Il cazzo scappellato di zio Domenico

di
genere
incesti

Non sapevo di avere uno zio. O, meglio, lo sapevo che Domenico era il fratello di mio padre, ma sapevo anche che la sua esistenza era stata cancellata dai miei familiari. Questioni di interessi legati a eredità (così almeno avevo capito) avevano diviso drasticamente mio padre e il suo unico fratello, Domenico. Come spesso accade in Sicilia.
Poi all'improvviso la riconciliazione: papà e Domenico erano ritornati fratelli dopo vent'anni di una lite che sembrava irrimediabile.
Una sera, a casa mia venne organizzata una cena con ospite d'onore lo zio Domenico, il parente ritrovato. Lui, scapolo impenitente e tombeur de femme dal pedigree di tutto rispetto, si presentò puntuale alle 20 con un mazzo di rose per mia madre e con un vassoio di cannoli di ricotta della migliore pasticceria. La riappacificazione andava festeggiata.
Mia madre, che in cucina è brava quasi quanto a letto, preparò una cena a base di pesce da leccarsi i baffi. Dopo gli antipasti - polipi, sardine a beccafico, polpettine di tonno e ricotta, caponata di pesce capone e poi formaggi di ogni varietà, panelle fritte e crocché, arancine di riso -, due primi - pasta con le sarde e maccheroni alla norma -, come secondi calamari ripieni al forno e involtini di pesce spada e, infine, la cassata e naturalmente i cannoli portati dallo zio. Una cena luculliana, insomma, innaffiata da vini bianchi e rosati di primissima qualità.
La cena durò almeno tre ore, durante le quali ci abbuffammo come difficilmente accade e conobbi finalmente zio Domenico. Un tipo fighissimo. Capigliatura intatta malgrado i 55 anni, occhi verdi capace di sedurre col solo sguardo "malandrino", fisico giovanile, alto e muscoloso quanto basta e soprattutto un fascino mediterraneo al quale era difficile resistere: modi risoluti e dolci, eleganti ma non affettati, voce maschia, loquela accattivante. Non occorreva molto a capire come mai nella sua vita avesse collezionato tantissime scopate. Inoltre, che fosse un porco che ci provava con tutte lo rivelò anche quella sera durante la cena. A un certo punto sentii il suo piede sfiorare le mie gambe e poi, addirittura, incunearsi tra le mie cosce. Effetto del vino, pensai tra di me, ma la cosa non mi dispiaceva affatto, anzi. Io avevo addosso una camicetta rosa corallo sbottonata sul seno che s'intravedeva in tutta la sua prosperità; una gonnellina bianca cortissima all'inguine, autoreggenti grigie velatissime, décolleté rosse con tacco 12 e plateau; quanto all'intimo avevo deciso, chissà perché, di non indossarlo. Truccatissima con tonalità sobrie ma tali da far risaltare i miei occhioni neri e la pelle chiara del viso; i capelli castani lunghi sciolti lungo la spalla, la frangetta davanti che mi copriva un po' la fronte, unghia smaltate color avorio. Non vorrei apparire vanitosa ma, malgrado o forse grazie ai miei 18 anni e all'aspetto adolescenziale (ho sempre dimostrato almeno un paio d'anni in meno), mi difendevo bene dalla concorrenza di quella bonazza di mia madre. Che si era vestita elegantissima e sex con un completino Liu Jo e con calzature Louboutin e accessori (collana, braccialetti, anelli) raffinatissimi: roba da migliaia di euro.
La cena, come vi ho già detto, durò a lungo e il piedino di quel porco dello zio si intrufolò anche tra le gambe di mia madre. Se qualcuno avesse assistito alla cena si sarebbe accorto di certe occhiate non proprio amichevoli tra mia madre e me: ciascuna di noi due bramava per la stessa preda. Anche se, visto lo "spettacolo" da un'altra angolazione, eravamo noi le prede e Domenico il cacciatore. E papà? Lui è un tipo impenetrabile, non si capisce mai che cosa veramente stia pensando. Aveva capito tutto o era inebriato dall'alcol?
Finimmo di cenare che si era fatta notte. Troppo tardi per far tornare a casa lo zio. Fu mio padre a invitarlo a dormire nella stanza degli ospiti. Lui e mia madre andarono a coricarsi nel letto matrimoniale, io nella mia stanzetta piena di peluche e, nascosti nel cassetto, di falli di gomma e dildo.
