Ho conosciuto Pompea
di
alybas
genere
etero
Storia Vera
Ho conosciuto Pompea sulla rete e sulla rete e abbiamo iniziato con lei un gioco cerebrale che in pochissimo tempo ci ha coinvolto. La mia anima porca è sempre la stessa ma non avrei mai immaginato di incrociare una femmina che avesse la mia identica tensione verso l’erotico spinto porchereccio. Ci siamo presi ferocemente e senza remore, narrandoci le storie più hard e i desideri più nascosti del nostro passato e del nostro presente, aprendoci ad ogni tipo di desiderio e di peccato. Peccato, si il peccato inteso come desiderio che non può essere fermato, che non può essere censurato. Ci siamo misurati, ascoltati, sentiti, cercati, trovati e abbiamo capito che il desiderio non si logora quando è passione. L’ardore sta nel cervello e nei comportamenti di chi desidera e Pompea è desiderio, su questo non vi è dubbio. Pompea è un nome di fantasia che le calza a pennello poiché Pompea è una grande bocca, una immensa grande bocca che pompa facendo i pompini. Il suo nome è la sua sostanza e quando Pompea pompa, lo fa con l’anima. Pompea è l’incarnazione femminile del sesso orale. Se non la chiamassi Pompea potrei chiamarla solo Oralia. Ma Pompea è anche una passione per il gusto classico, per Pompei. Una delle prime cose che mi ha narrato è di quando era andata a visitare gli scavi e mi aveva trascinato con il suo ricordo a caccia del lupanare. La casa delle meraviglie come la chiamavamo, dove lei aveva visto i famosi affreschi pompeiani con scene erotiche di una libidine mostruosa. Pompea era rimasta ammirata da quelle straordinarie immagini e da quel fantastico catalogo di perversioni e ossessioni. Il sensuale e l’erotico a Pompei si incardina in un battibaleno con il pornografico delle scene senza censura in accoppiamenti selvaggi e frenetici in cui Pompea aveva visto tutta l’avida ingordigia dei maschi e la selvaggia passione delle donne pronte a godere di ogni emozione. Nel suo raccontare avevo visto in Pompea il desiderio e la voglia di essere in quel lupanare a fare da Lupa e prendere il suo godimento. Avevamo parlato e ci eravamo eccitati pensando a quelle donne pronte a godere e a dare godimento per pochi denari. Immagino la Pompea visitatrice degli scavi indagare tra i nomi delle donne che esercitavano la professione più antica del mondo e trovarvi scritto il nome di una Pompea, una sua omonima. A questo punto era partita in noi l’esigenza di comprendere quali potevano essere le peculiarità della Pompea del passato, le sue voglie, le sue pulsioni, i suoi orgasmi, gli amplessi fra gemiti e passioni di chissà quanti uomini. Occorreva ritornare a Pompei e ripensare la nostra Pompea. Mi eccitava il pensare ad un transfert tutto segreto fra la Pompea del Passato e la Pompea del mio tempo. L’oggetto del desiderio. La Pompea tutta bocca pronta a prendere il suo turgido cazzone nella sua bocca. Mi eccitava il confronto indiretto e mi eccitava il sapere che Pompea era pronta a tutto pur di godere le sue passioni, le sue emozioni, i suoi desideri. Bisognava partire da li da quella fantastica clessidra del tempo che era Pompei. Le immagini delle pitture pompeiane non potevano fare altro che incardinare in noi l’esigenza di portare a termine con passione quel fantastico Kamasutra dell’antichità. A Pompei qualsiasi posizione aveva un costo e quello era il costo delle passioni, delle pulsioni erotiche e a Pompea affascinavano tutte le posizioni. Pompea antica la immagino come la moderna Pompea, una Lupa pronta alle posizioni più selvagge e sempre pronta a sbranare prima di essere sbranata. Ci eravamo ben preparati alla passione attraverso tanto desiderio e la vista ci aveva fatto bene, per cui il desiderio fu immediato e portentoso Come era accaduto sulla rete Pompea aveva, infatti, fiutato l’aria, come solo una brava lupa sa fare e si era avvicinata, in un abbraccio selvaggio. I bagagli tutti a terra senza bisogno di parole. Le avevamo già consumate tutte. Solo abbracci e segni irrefrenabili di desiderio. La stazione era stata la prima sede del piacere ci eravamo finalmente toccati e Pompea era bagnata e sorridente. Era stata lei ad invitarmi a toccare sotto la gonna larga l’effetto della mia presenza. Era senza mutandine e questo mi consentì di portare con me una notevole quantità di odore fra le dita. Ci guardavamo intensamente con la voglia mal celata di sbranarci in maniera vorace come