Fratelli... naturalmente amanti (3).
di
slipforslip
genere
incesti
Tramontato l’ultimo sole di agosto, dovevamo festeggiare l’inizio delle due settimane di assoluto piacere che ci attendevano. “Visto che sono la sorella maggiore, detterò io le regole per il tempo che staremo ancora qui. Ok?”, disse Anna, dopo essere uscita dalla lunga doccia ristoratrice che ci eravamo concessi. “Sarò ai vostri ordini, mia sovrana: ritenetemi il più fido tra i vostri servitori”, feci io inchinandomi profondamente dinanzi a mia sorella ancora nuda, che rideva sorniona. “Che cosa comanda?” “Ho fame, prepariamoci alla svelta e andiamo al ristorante”, disse lei.
Ci fermammo in un ristorantino in riva al mare, nulla di che, ma era carino e pulito. Ci sedemmo ad un tavolino un po’ appartato ed ordinammo la cena ed una bottiglia di vino rosso. Mentre mia sorella divorava gli scampi succhiandone avidamente le code, mi montò un’eccitazione incontenibile: la mia verga divenne così dura che l’erezione era molto evidente anche da sotto i pantaloni. Di nuovo sentivo quel sottile, ammaliante profumo di fica bagnata. Allungai la gamba ed infilai il piede tra le cosce di Anna; lei resistette un attimo lanciandomi uno sguardo perplesso, ma poi allargò le gambe e con l’alluce potei titillarle il clitoride ed infilarglielo nella vulva. Non mi sbagliavo. La fica di mia sorella era già ben lubrificata: era essa che mi inebriava con la sua fragranza. Anna si guardò un poco intorno e, vedendo che nessuno faceva caso a noi, prese a muovere il bacino, a stringere le cosce, finché non la sentii gemere sommessamente e raggiungere l’orgasmo bagnandomi tutto il piede dei suoi umori. Terminata la cena, facemmo quattro passi in riva al mare. “Lo sapevo che non portavi le mutandine”, le dissi. “Ho fatto come te. Ti ho visto, sai, che hai indossato i calzoni senza i boxer”, fece lei di rimando. Ridemmo fragorosamente entrambi, ma poi ci fu il silenzio più totale: le nostre bocche si avvicinarono, le lingue si cercavano, si sfioravano, si combattevano e si lasciavano, tornavano a cercarsi e si incollavano l’una all’altra come se si ritrovassero dopo lungo tempo. Non riuscivamo a smettere. “Non resisto più, Anna. Torniamo a casa, ti prego.” “Sì, amore mio. Andiamo.”
La prima regola che mia sorella fissò era di dormire nel letto dei nostri genitori, perciò, rientrato in casa dopo aver parcheggiato l’auto, la trovai già distesa sul letto: indossava solo un minuscolo perizoma di tulle azzurrino. Ci sapeva fare, Anna; sapeva quanto mi eccitassero le velature. Mia sorella mi beveva con lo sguardo mentre mi spogliavo dei pochi vestiti che avevo addosso, e con la mano si accarezzava delicatamente il pube. Mi distesi completamente nudo al suo fianco. “Buonanotte, sorellona!” E spensi la luce. “Ma che stronzo! E mi lasci così?”, disse Anna dandomi uno schiaffo sul culo. “Ah, ti piace il sesso violento, allora!”, risposi io ridendo e accendendo la luce. “Non mi fare più di questi scherzi cattivi! Ho temuto che già non mi volessi più”, disse mia sorella singhiozzando. “Oh, amore mio, non piangere, ti prego. Volevo farti solo uno scherzo. Come puoi pensare che io possa fare a meno di te?”, replicai ad Anna stringendola forte al petto. Ma le parole non riuscivano a consolarla. La abbracciai, allora, stringendo forte la sua schiena al mio petto, poi le scostai il filo del perizoma e lentamente, la penetrai da dietro: la fica di mia sorella questa volta non era bagnata, ma la durezza del mio cazzo riuscì comunque a riempirle la carne. “Lo senti quanto ti voglio?”, le sussurrai all’orecchio. Anna smise di piangere: il turgore del mio membro dentro di lei era la testimonianza più efficace e convincente del desiderio di lei che io continuavo a provare. Restammo uniti in quel modo per molto tempo, poi mia sorella cominciò a dimenare il culo: li cazzo adesso scivolava facilmente nella sua fica ormai lubrificata. Le mordicchiavo il collo da dietro; con una mano le massaggiavo i capezzoli, mentre percorrevo le sue labbra con le dita dell’altra mano, segnavo il morbido orlo circolare dell’ombelico e infine giocavo con il suo clitoride, procurandole un orgasmo che mia sorella godette in silenzio, ma che io avvertii distintamente attraverso le vibrazioni delle pareti della vagina intorno al mio cazzo.
