La ragazza sorpresa dal vecchio maniaco
di
Adore
genere
pissing
Provavo a scaldarmi con grandi sorsi di birra e con il mio asciugamano ma niente, i tremori erano incontrollati. Seduta sulla sabbia fredda col costume bagnato, alle quattro del mattino, l'idea di dormire in spiaggia con gli amici non sembrava più tanto brillante. Ci eravamo intrufolati a tarda ora nello spazio privato di un albergo, a ridosso della spiaggia libera, per passare la notte in riva al mare. Dopo un lungo bagno nell'acqua tiepida, risate fragorose e giochi, ci eravamo radunati vicino ai due pedalò dell'Hotel Corallo. Sara, Claudia e Marco dormivano, storditi dall'alcol e dall'erba. Andrea strimpellava piano la chitarra, io ed altri stavamo ad ascoltarlo silenziosi. Ilaria e Alessandro si erano appartati ormai già da un po'.
"Raga devo fare pipì" ho sussurrato ai pochi svegli, lamentosa.
"Di nuovo? Ma potevi farla in acqua" Andrea mi scherniva, senza smettere di suonare.
"L'ho fatta ma... mi scappa di nuovo. Fa freddo!".
"Va lì vicino alla pineta e falla. A quest'ora tanto chi vuoi che ti veda".
Mi sono alzata titubante, buttando a terra l'asciugamano. Avrei voluto che qualcuno mi accompagnasse ma non volevo fare ancora la mocciosa. Così, con fare piccato, mi sono allontanata dal gruppo. La spiaggia era illuminata solo dalla luce della luna ma volevo comunque cercare di appartarmi il più possibile. Mi guardavo costantemente dietro, attenta che nessuno dei miei amici mi seguisse per farmi qualche scherzo. Sentivo la vescica gonfia, satura. Camminavo maldestra sulla sabbia, stringendo forte le cosce, non ce la facevo più. Mentre mi avvicinavo al limite della pineta, ho notato una figura emergere dagli alberi con una torcia in mano. Cazzo, sarà il guardiano. Istintivamente ho corso verso le docce per nascondermi ma mi aveva già vista.
"Fermati ragazzina", l'ho sentito arrancarmi dietro. "Qua non ci potete stare. Quante cazzo di volte devo dirvelo, imbecilli?".
Mi si avvicinava minaccioso, puntandomi la luce della torcia al viso. Era un ometto sulla sessantina. Aveva la pancia prominente fasciata a stento da una canottiera bianca con lo stemma dell'albergo, il petto villoso e la carnagione scura e segnata.
"Mi scusi... io... noi volevamo solo fare un bagno" ho mormorato, tentando di giustificarmi.
"Basta, mi avete rotto il cazzo. Siete dei delinquentelli! Scommetto che vi drogate anche. Ora chiamo i carabinieri".
Cazzo, ero fottuta. Per i miei genitori ero a dormire dalla mia amica Sara, non certo a passare la notte in spiaggia a farmi le canne. In più mi stavo letteralmente pisciando addosso. Stringevo a morte le cosce, quasi non riuscivo a stare ferma. La brezza fredda del mattino imminente di certo non aiutava. Ed ero coperta solo dal bikini striminzito.
"Ha ragione ci scusi tanto ma la prego non chiami i carabinieri. Ce ne andiamo subito lo giuro".
Volevo sembrargli sicura ma il mio tono di voce era più implorante che fermo. Il custode infatti continuava a sbraitare in dialetto e intenzionato più che mai a denunciarci. Rassegnata ormai alla mia sorte, gli ho chiesto se poteva almeno aprirmi i bagni perchè avevo urgente bisogno di fare pipì.
"Altro signorina? Vuoi anche che ti prepari il caffè?".
Rideva, noncurante della mia richiesta. Aveva già preso il cellulare dalla tasca per fare la fatidica chiamata quando ho iniziato a strepitare.
"Pezzo di merda, sei uno stronzo! Me la faccio sotto!!!!"
Ero arrivata, il basso ventre mi faceva male, stava per esplodermi la vescica. Me la sarei fatta addosso di fronte a quel vecchio malefico.
Il guardiano aveva cambiato espressione, non era più incazzato. Mi squadrava con attenzione, grattandosi il mento ispido e rimuginando sul da farsi.
