La discesa agli inferi del piacere (4° parte)

di
genere
dominazione

Siccome ho voglia di cominciare a raccontarvi la parte veramente interessante di questa storia, tralascio per il momento quello che avvenne quella sera.
Ci ritroviamo così un mesetto e dozzine di scopate dopo.
Suonai a casa di Giulia che erano più o meno le 18, mi venne ad aprire la madre che stava cucinando con una gonna a fiori larga, una maglietta un po’ attillata e il grembiule. Mi fece entrare e andai in camera di Giulia mentre lei tornava ai fornelli. Mentre aprivo la porta della camera, notai però che mi lanciò un’occhiata interrogativa.
Decisi di lasciare la porta socchiusa.
Giulia stava studiando e mi disse che di lì a breve avrebbe dovuto andare a prendere il fratello a calcio. Bene, dissi mentre ti tiravo giù i pantaloni, perchè non inizi a dimostrarmi quanto sei contenta di vedermi?
Mi guardò con quei suoi occhioni da cerbiatta spaventata, mollo la matita e, da brava schiavetta, si avvicinò al mio uccello gattonando.
Iniziò subito a sbaciucchiarlo e leccarlo. Brava, Giulia, onora il tuo totem, il tuo unico padrone.
Continuò a succhiarmelo così per qualche minuto ma io avevo voglia di altro, di molto altro e il tempo non era molto.
Tirandola per i capelli, la sbattei sul divano a cosce larghe e le ficcai di nuovo l’uccello in gola. Sgrillettati mentre me lo succhi così dopo te lo infilo dentro che è un piacere.
Lei gemeva e ci dava dentro sia con la bocca che con le dita, tanto che ad un certo punto stava per godere.
La girai, la misi a pecora e cominciai a titillarla con la cappella. Faceva dei gemiti inequivocabili ma, avendo paura che sua madre ci sentisse, presi una palla da tennis e gliela misi in bocca.
Inizia a scoparla con forza tenendola per i fianchi e affondando l’uccello fino alle palle. Mentre me la lavoravo, mi è parso di vedere un’ombra dietro la porta che si affacciava. Decisi che non me ne fregava nulla così, fissando la porta, presi le braccia di Giulia, le tirai verso di me e stantuffai ancora con più foga.
Ci davo dentro alla grande e la sua figa rispondeva con evidente gioia alle mie pompate perchè l’uccello era completamente fradicio.
Stavo per venire e il tempo stava passando, quindi estrassi l’uccello, la presi per i capelli, la feci girare e finii scopandole la bocca. Mentre lei succhiava con la mia mano dietro la testa, io tenevo gli occhi fissi sulla porta e su quella ombra che permaneva dietro lo stipite.
Le godetti in faccia sempre guardando verso il corridoio.
Ci ripulimmo e lei si preparò ad uscire. Io non vengo, le dissi, devo fare alcune telefonate. Mi guardò stupita e provo a ribattere ma le stampai un ceffone sulle tette che le fece cambiare subito idea.
Uscendo da casa per andare a prendere il fratello, Giulia urlò alla mamma che sarebbe tornata di lì a poco e che io restavo a casa.
Appena sentii la macchina partire, mi affacciai alla cucina; la mamma di Giulia stava ancora cucinando.
Mi avvicinai ad un palmo di mano da lei, le feci scorrere la mano su una coscia e sulle chiappe. Allora? Ti è piaciuto lo spettacolino? Hai visto quanto è vacca tua figlia?
I suoi occhi spaventati si girarono verso di me, eravamo a distanza ravvicinata e potevo percepire distintamente il suo profumo e l’odore della sua eccitazione.
Mi infilai tra le sue braccia e il ripiano della cucina, la guardai negli occhi e cominciai a scendere fin sotto la gonna.
Le sfilai le mutandine di pizzo e iniziai a leccarle la figa con movimenti lenti e vellutati. Sentivo le sue gambe che stavano per cedere e continuai senza esitazione a leccare, leccare, leccare.
Presi il cellulare, glielo porsi. Se vuoi che ti faccia godere come tuo marito probabilmente non ti ha fatto mai, Chiama quella troia di tua figlia e inventati una scusa. Io intanto continuo.
