Estranei parte 1
di
ilragazzodiome
genere
sentimentali
Erano li, finalmente.
Si erano conosciuti un paio di mesi prima in una chat e, dopo tanti messaggi, qualche foto e video un po' più intimi si erano decisi di darsi appuntamento e di trovarsi. Lei era appena scesa dal treno. Lui appena salite le scale che portavano al binario la vide col telefono ancora in mano e il suo messaggio "arrivo".
Era bellissima, ancor più nella realtà.
Lei, timidissima, ricambiò l'abbraccio caldo di lui e si diedero due baci.
Furono solo i primi.
Il viaggio dalla stazione all'albergo sembrò durare ore per i primi km. L'imbarazzo si sciolse però col passare delle canzoni e con i discorsi che si facevano sempre più piacevoli e spensierati.
L'ultimo momento di imbarazzo fu davanti alla Reception. Ognuno consegnò i propri documenti. Poi mano nella mano e valigia dall'altra salirono le scale diretti verso quella stanza che, per quella notte, li avrebbe fatti evadere dalle loro vite.
Nemmeno il tempo di chiudere la porta e posare le valigie che lui, scherzosamente l'aveva spinta nel letto e, in un abbraccio che voleva dire finalmente, si mise sopra di lei. Quell'abbraccio scomodo ma liberatorio terminò spostandosi per mettersi più comodi nel letto. Erano adesso distesi, la testa di lei sul petto di lui.
Con le sue dita le accarezzava le guance, le sfiorava il naso, poi le labbra. Le posò appena la punta delle dita sulle labbra che lei, dopo aver baciato, iniziò lentamente a succhiare. Poi si voltò. Lui le baciò la fronte. Poi il naso, le guance.
Erano baci lenti, le sue labbra carnose si posavano su di lei e lei lasciandosi guidare se li prendeva tutti.
Passarono poi al collo.
Il profumo di lei sulle sue labbra e quei leggeri movimenti di piacere che seguivano ogni volta che le labbra sfioravano la pelle erano solo il preludio per spostarsi in quel punto dove le labbra, una con l'altra, ai lati si congiungono.
Li si fermò, lui.
Guancia con guancia, le loro labbra erano li, a qualche centimetro.
Non riuscirono a resistere a lungo. Si baciarono.
I primi baci, cosi delicati, lasciarono presto spazio a baci più umidi.
Le lingue si intrecciavano, la frequenza aumentava, le mani di lei fra i capelli di lui che nel frattempo si era spostata sopra, le mani di lui sul culo di lei.
Tutto era la conferma e la prova che quei due stavano bene e che quello che si erano promessi, cioè passare due giorni assieme senza pensare ad altro, lasciando tutti i propri problemi fuori dalla vita che per quei giorni sarebbe stata solamente loro e di nessun altro, si stava avverando.
La voglia di continuare era molta, lo sapevano, ma la domanda "che ore sono?" interruppe quel piacevole momento.
Erano le 18. Si era fatto tardi e sorridendo si rimisero entrambi a guardare il soffitto uno di fianco all'altro su quel letto che, a entrambi, sembrava il posto più bello al mondo.
"Usciamo?" chiese lei. "Sono curiosa di vedere adesso dove mi porti"
Lui, che l'aveva invitata nella sua città, le diede ancora un ultimo bacio prima di alzarsi.
Dall'albergo al centro erano solo 10 minuti. Parcheggiarono.
Le prese la mano stringendo le dita fra le sue e, mano nella mano, si incamminarono.
Camminare tra la gente con qualcuno a fianco era una sensazione che entrambi non vivevano da un po'.
Quella città sconosciuta per lei era una scoperta continua.
Le luci di Natale, il buio della sera, quelle viette e i portici dove fidandosi si faceva guidare la facevano stare bene.
Tutti quei negozi, poi. Diventavano l'occasione per dirsi come staresti bene con quello, ti ci vedrei proprio con questo e via cosi.
Ridere e prendersi in giro con quella naturalezza mancava da troppo tempo anche a lui.
Arrivarono in un bar del centro.
"Ci fermiamo qui" disse lui spostandole la sedia e invitandola a sedere.
Ci beviamo qualcosa.
Continuavano a parlare come se si conoscessero da sempre. Il tempo passava in fretta cosi come lo spritz e le patatine che ormai erano finite.
"E non hai un po' di fame adesso?"
Andarono a cena, poi di nuovo qualche passo in centro. Si fermarono a guardare i cigni e quella parte del fiume che dalla panchina in cui si erano fermati faceva viaggiare le loro menti ormai senza alcun altro pensiero.
Volevano solo stare bene. Uno con l'altro, uno per l'altro.
Erano abbracciati su quella panchina, si baciarono.
Erano ormai completamente dentro quel mondo, il loro.
Non c'era nessun altro li fuori se non loro.