"Se mi fai guardare mentre pisci non chiamo i carabinieri. Ti sta bene, stronzetta?".
In un secondo ho pensato a mille cose. Ho pensato di insultarlo, di mettermi a urlare, di scappare. Ma come un automa mi sono sfilata il pezzo sotto del costume, offrendo alla vista di quel porco il mio piccolo sesso, ricoperto di peluria. Mi sono accovacciata, a cosce larghe, e l'ho fatta. Un clamoroso getto di urina è schizzato immediatamente in orizzontale, tanta era l'impellenza. Mi sono lasciata andare ad un lungo gemito di piacere, di soddisfazione, di liberazione. Stavo letteralmente godendo, con la bocca spalancata. Ho chiuso gli occhi per non guardare il mio spettatore, che si massaggiava compiaciuto la patta gonfia. Sotto di me si era creato un lago enorme di urina, impregnando la sabbia e arrivando a toccarmi i piedi.
Dopo istanti interminabili mi sono finalmente liberata e ho riaperto gli occhi. Il guardiano si segava a pochissima distanza da me. Aveva un cazzo corto e nodoso. Ancora accucciata e a cosce spalancate, l'ho visto avvicinarsi sempre di più. Si è chinato per toccarmi la passera fradicia di piscio. Piacere e terrore mi si sono rincorsi lungo la schiena. Mi ha scansato il bikini per rivelare le tettine. Ha iniziato a succhiarmi i capezzoli, inturgiditi dalla sua lingua ruvida. Si alternava, facendo schioccare le labbra emettendo suoni osceni e goduriosi su entrambi i seni, senza smettere di menarsi il cazzo ormai violaceo. Ero pietrificata ma, ahimè, eccitata all'idea di essere alla mercè di quel maniaco. Mi ha poi infilato senza grazia il cazzo in bocca costringendomi a succhiarlo, mentre continuava a martoriarmi i capezzolini dolenti. Pochi istanti nella mia bocca sono bastati al vecchio per venire, imbrattandomi il viso e i capelli.
"Sei una gran maiala", mi guardava compiaciuto col membro semiduro che ancora gli svettava fuori dai bermuda.
"Per stavolta te la cavi, ma la prossima volta che ti trovo qui, oltre a chiamare i carabinieri, ti chiavo a sangue il culo".
Pensavo che la tortura fosse finita e mi sono accasciata a terra, tremante. Senza preavviso, senza nessun riguardo, ho sentito un getto caldo inondare il mio viso e il mio corpicino di adolescente. Il maiale mi aveva pisciato addosso.
"Raga devo fare pipì" ho sussurrato ai pochi svegli, lamentosa.
"Di nuovo? Ma potevi farla in acqua" Andrea mi scherniva, senza smettere di suonare.
"L'ho fatta ma... mi scappa di nuovo. Fa freddo!".
"Va lì vicino alla pineta e falla. A quest'ora tanto chi vuoi che ti veda".
Mi sono alzata titubante, buttando a terra l'asciugamano. Avrei voluto che qualcuno mi accompagnasse ma non volevo fare ancora la mocciosa. Così, con fare piccato, mi sono allontanata dal gruppo. La spiaggia era illuminata solo dalla luce della luna ma volevo comunque cercare di appartarmi il più possibile. Mi guardavo costantemente dietro, attenta che nessuno dei miei amici mi seguisse per farmi qualche scherzo. Sentivo la vescica gonfia, satura. Camminavo maldestra sulla sabbia, stringendo forte le cosce, non ce la facevo più. Mentre mi avvicinavo al limite della pineta, ho notato una figura emergere dagli alberi con una torcia in mano. Cazzo, sarà il guardiano. Istintivamente ho corso verso le docce per nascondermi ma mi aveva già vista.
"Fermati ragazzina", l'ho sentito arrancarmi dietro. "Qua non ci potete stare. Quante cazzo di volte devo dirvelo, imbecilli?".
Mi si avvicinava minaccioso, puntandomi la luce della torcia al viso. Era un ometto sulla sessantina. Aveva la pancia prominente fasciata a stento da una canottiera bianca con lo stemma dell'albergo, il petto villoso e la carnagione scura e segnata.
