In due, in autostrada

di
genere
etero

Quando guido in autostrada canticchio sempre una strofa di Venditti, modificandola all’occorrenza come fu quel giorno:
“autostrada deserta, ai confini del… lago”.

Io (Diego) e la mia ragazza, Antonella, quel fine settimana di primavera inoltrata avevamo deciso di passarlo sul lago Maggiore e così, di buon mattino, eravamo partiti per il breve viaggio che ci avrebbe condotti ad un albergo sul lago che ci avrebbe fatto da base per due o tre giorni di vacanza-relax lontani dalle solite facce, io e lei soli.
Guidavo già da un po’ e avevamo imboccato l’autostrada dei laghi quando Antonella, annoiandosi, cominciò a stuzzicarmi. Chiacchieravamo del più e del meno, musica bassa in sottofondo, quando allungò la mano poggiandomela sulla coscia, all’attaccatura dell’inguine, e la lasciò lì, immobile.
Sul principio non ci badai più di tanto, lo faceva spesso come per mantenere un contatto fisico.
Devo dire che eravamo innamoratissimi (anche se non andò a finire bene, ma non è di questo che voglio parlare), stando insieme ogni momento libero. Avevamo fatto sesso un po’ dappertutto, anche rischiando di essere scoperti (il che ci eccitava da matti). Insomma, eravamo una coppia giovane, felice ed innamorata, serve aggiungere altro?
Guidavo, come dicevo, chiacchierando con lei quando la sua mano abbandonò l’immobilità per scivolarmi sul cavallo dei pantaloni dove prese ad aprirsi e chiudersi in un lento massaggio. Come potete immaginare, ben presto mi ritrovai un’erezione furiosa.

- Anto, smettila, se continui così… -

- Sai Didi, credo di non averti mai fatto un pompino mentre guidi –

- Scherzi? Lascia stare, è pericoloso, se perdo il controllo dell’auto… -

- No, no, bisogna rimediare. –

Mi scostò ridendo il braccio e si incuneò tra me ed il volante cominciando a slacciarmi la cintura.

- Sei pazza. Fermati, provocheremo un incidente. –

- Tu pensa solo a guidare, qui ci penso io… -

Poi non parlò più: me l’aveva tirato fuori e, slacciata la cintura di sicurezza, si era chinata in avanti leccandolo come era solita fare all’inizio quando praticavamo sesso orale.
La conoscevo, non sarei riuscito a farle cambiare idea. Così, in parte per questo ed in parte perché la sua lingua mi stava già dando sensazioni magnifiche, mi concentrai sulla guida.
Mi portai nella corsia interna e rallentai sotto i 100, contento che non vi fosse molto traffico, venendo sorpassato anche dai camion che ci sfrecciavano di lato ignari di quanto accadeva poco distante.
Antonella aveva una predisposizione per i pompini, me ne ero accorto già i primi tempi che ci frequentavamo. Le piaceva farli, sentire il fortunato maschietto ansimare e dipendere da lei, irrigidirsi o rilassarsi in base a come lei usava lingua e labbra. Non disdegnava nemmeno di farsi sborrare in bocca e qualche volta, quando era particolarmente eccitata, ingoiava anche. Fin da subito aveva imparato quali erano i miei punti più sensibili e lì, su quell’auto, li stava toccando tutti.

Per diversi minuti guidai con la paura, poi, incalzato dalla sua calda ed accogliente bocca, mi rilassai godendomi lo splendido pompino. Non mi mancava molto per venire, sentivo già i brividi percorrermi la schiena e….

- CHE CAZZO!!!! –

Le trombe vicinissime di un autotreno mi fecero sobbalzare allarmato ed impaurito. Realizzai in una frazione di secondo che mi ero distratto e l’auto, lentamente, stava invadendo la corsia centrale dove stava arrivando, appunto, l’autotreno. Affondai il piede sull’acceleratore, ringraziando in cuor mio il cambio automatico, e rientrai nella mia corsia vedendomi passare di lato, sempre con le trombe in funzione, sicuramente per mandarmi affanculo, un TIR bianco e rosso.

Antonella si era rimessa a sedere correttamente e la vidi, girando velocemente lo sguardo, guardarmi prima con aria anche lei un po’ impaurita e poi in modo ironico.

- Ti sei distratto Didi, volevi farci ammazzare? –

Il mio cuore era ancora accelerato per la paura rimessa ed il sentirmi prendere per i fondelli non mi aiutò certo a calmarmi. Le risposi brusco, rimettendomi nervosamente dentro l’uccello che non era più così tanto rigido come prima e lei se la prese guardandomi storto.

Passarono un paio di chilometri e io mi calmai e cercai di rimediare blandendola.

- Scusa Anto, è che mi sono impaurito. Se quel TIR ci avesse presi… -

Non rispose, continuando a guardare fisso davanti a se, le braccia conserte.
Sporsi la mano per farle una carezza e me la scostò, ritentai senza miglior successo, tentai ancora e questa volta non mi scacciò.

