Viaggio tra i ricordi/08 (sosta nella notte)
di
Diagoras
genere
etero
Erano andati avanti così, per quasi tutta la notte, impegnati in un carosello sessuale che sembrava non dovesse avere mai fine; e, nei momenti in cui lui si doveva necessariamente prendere una pausa, Eugenia e Grazia, quelle due diaboliche vestali del sesso più scatenato, gli avevano mostrato tutti gli infiniti ed incantevoli modi in cui sapevano darsi il piacere tra loro…
Un uomo era in piedi in mezzo alla strada, e faceva gesti frenetici agli automezzi che sopraggiungevano.
Si riscosse dall’estasi mentale in cui il ricordo della notte trascorsa con le due amiche italiane lo aveva precipitato, e spinse a fondo sul pedale del freno.
L’auto sbandò immediatamente verso sinistra, pattinando sulla strada ghiacciata, ma lui, con consumata abilità, riuscì subito a riprenderne il controllo, riportandola sulla carreggiata di competenza.
Nonostante la sua esperta manovra, però, l’auto si arrestò solo a pochi centimetri dal rimorchio dell’autotreno che lo precedeva: se i suoi riflessi lo avessero tradito anche per una frazione di secondo, se la sua reazione non fosse stata così immediata e tempestiva, la sua auto avrebbe di certo tamponato il camion.
Respirò profondamente, a lungo, per tenere sotto controllo la scarica d’adrenalina che gli era andata in circolo nel corpo.
Un’auto, poco più avanti, era finita fuori strada, e un’ambulanza stava portando i soccorsi ai feriti: avvertì un lungo e gelato brivido di paura scorrergli fastidiosamente lungo la schiena.
Per un pelo, solo qualche millesimo di secondo con ogni probabilità, e non si era andato a schiantare su quel dannato rimorchio che lo precedeva.
L’uomo sbuffò, imprecando, e maledicendosi per l’essersi fatto prendere così pericolosamente dal ricordo di Eugenia e Grazia: doveva porre attenzione alla guida se voleva arrivare a casa sano e salvo.
In quel momento si accorse che la neve, pur continuando a cadere, era mista alla pioggia, e che la leggera foschia che offuscava le luci degli altri veicoli si stava rapidamente trasformando in nebbia.
Restò fermo per una decina di minuti, il motore che girava al minimo ed il riscaldamento che, al contrario, andava al massimo, osservando l’ipnotico girare della sirena rossa dell’ambulanza e le due barelle che venivano caricate a bordo; poi, finalmente, l’ingorgo iniziò a sciogliersi e, lentamente, e con molta prudenza, lui riprese il suo viaggio nella notte verso Atene.
Era di nuovo rilassato e sentiva che l’auto tendeva a sbandare sempre con minore frequenza, ora che la pioggia si andava sostituendo alla neve e che le lastre di ghiaccio sulla strada erano meno spesse e numerose.
Tornò a pensare con molta soddisfazione a tutte le avventure femminili che continuamente gli capitavano, e di cui lui, con tenacia, andava alla continua ricerca.
Più donne lui aggiungeva alla sua già ricca collezione, più si rendeva conto di tutte le umiliazioni che il povero zio Leo, il diverso, “il frocio”, aveva dovuto sopportare, con certosina pazienza, durante l’arco della sua intera esistenza.
Per contro, tutte le sue conquiste, tutte le sue scopate, tutte le donne con le quali era andato a letto, avevano fatto sì che il mondo sapesse che lui era “normale”: mai a nessuno poteva essere passato per la testa che lui potesse essere un omosessuale come lo zio Leo.
Rabbrividì al solo pensiero di tale ed orribile eventualità.
Passare per un “frocio”, quando lui era esattamente l’opposto, sarebbe stato terribile.
Anche se…
Cercava sempre di non pensarci, di rimuovere quel ricordo, di cancellare dalla sua mente gli eventi verificatisi due anni prima.
Ma più si sforzava di farlo, più cercava disperatamente di eliminare quei fatti, più le immagini di Venia e Sebastianos tornavano a tormentarlo: ed erano come fotografie, e così nitide ed implacabili, da gettarlo nel dubbio e nella disperazione.
Il guaio era che, sebbene lui ripetesse di continuo a se stesso che non era assolutamente vero, nel suo “io” più profondo e nascosto era consapevole che l’essere andato a letto con Venia e Sebastianos, la coppia di trentacinquenni che lo aveva abbordato in spiaggia, gli era piaciuto, e nemmeno poco per dirla tutta.
Il terrore di diventare come lo zio Leo in quei giorni lo aveva assalito, ma, anche se con estrema difficoltà, era riuscito a convincersi di non essere un vero “frocio”.
Nel modo più assoluto.
