Alessandra: la mia esperienza di giovane sposa gravida stuprata, tra orgasmi inattesi, da due sconosciuti
di
Alessandra B.
genere
dominazione
Alessandra: la mia esperienza di giovane sposa gravida stuprata, tra orgasmi inattesi, da due sconosciuti
Sono Alessandra, ho 26 anni, sposata da 18 mesi con Giovanni e in attesa del primo figlio (sono entrata nel settimo mese). La mia vita è radicalmente cambiata circa un mese e mezzo fa per uno stupro subito da parte di due uomini sconosciuti, esperienza che non ho rivelato a nessuno, nemmeno a mio marito, per paura delle conseguenze, ma non solo: il fatto è che, durante lo stupro, mi sono trovata a godere più volte, come non avevo mai provato prima, come una troia. E proprio per questo, anche dopo, non ho mancato di raccogliere l'invito fattomi dai due stupratori, rivelatisi personaggi comuni, e li ho rivisti e amati volontariamente altre tre volte, con le medesime gratificazioni in troiaggine della prima volta, anzi ancora maggiori, prima di decidere uno stop per dedicarmi alla mia prossima maternità.
Sento sempre più forte la necessità di confessare questa mia sconvolgente, traumatica esperienza che ha prodotto in me inatteso piacere sessuale (inspiegabile, anche se con mio marito non riesco a provare vero piacere) e la consapevolezza del godimento che si prova in situazioni anomale e con amanti sconosciuti ma evidentemente adeguati. Non voglio andare da uno psichiatra o psicologo e non ho amiche del cuore con le quali confessarmi. Affido quindi la mia non comune esperienza alla valutazione dei lettori.
Era di primo pomeriggio di un lunedì di fine estate, di questo orribile anno di pandemia, e mi trovavo sola (unica compagnia la mia adorata micetta) nella villetta di mio marito e dei suoi genitori ubicata sulla costiera della Maremma livornese: mio marito e i miei suoceri erano partiti di mattina per tornare in città (dopo il fine-settimana di mare) e riaprire lo studio dentistico dove lavorano i due uomini. Le giornate erano belle, anche se faceva ancora caldo e io ero rimasta ben volentieri, anche se avrei dovuto stare sola fino al venerdì sera: infatti, potevo andare qualche ora sul mare e studiare in tutta calma, per prepararmi ad un prossimo concorso per accedere all'insegnamento nella scuola (sono laureata da poco più di due anni). Dovevo però fare provviste, soprattutto alimentari, per cui subito dopo aver mangiato un'insalata e nutrito la mia gattina, indossai un vestitino leggero e dei sandali, mi legai i lunghi capelli biondi in una coda e presi l'auto per andare al supermercato, che si trova a pochi chilometri, un po' nell'interno.
Lungo strada, mi fermai e parcheggiai davanti ad un bar famoso nella zona per il buon caffè e i buonissimi pasticcini: mi misi la mascherina, entrai ed ordinai una pasta alla crema, un caffè e un bicchiere d'acqua e mi sedetti ad un tavolino. Mi accorsi di due uomini in tenuta da lavoro (forse imbianchini, dati i pantaloni tinti di vari colori), anch'essi seduti ad un tavolo, che mi stavano guardando con grande interesse, anzi con ammirazione: specialmente il più giovane, scuro di pelle, probabilmente un nord-africano, che non tolse gli occhi dalla mia immagine che assaporava con appetito la pasta, fisso specialmente sulle mie lunghe e abbronzate gambe accavallate e sulla mia scollatura, che lasciava facilmente immaginare la ragguardevole dotazione dei seni. Presto mi alzai, rimisi la mascherina, pagai, scivolai ancheggiando vistosamente davanti a loro e risalii in auto, e dopo poco parcheggiai agevolmente al parking commerciale (c'era poco traffico in giro) e scesi con due borse di plastica: non avevo bisogno di molta roba pesante, mi servivano verdure e frutta, biscotti e latte e scatolette per il gatto, non mi occorreva un carrello, ho braccia robuste.