“Voglio essere tutta tua, e solo tua!”, esclamò mia sorella appena riavutasi dal deliquio. Poi si alzò dal letto e uscì dalla camera. “Lo avevo comprato per un’occasione importante”, disse Anna mostrandomi il tubetto di un lubrificante. Io ero sorpreso da mia sorella e non riuscivo a parlare; ma mi fidavo di lei, perciò la lasciai fare arrendendomi ai suoi desideri. Mi prese in bocca il cazzo e cominciò a succhiarmi il glande: la mia verga non tardò a diventar dura come il ferro. Allora Anna mi spalmò l’asta con il lubrificante già caldo, per averne tenuto tra le cosce il tubetto, e ne applicò un po’ anche al suo fiorellino. “Ora aprimi il culo – mi disse – voglio che ogni mio orifizio ti appartenga. Solo così io sarò davvero tutta tua e tu tutto mio”. Le accarezzai il viso e la baciai teneramente, poi ci disponemmo sulla sponda del letto dinanzi allo specchio, affinché Anna potesse vedere il mio cazzo che le perforava l’ano. Sdraiata sul letto, con i cuscini dietro la schiena a sollevarle il busto, le allargai le gambe tenendole verso l’alto, e con un movimento lento ma deciso infilai la cappella nel culo di mia sorella: l’ano di Anna non oppose molta resistenza, sicché la mia verga poté entrare tutta senza eccessiva difficoltà. Mi fermai. “Carlo, Carlo, amore mio. Che bello! non ti muovere, stai dentro, ti prego.” Poi, quando fu sazia di godere di quel riempimento: “Ora sbattimi senza pietà!”, disse. Obbedii cominciando a stantuffare con forza mia sorella che urlava di piacere. Anna si massaggiava il clitoride mentre io la possedevo con affondi ormai furiosi, finché entrambi non raggiungemmo simultaneamente un orgasmo di un’intensità mai provata. Quando sfilai il cazzo ormai barzotto, un rivolo di sperma scendeva dall’ano di mia sorella, che ancora non si era richiuso completamente. Anna mi prese per mano, mi tirò a sé sul letto e, quando fui disteso su di lei: “Promettimi che non ci lasceremo mai”, disse e mi baciò. “Staremo sempre assieme, sorellina. Te lo prometto”, risposi io ricambiandole il bacio.
Ci fermammo in un ristorantino in riva al mare, nulla di che, ma era carino e pulito. Ci sedemmo ad un tavolino un po’ appartato ed ordinammo la cena ed una bottiglia di vino rosso. Mentre mia sorella divorava gli scampi succhiandone avidamente le code, mi montò un’eccitazione incontenibile: la mia verga divenne così dura che l’erezione era molto evidente anche da sotto i pantaloni. Di nuovo sentivo quel sottile, ammaliante profumo di fica bagnata. Allungai la gamba ed infilai il piede tra le cosce di Anna; lei resistette un attimo lanciandomi uno sguardo perplesso, ma poi allargò le gambe e con l’alluce potei titillarle il clitoride ed infilarglielo nella vulva. Non mi sbagliavo. La fica di mia sorella era già ben lubrificata: era essa che mi inebriava con la sua fragranza. Anna si guardò un poco intorno e, vedendo che nessuno faceva caso a noi, prese a muovere il bacino, a stringere le cosce, finché non la sentii gemere sommessamente e raggiungere l’orgasmo bagnandomi tutto il piede dei suoi umori. Terminata la cena, facemmo quattro passi in riva al mare. “Lo sapevo che non portavi le mutandine”, le dissi. “Ho fatto come te. Ti ho visto, sai, che hai indossato i calzoni senza i boxer”, fece lei di rimando. Ridemmo fragorosamente entrambi, ma poi ci fu il silenzio più totale: le nostre bocche si avvicinarono, le lingue si cercavano, si sfioravano, si combattevano e si lasciavano, tornavano a cercarsi e si incollavano l’una all’altra come se si ritrovassero dopo lungo tempo. Non riuscivamo a smettere. “Non resisto più, Anna. Torniamo a casa, ti prego.” “Sì, amore mio. Andiamo.”
