Oltre il lavoro – Pt. 3

di
genere
dominazione

Il Primo Giorno


Emma rimase immobile per qualche minuto. Aveva bisogno di realizzare quanto era appena accaduto.
Era stata sottomessa, aveva cercato di accontentare il suo Padrone, era stata punita, umiliata, masturbata senza poter mai godere, eppure si sentiva soddisfatta. Non vedeva l’ora che arrivasse il suo primo giorno di lavoro.
Si alzò in piedi e si avvicinò all’ingresso, si rivestì e uscì dall’appartamento. Non aveva ricevuto indicazioni su come chiudere la porta a chiave, quindi non fece altro che chiuderla dietro di se e tornò a casa.
Era ancora eccitata, voleva godere, aveva ancora voglia, non avrebbe mai voluto smettere.
Era tardi ormai per chiamare il suo amico del momento e dirgli di passare a casa, quindi decise di fare da sola. Prese dal cassetto del suo comodino il suo vibratore e diede largo spazio all’immaginazione.
Venne copiosamente più volte. Era davvero troppo eccitata. Immaginò che fosse lui a regalarle l’estremo piacere e si chiese se sarebbe mai accaduto e quanto sarebbe stato piacevole.
L’indomani mattina alle 8:30 era prontissima. Aveva curato tutto, voleva essere perfetta.
Il sedere le faceva male, sentiva dolore quando si sedeva e sapeva che questo avrebbe reso la giornata ancora più eccitante dovendo lavorare seduta ad una scrivania.
Alle 9:00 era già alla reception dell’ufficio e la ragazza gentile con cui aveva parlato il giorno prima le stava facendo firmare i documenti per il periodo di prova.
La fece accomodare un attimo sui divanetti e dopo aver dato indicazioni ad una collega le fece fare il giro dell’ufficio.
“Questa è sarà la tua postazione. L’ufficio del Signor Perri è li di fronte” le fece vedere Olga, la receptionist.
“Da questo lato ci sono gli uffici degli altri associati con le scrivanie delle assistenti, qui la sala riunioni, sala fotocopie e archivio” continuò Olga facendo il giro dell’ufficio. Aveva già visto l’ambiente il giorno prima e le era piaciuto molto.
La portò nella sala break.
“Ecco, qui è la sala break. Tutto quello che vedi è a disposizione. Puoi portare anche quello che vuoi e usare il frigorifero e il microonde.”.
“Il Signor Perri gradisce sempre un caffè quando arriva in ufficio, ti faccio vedere come si fa”.
Olga era davvero gentile e Emma le fu grata per l’aiuto.
“Guarda è arrivato, portaglielo così fai bella figura.”
“Grazie Olga” disse Emma prendendo il vassoietto che le stava porgendo Olga e si avviò verso la sua scrivania.
Quando lui la vide con il caffè le sorrise compiaciuto.
“Buongiorno Emma, vedo che si è già portata avanti con il lavoro.”
“Buongiorno Signor Perri, si ho saputo che gradisce il caffè quando arriva in ufficio.”
“Esatto grazie, venga lo porti nella mia stanza” ed entrò.
Emma entrò dietro di lui nella stanza con il cuore a mille. Sperava le dicesse di chiudere la porta, invece mise la giacca nell’armadio e si sedette alla scrivania.
La stanza era enorme, con una grande scrivania, due poltrone davanti, un divano e due poltrincine di lato e armadi e libreria a muro. Era molto bella e spaziosa, ed Emma sperò di passare molto tempo in quella stanza, sola con lui.
Portò il caffè alla scrivania e glielo porse.
“Si sieda pure Emma” le fece cenno lui.
Emma esitò un istante e poi si sedette cercando di fare il più piano possibile per non sentire troppo il male al sedere. Lui si accorse di tutto e sorrise.
“Dunque oggi è il suo primo giorno, ha firmato tutte le carte e ritirato il badge?”
“Si Signor Perri, ho tutto pronto”
“Perfetto. Oggi non è una giornata particolarmente impegnativa. Mi passerai le telefonate in arrivo dicendomi chi mi cerca e perché e avrai un po’ di documenti da sistemarmi.” Disse facendo cenno a una pila di documenti sul tavolino di fronte al divano.
“Certo Signor Perri, mi metto subito al lavoro allora” disse Emma facendo per alzarsi dalla sedia.
“Capisco che voglia impressionarmi ma aspetti un attimo, signorina.”
Emma bloccò ogni movimento.
