Le gemelle
di
Suve
genere
etero
Mi chiamo Marco, ho 27 anni e sono fidanzato da due con Maria Anna, 25 anni, capelli nero corvino, fisico longilineo e ben proporzionato, terza di seno, culetto sodo e tornito. Una figa, tanto per intenderci.
Il nome vi pare strano? Direi di sì, e ancora più strano è il motivo: Maria Anna ha una gemella omozigote, assolutamente indistinguibile da lei, di nome… Anna Maria.
Non so cosa sia preso ai genitori quel giorno all’anagrafe, forse il genio della confusione s’era impadronito di loro, forse erano ubriachi, forse è sembrato loro divertente. Già sono uguali, metti anche nomi quasi uguali? Alcuni figli dovrebbero querelare retroattivamente i genitori per i nomi imposti. Aggiungiamoci che le vestivano sempre in maniera identica e potete capire che caos quando erano insieme. Ovvio che le due birbe si divertivano a confondere gli altri, e la voglia di giocare è rimasta anche se ridotta. C’è un modo per distinguerle: minuscolo, impercettibile, l’avrei appreso molto tempo dopo il fidanzamento, nelle circostanze che mi appresto a raccontare.
A posteriori ho ricostruito la storia, che cominciò diversi mesi fa, quando improvvisamente Maria (le chiamerò solo col primo nome) diventò ritrosa nelle nostre effusioni.
Sì, ricambiava i baci, mi teneva teneramente per mano mentre passeggiavamo, ma in tante occasioni in cui cercavo un po’ più d’intimità e di contatto si tirava indietro, con le scuse più improbabili.
Un pomeriggio, un’occasione fortuita diede il via a una serie di avvenimenti che ci ha portato alla situazione attuale.
In programma c’era un film con gli amici, altre due coppie. Mentre ci dirigevamo al cinema venimmo fermati a un posto di blocco. Normali controlli, documenti, patente, libretto.
Il poliziotto lesse a alta voce i nostri nomi:
- Marco XXXXXXX e Anna Maria YYYYYYYYYYYYYYY -
Automaticamente lo corressi:
- Maria Anna, il nome è Maria Anna -
- Veramente io qui leggo Anna Maria -
Mi venne il dubbio amletico su chi avessi di fianco a me, chiesi scusa all’agente, inutile perdersi in spiegazioni lunghe e noiose, e attesi che ci restituisse i documenti per ripartire.
- Che sciocca, devo aver preso la carta d’identità di Anna invece della mia -
Così rispose Maria alla domanda inespressa che aleggiava nell’auto.
Feci una battuta sul fatto che si confondessero anche tra di loro e lasciai cadere la cosa, però il dubbio s’era ormai insinuato in me. Al cinema, al solito, Maria allontanò la mano con cui cercavo di accarezzarla. Fatto snervante per me ma abitudinario da un po’. Continuai a guardare il film e nel frattempo pensavo, meditavo, ricostruivo.
Io e Maria facevamo l’amore spesso e volentieri, era refrattaria alle mie avanches solo in occasioni come questa, quando teoricamente l’intimità non era prevista o prevedibile.
Il giorno dopo ne parlai con mio fratello e gli chiesi aiuto.
Maria lavora in uno studio notarile da più di un anno, Anna fa la commessa in un negozio d’abbigliamento in centro. L’idea era che quando io fossi uscito con Maria (Maria?) la volta successiva lui avrebbe atteso fuori da casa loro per vedere l’altra cosa facesse.
Mi raccontò che poco dopo era uscita anche Anna (Anna?) salendo su una volvo color panna. Era riuscito a fare un filmino col cellulare e da questo vidi la targa e, soprattutto, chi guidava. Lo conoscevo: era il figlio del notaio presso cui lavorava.
L’avevo conosciuto andando una sera a prenderla al lavoro. Sposato, due bambini.
Era la prova che cercavo. Maria mi tradiva col suo capo e Anna la copriva uscendo con me.
Meditai a lungo su cosa fare, ero furioso per questa presa in giro, tutto l’affetto che avevo per Maria s’era tramutato in rabbia. Decisi di spingere il loro gioco un po’ oltre, senza che loro sapessero che giocavo anche io.
L’occasione l’ebbi la volta seguente. Altro appuntamento con gli amici per un film, la fortuna che non lo proiettassero quel giorno per un qualche motivo, la proposta di vedere un film sul satellite a casa mia e ci ritrovammo in 4, una coppia aveva preferito defilarsi, sul divano davanti alla TV.
Ben presto gli altri due si annoiarono e se ne andarono lasciandoci soli.