solo le bestie feroci sanno fare. Si sentiva l’odore del sangue perché eravamo presi dal sague. Sul taxi fu una splendida agonia con Pompea che cercava di tenere sotto controllo il selvaggio che era in me, facendo uscire il selvaggio che era in lei. Erano toccate furenti, baci ardenti e passione. L’odore che emanava Pompea era straordinario ed ero quasi certo che avesse contaminato con il suo afrore anche l’autista del taxi che sembrava sempre più interessato a Pompea. Avevo la sensazione quasi che l’avesse riconosciuta in una di quelle immagini di erotica pompeiana e stesse quasi a chiederle come era ritornata dal passato. La camera d’albergo le normali pratiche e l’ascensore, pronti a travolgerci in un altro breve attimo di follia con dei baci, delle carezze, attimi di tenerezza che preludono ad una battaglia e poi aprire la porta e licenziare al più presto il fattorino. La porta è chiusa, il lettone accogliente e pronto con Pompea che immaginava me Zeus o Priapo, pronto dietro di lei a possederla alla pecorina, intimidita dal mio fisico possente, pronta a stringerle i fianchi mentre lei avrebbe provato a resistere ai miei assalti. Pompea sentiva già il mio cazzo sbatterle sulle natiche, ma invece rimase sconvolta: il suo Zeus Priapo le si era consegnato e le teneva testa nel confronto tra chi dei due avrebbe guidato ad armi pari il rapporto che si stava preparando, tra baci, carezze, morsi appassionati, leccate e succhiotti. Pompea stava agendo da lupa e a quel punto avevo deciso che l’avrei lasciata fare, dando massima libertà alla sua fantasia, fino addirittura alle più perverse, che immaginavo una come lei avesse. Ho lasciato che mi slacciasse la cintura, l’ho aiutata a far cadere i miei pantaloni, mentre lei si era posizionata subito nella posizione che le era più congeniale. Senza sforzo, infatti si era denudata e stava sul un tappeto rosso in ginocchio, lavorandomi i coglioni succhiandoli prima uno e poi l’altro e poi cercando di inserirli in bocca entrambi. Le due pallotte turgide non entravano, ma il tentativo, anche se non riuscito, mi aveva eccitato, come mi eccitava la sua dedizione a Me e il desiderio forte che lei provava per il cazzone che cresceva enormemente e che era diventato veramente duro. Pompea era presa dall’emozione e tremava per il desiderio. Da tanto tempo aspettava di avere nelle sue mani questo monumento, che aveva avuto modo di vedere in fotografia e di sfuggita mentre arrivavamo in albergo. Le piaceva tutto di me e io avevo avuto la stessa gradevole impressione quando l’avevo vista nuda e desiderosa del mio cazzo e del mio corpo. Avevo avuto il tempo di carezzare le sue tette e i suoi capezzolotti. Io ero grosso e potente, Pompea più piccola, ma non era affatto in difficoltà e per nulla timorosa, anzi, il contrario. I miei timori si erano dissolti del tutto, invece, quando aveva iniziato a leccarmi la grande cappella fino alla punta e poi lo aveva ingoiato per intero come mai mi era stato fatto. La sentivo agire prima lentamente e poi sempre più velocemente per la mia asta incandescente oramai, e sentivo che lei capiva ciò che avrei voluto facesse. Mi sbocconcellava in maniera deliziosa il glande, e soprattutto la corona che ho molto accentuata, ma anche una arteria che in posizione eretta è molto grossa con sospiri intensi. Sentivo ormai la sintonia, Pompea spompinava a pieno ritmo e io trattenevo la sua nuca, muovendola al ritmo che la donna preferiva. Il suo lavoro costante e minuzioso e i continui cambi di velocità e di intensità insieme alla capacità che lei aveva di giocare con la lingua mi davano un infinito piacere e speravo di continuare così. Lei mi guardava, vedeva la mia soddisfazione ed era invogliata tra i miei gemiti a continuare. Pompea pompava senza tregua, a testa bassa e sentiva che il mio era un cazzone resistente per cui ci dava giu con tutte le sue arti amatorie. Era tutto un dialogo tra il mio cazzottone e la sua gola, pochi secondi ogni tanto per respirare e poi di nuovo quasi in apnea rituffandolo dentro e in un su e giù fantastico, sempre più forte e veloce. Pompea ciucciava come non ci fosse un domani ad un ritmo frenetico, quello giusto per me, mentre ogni tanto la vedevo toccarsi e fiottare umori, orgasmo crema di desiderio e la pregavo di avvicinare le sue dita zuppe al mio viso. Mi piaceva sentire come mentre mi godeva, mi spalmava il suo sugo….Che sapore il sugo di Pompea.
