Lezione serale (capitolo 5)
di
Marina Mia
genere
dominazione
Martedì mattina
Oggi è una bella giornata di sole, per questo mi sono svegliata di buon umore, a parte il fatto che stamattina non ho lezione, ma la terrò stasera. In fondo sono fortunata, le lezioni serali mi capitano solo due volte a settimana: il martedì e il venerdì.
Mi sono alzata con calma, un buon caffè bollente e una sana colazione seduta alla tavola della cucina, senza fretta. Un’occhiata nella camera di mio figlio che dormiva beato, come tutti i ragazzi della sua età. Infine una bella doccia tiepida e rilassante per poi andare in camera mia per vestirmi.
Sulla poltroncina vicino la cassettiera c’era la grossa busta del negozio dove avevo fatto shopping la sera precedente. L’avevo lasciata lì ripromettendomi di mettere tutto a posto questa mattina. Indossai la scamiciata che in genere uso in casa e aprii la busta.
Volevo vedere quello che avevo comprato, così, a mente più libera dopo una notte finalmente di riposo.
Mi piaceva un po’ tutto, ma le gonne erano davvero corte e quei perizomi non avrei mai avuto il coraggio di indossarli, ma come mi era venuta l’idea di comprarli.
In un angolo vidi una busta più piccola. Che strano, non ricordo di aver comprato altro. Abbastanza incuriosita l’aprii. Dentro c’era un reggicalze con relative calze nere velate e anche un paio di autoreggenti altrettanto nere e velate, poi c’era anche un biglietto.
Lo aprii con curiosità e lo lessi:
“Mia cara prof, mi sono permessa di mettere nella sua busta qualcosa di abbastanza frivolo perché mi sembra giusto valorizzare la sua carica sexy che emana. È un regalo che le faccio di cuore. Non nasconda quello che ha di bello, il mondo ci perde moltissimo. Si lasci consigliare dalla sua commessa e ammiratrice. Spero di esserle di aiuto in seguito, Silvia.”
Sorrisi, la commessa era stata gentile con me, ma mi dispiaceva che avesse speso dei soldi per una sconosciuta, anche se probabilmente quelle cose le aveva pagate a prezzo di costo, magari anche minimo, era stato comunque un gesto molto gentile che avrei dovuto presto ricambiare.
Misi nel guardaroba le gonne, il vestito e l’intimo e nella scarpiera le scarpe che, messe vicino alle altre mostravano di avere davvero dei tacchi altissimi, come avrei mai potuto indossarle?
Comunque rimandai questi pensieri e cercai di pensare a quello che avrei dovuto fare in classe e cosa avrei dovuto assegnare ai ragazzi per tenerli impegnati.
Già, stasera quella classe. La classe di quel ragazzo, quello che mi vorrebbe più sexy e magari anche esibizionista.
Pensai che fosse da folli accettare i suggerimenti di quel ragazzo e, con questa determinazione andai al computer per controllare la posta.
Accesi il PC e attesi il caricamento del sistema operativo martellando sulla scrivania con le dita, seguendo il ritmo di una canzoncina che avevo nella testa.
Ecco, il computer è partito ed ora non mi restava che andare sulla mia posta elettronica.
Trovai le solite pubblicità che cancellai subito e una mail da un indirizzo sconosciuto. Ero indecisa se aprirla o no: avevo paura che fosse un virus. Comunque la curiosità vinse sul timore e l’aprii.
Ecco quello che lessi:
“Cara prof, lo spettacolo che ci ha offerto l’altro giorno l’abbiamo molto apprezzato ed abbiamo anche capito che dietro la sua seriosa professionalità lei ama molto esibirsi e lasciarsi guardare. Per questo pensiamo che sarebbe ancora più felice nel mostrarsi un po’ di più. Ovvio, potremmo anche sbagliare ma il modo con cui mostrava le sue cosce fino alle mutandine non lasciava dubbi quindi immagino che vorrebbe provare qualche emozione in più. Quello che le servirebbe è una giusta motivazione. Saremmo molto indiscreti a chiederle se condivide queste sue attitudini con suo marito o quanto lui potrebbe apprezzare le immagini della sua seria mogliettina. Ci chiedevamo anche cosa potrebbe pensare il preside nel vedere come una delle sue più integerrime professoresse si conceda allo sguardo dei suoi alunni. Ancora più interessante sarebbe vederla con indosso quello che si è portata a casa dal negozio della mia carissima amica Silvia. Ho avuto la fortuna di vederla mentre era alle prese con quelle gonne che hanno sicuramente dato valore alle sue gambe. Sicuramente non sono il modello più adeguato per andare in classe ma pensi alla fortuna che abbiamo avuto nell’avere (per caso o forse no) il nostro bidello, che è riuscito a immortalarla nelle sue prove mentre lei si rivestiva. Non solo c’è anche la documentazione di tutta quella lingerie un po’ provocante che Silvia ha infilato nelle sue compere. Come dire minigonna e una mise non certo da signora per bene che lei si è voluta acquistare. Dimenticavo il bidello è lo stesso che lei due anni fa aveva fatto licenziare perché guardava delle riviste porno con gli alunni. Volevo ricordarle che tutto questo resterà un segreto ovviamente solo tra di noi e quindi decida lei cosa e come sarà più opportuno si presenti domani a scuola.”
