Carmela è la moglie di Salvatore cap 4

di
genere
dominazione

Il pomeriggio passò senza troppi intoppi: i ragazzi lavorarono in officina tranquillamente, Salvatore sparì dietro alla porta dei cessi senza farsi vedere e Carmela restò tutto il tempo nel mio ufficio. Le diedi un armadietto, di quelli a due ante in metallo, e le consegnai le chiavi del lucchetto: "Carme' qui ci metti le tue cose per cambiarti. L'intimo, i vestiti e le scarpe, tutto deve stare qui dentro in ordine e pronto all'uso. Portati pure dei cosmetici e dei profumi; devi stare sempre in ordine, intesi?"
Carmela capì al volo e iniziò a sistemare le poche cose che al momento aveva, poi prese un foglio e trascrisse tutti i debiti che aveva con i colleghi; mise in colonna i nomi e in corrispondenza gli importi da restituire. Attaccò il foglio all'interno dell'anta e mi disse: "così ogni mattina mi ricordo anche del debito"
"fai bene a tenere il conto, quelli in officina potrebbero imbrogliarti"
"già!" e attaccò l'ultimo angolo del foglio di carta.

Alle 17 esatte la sirena avvisò la fine della giornata di lavoro e i ragazzi andarono via.
Quando l'ultima auto partì dal parcheggio dissi a Carmela di andare a chiamare il marito e andare via, ci saremmo rivisti il giorno dopo puntuali alle 8.
Carmela salutò, forse incredula, forse pensava di doversi concedere ancora una volta, poi notò la mia indifferenza e andò via.

Il mattino dopo alle 8 ero puntuale in ufficio, Carmela era ad aspettarmi nella saletta d’attesa, evitai di guardarla e proseguii; di Salvatore non c'era traccia. Entrai e salutai la segretaria: "buongiorno Pina"
"giorno"
"dove sta?"
"se n'è andato diritto ai cessi"
"perfetto, mi porti un caffè? Anzi, fammelo portare da quella baldracca, da oggi è lei l'addetta al mio caffè" e mi avviai verso l'ufficio.

Tempo 5 minuti e bussarono alla porta:
"avanti"
La porta si aprì ed entrò Carmela radiosa come non mai. Aveva indossato una gonna grigia a righe strette e nere, cortissima, che andava oltre le mie più rosee aspettative: praticamente la figa era un centimetro sopra l'orlo della gonna. Le calze con la fascia autoreggente in totale bella mostra, avevano la riga nera nella parte posteriore. Ai piedi aveva delle decolté che non erano quelle del giorno prima perché coperte di strass sul tacco. Sopra aveva una maglia con lo scollo a V, bella vaporosa e ampia, con i capezzoli turgidi che gonfiavano il tessuto e marcavano la loro presenza. Il cartellino l'aveva sul capezzolo di destra e l'aveva appuntato da sopra alla maglia. Il trucco era molto più marcato del giorno prima, soprattutto sugli occhi, e le tonalità erano quelle dei grigi e dei blu. Gli orecchini a cerchio di diametro immenso e oggi non aveva gli occhiali a fare da frontino, ma aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle. Vestita da zoccola, zoccola e volgare, ecco la sintesi.