Mezz'ora dopo ero di ritorno: mi accorsi che, accanto alla mia auto, era parcheggiato un lungo furgone scuro con lo sportellone tergale aperto e che, al posto di guida, c'era un uomo che stava telefonando. Mi tolsi e gettai la mascherina sui sedili, aprii il baule dell'auto e, alquanto piegata in avanti, stavo sistemando con cura le due borse: udii dei passi fra il furgone e me, feci per rialzarmi e per girarmi ma non ne ebbi il tempo, mi sentii abbracciata con forza alla vita e con un fazzoletto puzzolente che mi premeva sulla bocca. Mi sentii subito mancare e svenni tra le braccia di un uomo, senza poter dire una parola.
Quando mi risvegliai ero seduta su un'ampia poltrona morbida, in penombra: mi accorsi con terrore di trovarmi in un furgone, in quel furgone, che oltre alla poltrona dove mi trovavo, posta quasi al centro, conteneva alcune casse e attrezzi di lato. Avevo le mani legate dietro la nuca e la bocca tappata da scotch, ed ero completamente nuda. Il mio vestito, i miei indumenti intimi e la borsa erano davanti a me, nelle mani di due uomini incappucciati che mostravano solo gli occhi e la bocca, seduti sulla base dell'automezzo: indossavano una maglietta ma avevano le gambe nude, e le mutande, rivolti verso di me. Appena si accorse che ero tornata in me, uno di loro si alzò e venne ad appoggiarsi al bracciale della poltrona, accarezzandomi i capelli nella coda e dicendo a bassa voce: “avrai capito quello che vogliamo da te, non abbiamo mai scopato una donna incinta e tu sei bellissima, uno splendore, ti abbiamo notato prima; rassegnati e convinciti, stai buona e cerca anche tu di avere piacere, approfitta dell'occasione, abbiamo tutti e due dotazioni e capacità all'altezza, poi potrai fare confronti con quelle del maritino. Ti tranquillizzo e devi credermi, ti vogliamo e ti avremo, ma per il resto non ci teniamo a farti del male, seguiremo anche le tue indicazioni, mentre ti penetriamo guidaci e se senti male, anche per il tuo stato, faccelo capire, agitando le mani e scuotendo la testa. Ovviamente ti scoperemo “a pelle” con venuta, ma siamo persone per bene e in piena salute, fidati, nessuna conseguenza sanitaria di alcun tipo, come siamo certi di te per noi. Hai capito? Cerca di rendere più rapida e anche piacevole, se ti riesce, l'esperienza che ora stai per fare”.
Mentre parlava, allungò una mano e cominciò ad accarezzarmi i seni, poi si girò meglio e me li prese con entrambe le mani a coppa, premendomeli sempre più fortemente, mentre io cercavo invano di sottrarmi arretrando con la schiena. Si abbassò e inginocchiò davanti alle mie gambe e me le divaricò finché fu possibile, accarezzandomi le cosce, dicendo “così ho fatto godere tutte le donne, sono uno specialista di lingua e bocca, godi anche tu”: si scoprì il mento e la bocca arrotolandosi la maschera, mi accarezzò e baciò ripetutamente la pancia e poi lo sentii cercare con una mano la mia vulva; nonostante cercassi di stringere le gambe, me la aprì e vi si immerse a lungo, sempre con le dita della mano, accarezzandomi dentro, poi vi appoggiò la bocca e cominciò a leccarmela con metodo, con la sua lingua che cercava e trovava il clitoride. Chiusi gli occhi, ma mi accorsi che – nonostante la mia volontà di rimanere inerte e insensibile – a poco a poco stavo provando brividi sempre più intensi di piacere. Riaprii gli occhi e vidi che l'altro uomo si era tolto le mutande e stava alzandosi con il pisello in mano, segandosi; si avvicinò a me e, mettendosi alla mia destra, cominciò a palparmi i seni e ad appoggiarmi il suo membro prima sulla spalla, per poi sfregarmelo tra il collo e la bocca chiusa: lo sentii caldo e duro e intravvidi che stava aumentando di volume, mentre me lo faceva sentire mormorando “ti piace?”, fino a sembrarmi enorme.