Mi feci avanti accarezzandole le spalle, scendendo verso il seno. Anche questa volta cercò di respingermi ma io non cedetti, avevo sempre pronto il piano di riserva che consisteva nello scoprire le carte accusandole, però volevo vedere se riuscivo a ottenere un po’ di "soddisfazione" da questa storia.
Insistetti e lei ancora si negava, feci finta di infuriarmi e minacciai di lasciarla.
Qui era il punto debole del mio piano, se Maria mi avesse voluto lasciare e l’avesse detto a Anna avrei perso su tutta la linea, però solo due giorni prima io e Maria eravamo appassionatamente abbracciati nel mio letto e non credo volesse mollarmi.
Bisognava vedere anche cosa fosse disposta a fare Anna per la sorella, e ben presto scoprii che era disposta a fare molto…… moltissimo.
Mi calmò a furia di baci, improvvisamente disposta a farsi carezzare, e non esitai.
Baciandola le carezzai i seni e questa volta non mi scostò la mano; esitò un momento quando scesi con la mano sulla coscia per poi risalire sotto la corta gonna che indossava, però mi lasciò fare. Arrivai all’inguine e sollevato lo slip le carezzai la micina. Ancora non si tirava indietro e continuai. Dopo poco i suoi baci erano un po’ più partecipati, mugolava di tanto in tanto e sentivo le mie dita inumidirsi. Le stava piacendo. Le presi la mano e la portai sopra di me, sui pantaloni, e lei mi carezzò da sopra la stoffa portandomi presto all’erezione.
Era il momento topico, ora o andava sino in fondo o mi fermava e avrebbe dovuto spiegarmi.
Non mi fermò, lasciò che le sollevassi il maglioncino sopra le spalle, le slacciassi il reggiseno e mi impadronissi di un capezzolo che sentii inturgidire sotto la mia lingua.
Poco dopo la sollevai di peso facendola sedere a cavalcioni sopra di me, mi sbottonai i pantaloni, le scostai lo slip e cercai la sua apertura. Mi prese dentro di se con un gemito e prese subito a muoversi. Il suo volto era concentrato, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte. Le piaceva quel che facevamo, e piaceva anche a me, molto.
Ci staccammo per finire di spogliarci e mi stesi sopra di lei sul divano, tra le cosce ove mi accolse con trasporto. Notavo qualche differenza sul modo di fare l’amore ma a quel punto m’importava poco su chi fosse veramente, era solo una bella donna che mi si concedeva con slancio, rispondendo colpo su colpo e presto iniziai la dirittura d’arrivo. Strinsi i denti per non venire prima di lei e ci riuscii a pelo, mentre lei veniva feci appena in tempo a uscire e sporcarle la pancia col mio seme.
Nel rilassamento post coito, io seduto sul divano, lei con le gambe sopra di me, automaticamente feci ciò che facevo sempre con Maria, le presi i piedini. Non sono un feticista, almeno non credo, ma ho un’adorazione per i suoi piedini: piccoli, delicati, dalla caviglia sottile si estendono armoniosi fino alla punta delle dita affusolate. Le facevo, come solito, il solletico mordicchiandole la punta dell’alluce destro quando vidi qualcosa tra le ultime due dita, all’attaccatura: un piccolissimo neo che mai avevo notato. Forse l’unica differenza tra due gemelle altrimenti identiche al millesimo.
Feci tesoro di questa nozione, perché mi permise nelle settimane successive di riconoscerle l’una dall’altra.
Sì perché ora Anna non si negava più ai miei approcci, tanto ormai era fatta, e così facevo l’amore con entrambe alternativamente. Mi bruciava ancora il tradimento e mi consolavo che, in fondo, anche io ora la tradivo anche se lei non lo sapeva.
Mi rimaneva il dubbio sul perché tenesse i piedi in due scarpe, forse non era sicura della sua relazione col notaio? Una sola persona avrebbe potuto dirmelo: Maria……. O la sua gemella.
Così un pomeriggio osai ancora e, da bastardo, volli sfruttare la situazione per una cosa che Maria mai aveva voluto fare con me. Le avevo chiesto tante volte il culetto e lei mai aveva voluto concedermelo. Possibile che anche Anna la pensasse uguale? Male che fosse andata mi avrebbe detto di no anche lei. Puntai tutto sul fatto che non parlassero molto di particolari intimi e, soprattutto, che Anna non avesse confessato alla sorella di venire a letto con me.