“Se non la dovessi chiamare prima, vorrei che mi portasse un altro caffè per le 11:00. Nel pomeriggio dovrò ricevere un cliente, quindi non mi passi telefonate se non quelle segnate nel programma. Quando ricevo un cliente, desidero avere un vassoio sul tavolino con qualche snack, acqua e del caffè pronto da servire. Quindi guardi l’agenda e prepari tutto prima dell’arrivo del cliente. Troverà il necessario nella sala break, se finisce qualcosa lo segni nella lista che Olga le avrà fatto vedere. Se ha problemi con i documenti può fare riferimento alla signorina Lucrezia che la aiuterà ad inserirsi.”. “Le consiglio di portarsi un taccuino la prossima volta così da poter prendere appunti. Oggi le indicazioni sono poche, ma potrebbero essere di più e non vorrei che facesse errori il suo primo giorno.” La guardò con uno sguardo profondo, lasciando intendere che cosa le sarebbe successo se avesse commesso qualche errore.
“Certo Signor Perri, grazie per il consiglio, me lo procurerò immediatamente.”
“Ottimo signorina, per ora è tutto, sistemi i documenti intanto e se ho bisogno la chiamo io” terminò lui.
Emma capì che le indicazioni erano finite. Aveva fatto come se la sera prima non fosse successo nulla e fosse davvero la seconda volta che la vedeva. Si impose di fare il lavoro al meglio e si attivò subito per esaudire le richieste.
“Chiuda la porta mentre esce grazie.”
“Si Signor Perri.” Ed Emma uscì dalla stanza con vassoio e documenti.
Le ore passarono tranquille. Lucrezia era simpatica come Olga e le fece vedere le basi. Emma aveva già esperienza di assistenza e segreteria e non ebbe difficoltà a sistemare tutto e organizzarsi la postazione.
Arrivarono le 10:45, Emma previdente aveva messo un alert per non dimenticarsi il caffè del capo.
Andò nella sala break a prepararlo. Scambiò due chiacchere con i colleghi, e alle 11:00 bussò alla porta del suo capo.
“Avanti.”

“Signor Perri le ho portato il caffè.” Disse Emma aprendo la porta.
“La ringrazio signorina Emma, lo porti pure qui.”
Ancora una volta non le chiese di chiudere la porta. Si fece portare il caffè e le chiese due questioni di lavoro da sbrigare.
“Signorina non l’ha chiesto e le do atto di questo. La sua pausa pranzo solitamente la può fare dalle 13:00 alle 14:00 compatibilmente con i miei impegni. Se dovessi avere bisogno di lei in quell’ora la avviso.”
“D’accordo Signor Perri, la ringrazio”. E uscì dalla stanza.
Arrivò l’ora di pranzo in un lampo e Olga la invitò ad andare con loro. Lui era ancora nella sua stanza con la porta chiusa. Emma si domandò se non volesse qualcosa da mangiare.
Lo chiamò con la linea interna.
“Pronto”
“Signor Perri mi scusi se la disturbo. Sto per andare a pranzo e mi chiedevo se avesse bisogno di qualcosa prima di andare.”
“No grazie signorina, sto uscendo anche io. Vada pure” e interruppe la conversazione.
Pranzò con i colleghi e tutto filò liscio.
Puntale ritornò in ufficio alle 14:00 ma lui non era ancora tornato. Chissà dov’era si domandò.
Preparò il vassoio come le era stato chiesto per l’appuntamento del pomeriggio fissato per le 14:30 e portò tutto nella stanza di lui.
Lui arrivò direttamente con il suo cliente per l’orario dell’appuntamento, lo fece accomodare nella sua stanza e diede un’occhiata a quanto era stato preparato.
Si girò verso Emma prima di entrare e le fece un cenno di consenso, dopodichè chiuse la porta.
Tutto qui. La giornata era passata tranquilla, ma si aspettava qualche “richiesta” in più. Il sedere le faceva ancora male e questo continuava a farla eccitare.
Dopo un’oretta il cliente se ne andò salutandola e lasciando la porta della sua stanza aperta.
Emma dalla sua scrivania lo poteva vedere e lui poteva vedere lei. La cosa la mise a disagio e cercò di mantenersi il più seria possibile, nonostante il calore nel basso ventre continuasse a crescere.
“Signorina prego può venire un attimo?” la chiamò ad un certo punto.
Emma si alzò subito. “Arrivo Signor Perri”.
Prese penna e taccuino e si avvicinò alla porta. Era eccitata, sperava che le chiedesse di chiudere la porta, il suo battito accelerò di colpo. Era già bagnata.
Arrivò sull’uscio.
“Prego, chiuda la porta signorina grazie.”
