Capitolo 8
di
Babi e Gregorio Erizzo
genere
trio
Continua a venirmi in mente Suor Gertrude.
Come diavolo gli è venuto in mente di associarmi a lei?!
Volevo quasi andare a leggermi il Capitolo 9 dei Promessi Sposi, da tanta è la curiosità.
È strana 'sta roba, perché di solito me ne frego altamente di cosa pensano gli altri di me.
Beh, comunque, niente lettura.
Ieri sono uscita.
E porca miseriaccia, ho davvero esagerato.
Lo capisco ancora più chiaramente, come se ce ne fosse bisogno, appena esco dal palazzo e i rumori del mondo m’investono come un tir.
Ho la testa che mi scoppia e lo stomaco ancora devastato dalla tequila di ieri sera.
Eppure lo so, che la tequila mi mette K.O..
Perchè mi ostino a berla?!
Mi fa pure schifo!!
Non avrei dovuto accettare l’invito ad uscire di Paolo.
Invito, per bere qualcosa con lui ed il suo amico.
Amico, che proprio non ricordo come si chiama.
Io sono proprio uno strazio a ricordare i nomi, figuriamoci poi, dopo non so quanti shot di tequila…
Passo come uno zombie con gli occhiali da sole, di fianco al bar.
Il solo poter pensare di poter, per sbaglio, sentire odori di cibo o caffè mi fa venire la nausea.
È quasi ora di pranzo.
Me ne rendo conto vedendo la spiaggia mezza vuota e le persone sedute ai tavoli a mangiare.
Mentre cammino sulla passerella per raggiungere il mio ombrellone, noto due cose.
La Prima, la più importante: Paolo non è nella sua postazione. Probabilmente è in pausa pranzo e questa è una cosa positiva, dato i ricordi che ho di ieri sera.
La Seconda, è che il paparino è da solo con i due nani.
Sposto immediatamente il lettino all’ombra. Non ho la minima voglia di mettermi al sole e patire. Sto già soffrendo abbastanza di mio.
Riesco a stento a sostenere la pena di sopravvivere oggi.
Ignoro completamente il papino e la sua prole.
Forse perché sono un po’ troppo “normali” per la mia coscienza ancora in hangover.
Forse perché mi urta ancora il pensiero che lui mi abbia dato della monaca.
Forse perché inverosimilmente, spero, ignorandoli, di non farmi sfrantumare l'udito da quei due nanerottoli che gli girano intorno.
Guardo la postazione vuota di Paolo.
Non riesco a decifrare la sensazione che mi dà il farlo.
È strana.
Non bella. Non brutta.
Ma forte.
Troppo forte, in realtà.
Al limite del fastidio.
Come per spiegarmene il motivo, la mia mente si fa un involontario riassunto della serata di ieri.
Io che l'ho raggiunto in uno dei locali sul viale centrale.
Lui che mi ha presentato l’amico con cui è uscito a bere.
Una specie di copia di Paolo stesso, forse un po' meno tamarra, forse un po’ meno muscolosa e sicuramente più biondiccia.
«Dici che Eva riesce a starci dietro nella Via Crucis?» Ha chiesto Paolo al suo amico.
Io che ho pensato che, perdincibacco, dovevo ricordarmi di chiamarmi "Eva" e non fare figuracce durante la serata.
Ho chiesto cosa intendessero per "Via Crucis"…
L'amico mi ha spiegato: «È un gioco che facciamo io e lui... Ci facciamo un giro a piedi, entriamo in ogni bar che incrociamo e beviamo uno shot di qualcosa. Ma dev’essere sempre la stessa cosa... Però non è che è una cosa proprio per signorine...»
Io che avevo voglia di frantumargli l'attaccatura tra naso e bocca, con una mazzata.
«...Perché ci sono signorine a questo tavolo?» Gli ho chiesto, con l'odio profondo che provo quando la gente mi sottostima solo perché sono una ragazza.
Paolo ha riso e mi ha detto: «Però ci sono regole da rispettare…» Facendo lo sbruffone.
Io gli ho rispostoo senza mica dargli tanta soddisfazione: «E quali sarebbero?» Dimostrandomi per nulla intimidita.
Lui mi ha detto: «Beh, se salti una bevuta perdi la sfida…»
Il suo amico ha pure puntualizzato: «...E devi pagare pegno!»
«E il pegno chi lo decide?» Ho chiesto io.
Il biondino che mi sembrava convinto che fosse una passeggiata: «Chi vince… Ovviamente…» Baldanzoso.
Per conferma, ho chiesto esplicitamente: «Quindi se giochiamo in tre, può perdere solo una persona, ho capito bene?»
Paolo ha detto: «Esatto…mmhh, ci stai ripensando.» Fissandomi, sicuro che mi stessi per tirare indietro.
Ripensandoci ora, è davvero stupefacente come alle volte, io riesca ad infilarmi in situazioni, in cui solo una scema si metterebbe.
«Ho solo una domanda…» Ho detto io, avvicinandomi al suo viso: «Cosa beviamo?»