Avevamo appena finito di fare l’amore la prima volta e, soddisfatti, eravamo distesi sul letto rilassati e contenti. La carezzai a lungo su tutto il corpo per risvegliarne l’eccitazione, eccitandomi a mia volta a sentirla fremere sotto le mie carezze, poi la feci alzare e salire sopra di me in posizione inversa. Con un sorriso malizioso mi obbedì, sapeva bene che un 69 sarebbe stato il prologo a nuovo piacere, e subito s’impadronì del mio pene succhiandolo e leccandolo con perizia.
Io mi beavo della vista della sua micina, soprattutto del piccolo occhiello scuro poco sopra a cui volevo dedicare le mie attenzioni. Non riuscivo a capire se fosse vergine o meno. La leccai un po’ per farle salire l’eccitazione e poi le parlai:
- Amore, mantieni la tua promessa -
La sua risposta fu un mugolio interrogativo, non poteva parlare con la bocca piena di me.
- Sì, quello che mi hai promesso l’altra volta quando mi facesti smettere, che mi avresti fatto contento -
Mentre parlavo col dito inumidito dai suoi succhi stuzzicai la rosellina sentendola dilatarsi un po’. Non ne ero sicuro ma credo avesse già usato quella parte anatomica tanto ambita.
- No Marco, lì no! -
Smise di succhiarmi per rispondermi in tono categorico.
Continuai a parlare e leccarla, il dito sempre appoggiato lì.
- Dai amore, me l’hai promesso, farò piano, come vuoi tu. Dai fammi felice amore, me l’hai promesso -
Due parole: una leccata alla micina; tre parole: un leggerissimo succhiotto al clitoride; due parole: una leccata alla micina……
Continuai a blandirla così, e lei che si era rimesso in bocca il mio pene non rispondeva.
Provai a spingere col dito, appena, riuscii a entrare con mezza falange. Sì, era già stato praticato. Mi tuffai sulla sua micina per eccitarla al massimo e vi riuscii presto staccandomi quando sentii i fremiti che le preannunciavano l’orgasmo.
- Amore, facciamolo ora, voglio il tuo bel buchino, ti prego, me l’hai promesso -
Stordita dalla mia lingua, in entrambi i sensi del termine, si rialzò guardandomi fisso. Non fece una piega quando la feci piegare e inginocchiare sul letto. Mi misi dietro di lei e mi bagnai bene la punta dell’uccello, poi provai.
Faceva resistenza, ma piano piano sentivo il muscolo cedere. Il problema era ora la mia resistenza, non so per quanto tempo ancora avrei potuto durare tanto ero eccitato.
Entrai e lei gemette piano. Con la mano andai a carezzarle la micina, il clitoride, con movimenti lenti e delicati, e intanto spingevo entrando un po’ di più.
- Fai piano, mi piace se fai piano -
Fu il segnale della sua resa. Poco dopo mi muovevo liberamente avanti e indietro dentro al suo culetto, senza dimenticare di carezzarle la micina, e Anna gemeva piano, in crescendo, avvicinandosi al culmine. Non so come feci a resistere fino a farla venire. L’orgasmo che avvertii dalle contrazione del suo anello che riempivo libidinosamente fece partire anche me. Volevo farle un succhiotto sul collo, di quelli che ci mettono giorni a sparire, questo prevedeva il mio piano, e invece mi trovai scatenato a morderle la spalla, con forza involontaria, facendola gridare mentre anche io gridavo scaricando in lei, dentro di lei, il mio piacere, la mia attesa, la mia rabbia incontrollata.
- Sei una bestia, mi hai fatto male -
Mi disse una volta rilassati, e si riferiva alla spalla che si toccava con cautela.
- Perdonami amore, non so cosa mi sia preso, non volevo ma ero tanto eccitato che ho perso il controllo -
Le baciai con delicatezza la spalla, che mostrava i segni dei miei denti e un’ecchimosi in rapida espansione. Poi le riempii di baci la faccia, il collo, facendola prima sorridere e poi ridere per il solletico che le facevo alle ascelle. Riuscii così a farmi perdonare.
La settimana successiva andai a prendere Maria a casa. Come al solito mi fecero entrare per aspettarla, come al solito mi intrattennero la madre e la sorella mentre Maria finiva di prepararsi, come al solito Anna salì a vedere se aveva finito…….. cioè a scambiarsi di posto con lei come avevo capito facesse.
Era già sul primo gradino quando la chiamai:
- Anna….-
- Sì? -
- Come va la spalla? -
La vidi sbiancare. Mormorò qualche parola non intelligibile. La fermai prima che dicesse cose che poteva sentire la madre.