Finalmente, pensò lei. Il cuore aveva fatto un balzo e li sotto la situazione si fece decisamente più calda. Si girò per nascondere il fatto che stesse sorridendo, chiuse la porta e si abbassò in ginocchio. Appoggiò per terra taccuino e penna e carponi iniziò a muoversi andando verso la scrivania tenendo la testa bassa.
“Fermati” le ordinò lui una volta che lei arrivò di fronte alla scrivania con il tono autoritario della sera prima.
Emma si fermò e si mise in posizione. Seduta in ginocchio, braccia incrociate dietro la schiena, sguardo fisso per terra. Era eccitatissima e moriva dalla voglia che lui le facesse qualcosa.
“Come ti sei trovata oggi?”
“Bene signore, grazie per averlo chiesto.”
“Ho visto che hai fatto tutto come ti avevo chiesto. Il vassoio per il cliente andava molto bene.” Continuò lui andando indietro con la schiena sulla sua sedia mettendosi più comodo.
“La ringrazio Signore, è un onore poterla soddisfare”.
“Bene e dimmi” rispose sbrigativo lui. “E’ stata eccitante questa giornata per te?”
“Signore sì. Vicino a lei mi eccito parecchio”.
“Fammi vedere”.
Emma inizialmente non capì e tentennò a muoversi.
“Se sei davvero eccitata perché sei qui con me, fammelo vedere. Tirati giù i pantaloni e fammi vedere se sei bagnata.”
Emma imbarazzata capì e iniziò a tirarsi giù i pantaloni e poi le mutandine di pizzo che aveva indossato quella mattina. Lui non le aveva detto di muoversi e quindi non sapeva bene come poter fare.
“Brutta troia, voglio vedere se sei bagnata. Girati e appoggia il petto al pavimento. Tieni quel culo bello in alto, devi farti vedere da qui”. Inveì lui contro di lei con tono deciso.
“Subito signore” disse Emma mentre si girava.
Si abbassò e fece come le era stato ordinato. La imbarazzava parecchio essere al centro della stanza del suo capo, quando fuori c’erano altre persone, con il culo ancora segnato all’aria.
“Infilati due dita dentro e masturbati.” Le disse quando fu bene in posizione.
Emma non aspettava altro, sperava che lo facesse lui, ma era meglio di niente si disse. Da sotto si infilò due dita e iniziò a masturbarsi. Era un lago, neanche le sentiva le dita che andavano su e giù talmente era bagnata. Iniziò a respirare più profondamente, desiderava tantissimo che lui la scopasse.
Lui la fece continuare così per una manciata di minuti.
“Basta. Adesso vieni qui ma non appoggiare la mano.”
Emma si tirò su e appoggiandosi sul gomito iniziò ad avanzare carponi verso il suo padrone. Arrivata al suo fianco si rimise in posizione tenendo la mano ben alzata dietro la schiena.
“Fammi vedere la tua mano.” Disse lui girandosi verso di lei.
Emma gli porse la mano tenendo lo sguardo abbassato ed eccitandosi ancora di più per la vicinanza con il suo padrone.
Lui la prese e si portò le dita alla bocca. Iniziò a succhiarle dolcemente e a leccarle tutte. Emma era tutta un fremito. Quel gesto la fece impazzire, desiderava ardentemente che lui lo facesse con lei e non solo con le sue dita.
“Direi che non hai mentito. Sei bagnata ed eccitata e me lo hai dimostrato”. “Ora girati e rimetti come prima. Voglio vedere il tuo sedere”.
Emma arrossendo si voltò e si mise in posizione. Mettersi in quel modo, così vicina a lui la imbarazzava. Lui le si avvicinò e guardò per bene il suo sedere e i segni degli schiaffi e delle frustate della sera prima che ormai erano meno rossi.
“Ti sei ricordata della tua punizione di ieri, oggi quando ti sedevi?”
“Si signore, ogni volta che mi sedevo ci pensavo”.
“E come ti faceva sentire questo?” le chiese lui iniziando ad accarezzarle le natiche.
“Bene signore. Felice perché spero di averla soddisfatta.” Lei parlava sempre con la faccia schiacciata sul pavimento.
“Senti di aver imparato la lezione di ieri sera, puttanella?” continuò lui iniziando a premere con il pollice sul buco di lei.
“Aaahhh” sospirò Emma non aspettandosi quel gesto. “Si Signore ho imparato molto grazie a lei.”
Lui iniziò a premere con maggiore forza ed infilò tutto il dito iniziando a muoversi dentro di lei.
“E dimmi, invece oggi che cosa hai imparato?”