Lessi incredula quella mail, come se fosse frutto di una mia fantasia. La rilessi ancora e poi ancora, fino a quando quelle parole non mi entrarono nel cervello come un macigno pesantissimo.
Mi alzai tremante dalla sedia e camminai nervosamente per la stanza, pensando a cosa fare, come comportarmi.
Oggi poi avrei dovuto andare in quella classe, ma con quale coraggio?
Ritornai al computer e rilessi la lettera. Vidi che c’erano degli allegati. Forse già sapevo o immaginavo già cosa fossero.
Li aprii: tutta una serie di foto di me che provavo abiti molto sexy (o almeno lo erano per me), che, seduta e alzando una gamba mi facevo mettere delle scarpe col tacco altissimo. Quel movimento scopriva le mie gambe fin quasi alle mutandine, mutandine che si vedevano bene anche in foto scattate in classe quella sera che mi venne in mente di esibirmi.
Ero frastornata, incredula, tremavo di paura. Pensai per un momento che in fondo non erano foto tanto volgari o significative. Guardavo le foto e l’infinito. Ma che andavo a pensare, erano foto fin troppo significative per una signora come me.
E ora?
Cosa devo fare?
Pensai di non andare a scuola, trovare una scusa e non andare. Sì, ma poi? Se avessero messo in giro quelle foto? Lo stesso sarebbe successo se mi fossi vestita come sempre, con pantaloni o gonne lunghissime senza mai mostrare nulla.
E quel bidello? Scostumato e cafone, proprio lui doveva vedermi, senza contare la commessa che mi aveva spinta a provare e comprare quei capi così volgari.
Eppure le avevo dato ragione.
Nervosamente e con la testa che mi girava tornai in camera mia. Guardai i capi che avevo poggiato sul letto e la busta della commessa Silvia.
Come mi sarei dovuta comportare?
“Fatti guardare, mettiti in mostra – la vocina era tornata – lo sai benissimo che ti piace, devi solo rendertene conto!”
Questa volta non la scacciai, avevo sempre lo sguardo rivolto a quegli abiti appesi nel guardaroba, di tanto in tanto mi guardavo nello specchio cercando di immaginarmi con quei vestiti.
E poi quel maledetto ricatto, quella lettera così chiara e quelle foto.
Mi sedetti sul letto e presi la testa tra le mani, come se volessi fermarla con tutti i suoi pensieri.
Guardai ancora quelle gonne, i vestiti, le calze, le scarpe e … i perizomi.
Misi le scarpe ai piedi del letto come se avessi già deciso di indossarle, feci lo stesso con il reggicalze, le calze, un perizoma, una gonna (di certo troppo corta per i miei gusti) che disposi sul letto nell’esatta posizione in cui vengono indossati.
Non volevo indossarli, ma qualcosa aveva fatto in modo di farmeli disporre in quel modo.
Li guardai ancora una volta. Sospirai e uscii dalla stanza.
Passando davanti allo studio mi ricordai di aver lasciato il computer acceso. Entrai di corsa e trovai tutto come lo avevo lasciato, la posta aperta e le mie foto in bella vista.
Per fortuna mio figlio dormiva ancora e mio marito era fuori per lavoro.
Chiusi tutto e spensi il computer.
Andai in cucina, mi versai un bicchiere d’acqua e mi sedetti allo snack.
I pensieri erano tanti, quasi impossibili da decifrarli.
Poi, alla fine, decisi di fare quello che mi si diceva: non avevo alternative.