La prima regola che mia sorella fissò era di dormire nel letto dei nostri genitori, perciò, rientrato in casa dopo aver parcheggiato l’auto, la trovai già distesa sul letto: indossava solo un minuscolo perizoma di tulle azzurrino. Ci sapeva fare, Anna; sapeva quanto mi eccitassero le velature. Mia sorella mi beveva con lo sguardo mentre mi spogliavo dei pochi vestiti che avevo addosso, e con la mano si accarezzava delicatamente il pube. Mi distesi completamente nudo al suo fianco. “Buonanotte, sorellona!” E spensi la luce. “Ma che stronzo! E mi lasci così?”, disse Anna dandomi uno schiaffo sul culo. “Ah, ti piace il sesso violento, allora!”, risposi io ridendo e accendendo la luce. “Non mi fare più di questi scherzi cattivi! Ho temuto che già non mi volessi più”, disse mia sorella singhiozzando. “Oh, amore mio, non piangere, ti prego. Volevo farti solo uno scherzo. Come puoi pensare che io possa fare a meno di te?”, replicai ad Anna stringendola forte al petto. Ma le parole non riuscivano a consolarla. La abbracciai, allora, stringendo forte la sua schiena al mio petto, poi le scostai il filo del perizoma e lentamente, la penetrai da dietro: la fica di mia sorella questa volta non era bagnata, ma la durezza del mio cazzo riuscì comunque a riempirle la carne. “Lo senti quanto ti voglio?”, le sussurrai all’orecchio. Anna smise di piangere: il turgore del mio membro dentro di lei era la testimonianza più efficace e convincente del desiderio di lei che io continuavo a provare. Restammo uniti in quel modo per molto tempo, poi mia sorella cominciò a dimenare il culo: li cazzo adesso scivolava facilmente nella sua fica ormai lubrificata. Le mordicchiavo il collo da dietro; con una mano le massaggiavo i capezzoli, mentre percorrevo le sue labbra con le dita dell’altra mano, segnavo il morbido orlo circolare dell’ombelico e infine giocavo con il suo clitoride, procurandole un orgasmo che mia sorella godette in silenzio, ma che io avvertii distintamente attraverso le vibrazioni delle pareti della vagina intorno al mio cazzo.
“Voglio essere tutta tua, e solo tua!”, esclamò mia sorella appena riavutasi dal deliquio. Poi si alzò dal letto e uscì dalla camera. “Lo avevo comprato per un’occasione importante”, disse Anna mostrandomi il tubetto di un lubrificante. Io ero sorpreso da mia sorella e non riuscivo a parlare; ma mi fidavo di lei, perciò la lasciai fare arrendendomi ai suoi desideri. Mi prese in bocca il cazzo e cominciò a succhiarmi il glande: la mia verga non tardò a diventar dura come il ferro. Allora Anna mi spalmò l’asta con il lubrificante già caldo, per averne tenuto tra le cosce il tubetto, e ne applicò un po’ anche al suo fiorellino. “Ora aprimi il culo – mi disse – voglio che ogni mio orifizio ti appartenga. Solo così io sarò davvero tutta tua e tu tutto mio”. Le accarezzai il viso e la baciai teneramente, poi ci disponemmo sulla sponda del letto dinanzi allo specchio, affinché Anna potesse vedere il mio cazzo che le perforava l’ano. Sdraiata sul letto, con i cuscini dietro la schiena a sollevarle il busto, le allargai le gambe tenendole verso l’alto, e con un movimento lento ma deciso infilai la cappella nel culo di mia sorella: l’ano di Anna non oppose molta resistenza, sicché la mia verga poté entrare tutta senza eccessiva difficoltà. Mi fermai. “Carlo, Carlo, amore mio. Che bello! non ti muovere, stai dentro, ti prego.” Poi, quando fu sazia di godere di quel riempimento: “Ora sbattimi senza pietà!”, disse. Obbedii cominciando a stantuffare con forza mia sorella che urlava di piacere. Anna si massaggiava il clitoride mentre io la possedevo con affondi ormai furiosi, finché entrambi non raggiungemmo simultaneamente un orgasmo di un’intensità mai provata. Quando sfilai il cazzo ormai barzotto, un rivolo di sperma scendeva dall’ano di mia sorella, che ancora non si era richiuso completamente. Anna mi prese per mano, mi tirò a sé sul letto e, quando fui disteso su di lei: “Promettimi che non ci lasceremo mai”, disse e mi baciò. “Staremo sempre assieme, sorellina. Te lo prometto”, risposi io ricambiandole il bacio.
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