- Stai tranquilla. Ne parleremo dopo in auto, ora vai a scambiarti con tua sorella -.
Era fatta: la sua reazione evidente le avrebbe impedito di arrampicarsi sugli specchi come avrebbe potuto fare se avessi semplicemente parlato con lei accusandole.
Pochi minuti dopo eravamo in auto diretti a casa mia. Anna, ora apertamente lei, teneva la testa bassa e taceva.
Giunti a casa la feci accomodare sul divano sedendomi di fianco. Spronata da me raccontò tutta la storia.
Il figlio del notaio aveva corteggiato Maria fino a quando lei, per paura di perdere il posto, aveva ceduto. In realtà non è che l’avesse minacciata di questo, più probabile che a Maria piacesse il genere di vita, i regalini, le attenzioni che lui le faceva. La paura era la scusante morale, se pur in parte presente, per risolvere in modo proficuo la situazione che il corteggiamento continuo provocava.
Questo il mio pensiero; Anna difendeva la sorella a spada tratta pur ammettendo che non s’era comportata bene con me.
Per avere campo libero quando s’incontrava con lui aveva chiesto aiuto a Anna imbastendo questa recita a mio beneficio.
Mentii dicendole che me ne ero accorto da poco e che avevo deciso di parlarle perché non si meritava di essere usata così da entrambi.
- Non capisco il perché però. Bastava lasciarmi -
- Tiene ancora a te, e poi non è tanto sicura di questo legame con l’altro -
Insomma, voleva tenere i piedi in due scarpe in attesa di sviluppi.
Ero amareggiato, avrei preferito si fosse innamorata di lui, l’avrei compreso di più.
- E tu, perché ti sei prestata? Anche il venire a letto con me faceva parte del piano? -
- No, ho voluto aiutare mia sorella. Dovevo solo sostituirla in occasioni semplici, quando avevate in programma una gita o un qualcosa con gli amici dove non sareste rimasti soli.
Poi è capitato quel giorno, e da allora……….beh, oramai era fatta. Ti dispiace? -
Ora era lei che cercava di ribaltare la situazione.
- No, anzi, tu sei più dolce di tua sorella. Fare l’amore con te è……..diverso, più bello -
Oramai avevo scoperto le carte, mi ero tolto i dubbi. La logica conclusione doveva essere il non rivedere più entrambe, però volevo vedere se avrei potuto avere ancora qualcosa da loro. Egoisticamente non mi andava di rinunciare a delle belle scopate con loro. Per questo provai a blandirla, e in effetti era anche vero, con Anna mi piaceva molto di più fare l’amore, e non solo perché mi concedeva il culetto, era proprio un feeling diverso, più intenso, migliore. La mia manovra ebbe successo, Anna mi si avvicinò prendendomi la mano.
- Anche per me è stato bello. E ora cosa vuoi fare? -
- Non lo so, rinunciare a lei significa anche rinunciare a te. Avrei fatto meglio a non parlare. Le hai detto che noi…..-
- No, non ne ho avuto il coraggio -”
- Potremmo continuare così ma non è giusto nei tuoi confronti e anche dei suoi. Ora so che l’ho tradita, e anche se lei l’ha fatto per prima non mi piace per niente. Anna, mi prenderai per sciocco ma io… voglio stare con te, non con lei, apertamente. -
Azzeccai le parole da dire. Mi abbracciò e baciò con passione scivolando poi in ginocchio davanti al divano, slacciandomi la cintura e tirandomi giù i calzoni, i boxer, prendendomi in bocca e succhiandomi dolcemente mentre mi guardava negli occhi.
In breve raggiunsi la massima erezione e la tirai su verso di me. Come la prima volta me la feci sedere a cavalcioni, le scostai lo slip e entrai in lei trovandola calda e accogliente.
Era quello che volevo, mi si dava come Anna, liberamente, volontariamente, e io stringevo e penetravo lei, coscientemente, deliberatamente, non la sorella.
Mi cavalcò per diversi minuti estasiandomi con i movimenti del suo bacino, con la sua lingua intrecciata alla mia, con i suoi seni che, esposti, erano preda delle mie mani. Facemmo l’amore a lungo, senza cambiare posizione, in silenzio fino al culmine per entrambi che gridammo insieme guancia contro guancia, strettamente abbracciati.
Adesso è cambiato tutto, io sto ufficialmente con Anna, Maria continua a vedere il suo notaio senza problemi, i genitori hanno accettato la cosa senza patemi d’animo, mi hanno sempre apprezzato, e sono felice, veramente. L’unica cosa di cui non riesco a liberarmi è il tic di controllare il suo piedino ogni volta che siamo insieme. Non si sa mai.