Per eventuali suggerimenti, commenti e/o critiche, scrivere a marinadeangel@libero.it
P.S.: ora vado in vacanza e tornerò a settembre, leggerò comunque le vostre mail e cercherò di scrivere qualcosa, ma il seguito lo leggerete al mio ritorno
Oggi è una bella giornata di sole, per questo mi sono svegliata di buon umore, a parte il fatto che stamattina non ho lezione, ma la terrò stasera. In fondo sono fortunata, le lezioni serali mi capitano solo due volte a settimana: il martedì e il venerdì.
Mi sono alzata con calma, un buon caffè bollente e una sana colazione seduta alla tavola della cucina, senza fretta. Un’occhiata nella camera di mio figlio che dormiva beato, come tutti i ragazzi della sua età. Infine una bella doccia tiepida e rilassante per poi andare in camera mia per vestirmi.
Sulla poltroncina vicino la cassettiera c’era la grossa busta del negozio dove avevo fatto shopping la sera precedente. L’avevo lasciata lì ripromettendomi di mettere tutto a posto questa mattina. Indossai la scamiciata che in genere uso in casa e aprii la busta.
Volevo vedere quello che avevo comprato, così, a mente più libera dopo una notte finalmente di riposo.
Mi piaceva un po’ tutto, ma le gonne erano davvero corte e quei perizomi non avrei mai avuto il coraggio di indossarli, ma come mi era venuta l’idea di comprarli.
In un angolo vidi una busta più piccola. Che strano, non ricordo di aver comprato altro. Abbastanza incuriosita l’aprii. Dentro c’era un reggicalze con relative calze nere velate e anche un paio di autoreggenti altrettanto nere e velate, poi c’era anche un biglietto.
Lo aprii con curiosità e lo lessi:
“Mia cara prof, mi sono permessa di mettere nella sua busta qualcosa di abbastanza frivolo perché mi sembra giusto valorizzare la sua carica sexy che emana. È un regalo che le faccio di cuore. Non nasconda quello che ha di bello, il mondo ci perde moltissimo. Si lasci consigliare dalla sua commessa e ammiratrice. Spero di esserle di aiuto in seguito, Silvia.”
Sorrisi, la commessa era stata gentile con me, ma mi dispiaceva che avesse speso dei soldi per una sconosciuta, anche se probabilmente quelle cose le aveva pagate a prezzo di costo, magari anche minimo, era stato comunque un gesto molto gentile che avrei dovuto presto ricambiare.
Misi nel guardaroba le gonne, il vestito e l’intimo e nella scarpiera le scarpe che, messe vicino alle altre mostravano di avere davvero dei tacchi altissimi, come avrei mai potuto indossarle?
Comunque rimandai questi pensieri e cercai di pensare a quello che avrei dovuto fare in classe e cosa avrei dovuto assegnare ai ragazzi per tenerli impegnati.
Già, stasera quella classe. La classe di quel ragazzo, quello che mi vorrebbe più sexy e magari anche esibizionista.
Pensai che fosse da folli accettare i suggerimenti di quel ragazzo e, con questa determinazione andai al computer per controllare la posta.
Accesi il PC e attesi il caricamento del sistema operativo martellando sulla scrivania con le dita, seguendo il ritmo di una canzoncina che avevo nella testa.
Ecco, il computer è partito ed ora non mi restava che andare sulla mia posta elettronica.
Trovai le solite pubblicità che cancellai subito e una mail da un indirizzo sconosciuto. Ero indecisa se aprirla o no: avevo paura che fosse un virus. Comunque la curiosità vinse sul timore e l’aprii.
Ecco quello che lessi:
“Cara prof, lo spettacolo che ci ha offerto l’altro giorno l’abbiamo molto apprezzato ed abbiamo anche capito che dietro la sua seriosa professionalità lei ama molto esibirsi e lasciarsi guardare. Per questo pensiamo che sarebbe ancora più felice nel mostrarsi un po’ di più. Ovvio, potremmo anche sbagliare ma il modo con cui mostrava le sue cosce fino alle mutandine non lasciava dubbi quindi immagino che vorrebbe provare qualche emozione in più. Quello che le servirebbe è una giusta motivazione. Saremmo molto indiscreti a chiederle se condivide queste sue attitudini con suo marito o quanto lui potrebbe apprezzare le immagini della sua seria mogliettina. Ci chiedevamo anche cosa potrebbe pensare il preside nel vedere come una delle sue più integerrime professoresse si conceda allo sguardo dei suoi alunni. Ancora più interessante sarebbe vederla con indosso quello che si è portata a casa dal negozio della mia carissima amica Silvia. Ho avuto la fortuna di vederla mentre era alle prese con quelle gonne che hanno sicuramente dato valore alle sue gambe. Sicuramente non sono il modello più adeguato per andare in classe ma pensi alla fortuna che abbiamo avuto nell’avere (per caso o forse no) il nostro bidello, che è riuscito a immortalarla nelle sue prove mentre lei si rivestiva. Non solo c’è anche la documentazione di tutta quella lingerie un po’ provocante che Silvia ha infilato nelle sue compere. Come dire minigonna e una mise non certo da signora per bene che lei si è voluta acquistare. Dimenticavo il bidello è lo stesso che lei due anni fa aveva fatto licenziare perché guardava delle riviste porno con gli alunni. Volevo ricordarle che tutto questo resterà un segreto ovviamente solo tra di noi e quindi decida lei cosa e come sarà più opportuno si presenti domani a scuola.”