- Perdonami piccola, il tuo Didi aveva tanta paura, cosa posso fare per farmi perdonare? –

Nel dirlo avevo fatto scendere la mano dal braccio alla coscia, sopra la gonna che portava, aprendo e chiudendo la mano come aveva fatto lei prima. Mi spinsi più in là verso il suo inguine, sempre da sopra la gonna, e intrufolai le dita tra le sue gambe che, da serrate, si aprirono leggermente. Continuava a non guardarmi ma il suo bacino scivolò un poco in avanti permettendomi di toccarla meglio. Insistetti fino a che non la sentii sospirare e allora scesi lungo la gamba fino ad arrivare all’orlo dell’ampia gonna che indossava; poi risalii carezzando la nuda e serica pelle. Antonella aprì ancora di più le cosce permettendomi di arrivare agevolmente alle mutandine dove infilai le dita iniziando a masturbarla.

Mi ero riportato sotto i 100 e guidavo con una mano sola ben intenzionato a non distrarmi. Con l’altra mano, la carezzai sentendo i suoi sospiri diventare gemiti, le mie dita bagnarsi, le gambe muoversi aprendosi e chiudendosi intorno al mio braccio.
Quando la sentii prossima al piacere feci lo stronzo.
Sì, nel senso che mi venne voglia di tormentarla a mia volta e così tirai via la mano prima che potesse trattenerla, tesa verso l’imminente orgasmo.

- Noooooo, perché hai smesso? –

Mi girai verso di lei portando ostentatamente le dita alla bocca per succhiarle.

- Sei squisita sai? Vuoi che continui? –

- Sìììì, toccami Didi, fammi godere –

Riportai la mano sulla sua figa e ripresi ad accarezzarla sentendola bagnarsi sempre di più. Ancora una volta, quando sentii che il respiro le si faceva corto, tolsi di scatto la mano mettendola sul volante.

- Noooo, perchéèèèèèè? –

Mi rimproverò ancora, gli occhi intorbiditi. Accennai che dovevo guidare e ripresi da dove avevo interrotto.
Antonella non è stupida, la terza volta che ripetevo il mio giochino se ne accorse e quando provai a rimetterle la mano tra le gambe me la colpì senza farla avvicinare.

- Sei uno stronzo Didi. Faccio da me. –

La vidi alzarsi la gonna scoprendo completamente le gambe, scivolare ancora di più in avanti e spalancarle. La sua mano scivolò dentro le mutandine e prese a toccarsi da sola gemendo in continuazione. La sua coscia sinistra sporgeva verso di me e vi misi la mano sopra, all’interno, scivolando verso il basso. Non me lo permise, arrivata a un certo punto mi prese il polso e me lo bloccò. Mi dovetti accontentare di carezzarle l’interno coscia sentendomi eccitato sempre più, il mio affare che premeva sulla stoffa dei pantaloni senza trovare sollievo.
Mi accorsi che stavamo arrivando alla nostra uscita. Avremmo dovuto deviare e sapevo che poco dopo c’era il casello. Temevo che, fermandoci, tutti avrebbero potuto vedere la mia Antonella a gambe aperte. Stavo per dirglielo quando godette, la destra che si muoveva veloce sotto la stoffa delle mutandine, la sinistra che, lasciato il mio polso, era scivolata dentro di lato.

- Mmmmhhhhhhh…. Ssssiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii –

Sentirla godere mi eccitò da pazzi. Sbandai, riuscendo a mantenere abbastanza freddezza da evitare di smettere di guardare la strada, girandomi solo per veloci occhiate mentre lei godeva inarcandosi ad occhi chiusi e labbra serrate, mugolando forte.
Non so che avrei dato per potermi fermare su una piazzola, fosse stato pure sotto gli occhi di tutti, e gettarmi su di lei, ma eravamo giunti alla deviazione. Presi lo svincolo e guidai con attenzione, immettendomi sull’altro tronco autostradale e preparandomi per il casello poco distante. Di fianco a me Antonella prese dei fazzoletti di carta per asciugare i copiosi umori che aveva stillato e si riabbassò la gonna ricomponendosi. Appena in tempo.
Mi guardò con aria soddisfatta, perfettamente in ordine, stringendosi il ginocchio della gamba accavallata, mentre pagavo il pedaggio. Nessuno tranne me avrebbe potuto pensare ciò che stava facendo solo pochi istanti prima. Uscimmo dall’autostrada e, poco distante, parcheggiammo all’albergo. Mentre sbrigavo le formalità lei salì in camera. Io venni trattenuto un paio di minuti in più per problemi con la carta di credito, subito risolti, e la raggiunsi. Appena entrato nella camera, posate le valige, alzai lo sguardo e la vidi distesa sul letto: nuda, appoggiata ali cuscini, le gambe spalancate, le braccia tese verso di me:

- Vieni –

Mi disse, e io mi lanciai.
di
scritto il
2019-11-02
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