Perché a lui piacevano le donne.
Da impazzire.
E quella volta, il ritrovarsi a fare del sesso anche con un uomo, aveva rappresentato la classica eccezione che confermava la regola, e come tale doveva essere considerata unica ed irripetibile.
-continua-
Un uomo era in piedi in mezzo alla strada, e faceva gesti frenetici agli automezzi che sopraggiungevano.
Si riscosse dall’estasi mentale in cui il ricordo della notte trascorsa con le due amiche italiane lo aveva precipitato, e spinse a fondo sul pedale del freno.
L’auto sbandò immediatamente verso sinistra, pattinando sulla strada ghiacciata, ma lui, con consumata abilità, riuscì subito a riprenderne il controllo, riportandola sulla carreggiata di competenza.
Nonostante la sua esperta manovra, però, l’auto si arrestò solo a pochi centimetri dal rimorchio dell’autotreno che lo precedeva: se i suoi riflessi lo avessero tradito anche per una frazione di secondo, se la sua reazione non fosse stata così immediata e tempestiva, la sua auto avrebbe di certo tamponato il camion.
Respirò profondamente, a lungo, per tenere sotto controllo la scarica d’adrenalina che gli era andata in circolo nel corpo.
Un’auto, poco più avanti, era finita fuori strada, e un’ambulanza stava portando i soccorsi ai feriti: avvertì un lungo e gelato brivido di paura scorrergli fastidiosamente lungo la schiena.
Per un pelo, solo qualche millesimo di secondo con ogni probabilità, e non si era andato a schiantare su quel dannato rimorchio che lo precedeva.
L’uomo sbuffò, imprecando, e maledicendosi per l’essersi fatto prendere così pericolosamente dal ricordo di Eugenia e Grazia: doveva porre attenzione alla guida se voleva arrivare a casa sano e salvo.
In quel momento si accorse che la neve, pur continuando a cadere, era mista alla pioggia, e che la leggera foschia che offuscava le luci degli altri veicoli si stava rapidamente trasformando in nebbia.
Restò fermo per una decina di minuti, il motore che girava al minimo ed il riscaldamento che, al contrario, andava al massimo, osservando l’ipnotico girare della sirena rossa dell’ambulanza e le due barelle che venivano caricate a bordo; poi, finalmente, l’ingorgo iniziò a sciogliersi e, lentamente, e con molta prudenza, lui riprese il suo viaggio nella notte verso Atene.
Era di nuovo rilassato e sentiva che l’auto tendeva a sbandare sempre con minore frequenza, ora che la pioggia si andava sostituendo alla neve e che le lastre di ghiaccio sulla strada erano meno spesse e numerose.
Tornò a pensare con molta soddisfazione a tutte le avventure femminili che continuamente gli capitavano, e di cui lui, con tenacia, andava alla continua ricerca.
Più donne lui aggiungeva alla sua già ricca collezione, più si rendeva conto di tutte le umiliazioni che il povero zio Leo, il diverso, “il frocio”, aveva dovuto sopportare, con certosina pazienza, durante l’arco della sua intera esistenza.
Per contro, tutte le sue conquiste, tutte le sue scopate, tutte le donne con le quali era andato a letto, avevano fatto sì che il mondo sapesse che lui era “normale”: mai a nessuno poteva essere passato per la testa che lui potesse essere un omosessuale come lo zio Leo.
Rabbrividì al solo pensiero di tale ed orribile eventualità.
Passare per un “frocio”, quando lui era esattamente l’opposto, sarebbe stato terribile.
Anche se…
Cercava sempre di non pensarci, di rimuovere quel ricordo, di cancellare dalla sua mente gli eventi verificatisi due anni prima.
Ma più si sforzava di farlo, più cercava disperatamente di eliminare quei fatti, più le immagini di Venia e Sebastianos tornavano a tormentarlo: ed erano come fotografie, e così nitide ed implacabili, da gettarlo nel dubbio e nella disperazione.
Il guaio era che, sebbene lui ripetesse di continuo a se stesso che non era assolutamente vero, nel suo “io” più profondo e nascosto era consapevole che l’essere andato a letto con Venia e Sebastianos, la coppia di trentacinquenni che lo aveva abbordato in spiaggia, gli era piaciuto, e nemmeno poco per dirla tutta.
Il terrore di diventare come lo zio Leo in quei giorni lo aveva assalito, ma, anche se con estrema difficoltà, era riuscito a convincersi di non essere un vero “frocio”.
Nel modo più assoluto.
Perché a lui piacevano le donne.
Da impazzire.
E quella volta, il ritrovarsi a fare del sesso anche con un uomo, aveva rappresentato la classica eccezione che confermava la regola, e come tale doveva essere considerata unica ed irripetibile.
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