Il nome vi pare strano? Direi di sì, e ancora più strano è il motivo: Maria Anna ha una gemella omozigote, assolutamente indistinguibile da lei, di nome… Anna Maria.
Non so cosa sia preso ai genitori quel giorno all’anagrafe, forse il genio della confusione s’era impadronito di loro, forse erano ubriachi, forse è sembrato loro divertente. Già sono uguali, metti anche nomi quasi uguali? Alcuni figli dovrebbero querelare retroattivamente i genitori per i nomi imposti. Aggiungiamoci che le vestivano sempre in maniera identica e potete capire che caos quando erano insieme. Ovvio che le due birbe si divertivano a confondere gli altri, e la voglia di giocare è rimasta anche se ridotta. C’è un modo per distinguerle: minuscolo, impercettibile, l’avrei appreso molto tempo dopo il fidanzamento, nelle circostanze che mi appresto a raccontare.
A posteriori ho ricostruito la storia, che cominciò diversi mesi fa, quando improvvisamente Maria (le chiamerò solo col primo nome) diventò ritrosa nelle nostre effusioni.
Sì, ricambiava i baci, mi teneva teneramente per mano mentre passeggiavamo, ma in tante occasioni in cui cercavo un po’ più d’intimità e di contatto si tirava indietro, con le scuse più improbabili.
Un pomeriggio, un’occasione fortuita diede il via a una serie di avvenimenti che ci ha portato alla situazione attuale.
In programma c’era un film con gli amici, altre due coppie. Mentre ci dirigevamo al cinema venimmo fermati a un posto di blocco. Normali controlli, documenti, patente, libretto.
Il poliziotto lesse a alta voce i nostri nomi:
- Marco XXXXXXX e Anna Maria YYYYYYYYYYYYYYY -
Automaticamente lo corressi:
- Maria Anna, il nome è Maria Anna -
- Veramente io qui leggo Anna Maria -
Mi venne il dubbio amletico su chi avessi di fianco a me, chiesi scusa all’agente, inutile perdersi in spiegazioni lunghe e noiose, e attesi che ci restituisse i documenti per ripartire.
- Che sciocca, devo aver preso la carta d’identità di Anna invece della mia -
Così rispose Maria alla domanda inespressa che aleggiava nell’auto.
Feci una battuta sul fatto che si confondessero anche tra di loro e lasciai cadere la cosa, però il dubbio s’era ormai insinuato in me. Al cinema, al solito, Maria allontanò la mano con cui cercavo di accarezzarla. Fatto snervante per me ma abitudinario da un po’. Continuai a guardare il film e nel frattempo pensavo, meditavo, ricostruivo.
Io e Maria facevamo l’amore spesso e volentieri, era refrattaria alle mie avanches solo in occasioni come questa, quando teoricamente l’intimità non era prevista o prevedibile.
Il giorno dopo ne parlai con mio fratello e gli chiesi aiuto.
Maria lavora in uno studio notarile da più di un anno, Anna fa la commessa in un negozio d’abbigliamento in centro. L’idea era che quando io fossi uscito con Maria (Maria?) la volta successiva lui avrebbe atteso fuori da casa loro per vedere l’altra cosa facesse.
Mi raccontò che poco dopo era uscita anche Anna (Anna?) salendo su una volvo color panna. Era riuscito a fare un filmino col cellulare e da questo vidi la targa e, soprattutto, chi guidava. Lo conoscevo: era il figlio del notaio presso cui lavorava.
L’avevo conosciuto andando una sera a prenderla al lavoro. Sposato, due bambini.
Era la prova che cercavo. Maria mi tradiva col suo capo e Anna la copriva uscendo con me.
Meditai a lungo su cosa fare, ero furioso per questa presa in giro, tutto l’affetto che avevo per Maria s’era tramutato in rabbia. Decisi di spingere il loro gioco un po’ oltre, senza che loro sapessero che giocavo anche io.
L’occasione l’ebbi la volta seguente. Altro appuntamento con gli amici per un film, la fortuna che non lo proiettassero quel giorno per un qualche motivo, la proposta di vedere un film sul satellite a casa mia e ci ritrovammo in 4, una coppia aveva preferito defilarsi, sul divano davanti alla TV.
Ben presto gli altri due si annoiarono e se ne andarono lasciandoci soli.
Mi feci avanti accarezzandole le spalle, scendendo verso il seno. Anche questa volta cercò di respingermi ma io non cedetti, avevo sempre pronto il piano di riserva che consisteva nello scoprire le carte accusandole, però volevo vedere se riuscivo a ottenere un po’ di "soddisfazione" da questa storia.