"Mi scusi... io... noi volevamo solo fare un bagno" ho mormorato, tentando di giustificarmi.
"Basta, mi avete rotto il cazzo. Siete dei delinquentelli! Scommetto che vi drogate anche. Ora chiamo i carabinieri".
Cazzo, ero fottuta. Per i miei genitori ero a dormire dalla mia amica Sara, non certo a passare la notte in spiaggia a farmi le canne. In più mi stavo letteralmente pisciando addosso. Stringevo a morte le cosce, quasi non riuscivo a stare ferma. La brezza fredda del mattino imminente di certo non aiutava. Ed ero coperta solo dal bikini striminzito.
"Ha ragione ci scusi tanto ma la prego non chiami i carabinieri. Ce ne andiamo subito lo giuro".
Volevo sembrargli sicura ma il mio tono di voce era più implorante che fermo. Il custode infatti continuava a sbraitare in dialetto e intenzionato più che mai a denunciarci. Rassegnata ormai alla mia sorte, gli ho chiesto se poteva almeno aprirmi i bagni perchè avevo urgente bisogno di fare pipì.
"Altro signorina? Vuoi anche che ti prepari il caffè?".
Rideva, noncurante della mia richiesta. Aveva già preso il cellulare dalla tasca per fare la fatidica chiamata quando ho iniziato a strepitare.
"Pezzo di merda, sei uno stronzo! Me la faccio sotto!!!!"
Ero arrivata, il basso ventre mi faceva male, stava per esplodermi la vescica. Me la sarei fatta addosso di fronte a quel vecchio malefico.
Il guardiano aveva cambiato espressione, non era più incazzato. Mi squadrava con attenzione, grattandosi il mento ispido e rimuginando sul da farsi.
"Se mi fai guardare mentre pisci non chiamo i carabinieri. Ti sta bene, stronzetta?".
In un secondo ho pensato a mille cose. Ho pensato di insultarlo, di mettermi a urlare, di scappare. Ma come un automa mi sono sfilata il pezzo sotto del costume, offrendo alla vista di quel porco il mio piccolo sesso, ricoperto di peluria. Mi sono accovacciata, a cosce larghe, e l'ho fatta. Un clamoroso getto di urina è schizzato immediatamente in orizzontale, tanta era l'impellenza. Mi sono lasciata andare ad un lungo gemito di piacere, di soddisfazione, di liberazione. Stavo letteralmente godendo, con la bocca spalancata. Ho chiuso gli occhi per non guardare il mio spettatore, che si massaggiava compiaciuto la patta gonfia. Sotto di me si era creato un lago enorme di urina, impregnando la sabbia e arrivando a toccarmi i piedi.
Dopo istanti interminabili mi sono finalmente liberata e ho riaperto gli occhi. Il guardiano si segava a pochissima distanza da me. Aveva un cazzo corto e nodoso. Ancora accucciata e a cosce spalancate, l'ho visto avvicinarsi sempre di più. Si è chinato per toccarmi la passera fradicia di piscio. Piacere e terrore mi si sono rincorsi lungo la schiena. Mi ha scansato il bikini per rivelare le tettine. Ha iniziato a succhiarmi i capezzoli, inturgiditi dalla sua lingua ruvida. Si alternava, facendo schioccare le labbra emettendo suoni osceni e goduriosi su entrambi i seni, senza smettere di menarsi il cazzo ormai violaceo. Ero pietrificata ma, ahimè, eccitata all'idea di essere alla mercè di quel maniaco. Mi ha poi infilato senza grazia il cazzo in bocca costringendomi a succhiarlo, mentre continuava a martoriarmi i capezzolini dolenti. Pochi istanti nella mia bocca sono bastati al vecchio per venire, imbrattandomi il viso e i capelli.
"Sei una gran maiala", mi guardava compiaciuto col membro semiduro che ancora gli svettava fuori dai bermuda.
"Per stavolta te la cavi, ma la prossima volta che ti trovo qui, oltre a chiamare i carabinieri, ti chiavo a sangue il culo".
Pensavo che la tortura fosse finita e mi sono accasciata a terra, tremante. Senza preavviso, senza nessun riguardo, ho sentito un getto caldo inondare il mio viso e il mio corpicino di adolescente. Il maiale mi aveva pisciato addosso.
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