"don Antò buongiorno, vi ho portato il caffè"
e avanzò mal ferma sui suoi tacchi troppo alti e troppo sottili. Ancheggiava goffamente ma l'impegno era da premiare.
Le andai incontro:
"buongiorno, tutto bene?"
e presi la tazza dalle sue mani, lei si sistemò i capelli dietro l’orecchio liberando una scia di pessimo profumo femminile, si abbassò in ginocchio e rispose:
"tutto bene don Antò. Permettete che inizio a lavorare?"
feci un segno col capo e risposi mentre già tirava fuori il cazzo: "brava, così devi comportarti. Succhia troia, succhia."
Avida ed energica prese a pomparsi il cazzo in gola, poi mi guardò e sapendo che avrei apprezzato cominciò a parlare:
"come e' buono...il cazzo vostro don Antò... E' gustoso...tiene un sapore buono" e si lasciò andare in una serie di pompate molto veloci ricoprendo l'intera nerchia di tanta saliva, evidentemente era in apnea e per quei lunghi secondi di rapide pompate tacque. Poi rallentò, prese aria e disse: "vi piace quando faccio…lo yo-yo?...Sono brava?...A me...quando faccio così...mi sembra di essere uno yo-yo...che sale e scende veloce...veloce" e riprese, ad occhi chiusi con quella pazzesca serie di poco prima. Non mi feci sfuggire l'occasione e le piantai una mano aperta sulla nuca e le diedi un ritmo ancor più veloce. Non durò molto e si staccò per prendere fiato.
Iniziò a lavorare di mano e a guardarmi mentre se lo passava sul viso:
"don Antò, la volete sapere una cosa?"
disse mentre io posai la tazza sulla scrivania, attesi qualche altra smanettata e mi staccai facendole segno di mettersi a pecora sulla scrivania.
"che e' successo?...Salvatore ci ha provato ieri sera? Voleva fotterti?"
"no, no, anzi..."
"anzi che?..." e scostandole il perizoma iniziai ad ispezionarle la figa con 2 dita. Era già fradicia la troia e forse l'averla girata a pecora era stata per lei un'ottima scelta.
Continuai la mia ispezione standole alle spalle e, lasciando i suoi umori a colarmi sulla mano, attesi che mi rispondesse:
"don Antò...ieri mio marito...si e' fatto infilare da me...di tutto..nel culo" io ispezionavo e dilatavo e lei parlava, poi riprese: "diceva...meglio che mi abituo...don Antonio prima o poi...pure me lo mette...in culo. Meglio che mi abituo" e le dita nella figa diventarono 3, poi non mi trattenni e afferrai il cazzo dirigendolo verso la figa.
Senza intoppi entrai in un sol colpo, lento e profondo che le smorzò le parole in gola.
"e che gli hai messo?" riuscii a chiedere mentre la pompavo piano. Lei si mordeva le labbra e prese una mia mano, quella che l'aveva ispezionata e, ancora sporca di umori, la portò alla bocca. Mezza voltata iniziò a leccarla.
Con le miei dita in bocca disse: "prima...una spazzola...il manico di una spazzola...ma non entrava…poi una carota...doppia...doppia...ci vorrebbe il...cazzo vostro don Antò...in culo a Salvatore" e si lasciò andare venendo con parecchi mugugni e gridolini. Si puntellò su entrambe le braccia e, completamente presa dal suo piacere, si lasciò andare.
Anche io non mi trattenni, quella troia di Carmela aveva la capacità di mandarmi fuori di testa; l'afferrai per i fianchi e in pochi colpi la riempii di seme. Lei assecondò i miei colpi finali con un meraviglioso movimento del bacino, in pratica roteava i fianchi facendosi arrivare la cappella alla cervice e le palle a sbattere contro l'esterno della figa. Venni e le versai parecchia sborra nel profondo del suo ventre mentre le mie mani le lasciavano dei segni rossi sui fianchi.
Mi venne un'idea: lesto le sfilai il cazzo e le chiusi il perizoma sul buchetto, le spostai una mano sulla figa alla maniera di tappo e le dissi: "vai a farti pulire, corri che la perdi tutta"
Carmela chiese il permesso per uscire e si incamminò rapida camminando sulle punte a piccoli passetti, come chi si trattiene dal pisciarsi addosso. La seguii e la vidi correre in questa maniera goffa e ridicola mentre attraversava l'officina con una mano in mezzo alle cosce e l’andatura saltellante sulle punte.
La sentii anche chiedere: "dove sta quel cornuto?" e l'officina chiedergli: "che c'è Carmè? Ti serve una mano?" e lei rispondere" mi serve o' cornuto, mi deve fare il bidet" e tutti a ridere. Sparì dietro la porta dei cessi e io tornai in ufficio.

Dopo una quarantina di minuti Carmela tornò in ufficio, bussò, attese ed entrò.
Durante la sua assenza avevo ispezionato l’armadietto e avevo notato parecchi capi interessanti: c’erano delle microgonne ma anche degli hot pants, un bel pò di intimo e 4 paia di scarpe. Colsi l’occasione per sistemare in un cassetto interno alcune cose che avevo portato da casa: misi all’interno del cassetto un collare di pelle nera con un grosso anello che univa le 2 metà da una parte e la classica fibbia dall’altra, completai il corredo con un guinzaglio abbinato. Più dietro, nel cassetto, sistemai una scatoletta di cartone con all’interno un costrittore fallico che si chiamava Jail. Il costrittore l’avevo preso il pomeriggio prima in un sexy-shop, mentre rincasavo, mentre il collare era un accessorio molto gradito di una mia ex.
Carmela mi vide con le mani tra le sue cose, notò il guinzaglio e il collare e mi guardò interrogativa. Feci finta di niente e stemperai la tensione.
“ti ha pulita?”
“tutta don Antò, gli ho fatto leccare tutto, anche il perizoma mi sono fatta pulire”
“ha gradito?”
“don Antò sembrava un pazzo. Gli ho detto tiè don Antonio ti manda il caffè e gli ho messo la figa in faccia, lui ha chiuso gli occhi e per poco non mi faceva venire. Io lo chiamavo ricchione e frocio e lui…e lui…si è segato”
“ah! Si è segato?!?”
“si, mi ha detto di non dirvelo. Mò sta fottuto dalla paura…”
“lo teneva il nastrino con la fede?”
“si!”
Tirai le mie conclusioni e dissi a Carmela sparire, avrebbe aiutato Pina fino all’ora di pranzo.

