Philophobia
di
Laura023
genere
sentimentali
“Laura, cosa hai portato per il pranzo?”
“U-un pan-nino a-al p-pomod-doro e m-moz-zzarella”
“Buono! Io un panino al prosciutto, posso averne un pezzo?”
“N-no! C-che schi-fo! È m-mio!”
“Dai Laura, siamo amici, non fare la schizzinosa, mi fido di te”
“N-no! È m-mio”
“Se non me lo dai, me lo prendo con la forza…”
Erano seduti, Lui allungò il braccio per prenderlo, Lei scattò all’indietro schivandolo, iniziarono a fare la lotta, come due bambini, fra rantolii, prese e bloccaggi. In mezzo al prato, Lei era riuscita a mettersi sopra di Lui a cavalcioni sul bacino bloccandogli i polsi. Aveva vinto. Il panino era suo.
Affascinata da un mondo che aveva letto solo in qualche stupido libro, forse poteva essere la sua occasione. Si avvicinò, senza pensare troppo in qualcosa che era sicura non potesse meritare, se fosse mai stata disposta ad ottenere qualcosa da quel mondo. Tutto iniziò da quelle attenzioni, quelle di cui aveva bisogno, quelle che piacciono, che un po’ la facevano sentire come se potesse valere qualcosa. D’altro canto, era ancora una ragazzina –troppo tale a volte-, le piaceva ancora giocare. Con un nodo allo stomaco si avvicinò a quel mondo sconosciuto. Con i capelli morbidi, profumati e qualche pensiero di troppo si avviò verso quello che pensò era un mondo che non si meritava. Mai cosa fu più sbagliata. Si avvicinò a quel mondo con lentezza ed attenzione, quasi paura, per capire meglio cosa ne poteva essere di Lei, di Lui, di Loro in situazioni come quella.
Si accompagnò lo scorrere sul corpo un calore strano, pungente, quasi bruciante. Lei, lei si ritrovò immobile, ansimante, con il corpo tremante, quasi impaurito. Ma dentro covava nuove emozioni, la sensazione che quella sarebbe stata l’unica soluzione per salvarsi e uscire fuori dalla Merda che la trascinava giù. E si bloccò, aveva il corpo libero, ma senza nessuna possibilità di scappare e questa cosa la terrorizzava e al contempo stesso le piaceva. Il dolore? La paura di farsi del male? No. La paura di scoprire che quel mondo poteva meritarlo, che poteva averlo, che poteva essere stranamente piacevole, prendeva ogni fibra del suo esile corpo senza più lasciarla andare. Messa a cavalcioni sopra di Lui, i loro sguardi si incrociarono, sentiva il fiato mancare senza più tornare nei suoi polmoni.
Continuò per un momento infinito, o almeno sperava potesse essere tale… E poi smise. Da un lato per via della curiosità, dagli altri 99 per via della di quello che provava, si avvicinò titubante a quelle labbra semiaperte, si cercarono, con la naturalezza di un fiume che scorre verso il mare, appoggiandosi le une fra le altre, giocando a nascondersi fra di loro. Gli occhi chiusi, ma pieni di lacrime che scendevano sul suo viso, le mani che gli stringevano i polsi fino a fargli male come in una morsa, forse per paura che potesse scappare. E poi, sentì la bocca essere raggiunta dalla sua saliva, che inghiottì, stranita, ma soddisfatta. La sua mente stava toccando corde nuove, la voglia di essere ciò che non era mai stata stava crescendo dentro di lei. Essere amata. Finalmente, si lascò cullare da quello strano piacere che la raggiunse fra i nodi del suo corpo. Spaventata ed emozionata da tutto ciò, attese di staccarsi da quelle labbra con estrema calma, meravigliandosi ancora di quanto calore la stesse portando in un mondo che non conosceva. Curiosa come una bambina, si disse che quel momento non le era bastato, e allora si spinse un po’ più in là. Con il corpo ancora libero ma comunque bloccato, allentò la presa dai polsi, scese fino alle sue spalle che le premette con forza, fino a fargli male, i loro sguardi si incrociarono nuovamente con lo stupore nei loro occhi verdi come quel prato. Ma stavolta, volle riprovare con più curiosità, forse per verificare quello che aveva provato: Una sensazione mite, non si poteva classificare, fino a che non si avvicinò nuovamente a quelle labbra semiaperte, esposte, in trepidante attesa di essere riempite, come le sue d’altronde. Lui, portò le mani sui suoi esili fianchi accarezzandoli spingendo il suo bacino in basso per aumentare il contatto, anche lui giocò con le sue labbra, le accarezzava e le stimolava con le sue. Si stavano esplorando, e ne erano felicemente consapevoli.