Lessi incredula quella mail, come se fosse frutto di una mia fantasia. La rilessi ancora e poi ancora, fino a quando quelle parole non mi entrarono nel cervello come un macigno pesantissimo.
Mi alzai tremante dalla sedia e camminai nervosamente per la stanza, pensando a cosa fare, come comportarmi.
Oggi poi avrei dovuto andare in quella classe, ma con quale coraggio?
Ritornai al computer e rilessi la lettera. Vidi che c’erano degli allegati. Forse già sapevo o immaginavo già cosa fossero.
Li aprii: tutta una serie di foto di me che provavo abiti molto sexy (o almeno lo erano per me), che, seduta e alzando una gamba mi facevo mettere delle scarpe col tacco altissimo. Quel movimento scopriva le mie gambe fin quasi alle mutandine, mutandine che si vedevano bene anche in foto scattate in classe quella sera che mi venne in mente di esibirmi.
Ero frastornata, incredula, tremavo di paura. Pensai per un momento che in fondo non erano foto tanto volgari o significative. Guardavo le foto e l’infinito. Ma che andavo a pensare, erano foto fin troppo significative per una signora come me.
E ora?
Cosa devo fare?
Pensai di non andare a scuola, trovare una scusa e non andare. Sì, ma poi? Se avessero messo in giro quelle foto? Lo stesso sarebbe successo se mi fossi vestita come sempre, con pantaloni o gonne lunghissime senza mai mostrare nulla.
E quel bidello? Scostumato e cafone, proprio lui doveva vedermi, senza contare la commessa che mi aveva spinta a provare e comprare quei capi così volgari.
Eppure le avevo dato ragione.
Nervosamente e con la testa che mi girava tornai in camera mia. Guardai i capi che avevo poggiato sul letto e la busta della commessa Silvia.
Come mi sarei dovuta comportare?
“Fatti guardare, mettiti in mostra – la vocina era tornata – lo sai benissimo che ti piace, devi solo rendertene conto!”
Questa volta non la scacciai, avevo sempre lo sguardo rivolto a quegli abiti appesi nel guardaroba, di tanto in tanto mi guardavo nello specchio cercando di immaginarmi con quei vestiti.
E poi quel maledetto ricatto, quella lettera così chiara e quelle foto.
Mi sedetti sul letto e presi la testa tra le mani, come se volessi fermarla con tutti i suoi pensieri.
Guardai ancora quelle gonne, i vestiti, le calze, le scarpe e … i perizomi.
Misi le scarpe ai piedi del letto come se avessi già deciso di indossarle, feci lo stesso con il reggicalze, le calze, un perizoma, una gonna (di certo troppo corta per i miei gusti) che disposi sul letto nell’esatta posizione in cui vengono indossati.
Non volevo indossarli, ma qualcosa aveva fatto in modo di farmeli disporre in quel modo.
Li guardai ancora una volta. Sospirai e uscii dalla stanza.
Passando davanti allo studio mi ricordai di aver lasciato il computer acceso. Entrai di corsa e trovai tutto come lo avevo lasciato, la posta aperta e le mie foto in bella vista.
Per fortuna mio figlio dormiva ancora e mio marito era fuori per lavoro.
Chiusi tutto e spensi il computer.
Andai in cucina, mi versai un bicchiere d’acqua e mi sedetti allo snack.
I pensieri erano tanti, quasi impossibili da decifrarli.
Poi, alla fine, decisi di fare quello che mi si diceva: non avevo alternative.
Per eventuali suggerimenti, commenti e/o critiche, scrivere a marinadeangel@libero.it
P.S.: ora vado in vacanza e tornerò a settembre, leggerò comunque le vostre mail e cercherò di scrivere qualcosa, ma il seguito lo leggerete al mio ritorno
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