Il resto erano solo estranei
...continua
Si erano conosciuti un paio di mesi prima in una chat e, dopo tanti messaggi, qualche foto e video un po' più intimi si erano decisi di darsi appuntamento e di trovarsi. Lei era appena scesa dal treno. Lui appena salite le scale che portavano al binario la vide col telefono ancora in mano e il suo messaggio "arrivo".
Era bellissima, ancor più nella realtà.
Lei, timidissima, ricambiò l'abbraccio caldo di lui e si diedero due baci.
Furono solo i primi.
Il viaggio dalla stazione all'albergo sembrò durare ore per i primi km. L'imbarazzo si sciolse però col passare delle canzoni e con i discorsi che si facevano sempre più piacevoli e spensierati.
L'ultimo momento di imbarazzo fu davanti alla Reception. Ognuno consegnò i propri documenti. Poi mano nella mano e valigia dall'altra salirono le scale diretti verso quella stanza che, per quella notte, li avrebbe fatti evadere dalle loro vite.
Nemmeno il tempo di chiudere la porta e posare le valigie che lui, scherzosamente l'aveva spinta nel letto e, in un abbraccio che voleva dire finalmente, si mise sopra di lei. Quell'abbraccio scomodo ma liberatorio terminò spostandosi per mettersi più comodi nel letto. Erano adesso distesi, la testa di lei sul petto di lui.
Con le sue dita le accarezzava le guance, le sfiorava il naso, poi le labbra. Le posò appena la punta delle dita sulle labbra che lei, dopo aver baciato, iniziò lentamente a succhiare. Poi si voltò. Lui le baciò la fronte. Poi il naso, le guance.
Erano baci lenti, le sue labbra carnose si posavano su di lei e lei lasciandosi guidare se li prendeva tutti.
Passarono poi al collo.
Il profumo di lei sulle sue labbra e quei leggeri movimenti di piacere che seguivano ogni volta che le labbra sfioravano la pelle erano solo il preludio per spostarsi in quel punto dove le labbra, una con l'altra, ai lati si congiungono.
Li si fermò, lui.
Guancia con guancia, le loro labbra erano li, a qualche centimetro.
Non riuscirono a resistere a lungo. Si baciarono.
I primi baci, cosi delicati, lasciarono presto spazio a baci più umidi.
Le lingue si intrecciavano, la frequenza aumentava, le mani di lei fra i capelli di lui che nel frattempo si era spostata sopra, le mani di lui sul culo di lei.
Tutto era la conferma e la prova che quei due stavano bene e che quello che si erano promessi, cioè passare due giorni assieme senza pensare ad altro, lasciando tutti i propri problemi fuori dalla vita che per quei giorni sarebbe stata solamente loro e di nessun altro, si stava avverando.
La voglia di continuare era molta, lo sapevano, ma la domanda "che ore sono?" interruppe quel piacevole momento.
Erano le 18. Si era fatto tardi e sorridendo si rimisero entrambi a guardare il soffitto uno di fianco all'altro su quel letto che, a entrambi, sembrava il posto più bello al mondo.
"Usciamo?" chiese lei. "Sono curiosa di vedere adesso dove mi porti"
Lui, che l'aveva invitata nella sua città, le diede ancora un ultimo bacio prima di alzarsi.
Dall'albergo al centro erano solo 10 minuti. Parcheggiarono.
Le prese la mano stringendo le dita fra le sue e, mano nella mano, si incamminarono.
Camminare tra la gente con qualcuno a fianco era una sensazione che entrambi non vivevano da un po'.
Quella città sconosciuta per lei era una scoperta continua.
Le luci di Natale, il buio della sera, quelle viette e i portici dove fidandosi si faceva guidare la facevano stare bene.
Tutti quei negozi, poi. Diventavano l'occasione per dirsi come staresti bene con quello, ti ci vedrei proprio con questo e via cosi.
Ridere e prendersi in giro con quella naturalezza mancava da troppo tempo anche a lui.
Arrivarono in un bar del centro.
"Ci fermiamo qui" disse lui spostandole la sedia e invitandola a sedere.
Ci beviamo qualcosa.
Continuavano a parlare come se si conoscessero da sempre. Il tempo passava in fretta cosi come lo spritz e le patatine che ormai erano finite.
"E non hai un po' di fame adesso?"
Andarono a cena, poi di nuovo qualche passo in centro. Si fermarono a guardare i cigni e quella parte del fiume che dalla panchina in cui si erano fermati faceva viaggiare le loro menti ormai senza alcun altro pensiero.
Volevano solo stare bene. Uno con l'altro, uno per l'altro.
Erano abbracciati su quella panchina, si baciarono.
Erano ormai completamente dentro quel mondo, il loro.
Non c'era nessun altro li fuori se non loro.
Il resto erano solo estranei
...continua
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