Chiusi di nuovo gli occhi e mi abbandonai al sesso orale che mi stava praticando il primo uomo e ai palpeggi sia del primo che del secondo, cercando di controllarmi e di reprimere il piacere che si stava impadronendo di me: resistetti a lungo, poi avvertii l'orgasmo che stava arrivando, inarrestabile, e mi abbandonai, mugolando e scuotendomi. L'uomo che mi leccava si accorse subito del mio stato, sentendomi anche abbondantemente già bagnata, e raddoppiò gli slinguamenti: finché, improvvisamente, si alzò e si tolse le mutande, spingendo e scivolando sulla mia bocca chiusa e fino agli occhi il suo pene già gonfio, anche se mi apparve meno largo e soprattutto meno lungo di quello del secondo uomo, che mi stava ancora accarezzando la spalla, il collo e il seno. Rapidamente, il primo uomo con il pisello in mano si piegò su di me, cercò la posizione e me lo spinse nella vulva, senza problemi, afferrando con le mani i braccioli della poltrona. Cominciò a scoparmi, prima piano e poi sempre più forte sostenendosi con una mano e accarezzandomi la pancia, per quanto possibile, con l'altra: non provai particolare piacere ma neppure dolore, mi accorsi che non premeva troppo sulla mia pancia e ciò mi rassicurò. Rimasi sempre con gli occhi chiusi, sentendo che il pene scivolava bene nella mia apertura; non dovette neppure durare a lungo, presto lo sentii mugolare e sussultare sempre più intensamente, finché non mi venne dentro, accasciandosi sopra di me ma sostenendosi sui gomiti. Dopo breve tempo, si rialzò dicendo: “è stato bellissimo, e tu sei stata brava davvero, beato tuo marito, che bellezza poterti scopare a piacimento. Ti ripulisco e ti lascio al mio partner, che avrai visto è assai meglio dotato di me, ed è uno stallone speciale”. Raccolse da terra un grosso rotolo di carta scottesh, si ripulì e poi mi asciugò con cura la vulva, l'inguine e le cosce, dove era colato parte del suo sperma.
Il secondo uomo in un lampo prese il posto del primo e, tenendosi il grosso pisello con la sinistra, mi introdusse rapidamente la destra nella vulva ancora aperta e bagnata, muovendovisi e dilatandola ulteriormente. Quando la ritenne pronta si abbassò e mi penetrò sprofondando per gradi, finché non trovò resistenza, procurandomi un inatteso dolore. Dopo un po', l'uomo riprese a spingere e io avvertii immediatamente lo stato di eccezionalità dell'atto. Avevo avuto – dai 16 anni ai 23 anni, fino a quando ebbi conosciuto il mio attuale marito – alcuni ragazzi (5 in tutto) e da ultimo un amante adulto (il mio professore universitario), anche dotati, ma con nessuno di loro (e meno che mai con mio marito) avevo provato la sensazione di sentirmi completamente riempita dal membro umano, tanto che ora sentivo bruciarmi anche le pareti della vulva. L'uomo si fermò, stando a lungo immobile, impalato dentro di me, accarezzandomi con le due mani la pancia e stropicciandomi i seni, sussurrandomi: “sei stupenda come nessuna altra donna che ho scopato, ma ora devi essere la mia troia. Avvertimi quando spingo troppo”. Mi accorsi che non parlava un buon italiano e pensai che era sicuramente uno straniero: mi venne in mente il giovane nord-africano visto al bar, lo scrutai per quanto potevo vedere, parte del viso, le mani, le gambe e mi convinsi che era lui.
Si abbassò ulteriormente per baciarmi i seni e poi cominciò a muoversi nel mio sesso, per fortuna piano: sapevo che la buona – cioè indolore – riuscita della scopata dipendeva anche da me, dalla mia obbligatoria partecipazione al coito. Cercai di convincermi che era un'occasione favorevole, che molte donne avrebbero accettato con piacere, come in tante fantasie che anch'io avevo talora avuto, di essere presa e violentata da uno sconosciuto o di fare sesso con un superdotato, magari nero, e perfino con un gruppetto di uomini che mi riempivano contemporaneamente tutte le aperture. Per quanto possibile, cominciai a muovere le gambe, alzandole intorno ai suoi fianchi e poi riuscendo a sollevarle in alto: lui si accorse della mia partecipazione e cercò di agevolare i miei movimenti fino a sistemare le mie gambe, comodamente, sulle sue spalle, riprendendo a dirmi: “così, brava, ti piace vero? Dai, non so se troverai più un pisello come il mio, approfittane, tutte le donne che ho scopato hanno goduto a lungo e dopo mi hanno ricercato, fallo anche tu”.