Lei sopra di lui, nel controllo più assurdo che avesse mai sperimentato fino a quel momento, attraverso le labbra sentiva la paura e il calore attraversarle la schiena e diventare sempre più forte fino a quella sensazione di pienezza che bramava da anni. Veloce, impulsiva, sentì le labbra della sua bocca accoglierla e stringerla, sperando insieme di averne ancora. Ma lui smise dopo non molto tempo, lasciandola appesa ad un filo che non riusciva ad annodare. Un momento, quello, lo stare vicini, uniti solamente dalle labbra, Lei a cavalcioni sopra di lui bloccando, uno sopra l’altro. Lui le accarezzava dolcemente i fianchi e la vita, e Lei gli regalava dolci e umide attenzioni sulle sue labbra.
La cosa che più la sorprendeva, era il ritrovarsi a condividere nuove emozioni insieme, era solita a ritrovarsi da sola nei suoi pensieri -a casa, a scuola, in biblioteca-. Che sensazione era? Come poteva spiegarsi? Era brava a tenersi dentro le cose, ma in quel momento, in quel momento con Lui sentiva il bisogno di condividerne il più possibile, gli angoli delle sue labbra si arricciarono in su in un sorriso. Sgomento, stupore, felicità, orrore. Come poteva spiegarsi tutto ciò? Come poteva spiegarsi quella cosa che smetteva di darle ansie, quello che la portava lontano accompagnandola per mano in un mondo dove si diventava leggeri, fluttuanti, un’aria nuova, diversa. Era una bambina, era ancora ingenua, eppure con Lui metteva in gioco tutta sé stessa, sperando che funzionasse, ma come si fa ad entrare in una mente che non è la tua? Eppure, erano riusciti a vicenda. In una mente ci entri solo con la tua. L’unica possibilità che aveva era quella di dargli tutto, anche i suoi lati peggiori e aspettare. Entrambi speravano potesse funzionare, lo volevano. Sentivano che volevano davvero qualcosa di più, più forte di una semplice amicizia, il peso era ormai insormontabile. Cosa spinse quei due ragazzi a sentire il calore altrui addosso? Per cosa? Sicurezza? Piacere? Non lo sapeva, non lo sapevano, e ci stavano pensando solo in quel momento, mentre Lei gli succhiava avidamente quelle labbra che oramai stavano diventando familiari, sentiva la sua saliva scenderle giù in gola e sentiva rade carezze sulle sue costole, ma il momento più bello era quello: lasciarla giocare con le sue labbra inumidendole con nuove emozioni. E più quelle emozioni toccavano corde nuove, più la sua curiosità e la sua paura crescevano, bramava di comprendere come fosse arrivata a tanto, le sue mani che gli stringevano le spalle, le braccia in tensione che spingevano verso il basso, dandosi forza con le sue esili spalle, a cosa stava pensando? Voleva lasciargli dei segni, voleva che entrambi ricordassero di quel momento per giorni, guardando i polsi rossi del povero ragazzo.
Sentì le sue braccia salire su per la schiena, in uno scatto che la fece sussultare dentro. Sentiva il suo ansimare crescere nel petto, non ebbe tempo di ragionare, che sentì una sua mano accarezzarle i capelli e l’altra le scapole avvicinandola a sé, lo sentiva, e non poteva che gioire di quella pressione che sentiva sulla sua schiena. Ansimava ad ogni movimento, ne voleva ancora, si sentiva viva, dopo tanto, troppo tempo. Spingeva anche Lei, spingendo in giù con il corpo per non sentirsi lontana… e lo sentiva accarezzarle dolcemente i suoi capelli corvini, cercava la sua bocca e spinse ancora, a regalarle nuove carezze.