Aveva una fighetta deliziosa: non glabra ma ben rasata. Un sapore dolce e profumato di fiori. Mentre leccavo, sentii lei che parlava con Giulia: ciao, si sto usando quello di Francesco perchè il mio è scarico. Si lui è... (io lecco lecco)... lui è fuori in terrazzo. Senti avrei... (lecco lecco lecco)... avrei bisogno che passassi al supermercato a prendermi il burro. Aaaaaaaah (lecco lecco sempre più veloce. Mi diverte un sacco questa situazione con lei che non riesce a parlare da quanto sta godendo)... no scusa... mi sono bruciata con il fornello... Dicevo... il burro... Si, si.. Nooooooo (lecco lecco)... non mi interessa se ci vorranno venti minuti... Francesco è qua che ti aspettaaaaaaaaa (ops, il medio infilato tutto dentro!). Dai fai presto, così poi magari uscite dopo cenaaaaaa (la voce strozzata mentre riattacca ed io che ho infilato tutta la lingua tra le sue grandi labbra).
Da sotto la gonna, le dico: brava, brava... Sei una bella troietta anche tu eh. Lei sta godendo come una fontana. Infilo indice e medio tutto dentro e lei viene grondando di succhi sulla mia faccia e sulle cosce.
Esco da sotto la gonna: la vedo persa, con lo sguardo che vaga nel vuoto e le guance tutte rosse.
Le metto una mano sulla testa e la faccio scendere verso il mio uccello. Succhialo bella e fammi vedere quanto ti è piaciuto il servizietto che ti ho appena fatto.
Mi slaccia i pantaloni con foga e me lo tira fuori come se non avesse aspettato altro. Tenendomelo con la mano, inizia a leccare la cappella e ciucciarla con le sue labbra carnose e rosse. Ci sai fare. Anche meglio di tua figlia che è comunque una gran pompinara.
Lo tiene in bocca mentre sale e scende con la mano sull’asta. Mentre continua a ciucciare, sento una macchina che si avvicina e apre il box.
Ops. Quel cornutazzo di tuo marito sta rientrando. Mi sa che ti conviene accelerare se non vuoi che ti veda mentre succhi il cazzo del ragazzo di tua figlia.
Ciuccia, ciuccia come una forsennata. Io le tengo la testa con le mani e la faccio andare avanti e indietro. Quanto mi sto godendo questo pompino.
Si, si.
Ci siamo quasi. Si sente la porta del garage che si chiude e i passi del marito che salgono le scale. La mia mano è fissa dietro la sua testa; non riesce più a divincolarsi.
La porta si apre con il tintinnio delle chiavi. Il mio orgasmo è lì lì per arrivare ma la tengo stretta a me e sento la sua lingua che saetta su tutto il mio uccello.
Ciao, tesoro. Sono a casa. Dov’è Giulia?
Lo sentiamo che appende il cappello e la giacca nell’ingresso e si avvicina alla cucina. I suoi occhi imploranti mi guardano come a dire di farla smettere ma io la tengo ben stretta a me.
Le vengo in bocca una quantità galattica di sborra mentre lei si alza di corsa cercando di dissimulare. Mentre il cornuto entrai in cucina io sgattaiolo sul balcone con ancora l’uccello fuori.
Ciao, tesoro. Non mi hai sentito? Sbirciando dal balcone la vedo deglutire e ancora inebetita, rispondere: scusa. Ero concentrata sui fornelli. C’è Francesco fuori in balcone.
Entro mi avvicino con il rigonfiamento dei pantaloni ben visibile e gli stringo la mano. Allora, come va? Mi fa lui.
Tutto bene, faccio io. Sua moglie mi ha intrattenuto mentre aspettiamo Giulia che torna dal calcio.
Mentre rientro in camera di Giulia, guardo la madre e con uno sguardo affilato le mando un bacio.
Sento il marito che le dice: cara, sei tutta accaldata. Stai bene? Oh, si, tesoro. Sarà il caldo dei fornelli.
Un sorriso sardonico mi si pianta sul viso. Ora so che anche lei è nelle mie mani.
scritto il
2019-09-25
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