Mentre cercava di velocizzare il suo movimento, anche uscendo e rientrando nella mia vagina, sempre attento a non produrmi dolore, l'altro uomo si era piazzato dietro le mie spalle e mi palpava continuamente i seni, baciandomi collo e orecchi e sussurrandomi, “lasciati andare, bella sposina, pensa al piacere di fare becco tuo marito, uno stallone dotato e bravo come il mio amico non lo avrai mai più”. Cedetti. Improvvisamente mi sentii mugolare, gemere e squirtare, come non avevo mai fatto con nessuno degli uomini avuti: avrei voluto stringere l'amante con le braccia ma non potevo, allora tolsi le gambe dalle sue spalle e le avvolsi intorno alla sua schiena, invitandolo con ciò a penetrarmi ulteriormente. Credevo che sarebbe giunto presto all'orgasmo e si sarebbe svuotato in me come il primo, ma mi sbagliavo.
Dopo lungo tempo e nuovi orgasmi da parte mia, si fermò, si alzò e, senza una parola, mi strinse delicatamente per i fianchi e mi rigirò con leggerezza, sistemandomi in ginocchio sulla poltrona, aiutato in questo dall'altro uomo, che mi prese per la schiena, abbassandomi sul bordo della poltrona medesima. Mi ritrovai nella posizione “a pecora”, una posizione che amavo assai: ma capii subito che voleva altro, quando la sua mano, uscendo dalla mia vulva aperta, dove inizialmente si era reintrodotta, mi massaggiò le natiche e mi aprì l'ano, ove sentii infilarsi un suo dito bagnato dei miei umori. L'uomo che mi teneva abbassate le spalle e le mani legate disse: “avrai capito che vuole raggiungere l'orgasmo nel tuo culetto. E' un sodomizzatore straordinario, cercherà di fare piano, abbiamo anche un liquido miracoloso. Tanto per sapere, lì sei vergine o hai già avuto esperienze?”. Cercai di annuire e lui mi chiese, “quindi hai già fatto sesso anale?”. Annuii nuovamente. Era vero, con il secondo dei miei ragazzi e con il professore avevo praticato tante volte il sesso anale, e dopo il dolore iniziale dello sverginamento mi era anche piaciuto: tanto che non di rado finivo per richiederlo io, facendolo sia “a pecora” e sia “a spengicandele”. Ma, a parte il fatto che non lo facevo da quasi 3 anni (mio marito non me lo aveva mai chiesto), lo stupratore aveva un pisello assai più lungo e largo dei due amanti che si erano avventurati nella mia apertura anale. Pensai subito che mi avrebbe fatto male, almeno come la prima volta, e probabilmente di più. Cominciai quindi ad agitarmi con tutto il corpo, per cercare di fargli capire che non volevo farlo. Ma l'uomo non desistette: con la sinistra mi prese la schiena, inchiodandomi, e con la destra continuò ad esplorare e allargare il mio buchino. Vidi l'altro uomo muoversi, cercare una bottiglietta e irrorare la mano dello stupratore: sentii subito il liquido che si introduceva, insieme ora con due dita, nel mio culo, continuando a penetrarvi per allargarlo. Mi rassegnai. Chinai la fronte sul bordo della poltrona, allargai il più possibile le gambe, alzando i fianchi, e attesi il suo membro: quando lo sentii appoggiato, cercai di agevolarne l'ingresso, spingendo con i muscoli anali verso di lui.