Paolo ha risposto prontamente: «Tequila.»
Io avrei potuto scegliere qualcosa che mi piacesse di più. Per superbia, invece, non ho fatto una piega. Avevo la malsana convinzione di poterli battere. Perché ho pensato: "In fondo, mi basta resistere fino a che non cede uno dei due."
In quel momento non mi è sembrata una cosa così impossibile…
Al terzo bar ed alla terza tequila, iniziavo già a sentire i primi segni di cedimento…
Al quarto bar, mi sono fatta mettere il sale sulla scollatura e me lo sono fatto leccare via, da tutti e due in contemporanea…
Entrambi, forse per essere sicuri di leccarlo bene tutto, mi hanno pure palpato ben benino le tette…
«Oh, ma qui non c’è il reggiseno…» Ha detto Paolo toccando il capezzolo che spingeva da sotto al top e giocandoci come se fosse un bottoncino.
il suo amico lo ha imitato, canticchiando: «𝅗𝅥Ciao 𝅗𝅥ciao 𝅘𝅥𝅘𝅥belle 𝅘𝅥𝅗𝅥𝅘𝅥tettine...»
«Tettine mica tanto... Ahahah, queste sono belle tettone…» Ha detto Paolo.
«Ok ok… prossimo giroooo!» Ho detto, per divincolarmi da loro ed uscire dal bar.
«...O vi arrendete?» Ho chiesto poi, girandomi a guardarli dietro di me… con fare intimidatorio… o perlomeno, l’intento che avevo, era quello.
Col senno di poi, vista la tequila che mi stava entrando in circolo, probabilmente sembravo solo una povera ubriaca.
«Ahahah, noi abbiamo appena iniziato a scaldarci…» Ha detto Paolo.
Sono quasi sicura di essere arrivata almeno al sesto bar… prima di capire che al prossimo shot avrei vomitato.
E io odio vomitare…
Loro poi, sembravano proprio dei polipi. Non facevano che palparmi un po’ ovunque… Se mi liberavo da uno, avevo l’altro addosso. Era chiaro fossero sbronzi pure loro… e non che mi dispiacesse averli addosso eh, ma due così in calore, mi sembravano impossibili da gestire, nelle condizioni in cui ero.
Ho decretato: «Ok. Basta, mi arrendo.» Poi, lo giuro, io non so come è uscita una frase così. Proprio a me. A me, che odio essere inutilmente sboccata... Giuro che giuro di non sapere.
Di fatto però, incoscentemente, l'ho detta. All'uscita del bar. Ed ero decisamente barcollante: «...Piuttosto che bere altra tequila, mi farei inculare!»
Loro due non erano tanto sbronzi da non accorgersene. «Ripeti un po’ bambolina...» Mi ha detto Paolo, abbracciandomi da dietro, appoggiandomi il suo cazzo sul sedere e il mento sulla spalla… Mentre il suo amico mi si è messo proprio davanti, con un sorriso famelico.
«Mi arrendo.» Ho ripetuto, quasi sibilando come un serpente a sonagli incazzato.
Diamine, io odio perdere, cavolo!!
«Ti arrendi e poi…» Ha detto Paolo simulando una montata sul mio culo.
Ho biascicato qualcosa sul fatto che era per dire, che non ce la facevo più di tequila... Ma Paolo e l'amico, mentre mi trascinavano in qualche posto, che non saprei proprio ritrovare, insistevano per farmelo ridire ancora.
Alla fine, mi sono arresa.
«...Mi farei inculare piuttosto che berne un’altra…»
Non so se l'ho detto per sfinimento o perché, sentendo le dimensioni notevoli del cazzo di Paolo, che mi spingeva sulle chiappe, ho cominciato a bagnarmi.
L'amico era bello carico: «Di solito non facciamo scegliere la penitenza a chi perde…»
Paolo giocava a fare quello che deve convincere l'amico: «Beh, ma per questa meraviglia di culo, potremmo fare uno strappo alla regola…»
Io ero tentata di dire loro che se lo potevano scordare. Che erano completamente fuori di testa, se stavano pensando che me lo sarei fatta mettere davvero nel culo, da loro due.
Qualcosa però, mi ha frenato.
Forse per contrastare la loro possibile convinzione che mi sarei tirata indietro.
Caspita, è un cliché.
La tipa che fa la figa e poi, quando è il momento si tira indietro…
O forse, che ne so, ero solo talmente sbronza da non sapere cosa stavo facendo.
Non so. Fatto sta che mi sono imposta di non tirarmi indietro.
Mi son detta: "Se dico una cosa, poi devo arrivare fino in fondo…"
Quindi non ho detto nulla. Me ne sono stata solo zitta, lasciando che loro decidessero il mio destino. O meglio, la mia penitenza…
Mi sono trovata dietro un muricciolo, dove era piuttosto buio, anche se vedevo intorno a me, ombre di foglie, disegnate dalla luce di qualche lampione poco distante.