Insistetti e lei ancora si negava, feci finta di infuriarmi e minacciai di lasciarla.
Qui era il punto debole del mio piano, se Maria mi avesse voluto lasciare e l’avesse detto a Anna avrei perso su tutta la linea, però solo due giorni prima io e Maria eravamo appassionatamente abbracciati nel mio letto e non credo volesse mollarmi.
Bisognava vedere anche cosa fosse disposta a fare Anna per la sorella, e ben presto scoprii che era disposta a fare molto…… moltissimo.
Mi calmò a furia di baci, improvvisamente disposta a farsi carezzare, e non esitai.
Baciandola le carezzai i seni e questa volta non mi scostò la mano; esitò un momento quando scesi con la mano sulla coscia per poi risalire sotto la corta gonna che indossava, però mi lasciò fare. Arrivai all’inguine e sollevato lo slip le carezzai la micina. Ancora non si tirava indietro e continuai. Dopo poco i suoi baci erano un po’ più partecipati, mugolava di tanto in tanto e sentivo le mie dita inumidirsi. Le stava piacendo. Le presi la mano e la portai sopra di me, sui pantaloni, e lei mi carezzò da sopra la stoffa portandomi presto all’erezione.
Era il momento topico, ora o andava sino in fondo o mi fermava e avrebbe dovuto spiegarmi.
Non mi fermò, lasciò che le sollevassi il maglioncino sopra le spalle, le slacciassi il reggiseno e mi impadronissi di un capezzolo che sentii inturgidire sotto la mia lingua.
Poco dopo la sollevai di peso facendola sedere a cavalcioni sopra di me, mi sbottonai i pantaloni, le scostai lo slip e cercai la sua apertura. Mi prese dentro di se con un gemito e prese subito a muoversi. Il suo volto era concentrato, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte. Le piaceva quel che facevamo, e piaceva anche a me, molto.
Ci staccammo per finire di spogliarci e mi stesi sopra di lei sul divano, tra le cosce ove mi accolse con trasporto. Notavo qualche differenza sul modo di fare l’amore ma a quel punto m’importava poco su chi fosse veramente, era solo una bella donna che mi si concedeva con slancio, rispondendo colpo su colpo e presto iniziai la dirittura d’arrivo. Strinsi i denti per non venire prima di lei e ci riuscii a pelo, mentre lei veniva feci appena in tempo a uscire e sporcarle la pancia col mio seme.
Nel rilassamento post coito, io seduto sul divano, lei con le gambe sopra di me, automaticamente feci ciò che facevo sempre con Maria, le presi i piedini. Non sono un feticista, almeno non credo, ma ho un’adorazione per i suoi piedini: piccoli, delicati, dalla caviglia sottile si estendono armoniosi fino alla punta delle dita affusolate. Le facevo, come solito, il solletico mordicchiandole la punta dell’alluce destro quando vidi qualcosa tra le ultime due dita, all’attaccatura: un piccolissimo neo che mai avevo notato. Forse l’unica differenza tra due gemelle altrimenti identiche al millesimo.
Feci tesoro di questa nozione, perché mi permise nelle settimane successive di riconoscerle l’una dall’altra.
Sì perché ora Anna non si negava più ai miei approcci, tanto ormai era fatta, e così facevo l’amore con entrambe alternativamente. Mi bruciava ancora il tradimento e mi consolavo che, in fondo, anche io ora la tradivo anche se lei non lo sapeva.
Mi rimaneva il dubbio sul perché tenesse i piedi in due scarpe, forse non era sicura della sua relazione col notaio? Una sola persona avrebbe potuto dirmelo: Maria……. O la sua gemella.
Così un pomeriggio osai ancora e, da bastardo, volli sfruttare la situazione per una cosa che Maria mai aveva voluto fare con me. Le avevo chiesto tante volte il culetto e lei mai aveva voluto concedermelo. Possibile che anche Anna la pensasse uguale? Male che fosse andata mi avrebbe detto di no anche lei. Puntai tutto sul fatto che non parlassero molto di particolari intimi e, soprattutto, che Anna non avesse confessato alla sorella di venire a letto con me.
Avevamo appena finito di fare l’amore la prima volta e, soddisfatti, eravamo distesi sul letto rilassati e contenti. La carezzai a lungo su tutto il corpo per risvegliarne l’eccitazione, eccitandomi a mia volta a sentirla fremere sotto le mie carezze, poi la feci alzare e salire sopra di me in posizione inversa. Con un sorriso malizioso mi obbedì, sapeva bene che un 69 sarebbe stato il prologo a nuovo piacere, e subito s’impadronì del mio pene succhiandolo e leccandolo con perizia.