Ma dopo non molto fu nuovamente sciolta da quella presa e si ritrovò faccia a faccia con lui, sul prato. Lo prese nuovamente in un contatto ancora più vicino.
Voleva essere Amata, come si fa con le principesse dei libri. E, di nuovo lo prese per i polsi portando le mani sui suoi fianchi, a stringerli per non lasciare che quel piacere la abbandonasse. Soddisfatta dal suo stesso gioco, sentì il suo esile corpo scuotersi e abbandonarla, si allontanò dal suo viso, tornando lentamente alla posizione iniziale con il viso basso guardandolo negli occhi, vide i suoi occhi illuminarsi in un sorriso.
Gli volle chiedere una cosa, come poteva essere ancora imbarazzata dopo tutto quello? Non lo sapeva, in fondo era una piccola creatura fatta di piccoli pezzi sperduti chissà dove. Non fu facile, i loro volti seminascosti fra le lacrime, la luce del sole e gli occhi di chi ammirava già da tanto, ognuno era nella propria dimensione, tutto era successo con una tale fluidità che fece paura, seduta a cavalcioni sopra di Lui. Che assurda attesa le pareva, doveva trovare le giuste parole. In quelle lente e umide attenzioni che non la soffocavano più, fece roteare lentamente il bacino per mettersi comoda mentre la stringeva dai fianchi. E lentamente iniziò a piangere, si liberò in urla che non sentiva più uscire da sé stessa da troppo tempo. Cosa stava succedendo? Non le importava più, aveva ritrovato la luce in quel venerdì pomeriggio, avvertì dentro di sé qualcosa che la stringeva. Fu sorpresa nello scoprire quelle nuove emozioni che tanto temeva, non facevano paura, poteva superare sé stessa. Lo guardò ansimando, con la paura che le cresceva nelle viscere… e si, finalmente si lasciò andare, e da brava bambina, con la voce tremolante gli chiese:
“D-davide. Vorresti amarmi?”.
“U-un pan-nino a-al p-pomod-doro e m-moz-zzarella”
“Buono! Io un panino al prosciutto, posso averne un pezzo?”
“N-no! C-che schi-fo! È m-mio!”
“Dai Laura, siamo amici, non fare la schizzinosa, mi fido di te”
“N-no! È m-mio”
“Se non me lo dai, me lo prendo con la forza…”
Erano seduti, Lui allungò il braccio per prenderlo, Lei scattò all’indietro schivandolo, iniziarono a fare la lotta, come due bambini, fra rantolii, prese e bloccaggi. In mezzo al prato, Lei era riuscita a mettersi sopra di Lui a cavalcioni sul bacino bloccandogli i polsi. Aveva vinto. Il panino era suo.
Affascinata da un mondo che aveva letto solo in qualche stupido libro, forse poteva essere la sua occasione. Si avvicinò, senza pensare troppo in qualcosa che era sicura non potesse meritare, se fosse mai stata disposta ad ottenere qualcosa da quel mondo. Tutto iniziò da quelle attenzioni, quelle di cui aveva bisogno, quelle che piacciono, che un po’ la facevano sentire come se potesse valere qualcosa. D’altro canto, era ancora una ragazzina –troppo tale a volte-, le piaceva ancora giocare. Con un nodo allo stomaco si avvicinò a quel mondo sconosciuto. Con i capelli morbidi, profumati e qualche pensiero di troppo si avviò verso quello che pensò era un mondo che non si meritava. Mai cosa fu più sbagliata. Si avvicinò a quel mondo con lentezza ed attenzione, quasi paura, per capire meglio cosa ne poteva essere di Lei, di Lui, di Loro in situazioni come quella.