Paolo mi ha preso la mano e se l'è messa sul cazzo, già bello rigido, fuori dalla patta, e si è messo davanti a me. Io ho cominciato a lavoraglielo.
Il suo amico mi ha dato un pizzicotto sul sedere, poi ha detto: «Vediamo questo culo! Me ne hai parlato così bene, che sono proprio curioso…» E mi ha alzato la gonna.
«Fa tirare il cazzo, vero?» Gli ha chiesto Paolo, mentre l’altro mi stava abbassando le slip, per scoprirmelo e per iniziare a palparmelo.
«Eccome!...» Ha risposto l’amico, passando poi, il dito fra le natiche fino a raggiungere il buchetto. Con il pollice me l'ha massaggiato, mentre con le altre dita mi sfregava la figa, e io ero già un lago.
Era bravo l'amico. Mi ha preparato per bene. Mi ha bagnato con i miei stessi umori, si è sputato più volte sulla mano, poi è entrato con il dito.
Ad un certo punto, non vedevo l'ora che entrasse lui.
«Perché non me lo succhi un po’, mentre lui t’incula… » Mi ha detto Paolo, aprendosi del tutto i pantaloni ed abbassandoli insieme alle mutande, scoprendo così, un cazzo davvero fuori dalla media..
Io non perché mi sentissi costretta, perché di succhiarglielo, sono sincera, ne avevo una voglia davvero matta, ma gli ho detto: «Fottiti! Avete deciso il pegno, e non è un pompino! È già tanto se te lo sto segando.»
Mentre sentivo il cazzo del suo amico entrarmi nel culo, Paolo mi ha detto: «Che puttana! Dài succhia! Succhia!» Cercando di portarmi la testa lì.
Facevo fatica a resistere, ma sono riuscita a dirgli che stava rischiando che glielo staccassi a morsi. E allora non ha più insistito.
Ma l'ho fatto un po' arrabbiare.
«Non sborrarle nel culo prima che glielo infili io.» Ha ordinato Paolo all’amico.
«Tranquillo…» Gli ha risposto quello.
Ho pensato: "Tranquillo un cazzo. Io faccio quello che pare a me, non quello che dice Paolo."
E poi, non mi stava dispiacendo per niente come mi fotteva il biondino, e quando ho sentito che stava per venire, l'ho spinto contro il muro senza lasciargli spazio per uscire. Ho dato io, un ritmo sempre più veloce, fino a che l'ho sentito grugnire e sborrarmi su per il culo. Ho provato un senso di rivincita su Paolo, che era quasi un orgasmo.
«Che cazzo fai? Ma sei stronzo?!» Gli ha detto Paolo, incazzatissimo.
Il biondo non è riuscito a mettere insieme una frase comprensibile.
«E tu, sei proprio una grandissima troia!» Rivolto a me. «Ti faccio vedere io, il pegno che ti tocca, adesso!»
Mi ha preso, mi ha fatto girare mani al muro, e mi silurato da vero bastardo.
Nonostante fossi lubrificata dallo sperma dell'amico, ho sentito decisamente un forte bruciore.
Ha il cazzo così grosso, che mi pareva di esser lì lì, per essere aperta come una pesca.
Col cavolo però che gli ho dato soddisfazione. Non ho emesso nessun suono. Ho stretto i denti, cercando di concentrarmi solo sulla componente del piacere che provavo.
Poi, è stato il biondino che mi ha sorpreso, perché mentre Paolo si impegnava per sfondarmi, lui mi ha messo una mano sulla figa, e ha preso a sgrillettarmi. Io l'ho guardato e mi ha cacciato la lingua in bocca. Dopo poco, ho avuto un orgasmo non affatto male.
Paolo insultandomi ancora, dopo un po', mi è venuto anche lui nel culo.
Quando me l'ha tolto dallo sfintere, mi sentivo il sedere in fiamme. Mi stavo per tirare su le mutandine, e invece il biondo, mi ha preso per i fianchi e me l'ha infilato di nuovo.
«Ancora?» Gli ho chiesto sorpresa.
«Non abbiamo mica detto una volta sola! E poi ...un culo così meraviglioso, quando mi ricapita?!» Mi ha risposto.
Io non ho potuto dir nulla, perché mi ha tirato a se' per il collo, cacciandomi di nuovo la lingua in bocca. E se devo essere sincera, mi è piaciuta parecchio questa cosa. Mi sono toccata mentre mi riscopava il culo e sono venuta di nuovo. Quasi in contemporanea a lui, che un secondo prima di schizzarmi ancora dentro, ha detto che il mio culo lo faceva impazzire.
Finito con il biondo, ho guardato Paolo, che era pronto anche lui per il bis.
Io però ho fatto finta di niente. Mi sono tirata su le slip, giù la gonna e senza dire niente, mi sono voltata e ho preso a camminare, con il didietro che mi doleva.
Sono tornata sulla strada principale e poi dritta a casa.
Oggettivamente non posso dire di non aver goduto. Anzi.
È che c'è qualcosa che mi disturba.
E non riesco ad individuarla.