Io mi beavo della vista della sua micina, soprattutto del piccolo occhiello scuro poco sopra a cui volevo dedicare le mie attenzioni. Non riuscivo a capire se fosse vergine o meno. La leccai un po’ per farle salire l’eccitazione e poi le parlai:
- Amore, mantieni la tua promessa -
La sua risposta fu un mugolio interrogativo, non poteva parlare con la bocca piena di me.
- Sì, quello che mi hai promesso l’altra volta quando mi facesti smettere, che mi avresti fatto contento -
Mentre parlavo col dito inumidito dai suoi succhi stuzzicai la rosellina sentendola dilatarsi un po’. Non ne ero sicuro ma credo avesse già usato quella parte anatomica tanto ambita.
- No Marco, lì no! -
Smise di succhiarmi per rispondermi in tono categorico.
Continuai a parlare e leccarla, il dito sempre appoggiato lì.
- Dai amore, me l’hai promesso, farò piano, come vuoi tu. Dai fammi felice amore, me l’hai promesso -
Due parole: una leccata alla micina; tre parole: un leggerissimo succhiotto al clitoride; due parole: una leccata alla micina……
Continuai a blandirla così, e lei che si era rimesso in bocca il mio pene non rispondeva.
Provai a spingere col dito, appena, riuscii a entrare con mezza falange. Sì, era già stato praticato. Mi tuffai sulla sua micina per eccitarla al massimo e vi riuscii presto staccandomi quando sentii i fremiti che le preannunciavano l’orgasmo.
- Amore, facciamolo ora, voglio il tuo bel buchino, ti prego, me l’hai promesso -
Stordita dalla mia lingua, in entrambi i sensi del termine, si rialzò guardandomi fisso. Non fece una piega quando la feci piegare e inginocchiare sul letto. Mi misi dietro di lei e mi bagnai bene la punta dell’uccello, poi provai.
Faceva resistenza, ma piano piano sentivo il muscolo cedere. Il problema era ora la mia resistenza, non so per quanto tempo ancora avrei potuto durare tanto ero eccitato.
Entrai e lei gemette piano. Con la mano andai a carezzarle la micina, il clitoride, con movimenti lenti e delicati, e intanto spingevo entrando un po’ di più.
- Fai piano, mi piace se fai piano -
Fu il segnale della sua resa. Poco dopo mi muovevo liberamente avanti e indietro dentro al suo culetto, senza dimenticare di carezzarle la micina, e Anna gemeva piano, in crescendo, avvicinandosi al culmine. Non so come feci a resistere fino a farla venire. L’orgasmo che avvertii dalle contrazione del suo anello che riempivo libidinosamente fece partire anche me. Volevo farle un succhiotto sul collo, di quelli che ci mettono giorni a sparire, questo prevedeva il mio piano, e invece mi trovai scatenato a morderle la spalla, con forza involontaria, facendola gridare mentre anche io gridavo scaricando in lei, dentro di lei, il mio piacere, la mia attesa, la mia rabbia incontrollata.
- Sei una bestia, mi hai fatto male -
Mi disse una volta rilassati, e si riferiva alla spalla che si toccava con cautela.
- Perdonami amore, non so cosa mi sia preso, non volevo ma ero tanto eccitato che ho perso il controllo -
Le baciai con delicatezza la spalla, che mostrava i segni dei miei denti e un’ecchimosi in rapida espansione. Poi le riempii di baci la faccia, il collo, facendola prima sorridere e poi ridere per il solletico che le facevo alle ascelle. Riuscii così a farmi perdonare.
La settimana successiva andai a prendere Maria a casa. Come al solito mi fecero entrare per aspettarla, come al solito mi intrattennero la madre e la sorella mentre Maria finiva di prepararsi, come al solito Anna salì a vedere se aveva finito…….. cioè a scambiarsi di posto con lei come avevo capito facesse.
Era già sul primo gradino quando la chiamai:
- Anna….-
- Sì? -
- Come va la spalla? -
La vidi sbiancare. Mormorò qualche parola non intelligibile. La fermai prima che dicesse cose che poteva sentire la madre.
- Stai tranquilla. Ne parleremo dopo in auto, ora vai a scambiarti con tua sorella -.
Era fatta: la sua reazione evidente le avrebbe impedito di arrampicarsi sugli specchi come avrebbe potuto fare se avessi semplicemente parlato con lei accusandole.