Emma sapeva che si riferiva alle indicazioni che le aveva dato la mattina. Le voleva risentire tutte mentre trafficava con il pollice nella sua figa. Obbediente ripetè tutto fermandosi solo un secondo quando lui cambiò dita e al posto del pollice inserì medio e indice.
Finito di ripetere lui iniziò ad accarezzarla tra il clitoride e il buco, salendo anche verso l’ano. Emma non riusciva a non ansimare e sospirare. Era una tortura così dolce che la faceva impazzire. Lui si fermò e si girò per prendere qualcosa nel cassetto della scrivania.
Lei ovviamente non si mosse, anche se la sua figa pulsante smaniava attenzioni.
Sentì che si rimetteva dietro di lei, stando sempre sulla sedia. All’improvviso sentì che la stava penetrando un oggetto fallico abbastanza voluminoso, ci mancò poco perché non venisse.
“Questo è il tuo vibratore puttana”. “Lo tengo qui chiuso nel cassetto della scrivania e ogni volta che vorrò lo userò o te lo farò usare. Ha anche un telecomando per comandarlo a distanza” le disse. “Ti piace?”
“Mmmmhhh.. si Signore mi piace tanto signore” disse Emma godendo come non mai e sforzandosi in tutti i modi di non muoversi per agevolare il movimento del fallo.
Lui continuava a muoverlo dentro di lei lentamente, facendolo vibrare al minimo.
“Ora testiamo se funziona bene” disse e iniziò ad aumentare l’intensità dal telecomando con una mano, continuando a muoverlo con l’altra mano.
Emma era in estasi, faceva davvero fatica a contenersi, strinse i pugni e cercò di pensare ad altro e non a quanto stava godendo.
“Vedi da qui posso decidere l’intensita. Così è al massimo”
“Ahhhh… si signore lo sento.. mmmh” Emma desiderava che la mantenesse ancora per poco e sarebbe venuta.
“E questa è al minimo”. Disse lui riportando la vibrazione al minimo che serviva giusto per mantenerla eccitata e desiderosa di altro.
“Quale ti piace di più cagna? Il massimo o il minimo?” disse continuando a modificare l’intensità.
“Mmmh Signore… aaahh.. è complicato …”
“Sbam” un sonoro schiaffo sul culo a sorpresa la fece sobbalzare ed eccitare ancora di più. “RISPONDIMI TROIA CHE NON SEI ALTRO!”
“Il massimo signore, il massimo” quasi urlò Emma in preda agli spasmi.
“Ok e massimo sia allora.” Lui portò al massimo l’intensità e iniziò a muovere il vibratore vigorosamente.
Emma cercava di trattenersi, respirava affannosamente, ansimava e cercava di mantenersi ferma.
“aaahhhh… Signore” sospirò Emma, non sapeva neanche che cosa dire o cosa fare.
“Signore.. io.. mmmmhhh… la prego…”
“Pensi di potermi chiedere qualcosa lurida baldracca?” le disse lui colpendola ancora sulla stessa natica.
“Eh?” un altro schiaffo.
“No… mmmmh.. Signore… aaahhh…” Lui continuava a spingere il vibratore sempre più forte e a schiaffeggiarle il culo, il dolore al sedere era quasi accecante.
“Mi stai forse dicendo che vorresti godere con questo cazzo di gomma?”
“Si signore, la pregooooo… mmmhh… la supplico”
“Ti ho forse dato il permesso di godere, di chiedermi qualcosa o di supplicarmi?” Chiese lui continuando a tirarle schiaffi sempre più forti con una mano e giocare con il vibratore dentro di lei con l’altra.
“Ahhhh..” Emma era al limite. “No signore non mi ha detto nulla.. Signore.. mmmhh”.
Un altro schiaffo sul sedere.
“Puttana. Allora non osare e stai zitta” Iniziò ad infilare e sfilare con forza il vibratore dentro di lei. Emma era in estasi, non aveva mai goduto così tanto prima e tantomeno non aveva mai cercato di trattenersi.
“Aaahhh… Signore… ahhhhhhh…mmmmmh… aaahhh……” Emma venne. Copiosamente. Ebbe degli spasmi fortissimi e nonostante cercasse di stare ferma il più possibile non riuscì a non inarcare la schiena e alzare la testa.
Lui non tardò a tirarle tre sonori schiaffi sul sedere forti e rapidi e tirare fuori il vibratore.
“Brutta puttana che non sei altro. Non ti ho detto che potevi venire, non ti ho detto che potevi chiedere e hai disobbedito.” Disse lui continuando a colpirla con colpi secchi e rapidi.