Solitamente nel godere, sento di riequilibrare un po’ tutti i miei chakra… per così dire.
Per un po’, dopo aver avuto un orgasmo, il mondo mi sembra un posto nettamente più vivibile…
Io non scopo mai solo per l’atto in se', ma anche per quello che mi lascia dopo. Una sensazione, come dire... di pace, come se l’orgasmo potesse espellere dal mio corpo le negatività…
Beh, questa volta non è stato così. Anzi, direi quasi il contrario… Ma del resto, era una penitenza no?
Le penitenze non devono essere piacevoli.
Perciò, mi dico che è meglio far rientrare ieri sera, fra le esperienze da non inserire in una biografia.
«Papiii, facciamo i tuffi?» La voce del bambino mi distrae dai miei pensieri.
«No, fra poco dobbiamo andare a mangiare.» È la voce è del papà.
«Dai solo uno, per favore... per favore... per favore!» Insiste il bimbo.
Mi volto a guardarlo e gli sta saltellando davanti. Il paparino ha un libro in mano, ma non riesco a leggere il titolo. Però sembra piuttosto preso dalla lettura.
«Simo, ti ho detto di no!» Dice secco, come solo un papà sa fare.
«Sei cattivooo…daaaai …solo unooooo!!»
La sorella più piccola è seduta all’ombra e lo guarda, ha l’espressione di chi si sta chiedendo che cosa abbia tanto da lamentarsi… E niente. Non c’è molto da dire, le femmine sono sempre avanti anni luce rispetto ai maschi. Non importa quanti anni abbiano. Quella nanerottola quasi quasi mi sta già simpatica…
«Conosco un bravo esorcista. Se vuoi ti do il numero. » Dico, rivolta all'uomo.
Sì, lo so, dovrei farmi gli affari miei, ma che suo figlio mi sta facendo sanguinare i timpani, in un qualche modo devo farglielo capire.
«In effetti servirebbe.» Mi dice lui, con un espressione neutra, guardandomi nei miei occhiali.
«Ce l’ho davvero.» Incalzo.
Decisamente è un gran bel paparino.
«Se non la smetti, andiamo a casa subito!» Fa lui, cercando di mettere a tacere il nano infernale.
«Ma tu sei una fatina?» È invece, la richiesta a sorpresa che mi fa la bambinetta…
Sapesse a che razza di serata sono sopravvissuta, non mi farebbe quella domanda.
«Perché?» Le chiedo.
«Perché hai i capelli viola. Le fatine hanno i capelli di tutti i colori!!»
«Ah sì?» Le rispondo, in quella che mi sembra la conversazione più sensata che ho avuto da mesi.
«Sono belli... posso toccarli?» Dice, venendomi vicino.
«Adele, non disturbare…» Dice il papà.
"Oh, ma che bel nome, Adele." Penso.
«No, nessun problema.» Dico a lui, poi alla bimba: «Sì che puoi.»
Lei mi tocca una ciocca. «Come ti chiami?»
«Secondo te come mi chiamo?» Le chiedo.
«Uhm... Serenella! Come la fatina di Aurora!!» Dice la bimba.
«Oooh, ma sai che hai proprio indovinato?!» Le dico, anche se mi sento più la strega Malefica che la fata Serenella.
«Tu invece ti chiami Adele, giusto?»
«Siiii... Ma come hai fatto?»
«Sono una fatina, io so tutto…»
Con la coda dell’occhio vedo il papà fare un mezzo sorriso. «Dài Adele... torna a fare il castello. Lascia in pace la fatina.»
Sì, forse fa bene a tenermela lontana. Magari ha già capito che potrei avere una cattiva influenza sulla sua figlioletta…
Lei esegue senza fare capricci…
«Il tuo vero nome?» Mi chiede il papà,
«Serenella.» Dico io, facendogli un accenno di linguaccia.
"Cavoli, posso fingermi una fatina per un po’ o devi subito rompere le scatole?!" Penso.
«Ah Ok. Io Nicholas, piacere.» Mi dice abbastanza piatto, senza porgermi la mano e rimandendo sul suo lettino.
Poi di scatto si alza in piedi: «Ok ciurma… andiamo a pranzo!»
Lo guardo vestirli e infilarsi la maglia.
Sinceramente, non so se adorarlo o farmelo stare sulle palle.
«Ti lasciamo in pace. A dopo.» Dice a mo' di saluto e se ne va.
Ha lasciato quasi tutto sotto il suo ombrellone, compreso il suo libro, appoggiato con la copertina rovesciata.
Attendo che non siano più nella mia visuale.
Sono troppo curiosa.
"Cosa stavi leggendo di così interessante?"
Sembrava parecchio preso ed io adoro leggere, quindi magari potrebbe darmi qualche spunto.
Mi avvicino di soppiatto al suo lettino e prendo in mano il libro.
“La coscienza di Zeno”
Oddio no! Un mattone così, in spiaggia, no… Mi fa venire in mente la mia profe d’italiano alle superiori…
Ha fatto una piccola orecchia nel punto in cui si è interrotto. È quasi alla fine… Apro.
