiaccia alle spalle, ma una sera, uscita dalla mia prima lezione di zumba, mi sento picchiettare sulla spalla.
Io sono lì, tutta tranquilla a chiaccherare con l’istruttice ed un altro paio di ragazze.
Quando mi giro, mi trovo davanti un signore grassottello sulla cinquantina.
Il mio cervello ci mette un paio di secondi per riconoscere quel sorriso ebete, quelle guance rubizze e sudate.
Ho un mancamento.
Mi riprendo, sono nello spogliatoio, sdraiata su di una panca con un asciugamano sotto la testa.
Le ragazze e l’istruttrice con le quali stavo parlano mi sono intorno, mi chiedono come va.
Sono spaesata, chiedo che è successo e me lo spiegano: sono svenuta.
Titubante chiedo altri dettagli, ma non sanno che altro dire.
Mi tiro su a sedere, testo le gambe. Reggono.
Le rassicuro che sto bene mentre mi cambio, le saluto e vado a casa.
In macchiana mi lambicco il cervello per tutto il tragitto. Mi sono sognata tutto?
Era veramente lui? Magari è stato solo un brutto scherzo giocato dalla tensione.
Arrivo a casa che è molto tardi, non ho chiesto alle ragazze quanto sono rimasta svenuta, ma a giudicare dall’orario, almeno un ora.
Mio marito lo trovo già a letto, legge, mi chiede chè e successo.
Borbotto una cazzata sulla macchina che non partiva e mi infilo sotto la doccia.
Le immagini di quel giorno in pieneta mi assalgono, tento di ricacciarle via mentre mi insapono, mi rendo conto sorpesa che mi sto toccando.
Giro la manopola su acqua fredda, mi sfugge uno strillo.
Quando esco dalla doccia trovo mio marito che mi porge l’accappatoio, ha l’aria inerrogativa.
Mi chiede se sto bene, dice che mi ha sentito urlare.
Annuisco, gli sorrido imbarazzata, dico che ho sbattuto il mignolo del piede.
Fa per andarsene soddisfatto dalla mia risposta ma lo fermo trattendenendolo per un polso.
Mi chiede che c’è, io sono già in ginocchio che gli calo i pantaloni del pigiama e le mutande.
Sono ancora fradicia, l’accappatoio invece di infilarmelo me lo sono buttata sotto le ginocchia per non farmi male.
Ride, dice che è tardi, ce l’ha moscio che più moscio non si può, un gamberetto rosa.
Ma io lo voglio, glielo prendo e me succhio in bocca come uno spaghetto scotto.
Lui ha un sussulto, non dice più niente.
Mi viene in mente che è una vita che non faccio un pompino, se si esclude la pienta, quasi non mi ricordo come si fa.
Comincio a mulinare la lingua, a far oscillre la testa in avanti, mi aiuto con una mano.
Mi sento goffa e impacciata, ma il cazzo di mio marito in un attimo mi si gonfia tra le labbra come un’aribag.
E’ diritto come un fuso, la pelle liscia e tesa ha un vago sentore di bagnoschiuma.
Mi fa orrore ma ripenso al tipo della pieneta, al quel cazzo storto e sudato, pieno di venuzze, e mi infilo l’altra mano fra le cosce.
Mio marito mi riscutote, mi dice non ce la fa più a resistere, che sta per venire.
Di già? Sono cosi brava?
Fa per sfilarsi, ma l’afferro per le natiche e lo tiro a me.
Mi esplode in sulla lingua.
Sento lo spruzzo caldo, una, due, tre volte.
Lui non fa più resistenza questo punto.
Lascio che mi riempia la bocca e poi ingoio.
Intanto ho di nuovo una mano libera, così riprendo da dove ho lasciato.
Le mie dita affondano senza fatica.
Sento il sapore dello sperma, meccanicamente succhio.
Mi sento sporca, la mia mano guizza furiosamente tra le mie cosce.
Svuoto le palle di mio marito come fossere il fondo di bicchiere di frappè, il suo cazzo dritto è la mia cannuccia rosa.
Vengo, l’orgasmo e forte, mi piega quasi in due, sento un piccolo schizzo caldo inumidirmi il palmo, non mi capitava dal ginnasio.
Ho il fiatone, provo a riprendermi.
Mio marito mi squadra esterrefatto.
Sono di nuovo in me, gli sorrido imbarazzata, non so che dire per giustificarmi.
Ride.
Rido.
Ci prende la ridarella.
Quando ci passa lui si ricompone, mi da un bacio sulla fronte e poi torna a letto.
A fatica mi rimetto in piedi, prendo un asciugamano pulito e mi asciugo, metto mutande e canotta poi accendo il phon e passo ai capelli.
Do una sistemata al bagno, poi prendo lo spazzolino e il dentifricio, apro l’acqua.
Sento ancora il sapore di mio marito sulla lingua, non è forte e rancido come quello di quel tipo in pineta, mi piace.
Richiudo l’acqua, spengo la luce e vado a letto...
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