Alle 13 esatte Carmela mi portò il pranzo e mangiammo insieme in silenzio, io alla mia scrivania e lei su una sedia. Passarono neanche 10 minuti e Pina mi annunciò che c’erano dei dipendenti che volevano parlarmi. Li feci passare.
Entrarono in 3 chiedendo permesso e salutando.
"don Anto' permettete il disturbo per 5 minuti, teniamo una cosa da dirvi"
Posai il panino:
"e' successo qualcosa?"
"no, no, tranquillo capo. Volevamo parlare di Carmela e di...quel pezzo di merda nel cesso"
"ah, allora e' una cosa importante. Sedetevi ragazzi e ditemi"
Mi alzai e feci loro segno di prendere posto sulle sedie, dissi a Carmela di alzarsi e lasciare libera la sua sedia: "vai a chiamare il tuo maritino, digli che deve correre subito in ufficio"
Quando Carmela uscì andai ad aprire il suo armadietto, aprii il cassetto, mentre i 3 mi guadavano interrogativi, e tirai fuori il collare col guinzaglio e la scatola col costrittore. Guardai i ragazzi e mostrai gli oggetti, sghignazzarono e presi posto davanti alla scrivania aspettando l’arrivo di quei due.

Tempo 5 minuti e Carmela bussò alla porta: "don Antò sono tornata...e ci sta pure mio marito"
"brava, entrate. Tu in piedi e la merda a quattro zampe, come un cane" ordinai subito.
Carmela e Salvatore entarono, la porta si chiuse, Salvatore salutò.
"venite avanti, che i ragazzi voglio parlare di voi"
avanzarono e si fermarono praticamente al centro di un cerchio fatto dalle 3 sedie e dalla mia scrivania. Salvatore era ad occhi bassi, come a voler evitare qualsiasi contatto con noi, mentre Carmela a testa alta si mostrava ai presenti, ancheggiando come una troia sui suoi tacchi malfermi.