Si accompagnò lo scorrere sul corpo un calore strano, pungente, quasi bruciante. Lei, lei si ritrovò immobile, ansimante, con il corpo tremante, quasi impaurito. Ma dentro covava nuove emozioni, la sensazione che quella sarebbe stata l’unica soluzione per salvarsi e uscire fuori dalla Merda che la trascinava giù. E si bloccò, aveva il corpo libero, ma senza nessuna possibilità di scappare e questa cosa la terrorizzava e al contempo stesso le piaceva. Il dolore? La paura di farsi del male? No. La paura di scoprire che quel mondo poteva meritarlo, che poteva averlo, che poteva essere stranamente piacevole, prendeva ogni fibra del suo esile corpo senza più lasciarla andare. Messa a cavalcioni sopra di Lui, i loro sguardi si incrociarono, sentiva il fiato mancare senza più tornare nei suoi polmoni.
Continuò per un momento infinito, o almeno sperava potesse essere tale… E poi smise. Da un lato per via della curiosità, dagli altri 99 per via della di quello che provava, si avvicinò titubante a quelle labbra semiaperte, si cercarono, con la naturalezza di un fiume che scorre verso il mare, appoggiandosi le une fra le altre, giocando a nascondersi fra di loro. Gli occhi chiusi, ma pieni di lacrime che scendevano sul suo viso, le mani che gli stringevano i polsi fino a fargli male come in una morsa, forse per paura che potesse scappare. E poi, sentì la bocca essere raggiunta dalla sua saliva, che inghiottì, stranita, ma soddisfatta. La sua mente stava toccando corde nuove, la voglia di essere ciò che non era mai stata stava crescendo dentro di lei. Essere amata. Finalmente, si lascò cullare da quello strano piacere che la raggiunse fra i nodi del suo corpo. Spaventata ed emozionata da tutto ciò, attese di staccarsi da quelle labbra con estrema calma, meravigliandosi ancora di quanto calore la stesse portando in un mondo che non conosceva. Curiosa come una bambina, si disse che quel momento non le era bastato, e allora si spinse un po’ più in là. Con il corpo ancora libero ma comunque bloccato, allentò la presa dai polsi, scese fino alle sue spalle che le premette con forza, fino a fargli male, i loro sguardi si incrociarono nuovamente con lo stupore nei loro occhi verdi come quel prato. Ma stavolta, volle riprovare con più curiosità, forse per verificare quello che aveva provato: Una sensazione mite, non si poteva classificare, fino a che non si avvicinò nuovamente a quelle labbra semiaperte, esposte, in trepidante attesa di essere riempite, come le sue d’altronde. Lui, portò le mani sui suoi esili fianchi accarezzandoli spingendo il suo bacino in basso per aumentare il contatto, anche lui giocò con le sue labbra, le accarezzava e le stimolava con le sue. Si stavano esplorando, e ne erano felicemente consapevoli.
Lei sopra di lui, nel controllo più assurdo che avesse mai sperimentato fino a quel momento, attraverso le labbra sentiva la paura e il calore attraversarle la schiena e diventare sempre più forte fino a quella sensazione di pienezza che bramava da anni. Veloce, impulsiva, sentì le labbra della sua bocca accoglierla e stringerla, sperando insieme di averne ancora. Ma lui smise dopo non molto tempo, lasciandola appesa ad un filo che non riusciva ad annodare. Un momento, quello, lo stare vicini, uniti solamente dalle labbra, Lei a cavalcioni sopra di lui bloccando, uno sopra l’altro. Lui le accarezzava dolcemente i fianchi e la vita, e Lei gli regalava dolci e umide attenzioni sulle sue labbra.
