La tempesta

di
genere
etero

Cerco di non incrociare il suo sguardo. Il silenzio che riempie la stanza appena finisce un litigio non lo sopporto. E' così invadente, così assordante. Non è un silenzio naturale. E' voluto, è rimarcato. Ne sento la pesantezza sulle spalle, mi fa male alla base della testa. Ho il respiro affannato, il petto non smette di andare su e giù. Ho urlato, lui di più. Perchè non so mai quando è il momento di tacere, di lasciar perdere. Devo rispondere, sempre. Devo avere l'ultima parola. E lui questo non lo sopporta. Si sta massaggiando le nocche per il pugno che hai tirato al tavolo. Avrebbe voluto che al suo posto ci fosse la mia faccia, lo so. Come dargli torto?

Sto in piedi, in un angolo, a guardare fuori dalla finestra. Cerco di calmarmi, di trovare le parole. Non sono una che tiene il punto, non ce la faccio proprio. Posso dire le cose più cattive e meschine del mondo se sono arrabbiata, ma in cinque minuti la tempesta passa. Ho voglia di fare la pace. Ma non so come avvicinarmi, non so cosa dirgli. Ho quasi timore. Timore di lui, di litigare ancora. Timore che possa respingermi. Il rifiuto non lo sopporto. Mi sento come in un cartone animato, ho la testa piena di ingranaggi che corrono, ruotano all'impazzata tutti insieme. L'ho guardato di sottecchi, si è alzato senza degnarmi di uno sguardo e ha lasciato la stanza come una furia, sbattendo la porta. E' troppo, crollo. Le lacrime iniziano a rigarmi il viso e non posso fermarle. Tento di ricacciarle indietro ma non ci riesco. Provo almeno a piangere silenziosamente, ma i singhiozzi mi vengono su incontrollati.

"Non piangere, non farmi questo".

Lo sento arrivare alle mie spalle. Vorrei dire qualcosa per giustificarmi ma le parole mi muoiono in gola. Piango ancora più forte.

"Non punirmi con le tue lacrime. Lo sai... odio vederti piangere".

Lo so, è vero. Cerco di ricompormi e di lasciare la stanza, senza passargli troppo vicino. Ma mi blocca. Mi costringe a guardarlo negli occhi. Sono buoni e caldi, anche se il viso è ancora contratto dalla rabbia. Mi tiene forte il polso, forte da farmi male. Mi porta l'altra mano al viso e delicatamente mi asciuga le lacrime.

"Ti amo..." riesco a mormorare.

Lo guardo supplichevole, avvicinandomi sempre di più. I nostri nasi ormai si toccano. Un battito di ciglia e le nostre bocche sono l'una contro l'altra. Mi bacia forte, con violenza, con disperazione. Mi manca il fiato, eppure non riesco a staccarmi. E' come se volesse rubarmi l'aria, respirarla al posto mio, vivere del mio respiro. Sento le sue mani forti sulle spalle che, improvvisamente, mi fanno arretrare.

"... e io... ti odio".

Lo dice sussurrando, contratto in una smorfia di dolore. Come se le parole gli fossero salite direttamente dallo stomaco. E gli avessero fatto del male.

In un attimo mi è di nuovo addosso. Ci spogliamo a vicenda con foga. Saltano i bottoni della sua camicia, il mio vestito finisce a terra. E' una sensazione che non si può spiegare. Sento la pelle in fiamme ed ho la certezza che il contatto con la sua possa lenire il bruciare.

Mi prende contro il muro. Affonda i denti nel mio collo, famelico. Ho le dita intrecciate nei suoi capelli, tiro più forte che posso per ributtargli indietro la rabbia, la fame, la frustrazione. Mi penetra con violenza, ogni colpo mi fa sussultare e gemere forte, sempre più forte. Scendo ad aggrapparmi alle sue spalle, lo graffio di proposito. Sento i suoi muscoli in tensione. Mi sta dando tutto se stesso, come se volesse scaricare via un veleno. Un veleno che non vedo l'ora di accogliere.

Mi stringo a lui con tutta la forza che ho, intrecciandogli le gambe dietro alla schiena. Sei mio, sei in trappola, non lasciarmi, penso. Mi premo contro di lui, mi manca il respiro. Chiudo gli occhi, abbandonandomi ad un piacere violento che mi fa tremare fino alle punte dei piedi.

Ancora scossa gli prendo il viso tra le mani e lo accarezzo delicatamente. E' contratto per lo sforzo. Lo guardo negli occhi e, con tutta la dolcezza e la devozione di cui sono capace gli dico, sfiorandogli le labbra:

"Vienimi dentro".

Basta poco, qualche istante. E mi esaudisce. Senza mai smettere di guardarmi. A terra, stanchi e spossanti, finiamo per accoccolarci insieme.

La tempesta è finalmente passata.
di
scritto il
2020-04-22
2 . 8 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Forse è stato un errore
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.