“Capitolo 8”.
Come diavolo gli è venuto in mente di associarmi a lei?!
Volevo quasi andare a leggermi il Capitolo 9 dei Promessi Sposi, da tanta è la curiosità.
È strana 'sta roba, perché di solito me ne frego altamente di cosa pensano gli altri di me.
Beh, comunque, niente lettura.
Ieri sono uscita.
E porca miseriaccia, ho davvero esagerato.
Lo capisco ancora più chiaramente, come se ce ne fosse bisogno, appena esco dal palazzo e i rumori del mondo m’investono come un tir.
Ho la testa che mi scoppia e lo stomaco ancora devastato dalla tequila di ieri sera.
Eppure lo so, che la tequila mi mette K.O..
Perchè mi ostino a berla?!
Mi fa pure schifo!!
Non avrei dovuto accettare l’invito ad uscire di Paolo.
Invito, per bere qualcosa con lui ed il suo amico.
Amico, che proprio non ricordo come si chiama.
Io sono proprio uno strazio a ricordare i nomi, figuriamoci poi, dopo non so quanti shot di tequila…
Passo come uno zombie con gli occhiali da sole, di fianco al bar.
Il solo poter pensare di poter, per sbaglio, sentire odori di cibo o caffè mi fa venire la nausea.
È quasi ora di pranzo.
Me ne rendo conto vedendo la spiaggia mezza vuota e le persone sedute ai tavoli a mangiare.
Mentre cammino sulla passerella per raggiungere il mio ombrellone, noto due cose.
La Prima, la più importante: Paolo non è nella sua postazione. Probabilmente è in pausa pranzo e questa è una cosa positiva, dato i ricordi che ho di ieri sera.
La Seconda, è che il paparino è da solo con i due nani.
Sposto immediatamente il lettino all’ombra. Non ho la minima voglia di mettermi al sole e patire. Sto già soffrendo abbastanza di mio.
Riesco a stento a sostenere la pena di sopravvivere oggi.
Ignoro completamente il papino e la sua prole.
Forse perché sono un po’ troppo “normali” per la mia coscienza ancora in hangover.
Forse perché mi urta ancora il pensiero che lui mi abbia dato della monaca.
Forse perché inverosimilmente, spero, ignorandoli, di non farmi sfrantumare l'udito da quei due nanerottoli che gli girano intorno.
Guardo la postazione vuota di Paolo.
Non riesco a decifrare la sensazione che mi dà il farlo.
È strana.
Non bella. Non brutta.
Ma forte.
Troppo forte, in realtà.
Al limite del fastidio.
Come per spiegarmene il motivo, la mia mente si fa un involontario riassunto della serata di ieri.
Io che l'ho raggiunto in uno dei locali sul viale centrale.
Lui che mi ha presentato l’amico con cui è uscito a bere.
Una specie di copia di Paolo stesso, forse un po' meno tamarra, forse un po’ meno muscolosa e sicuramente più biondiccia.
«Dici che Eva riesce a starci dietro nella Via Crucis?» Ha chiesto Paolo al suo amico.
Io che ho pensato che, perdincibacco, dovevo ricordarmi di chiamarmi "Eva" e non fare figuracce durante la serata.
Ho chiesto cosa intendessero per "Via Crucis"…
L'amico mi ha spiegato: «È un gioco che facciamo io e lui... Ci facciamo un giro a piedi, entriamo in ogni bar che incrociamo e beviamo uno shot di qualcosa. Ma dev’essere sempre la stessa cosa... Però non è che è una cosa proprio per signorine...»
Io che avevo voglia di frantumargli l'attaccatura tra naso e bocca, con una mazzata.
«...Perché ci sono signorine a questo tavolo?» Gli ho chiesto, con l'odio profondo che provo quando la gente mi sottostima solo perché sono una ragazza.
Paolo ha riso e mi ha detto: «Però ci sono regole da rispettare…» Facendo lo sbruffone.
Io gli ho rispostoo senza mica dargli tanta soddisfazione: «E quali sarebbero?» Dimostrandomi per nulla intimidita.
Lui mi ha detto: «Beh, se salti una bevuta perdi la sfida…»
Il suo amico ha pure puntualizzato: «...E devi pagare pegno!»
«E il pegno chi lo decide?» Ho chiesto io.
Il biondino che mi sembrava convinto che fosse una passeggiata: «Chi vince… Ovviamente…» Baldanzoso.
Per conferma, ho chiesto esplicitamente: «Quindi se giochiamo in tre, può perdere solo una persona, ho capito bene?»
Paolo ha detto: «Esatto…mmhh, ci stai ripensando.» Fissandomi, sicuro che mi stessi per tirare indietro.
Ripensandoci ora, è davvero stupefacente come alle volte, io riesca ad infilarmi in situazioni, in cui solo una scema si metterebbe.
«Ho solo una domanda…» Ho detto io, avvicinandomi al suo viso: «Cosa beviamo?»
Paolo ha risposto prontamente: «Tequila.»