"allora, chi inizia a parlare?"
"don Antò, parlo io a nome di tutti" disse Pietro e continuò: "questi 2 tengono un grosso debito con noi e noi...per farla breve…ci siamo rotti le palle di aspettare i comodi di questo ricchione" e nel dirlo indicò Salvatore, poi continuò: "sono 4 anni che questo frocio non si fa acchiappare per pagarci, mo' che sta a lavorare con noi vogliamo risolvere tutto rapidamente. Ne abbiamo parlato tra di noi e tranne Vittorio siamo tutti d'accordo"
"di che si tratta?"
mi spostai dalla scrivania avanzando verso Carmela e aspettando la descrizione della loro idea, il fatto stesso che mi fossi mosso fece calare il silenzio e tutti si misero a guardare cosa stessi facendo.
Mi avvicinai a lei e fissandola dissi: "giù" e lei prese posto in ginocchio.
Non le diedi il tempo di toccare il mio cazzo che le passai dietro e mi misi alle sue spalle. Le sollevai i capelli dal collo e le feci scorrere il collare lentamente sulla pelle, lei sentì la pelle sfregare e fece per voltarsi ma con una mano le feci capire che non era il caso.
Strinsi la fibbia e girai il collare per avere l'anello a mio favore, le fissai il guinzaglio e diedi un colpo leggero a tirare e vidi il suo collo cedere e seguire la tensione.
Tirai ancora e lei seguì docile ma perplessa, quindi la feci alzare guidandola delicatamente davanti al marito, mi avvicinai all’orecchio e le sussurrai: "cagna…sfilagli il nastrino"
Carmela si chinò e posta dietro al culo di Salvatore, in pochi istanti sfilò nastrino e fede.
"mettiglieli in bocca" e si spostò verso il viso, poi guardando Salvatore aspettò che aprisse le labbra e gli posò il nastrino sulla lingua.
Le passai la Jail: "sai cos'e' questa?"
lei la guardò per qualche istante e disse: "mai vista"
"e tu? Sai cos'e'?" rivolgendomi al marito
"no, don Antò"
mi voltai verso i ragazzi mostrando il costrittore: "questa è una pratica gabbietta per uccellini piccini piccini. Tutti ci siamo accorti che l'uccellino di Salvatore si mette in allegria quando vede la sua signora a chiavare...appena Carmela sta con un cazzo in bocca, l'uccellino si elettrizza...e noi non vogliamo questo. Noi non vogliamo che l'uccellino di Salvatore diventi duro duro quando Carmela chiava. Vero? Sapete ragazzi, oggi questo frocio si è sparato una sega mentre leccava la mia sborra dalla figa della moglie e questa non è una bella cosa. Quindi...lo chiudiamo nella gabbietta, così sta buono buono e ci evita il vomito. E sarà così tutte le volte, chiaro coglione?” e con la punta della scarpa gli feci pressione sul mento per fargli alzare la testa. Il contatto visivo duro pochi secondi, poi Salvatore abbassò gli occhi.
Porsi il costrittore a Carmela: ” Prego Carmela, metti in gabbia l'uccellino e mi raccomando...toccalo poco che quello subito alza la testolina", nel parlare le mostrai rapidamente come aprirlo e chiuderlo. Lei eseguì rapida e quando fece scattare il lucchetto lo guardò per un attimo negli occhi con un ghigno.
"ora legagli la fede in punta, così, giusto per fargli tenere un accessorio rosa e per ricordagli quello che vale come marito" e Carmela recuperò il nastrino dalla bocca del marito e china lo fissò mentree tra lo stupore generale disse: “fattela ora una sega, ricchione”.

Salvatore si guardava tra le gambe mentre veniva imprigionato; ebbe un solo sussulto quando il metallo freddo tocco il cazzetto, poi apatia totale e tornò nella sua posizione con gli occhi fissi al pavimento.
Rivolgendomi a Salvatore dissi: "stai bene, lo sai? Il rosa ti dona”
Presi il guinzaglio e tirai Carmela verso di me, la voltai verso i ragazzi e presi posto sulla schiena di Salvatore facendo sedere Carmela al mio fianco dal lato della testa del marito, poi legai il guinzaglio al braccio di Salvatore, come a bloccare un cane ad un paletto e dissi:"dicevamo, di che si tratta?"

Pietro che stava parlando riprese: "beh, la nostra idea è di farci pagare con un po' di straordinario in mezzo alle cosce della signora: a fine turno, chi deve avere i soldi si intrattiene con Carmela per un’ora senza che voi ci rimettete, don Antò. Si stabiliscono i turni e si dividono i soldi per le ore per sapere ad ognuno quante ne spettano; marchiamo il cartellino e per un'ora ci facciamo fare lo straordinario"
Mentre Pietro parlava io tenevo le mani in mezzo alle cosce di Carmela, 2 dita erano a giocare sulla figa e una mano a strusciare i capezzoli. Carmela teneva le cosce aperte dal lato della nuca del marito e quasi subito vidi i suoi umori inumidirgli il collo.
Poi dissi: "bell'idea, mi sembra ben organizzata e valida. Sentiamo, quanto verrebbe ad ora stà puttana?" e ripresi a sgrillettare.
"don Antò gli stessi euro di un'ora qua dentro che prende quel pezzo di merda"
"quindi, considerando lo straordinario, diciamo 7 euro all'ora"
"esatto don Antò. Io che devo avere 30 euro sarebbero, arrotondando, 4 ore, Giacomo 3 ore e così via. Solo Vittorio non lo vuole fare perche avanza più di 100 euro e vuole i soldi"
Acconsentii: "va bene, per me si può fare, così la chiudiamo in un paio di mesi questa storia" Carmela si stava scaldando e con il bacino faceva pressione sulla mia mano e, ovviamente, sulle spalle del marito.
“Totò tu che dici? Il debito lo paga in natura quella puttana di tua moglie?”
Chiesi colpendolo con uno schiaffo sul costrittore.

…continua…
scritto il
2011-10-25
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