Non riuscivo a dormire; ero troppo appesantita dalla cena abbondante o era l'effetto di quel piedino dello zio sotto il tavolo?
Mentre combattevo coi cuscini in cerca di un'improbabile sonno, sentii i gemiti di mia madre: papà la stava scopando di brutto. La cosa mi eccitò parecchio. Mi alzai e mi recai al soggiorno per bere un po' d'acqua. Chi vedo? Zio Domenico: anche lui non riusciva a chiudere occhio e aveva sete.
- Che cena, Rosina, non mangiavo così bene e tanto da una vita - mi disse Domenico spogliandomi con gli occhi (avevo una sottoveste nera col pizzo e ciabattine con tacco e piume rosa).
- Già, io non ci sono abituata e adesso ho una sete... - e, mentre rispondevo, mi accorgevo che senza volerlo la mia voce sprigionava tutta la mia voglia.
- Sei bellissima, Rosina, non credevo di avere una nipotina così carina.
- Oh grazie, sei molto gentile.
- E' la verità, Rosina, chissà quanti ragazzi ti corrono dietro.
Domenico non si fece pregare. Mi accarezzo il viso e i capelli, mi diede un bacino sulla fronte, un altro sulla guancia, poi dietro le orecchie e infine sulla bocca: le nostre lingue si cercarono e si trovarono insalivandoci a vicenda. Non passò molto tempo che finimmo sul mio letto, i nostri corpi si intrecciarono mentre scorreva la colonna sonora dei gemiti della scopata tra papà e mamma.
Quando vidi il suo cazzo rimasi basita. Lui se ne accorse.
- Non mi dire che non hai mai visto un cazzo? non ci crederei neanche se lo giurassi
- Posso giurarlo - risposi spavalda.
- Dai, sei davvero una bugiarda, non si giura mentendo.
- Ma io non mento, Domenico, giuro che non ho mai visto un cazzo come il tuo.
Ed era vero: un cazzo così grosso e scappellato, venoso, palpitante, invitante come il suo, malgrado la mia passione per la minchia, non l'avevo mai visto.
Glielo succhiai con la passione che mai prima d'allora avevo manifestato facendo pompini. Lo assaporai voluttuosa, gli leccai la cappella dopo averci sputato addosso mentre lo accarezzavo e menavo con la mano. Lo ingoiai tutto sino alla gola e bevvi ogni goccia della sua sborra calda. Lui sborrò più volte e fu bellissimo quando inondò di sperma tutto il mio corpo e il mio viso. Senza contare che erano rimasti dei cannoli e che lui spalmò la ricotta che vi era dentro nelle mie fessure confondendosi quel bianco col bianco della sborra. Mi scopò in tutte le posizioni facendomi godere come una pazza e naturalmente i miei gridolini (oh come mi sbatteva forte!) si sentirono in tutta la casa. Giunsero anche alle orecchie dei miei genitori, che interruppero le loro "cavalcate" . Ed eccoli nudi nella mia stanza mentre i nostri corpi rotolavano avvinghiandosi.
-Ma che fate? - disse papà, che sembrava turbato da quelle scene da film hard.
Neanche fece il tempo di parlare che quella troia di mia madre si avventò sul cazzo di Domenico e cominciò a succhiarlo. Debbo ammetterlo: a spompinare era più brava di me e poi quel cazzo davvero ispirava, perfino una devotissima monaca di clausura non avrebbe resistito alla voglia di succhiarlo. E come lo guardava negli occhi, languida e porca, mia madre, mentre gustava il suo cazzo.
Io, stanca di essere sbattuta, mi ero messa di lato e, generosa (dopotutto era mia madre e un po' di riconoscenza da parte mia le spettava di diritto), le avevo lasciato quel maschio tutto da spolpare. Sgranavo gli occhi ammirando la sua abilità nel succhiare e la potenza di quel cazzo imperiale quando sentii una mano che mi accarezzava da dietro. Poi due colpi secchi in mezzo alle natiche. Il cazzo s'infilò nel mio culo facendomi un po' male.
Mi girai, lo guardai sbigottita e, in preda alla goduria condita di stupore, dissi con voce languida: - Che stai facendo, papà?
scritto il
2020-07-09
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