Io avrei potuto scegliere qualcosa che mi piacesse di più. Per superbia, invece, non ho fatto una piega. Avevo la malsana convinzione di poterli battere. Perché ho pensato: "In fondo, mi basta resistere fino a che non cede uno dei due."
In quel momento non mi è sembrata una cosa così impossibile…
Al terzo bar ed alla terza tequila, iniziavo già a sentire i primi segni di cedimento…
Al quarto bar, mi sono fatta mettere il sale sulla scollatura e me lo sono fatto leccare via, da tutti e due in contemporanea…
Entrambi, forse per essere sicuri di leccarlo bene tutto, mi hanno pure palpato ben benino le tette…
«Oh, ma qui non c’è il reggiseno…» Ha detto Paolo toccando il capezzolo che spingeva da sotto al top e giocandoci come se fosse un bottoncino.
il suo amico lo ha imitato, canticchiando: «𝅗𝅥Ciao 𝅗𝅥ciao 𝅘𝅥𝅘𝅥belle 𝅘𝅥𝅗𝅥𝅘𝅥tettine...»
«Tettine mica tanto... Ahahah, queste sono belle tettone…» Ha detto Paolo.
«Ok ok… prossimo giroooo!» Ho detto, per divincolarmi da loro ed uscire dal bar.
«...O vi arrendete?» Ho chiesto poi, girandomi a guardarli dietro di me… con fare intimidatorio… o perlomeno, l’intento che avevo, era quello.
Col senno di poi, vista la tequila che mi stava entrando in circolo, probabilmente sembravo solo una povera ubriaca.
«Ahahah, noi abbiamo appena iniziato a scaldarci…» Ha detto Paolo.
Sono quasi sicura di essere arrivata almeno al sesto bar… prima di capire che al prossimo shot avrei vomitato.
E io odio vomitare…
Loro poi, sembravano proprio dei polipi. Non facevano che palparmi un po’ ovunque… Se mi liberavo da uno, avevo l’altro addosso. Era chiaro fossero sbronzi pure loro… e non che mi dispiacesse averli addosso eh, ma due così in calore, mi sembravano impossibili da gestire, nelle condizioni in cui ero.
Ho decretato: «Ok. Basta, mi arrendo.» Poi, lo giuro, io non so come è uscita una frase così. Proprio a me. A me, che odio essere inutilmente sboccata... Giuro che giuro di non sapere.
Di fatto però, incoscentemente, l'ho detta. All'uscita del bar. Ed ero decisamente barcollante: «...Piuttosto che bere altra tequila, mi farei inculare!»
Loro due non erano tanto sbronzi da non accorgersene. «Ripeti un po’ bambolina...» Mi ha detto Paolo, abbracciandomi da dietro, appoggiandomi il suo cazzo sul sedere e il mento sulla spalla… Mentre il suo amico mi si è messo proprio davanti, con un sorriso famelico.
«Mi arrendo.» Ho ripetuto, quasi sibilando come un serpente a sonagli incazzato.
Diamine, io odio perdere, cavolo!!
«Ti arrendi e poi…» Ha detto Paolo simulando una montata sul mio culo.
Ho biascicato qualcosa sul fatto che era per dire, che non ce la facevo più di tequila... Ma Paolo e l'amico, mentre mi trascinavano in qualche posto, che non saprei proprio ritrovare, insistevano per farmelo ridire ancora.
Alla fine, mi sono arresa.
«...Mi farei inculare piuttosto che berne un’altra…»
Non so se l'ho detto per sfinimento o perché, sentendo le dimensioni notevoli del cazzo di Paolo, che mi spingeva sulle chiappe, ho cominciato a bagnarmi.
L'amico era bello carico: «Di solito non facciamo scegliere la penitenza a chi perde…»
Paolo giocava a fare quello che deve convincere l'amico: «Beh, ma per questa meraviglia di culo, potremmo fare uno strappo alla regola…»
Io ero tentata di dire loro che se lo potevano scordare. Che erano completamente fuori di testa, se stavano pensando che me lo sarei fatta mettere davvero nel culo, da loro due.
Qualcosa però, mi ha frenato.
Forse per contrastare la loro possibile convinzione che mi sarei tirata indietro.
Caspita, è un cliché.
La tipa che fa la figa e poi, quando è il momento si tira indietro…
O forse, che ne so, ero solo talmente sbronza da non sapere cosa stavo facendo.
Non so. Fatto sta che mi sono imposta di non tirarmi indietro.
Mi son detta: "Se dico una cosa, poi devo arrivare fino in fondo…"
Quindi non ho detto nulla. Me ne sono stata solo zitta, lasciando che loro decidessero il mio destino. O meglio, la mia penitenza…
Mi sono trovata dietro un muricciolo, dove era piuttosto buio, anche se vedevo intorno a me, ombre di foglie, disegnate dalla luce di qualche lampione poco distante.
Paolo mi ha preso la mano e se l'è messa sul cazzo, già bello rigido, fuori dalla patta, e si è messo davanti a me. Io ho cominciato a lavoraglielo.