Pochi minuti dopo eravamo in auto diretti a casa mia. Anna, ora apertamente lei, teneva la testa bassa e taceva.
Giunti a casa la feci accomodare sul divano sedendomi di fianco. Spronata da me raccontò tutta la storia.
Il figlio del notaio aveva corteggiato Maria fino a quando lei, per paura di perdere il posto, aveva ceduto. In realtà non è che l’avesse minacciata di questo, più probabile che a Maria piacesse il genere di vita, i regalini, le attenzioni che lui le faceva. La paura era la scusante morale, se pur in parte presente, per risolvere in modo proficuo la situazione che il corteggiamento continuo provocava.
Questo il mio pensiero; Anna difendeva la sorella a spada tratta pur ammettendo che non s’era comportata bene con me.
Per avere campo libero quando s’incontrava con lui aveva chiesto aiuto a Anna imbastendo questa recita a mio beneficio.
Mentii dicendole che me ne ero accorto da poco e che avevo deciso di parlarle perché non si meritava di essere usata così da entrambi.
- Non capisco il perché però. Bastava lasciarmi -
- Tiene ancora a te, e poi non è tanto sicura di questo legame con l’altro -
Insomma, voleva tenere i piedi in due scarpe in attesa di sviluppi.
Ero amareggiato, avrei preferito si fosse innamorata di lui, l’avrei compreso di più.
- E tu, perché ti sei prestata? Anche il venire a letto con me faceva parte del piano? -
- No, ho voluto aiutare mia sorella. Dovevo solo sostituirla in occasioni semplici, quando avevate in programma una gita o un qualcosa con gli amici dove non sareste rimasti soli.
Poi è capitato quel giorno, e da allora……….beh, oramai era fatta. Ti dispiace? -
Ora era lei che cercava di ribaltare la situazione.
- No, anzi, tu sei più dolce di tua sorella. Fare l’amore con te è……..diverso, più bello -
Oramai avevo scoperto le carte, mi ero tolto i dubbi. La logica conclusione doveva essere il non rivedere più entrambe, però volevo vedere se avrei potuto avere ancora qualcosa da loro. Egoisticamente non mi andava di rinunciare a delle belle scopate con loro. Per questo provai a blandirla, e in effetti era anche vero, con Anna mi piaceva molto di più fare l’amore, e non solo perché mi concedeva il culetto, era proprio un feeling diverso, più intenso, migliore. La mia manovra ebbe successo, Anna mi si avvicinò prendendomi la mano.
- Anche per me è stato bello. E ora cosa vuoi fare? -
- Non lo so, rinunciare a lei significa anche rinunciare a te. Avrei fatto meglio a non parlare. Le hai detto che noi…..-
- No, non ne ho avuto il coraggio -”
- Potremmo continuare così ma non è giusto nei tuoi confronti e anche dei suoi. Ora so che l’ho tradita, e anche se lei l’ha fatto per prima non mi piace per niente. Anna, mi prenderai per sciocco ma io… voglio stare con te, non con lei, apertamente. -
Azzeccai le parole da dire. Mi abbracciò e baciò con passione scivolando poi in ginocchio davanti al divano, slacciandomi la cintura e tirandomi giù i calzoni, i boxer, prendendomi in bocca e succhiandomi dolcemente mentre mi guardava negli occhi.
In breve raggiunsi la massima erezione e la tirai su verso di me. Come la prima volta me la feci sedere a cavalcioni, le scostai lo slip e entrai in lei trovandola calda e accogliente.
Era quello che volevo, mi si dava come Anna, liberamente, volontariamente, e io stringevo e penetravo lei, coscientemente, deliberatamente, non la sorella.
Mi cavalcò per diversi minuti estasiandomi con i movimenti del suo bacino, con la sua lingua intrecciata alla mia, con i suoi seni che, esposti, erano preda delle mie mani. Facemmo l’amore a lungo, senza cambiare posizione, in silenzio fino al culmine per entrambi che gridammo insieme guancia contro guancia, strettamente abbracciati.
Adesso è cambiato tutto, io sto ufficialmente con Anna, Maria continua a vedere il suo notaio senza problemi, i genitori hanno accettato la cosa senza patemi d’animo, mi hanno sempre apprezzato, e sono felice, veramente. L’unica cosa di cui non riesco a liberarmi è il tic di controllare il suo piedino ogni volta che siamo insieme. Non si sa mai.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Tomomiracconto sucessivo
Corso di ballo
Commenti dei lettori al racconto erotico