Ho conosciuto Pompea sulla rete e sulla rete e abbiamo iniziato con lei un gioco cerebrale che in pochissimo tempo ci ha coinvolto. La mia anima porca è sempre la stessa ma non avrei mai immaginato di incrociare una femmina che avesse la mia identica tensione verso l’erotico spinto porchereccio. Ci siamo presi ferocemente e senza remore, narrandoci le storie più hard e i desideri più nascosti del nostro passato e del nostro presente, aprendoci ad ogni tipo di desiderio e di peccato. Peccato, si il peccato inteso come desiderio che non può essere fermato, che non può essere censurato. Ci siamo misurati, ascoltati, sentiti, cercati, trovati e abbiamo capito che il desiderio non si logora quando è passione. L’ardore sta nel cervello e nei comportamenti di chi desidera e Pompea è desiderio, su questo non vi è dubbio. Pompea è un nome di fantasia che le calza a pennello poiché Pompea è una grande bocca, una immensa grande bocca che pompa facendo i pompini. Il suo nome è la sua sostanza e quando Pompea pompa, lo fa con l’anima. Pompea è l’incarnazione femminile del sesso orale. Se non la chiamassi Pompea potrei chiamarla solo Oralia. Ma Pompea è anche una passione per il gusto classico, per Pompei. Una delle prime cose che mi ha narrato è di quando era andata a visitare gli scavi e mi aveva trascinato con il suo ricordo a caccia del lupanare. La casa delle meraviglie come la chiamavamo, dove lei aveva visto i famosi affreschi pompeiani con scene erotiche di una libidine mostruosa. Pompea era rimasta ammirata da quelle straordinarie immagini e da quel fantastico catalogo di perversioni e ossessioni. Il sensuale e l’erotico a Pompei si incardina in un battibaleno con il pornografico delle scene senza censura in accoppiamenti selvaggi e frenetici in cui Pompea aveva visto tutta l’avida ingordigia dei maschi e la selvaggia passione delle donne pronte a godere di ogni emozione. Nel suo raccontare avevo visto in Pompea il desiderio e la voglia di essere in quel lupanare a fare da Lupa e prendere il suo godimento. Avevamo parlato e ci eravamo eccitati pensando a quelle donne pronte a godere e a dare godimento per pochi denari. Immagino la Pompea visitatrice degli scavi indagare tra i nomi delle donne che esercitavano la professione più antica del mondo e trovarvi scritto il nome di una Pompea, una sua omonima. A questo punto era partita in noi l’esigenza di comprendere quali potevano essere le peculiarità della Pompea del passato, le sue voglie, le sue pulsioni, i suoi orgasmi, gli amplessi fra gemiti e passioni di chissà quanti uomini. Occorreva ritornare a Pompei e ripensare la nostra Pompea. Mi eccitava il pensare ad un transfert tutto segreto fra la Pompea del Passato e la Pompea del mio tempo. L’oggetto del desiderio. La Pompea tutta bocca pronta a prendere il suo turgido cazzone nella sua bocca. Mi eccitava il confronto indiretto e mi eccitava il sapere che Pompea era pronta a tutto pur di godere le sue passioni, le sue emozioni, i suoi desideri. Bisognava partire da li da quella fantastica clessidra del tempo che era Pompei. Le immagini delle pitture pompeiane non potevano fare altro che incardinare in noi l’esigenza di portare a termine con passione quel fantastico Kamasutra dell’antichità. A Pompei qualsiasi posizione aveva un costo e quello era il costo delle passioni, delle pulsioni erotiche e a Pompea affascinavano tutte le posizioni. Pompea antica la immagino come la moderna Pompea, una Lupa pronta alle posizioni più selvagge e sempre pronta a sbranare prima di essere sbranata. Ci eravamo ben preparati alla passione attraverso tanto desiderio e la vista ci aveva fatto bene, per cui il desiderio fu immediato e portentoso Come era accaduto sulla rete Pompea aveva, infatti, fiutato l’aria, come solo una brava lupa sa fare e si era avvicinata, in un abbraccio selvaggio. I bagagli tutti a terra senza bisogno di parole. Le avevamo già consumate tutte. Solo abbracci e segni irrefrenabili di desiderio. La stazione era stata la prima sede del piacere ci eravamo finalmente toccati e Pompea era bagnata e sorridente. Era stata lei ad invitarmi a toccare sotto la gonna larga l’effetto della mia presenza. Era senza mutandine e questo mi consentì di portare con me una notevole quantità di odore fra le dita. Ci guardavamo intensamente con la voglia mal celata di sbranarci in maniera vorace come solo le bestie feroci sanno fare. Si sentiva l’odore del sangue perché eravamo presi dal sague. Sul taxi fu una splendida