Il suo amico mi ha dato un pizzicotto sul sedere, poi ha detto: «Vediamo questo culo! Me ne hai parlato così bene, che sono proprio curioso…» E mi ha alzato la gonna.
«Fa tirare il cazzo, vero?» Gli ha chiesto Paolo, mentre l’altro mi stava abbassando le slip, per scoprirmelo e per iniziare a palparmelo.
«Eccome!...» Ha risposto l’amico, passando poi, il dito fra le natiche fino a raggiungere il buchetto. Con il pollice me l'ha massaggiato, mentre con le altre dita mi sfregava la figa, e io ero già un lago.
Era bravo l'amico. Mi ha preparato per bene. Mi ha bagnato con i miei stessi umori, si è sputato più volte sulla mano, poi è entrato con il dito.
Ad un certo punto, non vedevo l'ora che entrasse lui.
«Perché non me lo succhi un po’, mentre lui t’incula… » Mi ha detto Paolo, aprendosi del tutto i pantaloni ed abbassandoli insieme alle mutande, scoprendo così, un cazzo davvero fuori dalla media..
Io non perché mi sentissi costretta, perché di succhiarglielo, sono sincera, ne avevo una voglia davvero matta, ma gli ho detto: «Fottiti! Avete deciso il pegno, e non è un pompino! È già tanto se te lo sto segando.»
Mentre sentivo il cazzo del suo amico entrarmi nel culo, Paolo mi ha detto: «Che puttana! Dài succhia! Succhia!» Cercando di portarmi la testa lì.
Facevo fatica a resistere, ma sono riuscita a dirgli che stava rischiando che glielo staccassi a morsi. E allora non ha più insistito.
Ma l'ho fatto un po' arrabbiare.
«Non sborrarle nel culo prima che glielo infili io.» Ha ordinato Paolo all’amico.
«Tranquillo…» Gli ha risposto quello.
Ho pensato: "Tranquillo un cazzo. Io faccio quello che pare a me, non quello che dice Paolo."
E poi, non mi stava dispiacendo per niente come mi fotteva il biondino, e quando ho sentito che stava per venire, l'ho spinto contro il muro senza lasciargli spazio per uscire. Ho dato io, un ritmo sempre più veloce, fino a che l'ho sentito grugnire e sborrarmi su per il culo. Ho provato un senso di rivincita su Paolo, che era quasi un orgasmo.
«Che cazzo fai? Ma sei stronzo?!» Gli ha detto Paolo, incazzatissimo.
Il biondo non è riuscito a mettere insieme una frase comprensibile.
«E tu, sei proprio una grandissima troia!» Rivolto a me. «Ti faccio vedere io, il pegno che ti tocca, adesso!»
Mi ha preso, mi ha fatto girare mani al muro, e mi silurato da vero bastardo.
Nonostante fossi lubrificata dallo sperma dell'amico, ho sentito decisamente un forte bruciore.
Ha il cazzo così grosso, che mi pareva di esser lì lì, per essere aperta come una pesca.
Col cavolo però che gli ho dato soddisfazione. Non ho emesso nessun suono. Ho stretto i denti, cercando di concentrarmi solo sulla componente del piacere che provavo.
Poi, è stato il biondino che mi ha sorpreso, perché mentre Paolo si impegnava per sfondarmi, lui mi ha messo una mano sulla figa, e ha preso a sgrillettarmi. Io l'ho guardato e mi ha cacciato la lingua in bocca. Dopo poco, ho avuto un orgasmo non affatto male.
Paolo insultandomi ancora, dopo un po', mi è venuto anche lui nel culo.
Quando me l'ha tolto dallo sfintere, mi sentivo il sedere in fiamme. Mi stavo per tirare su le mutandine, e invece il biondo, mi ha preso per i fianchi e me l'ha infilato di nuovo.
«Ancora?» Gli ho chiesto sorpresa.
«Non abbiamo mica detto una volta sola! E poi ...un culo così meraviglioso, quando mi ricapita?!» Mi ha risposto.
Io non ho potuto dir nulla, perché mi ha tirato a se' per il collo, cacciandomi di nuovo la lingua in bocca. E se devo essere sincera, mi è piaciuta parecchio questa cosa. Mi sono toccata mentre mi riscopava il culo e sono venuta di nuovo. Quasi in contemporanea a lui, che un secondo prima di schizzarmi ancora dentro, ha detto che il mio culo lo faceva impazzire.
Finito con il biondo, ho guardato Paolo, che era pronto anche lui per il bis.
Io però ho fatto finta di niente. Mi sono tirata su le slip, giù la gonna e senza dire niente, mi sono voltata e ho preso a camminare, con il didietro che mi doleva.
Sono tornata sulla strada principale e poi dritta a casa.
Oggettivamente non posso dire di non aver goduto. Anzi.
È che c'è qualcosa che mi disturba.
E non riesco ad individuarla.
Solitamente nel godere, sento di riequilibrare un po’ tutti i miei chakra… per così dire.