Per fortuna entrò a poco a poco, senza grandi traumi: il giovane, ogni volta che sprofondava si fermava a lungo per abituare i muscoli, accarezzandomi la pancia e baciandomi la schiena (che mi teneva strettamente) e rassicurandomi con il dirmi paroline amorose; mi tranquillizzò e cercai di partecipare, pensando che ero diventata come una schiava sessuale di un probabile violentatore islamico, mi sentii rabbrividire all'idea di donna dominata e usata sessualmente. Lui cominciò a muoversi: arretrava lentamente fin quasi a uscire e poi sprofondava nuovamente: alcune volte uscì davvero e si irrorò di liquido. Mi accorsi che riusciva a riaprimi senza farmi soffrire: provavo solo un grande bruciore in tutto l'ano. Dopo un lungo tempo di questo metodico trattamento, mi disse: “ora ti inculo a fondo, ma ormai si è abituato e non ti farò male, tranquilla”. Mi circondò con una mano la pancia e con l'altra il petto e cominciò a muoversi veloce con il bacino: continuai ad essere sostenuta per le spalle dal primo uomo rimasto davanti a me e sopportai il lungo rapporto, fortunatamente senza troppo dolore e preoccupazione per la mia gravidanza, finché sentii i sintomi inconfondibili dell'orgasmo maschile in arrivo e poi l'onda del suo sperma che mi riempiva.
Furono gentili entrambi, mi ripulirono accuratamente, sempre accarezzandomi. Il primo uomo disse “noi ci fidiamo di te, ti liberiamo e ti chiediamo scusa, non siamo criminali, siamo lavoratori onesti ma non abbiamo resistito alla tua bellezza e al tuo stato gravido, sei stata una tentazione irresistibile a cui non abbiamo potuto dire di no, speriamo che tu non voglia denunciarci. Però, in definitiva, ho visto che l'esperienza ti è piaciuta assai, hai goduto ripetutamente, se vorrai ripeterla, questa volta piacevolmente tra amici, ti lasciamo in borsa un foglietto con un numero di cellulare che utilizzeremo solo tra noi: se sentirai voglia, che bellezza se tu potessi accogliere i nostri piselli anche in bocca, basta che tu ci faccia un sms e ci ritroviamo qui o dove vorrai”. Mi slegò e massaggiò le mani e mi tolse delicatamente lo scotch che mi sbarrava la bocca. Alzandomi, ero tutta intirizzita e barcollai: entrambi mi sostennero e mi aiutarono ad indossare mutandine e reggipetto e poi il vestito. Si tolsero i cappucci e si mostrarono per i due uomini visti al bar. Mi restituirono la borsa e le chiavi dell'auto e – dopo essersi accertati che non c'erano persone nei dintorni – mi aiutarono a scendere dal furgone e a sistemarmi comoda nella mia auto. L'uomo disse: “ho spento il tuo cellulare che stava squillando, guardalo: ciao Alessandra bellissima, io sono Marco e lui è Samir. Speriamo di poterti ammirare ancora, e di divertirci con te”.
Salirono sul furgone e partirono. Rimasi stranita per alcuni minuti a pensare a quanto accaduto, e a cosa avrei fatto d'ora in poi, con le mani e la testa appoggiate al volante, con la fica appagata e con il culo che sentivo bruciante e dilatato come non mai. Ripensai ai tanti orgasmi avuti, d'intensità fino ad ora mai immaginata. Notai che erano passate almeno tre ore da quando ero uscita dal supermercato: tre ore di sesso, tre ore di piacere! Aprii la borsa, tirai fuori lo specchietto e mi guardai: mi vidi sconvolta. Con cura, mi detti il rossetto e mi sistemai gli occhi e il viso: mi riguardai e sorrisi, poi presi e accesi il cellulare. Vidi due chiamate di Giovanni e un suo sms: “Tutto bene amore? Che fai? Sei irraggiungibile, chiamami”. Chiamai, ma sentii squillare a vuoto, pensai che fosse troppo preso dal lavoro. Digitai un sms di risposta: “Scusami amore, ero a fare spesa al supermercato e avevo lasciato il cellulare in auto: vado a casa, chiama tu appena puoi, qui tutto bene”.
Presi il foglietto lasciatomi da Marco, salvai il numero in memoria sul cellulare e accartocciai la carta, per gettarla appena possibile. Misi in moto e partii.
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