“Ahhh.. Signore mi perdoni. Mi scusi la pregooo!” i colpi adesso facevano male, non erano più eccitanti e non sembravano arrestarsi.
“Sei una cazzo di puttana, non so se sei degna di diventare la mia sottomessa se già al primo giorno mi disobbedisci così.”
“Signore la prego, mi perdoni. Non lo farò mai più la supplico.” “Mi punisca come meglio crede la prego, non sono degna ora ma lo diventerò lo giuro”.
Lui continuò a colpirla e lei sentiva la pelle che le bruciava. Ogni colpo era peggio ora.
“Qual è il tuo scopo puttana?”
“Soddisfare lei signore.”
“E l’hai fatto adesso?”
“No signore non l’ho fatto.”
“Dovrai capire molte cose se vorrai continuare a lavorare qui.”
“Si signore, certo signore. Lo farò” disse Emma quasi piangendo. Era stato un orgasmo pazzesco ma ora ne stava pagando le conseguenze.
Lui smise di colpirla e lei trasse un sospiro di sollievo.
“Mettiti in posizione dandomi le spalle, non ti voglio vedere.” Disse lui tornando a sedersi sulla sua sedia.
Emma si rimise in posizione con il sedere che le faceva malissimo.
“Prendi il vibratore e puliscilo bene, non voglio il tuo schifo nel mio cassetto.”
Emma prese il vibratore e lo iniziò a leccare per bene.
Lui iniziò a lavorare al computer come se lei non ci fosse e lei continuò a leccare il vibratore come se fosse il pene del suo capo. Dopo qualche minuto la prese per i capelli tirandole indietro la testa.
“Ora basta. Dammi il vibratore. Ricomponiti e vattene da qui.”
Con le lacrime agli occhi Emma fece come le era stato chiesto, si tirò su i pantaloni cercando di rimanere inginocchiata. L’operazione non fu semplice ma ci riuscì.
Iniziò a camminare carponi verso la porta e quando arrivò a prendere il taccuino e la penna lui le disse.
“Stasera alle 21:00.” Senza alzare gli occhi dallo schermo.
Con un filo di voce lei rispose
“Si Signore.”
Prese la sua roba, si alzò e uscì dalla stanza.
Emma ritornò alla sua scrivania, si sentiva un fuoco e decise che forse era meglio andare in bagno. Si guardò allo specchio e ringraziò il cielo di non aver visto nessuno mentre ci andava. Capelli arruffati, viso arrossato.
Si sistemò come poteva e uscì.
Quando si sedette alla sedia sentì un forte dolore al sedere, ma le importò poco. L’orgasmo che aveva appena avuto era stato il più forte e intenso della sua vita e il dolore era una componente di tutta la situazione.
Continuò a lavorare come se non fosse successo nulla. Gli altri iniziarono ad andare a casa, lei rimase li aspettando di sapere quando poteva andare.
Il telefono alla scrivania squillò. Era lui.
“Pronto Signor Perri”
“Emma può andare a casa sono passate le 18:00 ormai, per il primo giorno può bastare”
“D’accordo Signor Perri, se non le serve altro allora vado.”
“Chiuda tutto e poi passi da me prima di andare. Grazie” e chiuse la telefonata.
Emma si chiese che cosa mai potesse volere da lei prima della serata, ma chiuse tutto, sistemò le sue cose e si affacciò alla porta del suo capo.
Bussò lievemente e lui alzò lo sguardo.
“Mi voleva vedere Signore”
“Si Emma, prenda questo prima di andare, penso che le possa servire” disse lui allungandole un sacchetto di carta dalla scrivania.
“Ehm.. grazie Signor Perri” rispose lei avvicinandosi imbarazzata e un po’ confusa.
Quando si fu avvicinata lui le sussurrò. “Usalo prima di stasera, ti servirà lurida troia vogliosa”.
Emma avvampò e prese il sacchetto.
“La ringrazio Signore” disse abbassando lo sguardo.
“Le auguro un buon week end signorina, ci vediamo lunedì” disse lui a voce alta mentre Emma si avvicinava all’uscita.
“Certo Signor Perri, buon fine settimana anche a lei”. Rispose di rimando Emma.
Quando fu da sola in ascensore Emma aprì il sacchetto. C’era un unguento con una confezione molto semplice. Senza scritta e senza indicazioni. C’era un post-it attaccato.
“Spalmalo sul culo prima di stasera”.
Emma capì che quella sera non l’avrebbe aspettata nulla di buono.
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scritto il
2020-02-20
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