Per un po’, dopo aver avuto un orgasmo, il mondo mi sembra un posto nettamente più vivibile…
Io non scopo mai solo per l’atto in se', ma anche per quello che mi lascia dopo. Una sensazione, come dire... di pace, come se l’orgasmo potesse espellere dal mio corpo le negatività…
Beh, questa volta non è stato così. Anzi, direi quasi il contrario… Ma del resto, era una penitenza no?
Le penitenze non devono essere piacevoli.
Perciò, mi dico che è meglio far rientrare ieri sera, fra le esperienze da non inserire in una biografia.
«Papiii, facciamo i tuffi?» La voce del bambino mi distrae dai miei pensieri.
«No, fra poco dobbiamo andare a mangiare.» È la voce è del papà.
«Dai solo uno, per favore... per favore... per favore!» Insiste il bimbo.
Mi volto a guardarlo e gli sta saltellando davanti. Il paparino ha un libro in mano, ma non riesco a leggere il titolo. Però sembra piuttosto preso dalla lettura.
«Simo, ti ho detto di no!» Dice secco, come solo un papà sa fare.
«Sei cattivooo…daaaai …solo unooooo!!»
La sorella più piccola è seduta all’ombra e lo guarda, ha l’espressione di chi si sta chiedendo che cosa abbia tanto da lamentarsi… E niente. Non c’è molto da dire, le femmine sono sempre avanti anni luce rispetto ai maschi. Non importa quanti anni abbiano. Quella nanerottola quasi quasi mi sta già simpatica…
«Conosco un bravo esorcista. Se vuoi ti do il numero. » Dico, rivolta all'uomo.
Sì, lo so, dovrei farmi gli affari miei, ma che suo figlio mi sta facendo sanguinare i timpani, in un qualche modo devo farglielo capire.
«In effetti servirebbe.» Mi dice lui, con un espressione neutra, guardandomi nei miei occhiali.
«Ce l’ho davvero.» Incalzo.
Decisamente è un gran bel paparino.
«Se non la smetti, andiamo a casa subito!» Fa lui, cercando di mettere a tacere il nano infernale.
«Ma tu sei una fatina?» È invece, la richiesta a sorpresa che mi fa la bambinetta…
Sapesse a che razza di serata sono sopravvissuta, non mi farebbe quella domanda.
«Perché?» Le chiedo.
«Perché hai i capelli viola. Le fatine hanno i capelli di tutti i colori!!»
«Ah sì?» Le rispondo, in quella che mi sembra la conversazione più sensata che ho avuto da mesi.
«Sono belli... posso toccarli?» Dice, venendomi vicino.
«Adele, non disturbare…» Dice il papà.
"Oh, ma che bel nome, Adele." Penso.
«No, nessun problema.» Dico a lui, poi alla bimba: «Sì che puoi.»
Lei mi tocca una ciocca. «Come ti chiami?»
«Secondo te come mi chiamo?» Le chiedo.
«Uhm... Serenella! Come la fatina di Aurora!!» Dice la bimba.
«Oooh, ma sai che hai proprio indovinato?!» Le dico, anche se mi sento più la strega Malefica che la fata Serenella.
«Tu invece ti chiami Adele, giusto?»
«Siiii... Ma come hai fatto?»
«Sono una fatina, io so tutto…»
Con la coda dell’occhio vedo il papà fare un mezzo sorriso. «Dài Adele... torna a fare il castello. Lascia in pace la fatina.»
Sì, forse fa bene a tenermela lontana. Magari ha già capito che potrei avere una cattiva influenza sulla sua figlioletta…
Lei esegue senza fare capricci…
«Il tuo vero nome?» Mi chiede il papà,
«Serenella.» Dico io, facendogli un accenno di linguaccia.
"Cavoli, posso fingermi una fatina per un po’ o devi subito rompere le scatole?!" Penso.
«Ah Ok. Io Nicholas, piacere.» Mi dice abbastanza piatto, senza porgermi la mano e rimandendo sul suo lettino.
Poi di scatto si alza in piedi: «Ok ciurma… andiamo a pranzo!»
Lo guardo vestirli e infilarsi la maglia.
Sinceramente, non so se adorarlo o farmelo stare sulle palle.
«Ti lasciamo in pace. A dopo.» Dice a mo' di saluto e se ne va.
Ha lasciato quasi tutto sotto il suo ombrellone, compreso il suo libro, appoggiato con la copertina rovesciata.
Attendo che non siano più nella mia visuale.
Sono troppo curiosa.
"Cosa stavi leggendo di così interessante?"
Sembrava parecchio preso ed io adoro leggere, quindi magari potrebbe darmi qualche spunto.
Mi avvicino di soppiatto al suo lettino e prendo in mano il libro.
“La coscienza di Zeno”
Oddio no! Un mattone così, in spiaggia, no… Mi fa venire in mente la mia profe d’italiano alle superiori…
Ha fatto una piccola orecchia nel punto in cui si è interrotto. È quasi alla fine… Apro.
“Capitolo 8”.
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