La cosa che più la sorprendeva, era il ritrovarsi a condividere nuove emozioni insieme, era solita a ritrovarsi da sola nei suoi pensieri -a casa, a scuola, in biblioteca-. Che sensazione era? Come poteva spiegarsi? Era brava a tenersi dentro le cose, ma in quel momento, in quel momento con Lui sentiva il bisogno di condividerne il più possibile, gli angoli delle sue labbra si arricciarono in su in un sorriso. Sgomento, stupore, felicità, orrore. Come poteva spiegarsi tutto ciò? Come poteva spiegarsi quella cosa che smetteva di darle ansie, quello che la portava lontano accompagnandola per mano in un mondo dove si diventava leggeri, fluttuanti, un’aria nuova, diversa. Era una bambina, era ancora ingenua, eppure con Lui metteva in gioco tutta sé stessa, sperando che funzionasse, ma come si fa ad entrare in una mente che non è la tua? Eppure, erano riusciti a vicenda. In una mente ci entri solo con la tua. L’unica possibilità che aveva era quella di dargli tutto, anche i suoi lati peggiori e aspettare. Entrambi speravano potesse funzionare, lo volevano. Sentivano che volevano davvero qualcosa di più, più forte di una semplice amicizia, il peso era ormai insormontabile. Cosa spinse quei due ragazzi a sentire il calore altrui addosso? Per cosa? Sicurezza? Piacere? Non lo sapeva, non lo sapevano, e ci stavano pensando solo in quel momento, mentre Lei gli succhiava avidamente quelle labbra che oramai stavano diventando familiari, sentiva la sua saliva scenderle giù in gola e sentiva rade carezze sulle sue costole, ma il momento più bello era quello: lasciarla giocare con le sue labbra inumidendole con nuove emozioni. E più quelle emozioni toccavano corde nuove, più la sua curiosità e la sua paura crescevano, bramava di comprendere come fosse arrivata a tanto, le sue mani che gli stringevano le spalle, le braccia in tensione che spingevano verso il basso, dandosi forza con le sue esili spalle, a cosa stava pensando? Voleva lasciargli dei segni, voleva che entrambi ricordassero di quel momento per giorni, guardando i polsi rossi del povero ragazzo.
Sentì le sue braccia salire su per la schiena, in uno scatto che la fece sussultare dentro. Sentiva il suo ansimare crescere nel petto, non ebbe tempo di ragionare, che sentì una sua mano accarezzarle i capelli e l’altra le scapole avvicinandola a sé, lo sentiva, e non poteva che gioire di quella pressione che sentiva sulla sua schiena. Ansimava ad ogni movimento, ne voleva ancora, si sentiva viva, dopo tanto, troppo tempo. Spingeva anche Lei, spingendo in giù con il corpo per non sentirsi lontana… e lo sentiva accarezzarle dolcemente i suoi capelli corvini, cercava la sua bocca e spinse ancora, a regalarle nuove carezze.
Ma dopo non molto fu nuovamente sciolta da quella presa e si ritrovò faccia a faccia con lui, sul prato. Lo prese nuovamente in un contatto ancora più vicino.
Voleva essere Amata, come si fa con le principesse dei libri. E, di nuovo lo prese per i polsi portando le mani sui suoi fianchi, a stringerli per non lasciare che quel piacere la abbandonasse. Soddisfatta dal suo stesso gioco, sentì il suo esile corpo scuotersi e abbandonarla, si allontanò dal suo viso, tornando lentamente alla posizione iniziale con il viso basso guardandolo negli occhi, vide i suoi occhi illuminarsi in un sorriso.
Gli volle chiedere una cosa, come poteva essere ancora imbarazzata dopo tutto quello? Non lo sapeva, in fondo era una piccola creatura fatta di piccoli pezzi sperduti chissà dove. Non fu facile, i loro volti seminascosti fra le lacrime, la luce del sole e gli occhi di chi ammirava già da tanto, ognuno era nella propria dimensione, tutto era successo con una tale fluidità che fece paura, seduta a cavalcioni sopra di Lui. Che assurda attesa le pareva, doveva trovare le giuste parole. In quelle lente e umide attenzioni che non la soffocavano più, fece roteare lentamente il bacino per mettersi comoda mentre la stringeva dai fianchi. E lentamente iniziò a piangere, si liberò in urla che non sentiva più uscire da sé stessa da troppo tempo. Cosa stava succedendo? Non le importava più, aveva ritrovato la luce in quel venerdì pomeriggio, avvertì dentro di sé qualcosa che la stringeva. Fu sorpresa nello scoprire quelle nuove emozioni che tanto temeva, non facevano paura, poteva superare sé stessa. Lo guardò ansimando, con la paura che le cresceva nelle viscere… e si, finalmente si lasciò andare, e da brava bambina, con la voce tremolante gli chiese:
“D-davide. Vorresti amarmi?”.
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