agonia con Pompea che cercava di tenere sotto controllo il selvaggio che era in me, facendo uscire il selvaggio che era in lei. Erano toccate furenti, baci ardenti e passione. L’odore che emanava Pompea era straordinario ed ero quasi certo che avesse contaminato con il suo afrore anche l’autista del taxi che sembrava sempre più interessato a Pompea. Avevo la sensazione quasi che l’avesse riconosciuta in una di quelle immagini di erotica pompeiana e stesse quasi a chiederle come era ritornata dal passato. La camera d’albergo le normali pratiche e l’ascensore, pronti a travolgerci in un altro breve attimo di follia con dei baci, delle carezze, attimi di tenerezza che preludono ad una battaglia e poi aprire la porta e licenziare al più presto il fattorino. La porta è chiusa, il lettone accogliente e pronto con Pompea che immaginava me Zeus o Priapo, pronto dietro di lei a possederla alla pecorina, intimidita dal mio fisico possente, pronta a stringerle i fianchi mentre lei avrebbe provato a resistere ai miei assalti. Pompea sentiva già il mio cazzo sbatterle sulle natiche, ma invece rimase sconvolta: il suo Zeus Priapo le si era consegnato e le teneva testa nel confronto tra chi dei due avrebbe guidato ad armi pari il rapporto che si stava preparando, tra baci, carezze, morsi appassionati, leccate e succhiotti. Pompea stava agendo da lupa e a quel punto avevo deciso che l’avrei lasciata fare, dando massima libertà alla sua fantasia, fino addirittura alle più perverse, che immaginavo una come lei avesse. Ho lasciato che mi slacciasse la cintura, l’ho aiutata a far cadere i miei pantaloni, mentre lei si era posizionata subito nella posizione che le era più congeniale. Senza sforzo, infatti si era denudata e stava sul un tappeto rosso in ginocchio, lavorandomi i coglioni succhiandoli prima uno e poi l’altro e poi cercando di inserirli in bocca entrambi. Le due pallotte turgide non entravano, ma il tentativo, anche se non riuscito, mi aveva eccitato, come mi eccitava la sua dedizione a Me e il desiderio forte che lei provava per il cazzone che cresceva enormemente e che era diventato veramente duro. Pompea era presa dall’emozione e tremava per il desiderio. Da tanto tempo aspettava di avere nelle sue mani questo monumento, che aveva avuto modo di vedere in fotografia e di sfuggita mentre arrivavamo in albergo. Le piaceva tutto di me e io avevo avuto la stessa gradevole impressione quando l’avevo vista nuda e desiderosa del mio cazzo e del mio corpo. Avevo avuto il tempo di carezzare le sue tette e i suoi capezzolotti. Io ero grosso e potente, Pompea più piccola, ma non era affatto in difficoltà e per nulla timorosa, anzi, il contrario. I miei timori si erano dissolti del tutto, invece, quando aveva iniziato a leccarmi la grande cappella fino alla punta e poi lo aveva ingoiato per intero come mai mi era stato fatto. La sentivo agire prima lentamente e poi sempre più velocemente per la mia asta incandescente oramai, e sentivo che lei capiva ciò che avrei voluto facesse. Mi sbocconcellava in maniera deliziosa il glande, e soprattutto la corona che ho molto accentuata, ma anche una arteria che in posizione eretta è molto grossa con sospiri intensi. Sentivo ormai la sintonia, Pompea spompinava a pieno ritmo e io trattenevo la sua nuca, muovendola al ritmo che la donna preferiva. Il suo lavoro costante e minuzioso e i continui cambi di velocità e di intensità insieme alla capacità che lei aveva di giocare con la lingua mi davano un infinito piacere e speravo di continuare così. Lei mi guardava, vedeva la mia soddisfazione ed era invogliata tra i miei gemiti a continuare. Pompea pompava senza tregua, a testa bassa e sentiva che il mio era un cazzone resistente per cui ci dava giu con tutte le sue arti amatorie. Era tutto un dialogo tra il mio cazzottone e la sua gola, pochi secondi ogni tanto per respirare e poi di nuovo quasi in apnea rituffandolo dentro e in un su e giù fantastico, sempre più forte e veloce. Pompea ciucciava come non ci fosse un domani ad un ritmo frenetico, quello giusto per me, mentre ogni tanto la vedevo toccarsi e fiottare umori, orgasmo crema di desiderio e la pregavo di avvicinare le sue dita zuppe al mio viso. Mi piaceva sentire come mentre mi godeva, mi spalmava il suo sugo….Che sapore il sugo di Pompea.
1
voti
voti
valutazione
9
9
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Sveta e Ukra. Dall'Ucraina con furore badanti del cazzo
Commenti dei lettori al racconto erotico